Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Spoocky    19/01/2019    4 recensioni
Le ultime ore dell'ammiraglio Horatio Nelson, ferito a morte durante la battaglia di Trafalgar il 21 ottobre 1805.
Il titolo proviene dall'omonima canzone di Mark Knopfler, che ha ispirato questo racconto.
Genere: Angst, Guerra, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Periodo Napoleonico
- Questa storia fa parte della serie 'Human Beings'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il testo della canzone citata appartiene agli aventi diritto ed è usato senza scopo di lucro.
Parte dei dialoghi è stata tradotta liberamente da:

"The Death of Lord Nelson, 1805", EyeWitness to History, www.eyewitnesstohistory.com (2007). 
Trattandosi di estratti del diario del medico di bordo non credo ci sia una licenza specifica di copyright, comunque sono usati senza intenzione di guadagno.

Buona Lettura ^.^ 

 
A mighty shoulder to the wheel
To join in battle with the best
The iron arm, the will of steel
And heart of oak to mourn the rest


I cannoni ruggivano attorno, sopra e dentro di lui, rimbombandogli nel torace e scuotendogli le ossa.
Gli ufficiali gridavano ordini e i marinai rispondevano con solerzia.
I proiettili fischiavano e le schegge frangevano l’aria, soffocando i lamenti dei numerosi feriti. Intorno a lui, l’odore pungente della polvere da sparo e quello ancora più acre del legno che bruciava. Il denso fumo grigio gli faceva lacrimare gli occhi e gli irritava la gola, facendolo tossire.
Una ad una, le navi francesi stavano ammainando i colori, arrendendosi alla superiorità della Royal Navy, ma al centro lo scontro era ancora feroce.
Thomas Masterman Hardy passeggiava nervosamente sul cassero della HMS Victory masticandosi il labbro inferiore e zoppicando da un piede, dove era stato ferito da una scheggia che gli aveva strappato la fibbia dalla scarpa.
Con lo sguardo di un falco osservava attentamente lo svolgersi della battaglia, senza mai distogliere l’attenzione dal punto in cui la Victory e la Redoubtable erano avvolte in un abbraccio letale, il cannoneggiamento ravvicinato durava da più di tre ore e stava producendo danni terrificanti ad entrambi i vascelli. Ma non erano le sorti dello scontro a divorargli l’anima.
Era la pozza di sangue che si andava coagulando sul cassero e in cui aveva già rischiato di scivolare diverse volte. Quella era la fonte principale della sua ansia.
Il pensiero costante dell’ammiraglio, dell’amico, che giaceva ferito sottocoperta non lo abbandonava un istante.

“Alla fine mi hanno ucciso, Hardy.” Gli aveva detto Nelson, pallido in volto e con solo un filo di voce, sorretto dal sergente maggiore dei Fanti di Marina e da due marinai.
Il capitano si era sentito crollare il mondo addosso e un freddo improvviso gli era penetrato nelle ossa. Forzando un sorriso aveva cercato di rassicurare il superiore: “S-spero di no.”
“Sì, invece.” Aveva replicato l’altro, con una smorfia di dolore “La pallottola mi ha spezzato la schiena.”
Con il cuore in gola, Hardy aveva ordinato ai marinai di trasportare l’ammiraglio sottocoperta, dove il medico di bordo aveva confermato che la ferita sarebbe stata fatale.
La pallottola incriminata, verosimilmente un proiettile vagante, arrivava dal pennone di belvedere del nemico e aveva colpito Nelson appena sotto la spallina sinistra, trapassandogli la spina dorsale e conficcandosi sotto la scapola destra.
Thomas aveva rischiato di sentirsi male, vedendo l’uomo che tanto ammirava giacere su un lettino di fortuna, coperto appena da un lenzuolo e preda di un dolore profondo.
Mentre ancora si sforzava di accettare l’inevitabile, l’ammiraglio si era voltato di scatto verso di lui e gli aveva ordinato di tornare sul ponte: “Non servite a niente stando qui a prendere la polvere!”
Allora Hardy gli aveva stretto la mano ed era ritornato sul cassero senza informare nessuno della reale gravità della situazione: avrebbe solo demoralizzato gli uomini ed era l’ultima cosa di cui avessero bisogno. Aveva il cuore gonfio di preoccupazione ma lo sguardo dell’ammiraglio lo aveva galvanizzato, infondendogli la forza di guidare i suoi uomini nella lotta, quasi fosse certo della vittoria.


Il giorno era loro.
Vedendo l’ennesima fregata calare la bandiera, Hardy sentì il respiro farsi improvvisamente più leggero e il petto riscaldarsi di una gioia immensa mentre, suo malgrado, un sorriso gli distendeva i lineamenti.
Ormai anche l’accanita Redoubtable era allo stremo e avrebbe presto annunciato la resa, o sarebbe stata affondata.
Eccola infatti ammainare i colori mentre un ufficiale agitava un fazzoletto bianco, come a confermare la volontà di arrendersi.
 
The willing arm, the steady aim
The youth and fire that won the day


Hardy si sentì improvvisamente svuotato ed ebbe un capogiro tanto forte da doversi aggrappare alla paratia per tenersi in piedi.
Quando tacque anche l’ultimo cannone, una brezza fresca gli scompigliò i capelli e si portò inconsciamente una mano alla fronte mentre il sollievo e l’enorme gioia della vittoria gli dipinsero per un momento un sorriso estatico sul volto. Poi lo sguardo gli cadde di nuovo su quell’orrenda pozza di sangue e rabbrividì, mentre la realtà lo investiva con la potenza di una secchiata gelata. 
Sostenuto solo dalla pura forza di volontà, si avviò barcollando verso l’infermeria.
Sperava solo che non fosse troppo tardi.
 
As twilight shadows dim the field
The ageing fighter stands bereft
With just the will to never yield
 

Steso nel suo cantuccio, Nelson sentiva le forze svanire lentamente.
Nel giro di un’ora, gli sembrava di essere invecchiato di cent’anni. Sapeva di stare morendo e di non poter fare nulla per impedirlo.
Cominciava a sentire freddo e, nonostante l’oppio somministratogli, il dolore era ancora forte.
Aveva lo stimolo di tossire ma si costrinse a soffocarlo, soprattutto dopo che l’ultimo attacco aveva prodotto un dolorosissimo rigurgito sanguinolento. La vista gli si appannava sempre di più e un peso atroce gli cresceva sul petto.
Il dottor Beatty, il dottor Scott e i loro assistenti si prodigavano instancabilmente al suo capezzale, dandogli da bere e facendogli aria. Piccoli, fatui gesti di conforto a cui si aggrappava disperatamente per restare cosciente. Voleva conoscere le sorti della sua flotta, non sarebbe riuscito a sentirsi in pace fino ad allora.
L’Inghilterra si aspetta che ogni uomo compia il proprio dovere, aveva segnalato all’inizio dello scontro.  Lui per primo si sentiva addosso quella responsabilità.
Aveva una paura tremenda ma si sforzò di soffocarla per il bene dei suoi uomini: erano l’ultimo baluardo per la difesa della libertà dell’Inghilterra ed era suo dovere resistere perché non perdessero la speranza in una vittoria.
Non si accorse di aver chiuso gli occhi finché non sentì una mano stringergli la spalla e si ritrovò a sbattere le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco una sagoma scura, che aleggiava indistinta sopra la sua testa, confusa tra altre macchie di colore.

Qualcuno lo chiamava con fastidiosa insistenza e dovette fare uno sforzo considerevole per riconoscere chi fosse, dato che le sue funzioni cognitive sembravano rallentate in modo preoccupante: “Hardy?”
“Sì, signore: sono io. Sono qui.”
Forzando i suoi muscoli indeboliti a cooperare, Nelson sollevò la mano tremante verso l’ombra che credeva essere il suo capitano e questi la prese nella sua, stringendola affettuosamente.
Pallida, sudata, e fredda, nella presa salda del capitano sembrava la mano di un fragile vecchio. Nessuno avrebbe detto che, fino ad un’ora prima, quella stessa mano fosse appartenuta ad un condottiero vigoroso, ardito e tanto coraggioso da ispirare con un solo sguardo i suoi sottoposti, dando loro la forza di sfidare addirittura la morte. Il suo valore e l’esempio erano stati per tutti loro come un faro nella notte della paura e dell’incertezza.
Era straziante vedere un eroe di quel calibro avvizzire come una candela consunta, il suo splendore ridotto ad un flebile anelito, una fiammella sottile che si sarebbe spenta con un sospiro.

Rabbia.
Una rabbia violenta gonfiò il petto di Hardy, che avrebbe voluto gridare, piangere, e ribellarsi verso il Fato ingiusto che aveva permesso un tale scempio.
La morte più onorevole per un marinaio era sul campo di battaglia, nulla di più nobile di una pallottola in pieno petto mentre si attaccava il nemico a viso aperto, per essere elevati agli altari della Storia.
Ma il prezzo da pagare, in dolore e sangue, era elevatissimo. E non c’erano sconti, per nessuno: dal più infimo dei mozzi all’ammiraglio più insigne, tutti erano ugualmente vulnerabili e fragili nel loro piccolo mondo di legno quando divampava l’incendio della battaglia.
Il gelo della mano dell’ammiraglio, le cui dita si contrassero sulle sue in uno spasmo di dolore, lo riportò all’orrore della realtà contingente ma i suoi occhi velati, solitamente vivaci ed inquieti, gli comunicarono invece una grande pace. La serenità di un morente che aveva accettato il proprio destino e lo affrontava a viso aperto, come un degno avversario.
Finalmente trovò il coraggio di guardarlo in faccia e si accorse che stava cercando di parlare.

“Allora, Hardy.” Gli stava dicendo, con un filo di voce “Come va la battaglia? Il giorno è con noi?”
“Va tutto molto bene, my Lord.” Hardy strinse i denti nel tentativo di soffocare l’emozione che minacciava di spezzargli la voce “La Redoubtable ha ammainato i colori. Il giorno è nostro!”
Di nuovo le dita di Nelson si aggrapparono alle sue, questa volta, non per il dolore ma per la gioia della vittoria, la soddisfazione di aver compiuto il proprio dovere fino all’ultimo: “Abbiamo vinto, grazie a Dio! Ho fatto il mio dovere.  Grazie, Hardy: ora posso morire in pace.”
“No.” Tutta la buona, ferma volontà del capitano non bastò a trattenere il singhiozzo che gli sgusciò fuori dalle labbra a tradimento.
Pur non vedendolo, Nelson alzò gli occhi verso di lui e iniziò a strofinargli le dita con il pollice, come per incoraggiarlo ad accettare la realtà: “Sono un uomo morto, Hardy. Mi sto spegnendo rapidamente e presto per me sarà tutto finito. Venite più vicino. Vi prego di far avere alla mia cara Lady Hamilton i miei capelli, e tutto ciò che mi appartiene.”
Sopraffatto dal dispiacere, Hardy dovette ricorrere a tutti gli anni di disciplina imposta dalla Marina per non scoppiare a piangere come un bambino davanti a tutti, ma riuscì a balbettare qualcosa riguardo al fatto che il dottor Beatty potesse ancora fare qualcosa.
“Oh! No.” rispose l’ammiraglio con un accenno di sorriso “E’ impossibile. Mi ha trapassato la schiena. Beatty ve lo confermerà.”

Rimasero per un momento in silenzio, stringendosi la mano a vicenda.
Ci sarebbero state ancora tante cose da dire, ma con quali parole? Tutto sembrava vano e futile davanti all’enormità degli eventi di quel giorno.
Un sospiro scosse dal profondo il torace ferito dell’ammiraglio e le sue dita si contrassero per l’ultima volta su quelle del capitano, facendolo chinare su di lui.

“Baciami, Hardy.” Sussurrò, sopraffatto per un istante dalla paura della morte e dal dolore. Anche il suo cuore di quercia stava iniziando a vacillare.
Con le lacrime agli occhi, il capitano esaudì anche quell’ultima richiesta.
Tremando da capo a piedi premette le labbra prima sulla guancia e poi sulla fronte del suo superiore, come per dargli la buonanotte.
Senza rendersene conto, Nelson aveva di nuovo chiuso gli occhi ma li riaprì quando sentì i baci posarsi sulla sua pelle fredda. Ne trasse grande conforto e alzò lo sguardo per ringraziare l’autore di quel gesto irrazionale ma tanto necessario.
Ormai però non vedeva quasi nulla e non distinse altro che un’ombra, china su di lui.

“Chi c’è?” chiese, le sue parole un alito sottile.
“Sono Hardy.” Rispose il suo fedele capitano, con la voce rotta dall’emozione.
“Dio ti benedica, Hardy.”
Con quel gesto estremo, l’amico aveva esorcizzato la sua paura e una grande pace era scesa su di lui.
Anche il dolore sembrava lontano, come un vago ricordo, come fosse di qualcun altro.
Chiamò a raccolta le ultime forze che gli restavano per stringere la mano del suo capitano e sperò di essere riuscito a sorridergli come avrebbe voluto.
Poi Hardy scivolò via, allontanandosi per tornare sul ponte.

L’ammiraglio si accasciò sul cuscino, abbandonandosi alle cure premurose del dottor Beatty e di Scott, che gli frizionava il torace nel tentativo estremo di alleviare il suo dolore.
“Grazie a Dio ho compiuto il mio dovere.” Sospirò, arrendendosi all’agonia con la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile ed essere risuscitò nel suo compito.
Ripeté quella frase a mezza voce, diverse volte.

Spirò quasi due ore dopo.
  And heart of oak to mourn what’s left


Sul cassero della Victory, il capitano Thomas Hardy si sentì attraversare da un brivido gelido e, senza che nessuno lo avvisasse, capì di aver appena perso il suo superiore.
Voltando le spalle all’equipaggio, rivolse lo sguardo al sole morente e lasciò che le lacrime iniziassero a scorrergli sul viso in silenzio. Perché il dolore che provava era impossibile da sopportare, la morte dell’ammiraglio era una perdita troppo grande per passare sotto silenzio.
Pianse per l’amico, pianse per il guerriero caduto ma soprattutto pianse per l’averlo visto resistere e lottare fino all’ultimo.
Pianse perché quel giorno era morto un eroe, la quercia più robusta della foresta era stata abbattuta e probabilmente non ne sarebbe mai sorta una altrettanto forte.

“Addio, amico mio.” Sussurrò, tornato padrone di sé,

Il vento portò via le sue parole, aleggiando sottile sul mare finalmente tranquillo dopo il tumulto della battaglia.

 
- The End -
 
Note:

La canzone in questione è, a quanto mi risulta, stata scritta in onore di un giocatore di cricket ma "Heart of Oak" è anche il titolo della marcia ufficiale della Royal Navy. Da qui l'associazione alla base del racconto.
Potete trovarla qui: 
https://www.youtube.com/watch?v=uCs2R704Q7g

I siti che ho consultato per ricostruire la vicenda sono i seguenti:

http://www.eyewitnesstohistory.com/lordnelson.htm

https://www.rmg.co.uk/discover/explore/death-nelson

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16158073

Le fonti non sempre coincidono tra di loro e ho dovuto operare di fantasia in un paio di punti, restando nel campo della verosimiglianza. 

Spero che il risultato sia di vostro gradimento. Come sempre, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate ^^


Grazie per aver letto e sopportato lo spiegone, vi ringrazio per l'attenzione.

Alla prossima ^^ 

 


 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Spoocky