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Autore: Hell Storm    21/01/2019    2 recensioni
Da bambina papà mi diceva che dove c'era la luce, c'era la vita, la speranza ... e il pericolo. Solo nel 2077 mi fu ben chiaro il vero significato di quelle parole, quando le bombe caddero e il mondo bruciò. Io e altri miei commilitoni ci salvammo nascondendoci fra le mura della nostra base, ma quando uscimmo alla luce, il nostro mondo non c'era più. Rimasti soli e a guardia di uno dei più grandi tesori prebellici della storia, decidemmo di fondare il primo insediamento della Zona Contaminata. Un faro di speranza in un oceano di morte e buio che avrebbe attirato altri superstiti in cerca di aiuto e di conseguenza anche intere legioni di mostri nati dalle radiazioni e predoni senza scrupoli.
Io sono il sorvegliante Rocket Earp. Noi siamo i fondatori di Beacon City. La Zona Contaminata è il nostro mondo. E questa ... è la nostra storia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Spirit

L’alba di una leggenda

 

 

29/01/2078 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Logan/Oklahoma City/Capital Hill

Quartier Generale Regionale della Vault-Tec/Laboratori Spectrum

Ore 09:08

 

35°25'35.1"N 97°31'08.8"O

 

-Dove sono?- Mi chiesi guardandomi attorno. -Ragazzi?-

Nessuno mi rispose. Provai ad alzarmi dal letto su cui qualcuno mi aveva messo. La stanza era quella di un ospedale. Con stupore, scoprii di avere indosso la mia tuta Vault-Tec. Anche il mio Pip-Boy era al suo posto, solo che quando provai ad aggiornarmi sui dati della missione, trovai soltanto una strana scritta sulla schermata.

STAND BE PLESSE.

Provai ad attivare la radio, o a controllare i miei parametri biometrici, ma niente. Quella scritta restava. E quando mi alzai la manica sinistra della tuta alla ricerca della cicatrice, non vidi nulla.

-Com’è possibile?- Mi chiesi.

La porta automatica della camera si aprì e l’ologramma di Spectrum entrò con le mani dietro la schiena. Lo scienziato era cupo.

-Doc? Dove mi trovo? Dove sono gli altri?-

-Sei li dentro Red.-

Lo scienziato mosse il braccio come a spostare delle tende, e la parete davanti al mio letto svanì. Camminando verso la nuova apertura, entrai istantaneamente in una nuova stanza. Per un attimo pensai di essere stata catapultata li come per magia. Ma vedendo i proiettori olografici sulle pareti della sala e il modo con cui mi spostavo da un posto all’altro, intuii di non essere altro che un ologramma. A prima vista identica a me stessa. In realtà priva di lesioni, sensazioni di dolore e un Pipi-Boy vero e funzionante.

Un po più in là di dov’ero arrivata io, una capsula mnemonica stava ospitando qualcuno. Non era lo stesso modello con cui Isaac, Baatar e gli altri piloti si erano addestrati nel P1 per fare pratica di volo con i vertibird. Questo alla base aveva molti più tubi.

-Aspetta Red. Credo che prima sia meglio che ti spieghi alcune cose.-

Cominciai a preoccuparmi, e spinta dai miei timori mi avvicinai alla capsula. Appena fui abbastanza vicina da vedere attraverso la cupola di vetro, che ne sigillava ermeticamente l’interno dall’esterno, ebbi la conferma definitiva. Quella nella capsula ero io.

La gamba destra e le braccia erano sparite. Il piede sinistro mancava. I miei capelli rossi erano svaniti. La pelle era bruciata in ogni punto. Almeno per quello che potevo vedere. In alcune zone le placche dell’armatura sub-dermica erano uscite. La tuta, era bruciata o liquefatta. Il cinturone e i pezzi dell’armatura da combattimento, mi avevano soltanto lasciato dei segni più chiari dove i lampi o le fiamme delle detonazioni mi avevano bruciata di meno. La cosa più macabra, erano però le decine di tubi per flebo che qualcuno mi aveva piantato ovunque fosse possibile. Essendo un ologramma, non potei vomitare, ma con un vero corpo lo avrei sicuramente fatto.

-Com’è possibile? Dovrei essere morta!-

-Isaac è riuscito a spegnerti prima che ti carbonizzassi del tutto. Poi è arrivata la nostra squadra medica. Loro ti hanno presa in tempo. Quando ti hanno portata in sala operatoria però, non siamo riusciti a salvare tutto. Oltre ai tuoi arti, abbiamo dovuto estrarre tutti gli intestini, il polmone destro, la milza e un rene. La colonna vertebrale invece è stata gravemente lesionata in tre punti. Fegato e stomaco collasseranno tra circa quattro ore. Il cuore dovrebbe resistere fino a domani. Sommando tutti i danni che hai subito e calcolando la tua resistenza fisica, ti restano più o meno dodici ore.-

Stetti in silenzio per qualche secondo, poi strinsi i pugni e posi un quesito allo scienziato.

-Domanda cinquantuno: Dei 673 agenti patogeni presenti in un Vault, quali appartengono all’Elenco DCP?!- Chiesi bruscamente bloccando lo scienziato.

Il quesito che avevo posto a Spectrum era una delle duecento domande del test per l’assunzione nella Vault-Tec. Avendo avuto il punteggio più alto al test, all’inizio del mio nuovo impiego pensai di aver risposto correttamente, ma rileggendo uno dei protocolli di sicurezza del P1, scoprii con stupore di aver sbagliato. In quei giorni non ci feci caso. Magari avevo segnato la risposta giusta senza accorgermi, oppure la domanda non aveva avuto molto peso sul risultato finale. Ma dopo le ultime rivelazioni di Doc, avevo iniziato a ipotizzare una cospirazione inerente ai risultati del test.

Lo scienziato non mi rispose. La domanda doveva averlo messo in difficoltà, anche se a prima vista non lo dava a vederlo.

-Domanda centoventisette: Segna la migliore soluzione per un avaria ai sistemi di riciclo delle scorie e la somministrazione di cibo e acqua.-

-Cosa vuoi che ti dica?- Mi chiese lo scienziato sempre più cupo.

-Pensavo di aver risposto male a queste domande, ma poi mi sono autoconvinta che forse non era vero. Ora però è il contrario. Dimmi che mi sbaglio. Dimmi che tu non centri.- Lo implorai.

Lo scienziato si prese del tempo per rispondermi.

-Quando la Vault-Tec cercò una sede in città, io feci di tutto perché scegliessero questo palazzo. A loro insaputa accedetti alla loro rete. Ricerche, trasmissioni, dati del personale. Attività segrete. Oltre a questo ottenni anche l’accesso ai loro test, e pur di avere te come Sorvegliante, modificai i risultati. In caso contrario, la linea temporale vista nelle mie visioni avrebbe potuto cambiare.-

-Doc? Ti rendi conto di cosa significa?- Chiesi disperata e con la voce rauca.

-Lo so! Lo so che per te può sembrare un assurdità, ma è così che …-

-CHIUDI QUELLA CAZZO DI BOCCA!- Sbraitai zittendo lo scienziato. -Tu! Dannatissimo vecchio! Mi hai mentito per tutto questo tempo. Tu e tutti quelli che sapevano la verità, mi avete mentito, nonostante i rischi che io ho corso in giro per la Zona Contaminata. E cos’è successo alla fine? Mio padre è morto! Earl è morto! Baatar è morto! Io sto per tirare le cuoia! E questo perché?! Perché tu volevi che io diventassi parte delle tue visioni?-

-Ti prego Rocket. Devi capire che neppure io potevo prevedere che le cose andassero a finire così. Io volevo solo che tu guidassi la nostra gente. Che tu la proteggessi.-

-Beh allora hai scommesso sul cavallo sbagliato sapientone.- Dissi amareggiata. -Lasciami in pace. Riportami dov’ero prima e lasciami li a morire da sola.-

-Ma la missione non è ancora finita. Se mi permettessi di …-

-Ho compiuto ciò per cui sono nata. Ben due volte, visto che l’Orda è rimasta anche senza la puttana di Woden. Se hai bisogno di un altro martire vallo a cercare in un Vault. Io vado a morire in pace.-

Conclusa la mia discussione con Spectrum, venni fatta ricomparire nella mia camera da sola. Rassegnata mi accasciai a pancia in giù sul mio letto, il cui materasso e il cuscino erano gli unici altri ologrammi della stanza. Casualmente li trovai abbastanza morbidi, anche se le macchine che mi tenevano cosciente in forma olografica non riuscivano a riprodurne l’esatta sensazione di comodità. L’unica cosa che realmente percepivo era il dolore dentro di me. Rimasi da sola per un paio di minuti. Poi arrivò l’ora delle visite.

I primi ad entrare furono Amelia, Tony e Bud. All’inizio cercarono di capire come stavo, ma io non gli rispondevo . Che senso aveva parlare con l’ologramma di una persona già morta?

Poi toccò ad Isaac. La morte di Baatar non lo aveva abbattuto come la prima volta. Avrebbe mantenuto fede alla sua promessa, e non si sarebbe arreso davanti a nulla. Fui contenta per lui, ma non badai ai suoi tentativi di spronarmi ad ascoltare Spectrum. Ne ai suoi, ne a quelli dei compagni di mio padre. Anche loro erano in lutto per la perdita del loro comandante.

Prima che mi isolassi del tutto, anche Rita e Lopez passarono a salutarmi. I loro tentativi di farmi tornare la vecchia Rocket furono più energici degli altri, ma per quanto Lopez potesse usufruire della psicologia militare, nessuno di loro riuscì a farmi cambiare idea.

Passò un’altra ora, poi la porta della stanza si riaprì. Tirando su la testa per un breve istante vidi che gli ultimi visitatori furono Nick, Trinity e Zack. Il piccolo ghoul portava in mano due oggetti.

-Quindi è così che finisce?- Mi chiese Nick con tono severo.

-Dacci un taglio Nick.- Lo implorai facendo sprofondare la faccia nel cuscino.

-Non questa volta! Doc può salvarti la vita e tu rifiuti la sua offerta?-

-Che senso ha vivere ancora questa vita? Non ho mai passato quel maledettissimo test a pieni voti. Non sarei mai dovuta diventare Sorvegliante. E molti non sarebbero morti se qualcun altro non avesse mai fatto le mie scelte. La mia vita è diventata la bugia di un vecchio che ha visto il futuro.-

-Questo non puoi saperlo.- Mi rispose Trinity.

-E invece è così. Un laureato della VTU di Morgantown avrebbe sicuramente fatto un lavoro migliore del mio. Prima lo accetterete, prima vi dimenticherete di me.-

Ci fu una pausa. Poi sentii mettere qualcosa sul comodino alla mia destra. Alzai la testa per guardare di cosa si trattasse. Era una vecchia foto in cornice, con me e papà al carnevale del sessantadue. Quella fu la prima volta che mi vestii da sceriffo. La seconda foto che Zack mise sul mobile era una della squadra Vault al completo. Scattata all’American Memory il giorno dell’inaugurazione. Eravamo tutti felci in quel momento. Earl. Baatar. Perfino Isaac.

-Non dimenticare chi sei Rocket Earp.- Aggiunse Zack.

Dopo di che il piccolo ghoul raggiunse l’uscita con l’infermiera e il meccanico. Prima di uscire Nick mi si rivolse un’ultima volta.

-Ti voglio bene Red. E non sono l’unico.-

Quando la porta si richiuse, mi girai a pancia in su e fissai il soffitto. La sbuffata che tirai non bastò ad esprimere tutta la mia rassegnazione.

-Ma quanto è bella la mia vita.- Dissi a me stessa.

Non so di preciso cosa mi spinse a rialzarmi e ad uscire dalla stanza. Pietà? Dovere? Sensi di colpa? Ad ogni modo la porta si aprì automaticamente e una volta fuori trovai tutti riuniti in una sala d’attesa adiacente alla mia stanza. Vedendomi arrivare tutti si alzarono in piedi ed aspettarono una mia risposta. Doc e Doriane erano chiaramente quelli più impazienti.

-Solo per curiosità, ma come penseresti di salvarmi la vita?-

 

 

-Avvio preparazione Trasferimento. Liberare la camera.-

Stavo guardando il tavolo operatorio su cui il mio corpo era stato adagiato con gli ologrammi di Doc e Doriane. Non era un bello spettacolo, ma se quelli erano i miei ultimi momenti, volevo assistere di persona.

-Atom è già pronto nell’altra stanza. Manchi solo tu.- Mi informò lo scienziato.

Anche Atom avrebbe subito lo stesso trattamento. Una potentissima scarica elettrica avrebbe investito i nostri corpi e ognuno si sarebbe trasferito nella banca dati più vicina. Doc e i suoi scienziati si erano già preparati per l’occorrenza. Due unità da combattimento robotiche erano state create unendo gli artefatti e le tecnologie raccolte da Frank. Una sarebbe stata la mia, mentre l’altra sarebbe dovuta diventare un’unità di supporto comandata da un’intelligenza artificiale. Viste però le condizioni di Atom, ferito mortalmente nell’ultimo scontro, Doc aveva deciso all’ultimo momento di usare il Trasferimento per salvare anche la vita del povero animale. Secondo lui ciò avrebbe solo giovato all’unità di supporto, visto il legame che ci univa tutti ad Atom.

A preoccuparmi però era proprio il Trasferimento. Solo due persone erano sopravvissute ad una cosa simile. Pertanto, la riuscita dell’esperimento non era garantita.

-Quindi voi sapevate che sarebbe andata a finire così.-

-Le visioni non ci mostrarono che tuo padre sarebbe morto. Ne che a te sarebbe accaduta una cosa simile.- Mi spiegò Doriane.

-Noi vedemmo soltanto che dopo la Grande Guerra, una ragazza di nome Rocket Earp, si sarebbe opposta ai predoni. Un’impiegata Vault-Tec che volontariamente avrebbe fuso la sua anima con un corpo d’acciaio. E che un giorno si sarebbe eretta su tutti con una luce in mano.- Concluse Doc.

-Poi le visioni terminarono. Forse a causa di un’altra anomalia nel flusso dei tachioni.-

-Poetico. Sempre che tutto vada per il meglio, quanto potrei vivere ancora?-

La mia domanda sembrò mettere in difficoltà i due scienziati. Non era un buon segno.

-Non lo sappiamo con esattezza.- Ammise Spectrum. -Di sicuro più di mezzo secolo.-

-O forse, anche molto di più di quanto si possa immaginare.- Aggiunse Doriane.

-Ma allora … io vivrò, mentre gli altri …-

Non riuscivo neppure a finire la frase.

-Si Red. Tu vedrai i tuoi compagni invecchiare e morire, mentre tu rimarrai sempre la stessa.-

L’affermazione di Spectrum mi lasciò avvilita. Se quello che dicevano era vero, io sarei potuta morire molto tempo dopo rispetto ai miei amici. Nick, Trinity, Amelia, Tony, Bud e tanti altri se ne sarebbero andati, mentre io avrei continuato a vivere senza di loro.

-Non sei costretta a farlo. Abbiamo creato un’IA anche per la tua unità, per ogni evenienza.-

-No Doc. Se questo è il sacrificio che devo compiere per salvare tutti noi, allora sono pronta.-

-Procedure di preparazione terminate. Tutti gli operatori devono uscire.-

-Molto bene. Procediamo allora. Tu rilassati Red. Non sentirai alcun dolore.-

Appena gli ologrammi dei due scienziati svanirono, i loro sottoposti uscirono attraverso la porta blindata a tenuta stagna che separava la stanza dal mondo esterno. Quando la porta si richiuse alle loro spalle, le luci nella stanza si spensero e l’unica cosa che rimase ad illuminare la mia capsula fu il mio ologramma. Essendo su un circuito chiuso, i proiettori e le apparecchiature che mi tenevano in vita furono le uniche cose a rimanere collegate. L’ultima cosa che avrei voluto era finire col trasferirmi in una torretta laser o in un terminale collegato alla rete elettrica principale.

-Avvio chiusura del circuito. Trasferimento tra dieci, nove, otto, sette …-

Mentre la donna agli alto parlanti dettava il conto alla rovescia, io cercai di stare il più rilassata possibile. Morire volontariamente per diventare un entità semi-immortale tramite un procedimento estremamente rischioso, poteva metterti un pizzico in agitazione.

-Tre, due, uno.-

Mi sarei aspettata fulmini accecanti e archi elettrici incandescenti, ma invece vidi soltanto il nulla. Un bianco talmente luminoso da essere accecante. Normalmente mi sarei coperta gli occhi, ma in quella situazione non riuscivo neppure a capire cosa stava succedendo realmente.

Poi però il bianco iniziò ad assumere dei contorni e in un batti baleno mi ritrovai in uno scenario desertico. Ad una prima occhiata mi sembrò di trovarmi nel deserto di Black Rock, ma la sabbia era bianca come la neve e il cielo limpido come ormai non me lo ricordavo più. Se quello non era il paradiso, beh poco ci mancava.

Non ero sola. Me ne accorsi appena Atom mi corse in contro per saltarmi addosso, facendomi cadere a terra, e mettersi a leccarmi la faccia.

-No! Atom basta! Dai bello mi stai affogando con la tua bava.-

-Tesoro?-

Guardandomi attorno, vidi due persone in piedi vicino a me e ad Atom. Anche Atom restò fermo a guardarli, dandomi così un po di tregua e permettendomi di guardarli in faccia.

Un uomo e una donna. Lei era una bellissima donna dai capelli rossi sciolti in un vestito bianco. Lui un omaccione con la testa rasata, i baffi e un abito leggero prebellico. Mi ci vollero un paio di secondi per riconoscerli.

-Papà?- Chiesi stupita come mai prima di all’ora ero stata. -Ma … mamma?-

Con mio padre c’era anche mia madre. Identica come nelle vecchie foto che mio padre mi aveva mostrato quando ero piccola e che da allora avevo custodito nelle cornici di casa mia.

-Non è una simulazione? Siete voi per davvero?- Chiesi temendo di essere in una farsa di Spectrum.

-Si Rocket. Siamo noi.-

Allungai le braccia ancor prima di essere abbastanza vicina per poterli toccare, e dopo aver capito che non erano un miraggio, gli abbracciai con tutte le mie forze. In quel preciso istante riversai tutte le lacrime che fino a quel momento avevo trattenuto.

-Perché è dovuta andare a finire così? Perché ve ne siete dovuti andare?!- Chiesi facendo sprofondare il viso tra le braccia di mio padre e mia madre.

-Quel che è successo è successo. E di sicuro non è colpa tua amore.- Disse mia madre.

-Va bene anche così cowgirl. A noi basta sapere che tu sia felice.- Continuò papà.

-Non sono felice. Ho perso voi due. Sto per morire. E dopo tutto questo tempo, comincio a credere di non essere mai stata al posto giusto.-

-Ti sbagli. Non stai per morire.- Mi rispose mio padre. -Se vuoi puoi venire con noi. Oppure tornare dai tuoi amici e compiere veramente ciò per cui sei nata.-

Confusa, alzai la testa per guardarli entrambi in faccia. Loro si che sembravano felici e spensierati.

-Nessuno a Beacon City sarà in salvo, fino a che qualcuno con la tua stessa determinazione e la tua forza non si eleverà in difesa degli oppressi e degli indifesi.- Spiegò mia madre.

-Ma quindi non vi rivedrò mai più?-

-No piccola. Ci rivedremo tutti un giorno. In un posto bellissimo dove io e tua madre stiamo andando.- Mi rassicurò mio padre.

-Comunque puoi ancora scegliere. Se verrai con noi, conoscerai la pace eterna. Se invece tornerai indietro dai tuoi amici, potrai aiutarli a salvare il mondo.-

-Qualunque cosa tu sceglierai, sappi che io e la mamma siamo fieri di te. E per quanto dura potrà essere la situazione anche tra trecento anni, non sarai mai sola.-

Poi i miei genitori svanirono come fumo nell’aria. Di loro non rimase più niente.

Io, immobile dov’ero rimasta, vidi una colonna di luce splendente sbucare dalle sabbie del deserto bianco e salire fino al cielo limpido. Stessa cosa alle mie spalle.

-Due portali.- Supposi.

Uno per il mondo dei viventi e l’altro per … beh non credo che sia possibile descriverlo per chi non lo attraversi.

Dovevo prendere una decisione. Da un lato, secoli di vita in un mondo sconvolto dalla guerra dove avrei potuto salvare i miei amici. Dall’altro, la pace eterna. Ma me l’ero guadagnata? Pienamente?

Atom continuò a fissarmi aspettando una mia risposta. Pur essendo un animale, sembrava aver capito cosa ci fosse in gioco.

-Va bene bello. Facciamolo!-

Io e Atom ci dirigemmo verso la colonna che, secondo le parole dei miei genitori, ci avrebbe ricondotti alla nostre vite. Vite che però non sarebbero mai più state le stesse.

-Aspetta!- Disse qualcuno afferrandomi per la spalla da dietro poco prima che entrassimo nel portale di luce. -Perché lo stai facendo? Perché rinunciare alla beatitudine?-

Incuriosito Atom si era fermato a guardare chi avesse parlato. Io però ne riconobbi subito la voce. La presenza di Jeremy in quel posto, mi dimostrò inequivocabilmente che non si trattava di una simulazione.

-Perché è questo che sono. È questo che faccio.- Affermai determinata. -È questo che fanno gli eroi.-

Non mi voltai a guardarlo. Neppure sapendo che finalmente l’avrei potuto vedere bene in faccia.

-Non male Sorvegliante. Questa volta hai stupito anche me.-

L’ultima cosa che udii prima di entrare nella luce, fu la risata di Jeremy. Poi vidi tutto, e sentii tutto.

Flash accecanti. Vampate incandescenti. E … le visioni. Le visioni mi comparivano davanti agli occhi come le proiezioni sullo schermo del cinema. Non erano molto chiare però.

-LA GRANDE GUERRA! LA FINE DEL VECCHIO MONDO! LOST HILLS! LA CONFRATERNITA! MARIPOSA! IL MASTER! IL VAULT 76! LA RICONQUISTA DELL’APPALACHIA! IL VAULT 13! L’ABITANTE DEL VAULT! JUNKTOWN! L’HUB! LA VITTORIA DELL’ABITANTE DEL VAULT! LA LIBERAZIONE DELLA SUA GENTE!-

A parlare ero io stessa. Urlavo quei nomi e quelle frasi come una forsennata. Era come se un’altra me si fosse impossessata del mio corpo per aiutarmi a comprendere le visioni.

-ARROYO! IL PRESCELTO! VAULT CITY! IL GECK! L’ENCLAVE! LA BATTAGLIA DEL PRESCELTO! LA RICONCILIAZIONE DEI DISCENDENTI! L’ORSO A DUE TESTE! IL TORO! LA PRIMA BATTAGLIA DI HOOVER DAM! IL VAULT 101! IL VAGABONDO SOLITARIO! MEGATON! RIVET CITY! IL PROGETTO PUREZZA! GLI ZETANI! POINT LOOKOUT! IL PITT! ANCHORAGE! LA BATTAGLIA DELLA CAPITALE! LA CADUTA DELL’ENCLAVE! LA LIBERAZIONE DELLA CAPITALE! NUKA BREAK! IL CORRIERE! GOODSPRINGS! NEW VEGAS! ZION! BIG MOUNTAIN! IL SIERRA MADRE! IL DIVIDE! ULISSE! L’ULTIMA BATTAGLIA DI HOOVER DAM! I MINUTEMEN! I RAILROAD! L’ISTITUTO! IL SOLO SOPRAVVISSUTO! IL VAULT 111! SANCTUARY HILLS! DIAMOND CITY! GOODNEIGHBOR! IL PRYDWEN! FAR HARBOR! IL MECCANICISTA! IL VAULT 88! NUKA-WORLD! IL PADRE! LA BATTAGLIA DEL COMMONWEALTH! LA GUERRA CHE VERRÀ! SI! SIII! ORA HO CAPITO! ORA HO VISTO QUALE SARÀ IL FUTURO DI TUTTI!-

In quel momento, le visioni terminarono, e io mi risvegliai.

Tornata alla realtà udii fin da subito una moltitudine di suoni e allarmi. Mi sentivo disorientata, bollente e al tempo stesso … potente. Intorno a me c’era soltanto l’oscurità e del liquido che in quel buio non riuscivo a vagliare.

Le porte blindate della stanza si aprirono, facendo entrare la luce e uscire quella sostanza. Mentre il tavolo sul quale ero stata posizionata si muoveva verso l’uscita, capii che la stanza era stata colpita dalla potente scarica elettrica sprigionata per ricreare il Trasferimento. Le pareti erano annerite e fumanti. Le luci sul soffitto non c’erano più. E quella sostanza sembrava un tipo di schiuma estinguente più potente in confronto alla polvere nei normali estintori.

Prima di uscire, dei bracci robotici scesero dal soffitto per ripulirmi dalla schiuma con l’aria compressa e vestirmi con un camice da ospedale usa e getta. Terminata la pulizia, il tavolo si fermò davanti a tutti i miei compagni e ad altri scienziati. Erano tutti rimasti a bocca aperta. Spectrum compreso. Stranamente, mettendomi seduta sul tavolo, li vidi tutti più bassi del solito.

-Che c’è? Perché quelle facce?- Chiesi preoccupata.

-Ehm … la tua … il tuo … - Provò a dire Trinity passandosi una mano sulla faccia e sul corpo.

-Oh cacchio no! Sono un mostro?- Chiesi tastandomi il viso con una mano.

Guardandomi la mano per un attimo però, vidi che era verde. Una mano umana che dopo aver tastato con l’altra capii essere fatta di metallo.

-Doc? Doriane? Esattamente cosa sarebbe quest’unità?-

-Atena.- Rispose Doc attivando un proiettore di ologrammi che mi riprodusse in modo dettagliato. -L’unità robotica bipede da combattimento più avanzata che il nostro mondo abbia mai visto. Neppure Liberty Prime riuscirebbe a tenerle testa paragonando i loro rispettivi punti di forza.-

Non riuscivo a crederci, ma quel robot ero proprio io. Le mie forme e il mio aspetto erano state ricreate con quell’incredibile metallo verde marino. Perfino i capelli erano stati ricreati. Rossi e raccolti. Solo alcune parti del mio nuovo corpo sembravano essere dei componenti solidi saldati direttamente allo scheletro interno. Come le falangi di tutte le mie dita, le mie nocche, i miei occhi. Le uniche cose che mancavano erano le orecchie. Eppure ci sentivo benissimo.

-Atena?- Chiese Bud confuso.

-La dea greca della saggezza, della pace e della strategia militare.- Spiegò un altro scienziato.

-Beh, più precisamente il suo nome sarebbe stato Panzerwalküre. Frank trasferì l’intero esoscheletro nel suo viaggio di ritorno con il resto degli artefatti. Come consigliatoci nel suo diario dei progetti, abbiamo potenziato l’esoscheletro con le nostre conoscenze, aggiunto i miglioramenti ideati da Frank grazie ai suoi studi sulle altre tecnologie e corazzato il tutto con una nuova lega basata sulla struttura molecolare del Orichalcum e di un metallo a memoria di forma elettrosensibile. Tutto alimentato da un Nucleo Argent pienamente operativo e con un’energia quasi inesauribile.-

-E come mai ho ancora il tatto?- Chiesi tastandomi il viso. -I robot non dovrebbero averlo.-

-La tecnologia dei microsensori sarebbe stata rivoluzionaria per il nostro mondo. Sfortunatamente sono riusciti a crearla gli scienziati di un altro, a cui Frank ha pensato di copiare alcune idee. Più avanti comunque ti fornirò un manuale che ti spiegherà nel dettaglio tutto del tuo nuovo corpo.-

-E i capelli? Perché i capelli glieli avete fatti rossi?- Domandò Isaac incuriosito.

-Micro antenne in filamenti di fibra ottica rivestiti con una variante rossa della pelle metallica. Chiamiamolo pure un marchio di fabbrica. Abbiamo preparato anche un completo in tessuto antiproiettili. Un abito su misura per la battaglia.-

-Wow. Non vedo l’ora di provarla. Doriane potrebbe …. dov’è Doriane?-

-Doriane non c’è più.- Mi rispose Spectrum.

-Come? Cosa significa non c’è più?-

-Durante il Trasferimento abbiamo avuto una perdita del cinque per cento negli accumulatori Li-Ion necessari per l’operazione. Io e Doriane abbiamo usato parte della nostra energia residua per compensare la perdita. Lei però … si è scaricata più in fretta di quanto potessi fare io.-

-Vuoi dire che …-

-Si è sacrificata.-

Anche attraverso la proiezione del suo ologramma, Doc mostrava chiaramente il dolore che provava per la sua perdita. E come se ciò non bastasse, doveva aver subito anche dei danni. Il suo ologramma veniva proiettato con degli errori riconducibili a dei guasti.

-Sono stufa di vedere gli altri morire per salvarmi la vita.- Affermai seccata.

-Hai un piano?- Mi chiese Nick.

Io lo guardai con la furia negli occhi e la grinta che fino a poche ore fa avevo quasi perso del tutto.

-Salviamo i prigionieri, torniamo tutti a casa e ammazziamo chiunque ci si pari davanti.- Affermai alzandomi in piedi e strappandomi il camice di dosso.

Il mio gesto però non ottenne l’effetto desiderato. Quasi tutti i presenti voltarono di scatto la testa imbarazzati o comunque distolsero lo sguardo dalla sottoscritta.

-Ehm, Red? Il tuo nuovo corpo è molto … dettagliato.- Disse Nick imbarazzato.

Incuriosita abbassai lo sguardo per vedere quale fosse la causa di quella reazione. Con stupore e altrettanto imbarazzo vidi che il mio nuovo corpo possedeva una sua “intimità”.

-AAAH! Doc che cavolo mi serve questa roba?!- Chiesi coprendomi con le mani dove potevo.

-Era per farti apparire più umana possibile.- Si giustificò lo scienziato.

-Però, non male il nuovo corpo.- Si complimentò Isaac.

 

 

-Chiave regolabile.- Disse il demone allungando la mano al suo compagno.

-Io non capisco come fai a restare così calmo in una situazione simile!- Affermò il suo compagno porgendogli l’attrezzo.

I due predoni stavano effettuando un controllo su tutte le torrette difensive davanti all’ufficio dell’ormai defunto Lord Woden. Con la morte del loro capo e della sua vice era andato a crearsi un certo malcontento tra le fila dell’Orda. Il comandante Clark aveva sfruttato la cosa per i suoi scopi.

-Cacciavite.-

-Clark pensa di poter sostituire Tris e Woden come se fosse lui il prescelto. Lo sai quanti altri apostoli scatenerebbero una rivoluzione pur di essere al comando? Ma mi stai ascoltando?!-

-Circuito stampato militare. E rilassati. Clark ha fatto rinchiudere quasi tutti i dannati nel Recinto. A quanto ho sentito dire ha intenzione di metterne al muro la metà e poi macellarne i cadaveri. Questo dovrebbe bastare a mettere ben in chiaro chi comanda adesso e a nutrire tutti i devoti.-

-Bene. Perché se quella feccia dovesse ribellarsi, allora saremmo tutti in un bel … -

CRASH.

Con il jetpack CTS montato sulla mia schiena sfrecciai attraverso la vetrata dell’ufficio e atterrai nello stesso punto dove Woden aveva giocato la sua ultima partita a poker contro di me. Il tavolo non c’era più, ma in compenso trovai una dozzina di demoni. Chiaramente nessuno di loro restò a guardarmi e in un attimo aprirono il fuoco su di me. Normalmente sarei dovuta morire dopo i primi cinque colpi di fucile d’assalto cinese, ma il completo antiproiettili e la nuova lega metallica che avvolgeva il mio esoscheletro, facevano rimbalzare i proiettili di quelle armi come palline di carta sparate da delle cerbottane.

In risposta a quegli attacchi estrassi la mia nuova arma e iniziai ad uccidere quei predoni uno alla volta. La Fiamma dell’Ovest era un revolver a doppia azione da sei colpi basato sul vecchio modello Colt Bisley 1905. Ovviamente però, dovendo essere impugnata dalla sottoscritta, le sue dimensioni erano decisamente maggiori rispetto ad una normale pistola. Più o meno tre o quattro volte più grande della versione originale. E decisamente più potente. Le loro corazze non potevano fare nulla contro i suoi proiettili calibro cinquanta.

Terminata la sparatoria mi avvicinai al terminale privato di Woden per accedere alla loro rete. Tra i vari optional di Atena c’erano le due spine universali collocate nelle falangi di entrambi gli indici. Tenendo la Fiamma puntata verso le scale con la destra, usai la mano sinistra per connettermi.

La prima cosa che una persona noterebbe unendosi ad un’unita robotica di alto livello sarebbe la forza, la percezione e tutti gli altri aspetti che la rendono più S.P.E.C.I.A.L. di qualsiasi altro essere umano. Ma in poco tempo si scoprirebbero cose come la comunicazione tramite onde radio, i sistemi di puntamento avanzati, gli scanner ad alta potenza, i microcalcolatori e la visione digitale. Quest’ultima era stata battezzata da Doriane e Spectrum. Quest'abilità mi permetteva di vedere il mondo nascosto dentro ad ogni congegno con dei sistemi elettrici complessi. Credetemi quando vi dico che dentro ad un comune terminale da ufficio può esserci l’impensabile.

Mentre io tenevo sotto tiro le scale, Doc si stava connettendo alla rete della T.O.S. in remoto tramite me. In pratica ero diventata un’antenna ambulante per l’hackeraggio.

-Okay, siamo dentro. Ho riottenuto l’accesso alla loro rete difensiva.- Mi informò Doc via radio.

Dio solo sapeva quanto avrei voluto connettermi anch’io a quella rete. Solo la prova effettuata con un semplice terminale poco prima di partire per l’assalto alla T.O.S., mi aveva fatto provare la sensazioni di un mistico trip virtuale. Ma come Doc mi aveva spiegato preventivamente, connettermi a quella rete senza prima aver fatto un po di vera pratica, avrebbe potuto farmi perdere la concentrazione nel pieno di un operazione. Pessima idea.

Con l’aiuto del Dr Spectrum, rubare i dati sulle ricerche e le forze armate dell’Orda fu una questione di secondi. Il tocco finale fu ridisattivare le difese automatizzate della T.O.S.. Senza di esse, nessuno ci avrebbe impedito di attaccare il Nucleus e fuggire con i prigionieri.

-Finito! Ho scaricato tutti i dati possibili. E ho anche l’accesso all’Apollo. I vertibird hanno già iniziato l’attacco al Recinto e i nostri ragazzi stanno decimando le guardie. Servi anche tu però.-

Terminato l’hackeraggio mi avvicinai al vetrata distrutta. Prima di lanciarmi di sotto mi accorsi di aver fatto ribaltare l’elegante trono su cui Woden era stato seduto durante la nostra partita.

-Ho rovesciato lo stesso trono ben due volte.- Ironizzai.

Dopo essermi lanciata dalla vetrata distrutta non attivai subito il CTS. Volli prima godermi un pizzico di caduta libera con tanto di mosse acrobatiche.

Gli stessi impulsi elettrici che in andata portavano i comandi di movimento alla mia nuova pelle, in uscita riportavano gli stimoli percepiti da ogni microsensore presente nelle placche. Ciò mi garantiva di percepire cose come l’aria, la gravità, il caldo, il freddo, e anche il dolore. Ovviamente quest’ultimo non veniva ricreato nello stesso modo con cui il mio vecchio corpo lo percepiva. Una scheggia di granata a frammentazione. Un impulso da 35mW. Un proiettile di carabina d’ordinanza. 50mW. Un proiettile di fucile antimateria. 85mW.

Ciò di cui dovevo realmente preoccuparmi erano i danni interni. Più nello specifico tutti i guasti e i danneggiamenti ai miei vari sistemi. Non ero mica diventata indistruttibile. Un proiettile abbastanza potente dritto al mio nucleo nel torace o al mio microprocessore primario in tasta, e allora si che sarei morta. Per l’appunto Doc aveva usato il microprocessore del mio Pip-Boy come sede della mia coscienza. Esso avrebbe continuato a guidarmi e ad aiutarmi anche dopo la mia resurrezione. Con esso nella mia testa risedevano anche i microprocessori secondari, dove Doc aveva scaricato più o meno tutta l’enciclopedia, e i micro calcolatori più all’avanguardia. Tutto questo racchiuso e al sicuro nel mio cranio metallico. Forse più al sicuro del mio nucleo.

La mia caduta ebbe fine a cento metri dalla terrazza panoramica costruita al livello del Mercato degli Avari. Sotto di me, dei predoni si erano raccolti attorno alla piscina all’aperto prosciugata per indagare sui loro due compagni precedentemente caduti. I due erano gli stessi che al mio arrivo stavano armeggiando sulle torrette davanti alla vetrata dell’ufficio. Avrei anche potuto evitare di tranciargli i cavi di sostegno con dei colpi netti e farli cadere per centinaia di metri, ma poi avrei dovuto eliminarli comunque.

Senza farmi vedere, usai il CTS per raggiungere il ponte tramite il quale l’Orda poteva spostarsi dalla T.O.S. al Recinto senza dover attraversare l’oceano di ghoul sottostante.

Il ponte era stato ben costruito. Usando rottami di vario genere i predoni avevano eretto o fatto erigere una struttura solida e abbastanza larga da far passare due colonne di mezzi pesanti. In quel momento stava giusto passando una piccola divisione di truppe. Chiaramente la risposta dell’Orda per contrastare le squadre d’attacco aviotrasportate della resistenza e i miei compagni.

-Red qua abbiamo quasi finito. I secondini non se lo aspettavano neanche un attacco dall’alto.- Mi informò Tony per radio. -Ma stiamo per ricevere visite.-

Nel frattempo l’Apollo aveva iniziato a calare sul Recinto. Con l’intera rete difensiva fuori uso e i sistemi di volo automatizzati del dirigibile sotto controllo, l’Apollo ci avrebbe permesso di uscire dalla città con tutti i prigionieri dell’Orda. Questo almeno era il piano escogitato da me e da Doc. Perché ciò potesse funzionare però, il ponte doveva essere messo fuori uso, e lo stesso valeva per l’aeroporto nella periferia della città. I caccia e i vertibird del nemico restavano un bel problema.

-Ci penso io a loro. Voi iniziate ad evacuare.- Dissi poco prima di piombare sul ponte davanti al gruppo di predoni intenti ad avanzare.

La mia comparsa colse di sorpresa tutti nemici. In gran parte erano devoti. La solita carne da cannone capitanata da pochi demoni. A differenza dei loro compagni nell’ufficio di Woden, questi ebbero dei ripensamenti sull’aprire il fuoco contro di me.

Fui io a rompere il ghiaccio. L’Ares era il non plus ultra dell’arsenale di Doc. Un mitragliatore ad energia in grado di sparare fasci laser avvolti in piccole sfere di plasma. Ogni colpo liquefaceva e vaporizzava anche i materiali più resistenti. Ma la cosa più incredibile era la piccola sfera di energia sprigionata dall’esplosione della sfera. Non era potente come una granata, ma cacchio se bruciava.

Quando aprii il fuoco i primi sette predoni vennero istantaneamente trapassati da parte a parte. Quelli dietro di loro ebbero la peggio, dato che le le sfere di energia dell’Ares esplosero una ad una con il secondo contatto. Le detonazioni vaporizzarono almeno la metà dei tessuti di ogni predone nel raggio d’azione. Una media di uno o due predoni ogni detonazione.

La carneficina finì quasi subito. I predoni più indietro scattarono in ritirata e io non avevo voglia di ammazzare devoti a caso. Per la maggior parte erano disperati che nella vita avevano solo scelto di inchinarsi ad uno stronzo piuttosto che morire. In oltre l’Ares e il CTS usavano l’energia del mio nucleo per funzionare. In parole povere, volare e sparare con armi collegate a me, diminuiva gradualmente i miei livelli di energia. Pessima idea consumare energia senza dei buoni motivi.

Alcuni dei demoni nel gruppo però non avevano ancora mollato. Uno di loro stava disseppellendo un lanciarazzi dai cadaveri che vi si erano accasciati sopra. Stavo per freddarlo quando una raffica laser lo ridusse in cenere ancor prima che se ne potesse accorgere.

Atom giunse alle mie spalle con il suo nuovo corpo in acciaio cromato. L’unità di supporto era un kampfhunde d'élite i cui schemi erano stati trafugati da Frank in uno dei suoi viaggi. Il progetto originale doveva farlo apparire come un terrificante pastore tedesco d’acciaio grande come un bue e pesantemente armato. Doc ne aveva modificato il telaio per farlo apparire più come un maestoso e socievole segugio. Certo in questo la mitragliatrice laser montata sul suo dorso non aiutava.

Il cane d’acciaio mi si affiancò dopo aver incenerito anche l’ultimo demone. Il suo sguardo restò fisso sull’entrata alla T.O.S. fino a che non ne attirai l’attenzione. La pelle elettro sensibile della sua testa lo rendeva quasi identico al cane che era prima.

-Allora bello? Come stiamo andando?-

Atom mi rispose abbaiando contento e scodinzolando con la sua nuova coda di ferro. Sarebbe stato meglio se Doc gli avesse dato la possibilità di parlare, ma lo scienziato dubitava che il cane sarebbe stato capace di formulare frasi vere. Tanto valeva restare al fedele abbaio.

-Ora torna dagli altri e proteggi la retroguardia.- Gli ordinai sganciando il congegno che Doc gli aveva fatto portare via terra fino a me.

Ubbidiente come sempre, Atom tornò indietro al Recinto con la mole di un felino e la velocità di un cavallo da corsa. Io restai li sul ponte ad armeggiare con il congegno fino a che non fu pronto. Riaccendendo il CTS tornai a librarmi in aria come una farfalla da seicento chili, anche se la bomba portatami da Atom incrementò notevolmente il mio peso totale. Questo mi fece perdere parecchia agilità, ma visti quali erano i miei piani, ne avrei potuto tranquillamente fare a meno molto a breve.

Tenendo la bomba con entrambe le mani, volai a meno di due metri dal suolo lungo la grande galleria di servizio che collegava il ponte direttamente al Mercato degli Avari. Non potete immaginare lo stupore di tutti i predoni nella galleria che mi videro volargli sopra le teste. Lo stesso fu per tutti quelli riuniti nel mercato.

Avrei potuto mettermi a sparare all’impazzata su quella marmaglia, ma preferii sganciargli addosso la bomba. Appena l’ordigno si schianto sul bancone di uno dei loro bar, sfruttai l’ormai residuo vantaggio della sorpresa per rompere con un solo pugno la tromba di vetro di uno degli ascensori e svignarmela ai piani alti.

Senza il peso della bomba e con il getto del CTS concentrato nello spazio ristretto della tromba, schizzai su per la torre come una saetta. L’unico ostacolo che trovai fu l’ascensore stesso, fermo tre piani sopra alla guarnigione dei demoni. Dopo averlo scansionato con la modalità termica dei miei visori ed essermi accertata che non vi fossero persone, lo sfondai da parte a parte come carta pesta, rendendo inservibile la tromba.

La mia meta finale era l’Olympus, ma prima volli fare una tappa al Valhalla.

Quando sfondai le porte ed entrai nella sala attirai l’attenzione di tutti. Nessuno degli apostoli però riuscì a fare qualcosa di simile ad un contrattacco, visto che non appena ebbi impugnato l’Ares iniziai a tempestare la stanza con raffiche di proiettili ad energia. Gli apostoli e tutti gli altri presenti si rintanarono come meglio poterono sotto o dietro ad ogni possibile riparo e nessuno provò a contrattaccare. Gli unici che avrebbero avuto il fegato di farlo sarebbero stati i tre cybercani morti all’inizio della sparatoria. Quando ebbi finito esaminai la stanza quadrante per quadrante per accertarmi che nessuno avesse ancora il fegato di tirare su la testa per guardare se ero andata.

-E questo era solo un avvertimento stronzi!- Dissi con tono minaccioso.

Stavo per tornare dentro alla tromba dell’ascensore quando col piede urtai qualcosa. Una grassa gamba flaccida. La gamba destra di Motor-Hog.

Il grassone doveva essersi trovato per puro caso nei pressi delle porte quando le avevo sfondate. E per tutta la sparatoria se n’era stato rintanato come un grasso verme tremante ai miei piedi.

-Ciao maiale. È da un po che non ci vediamo.- Dissi afferrandolo per i capelli e tirandolo su di peso.

-AH! NO TI PREGO!-

-Lo sai cosa ci faccio con i maiali come te? Li faccio arrosto.-

Detto questo calciai il grassone nel sedere, facendogli fare il volo più lungo della sua vita. L’animale atterrò esattamente dove volevo. Dietro al bancone del bar sulla mia destra. L’atto finale di quella mia perfida vendetta fu sparare alle mensole del bar, rovesciando su Motor-Hog litri di alcol, che unito al calore delle sfere di energia dell’Ares, prese immediatamente fuoco.

Appena il grassone si accorse di aver preso fuoco dalla testa ai piedi, scattò in piedi urlando e scattando come un pazzo.

-AIUTATEMI! AIUTATEMI!- Urlò in preda alla disperazione.

In breve tempo, le fiamme gli fecero perdere la vista, e dopo aver rimbalzato contro un tavolo da Blackjack, Motor-Hog si diresse verso la vetrata più vicina. La stessa davanti alla quale mi ero seduta con gli altri la sera del nostro arrivo al Nucleus.

Non sapevo se il suo intento fosse quello di buttarsi di sotto, vista la resistenza del vetro. Nel dubbio lo aiutai perforando la sezione della vetrata con cinque colpi dell’Ares.

Quando il predone vi si appoggiò, il vetro già indebolito si frantumò e Motor-Hog cadde di sotto.

-È stato un piacere. Dovremmo rifarlo più avanti. O magari state lontani da Beacon City. Ciao!-

Dopo essere tornata nella tromba ed essermi lasciata per sempre il Valhalla alle spalle, ripetei la stessa operazione con l’Olympus senza però sparare neppure un colpo. I residenti del piano ebbero la stessa reazione degli Apostoli, anche se io non feci altro che camminare pacificamente tra di loro.

-Scusate. Con permesso. Fate finta che io non ci sia. Continuate pure con le vostre orge da ricconi strafottenti. Non smettete di gettare merda sugli altri. Carino il tuo cappellino sorella. Siete tutti migliori di me e AAAH!-

Dal nulla avverti una potente scarica alla mano sinistra. Guardandomi alle spalle scoprii che a colpirmi con un saldatore ad arco industriale era stato Matt Messina Denaro. Io non ammazzavo nessuno, e quella merdina mi colpiva alle spalle.

-Matt! Stavo giusto per andarmene senza salutarti.- Dissi afferrandolo per il colletto della sua camicia da trecento dollari.

-Cosa avevi detto dei testimoni ai tuoi processi? Che avevano sempre tardato?-

Lui non mi rispose. Continuava a guardarmi con quel suo ghigno di odio da essere superiore.

-Avete visto tutti? Mi ha colpita alle spalle? Non è vero?- Chiesi a gran voce.

Quasi mezza sala mi diede ragione all’istante. Nessuno provò a difendere il mafioso.

-Hai visto Matt? Alla fine i testimoni sono arrivati. Con l'autorità datami dalla comunità di Beacon City, ultimo angolo di vera America, io, sceriffo Rocket Earp, ti condanno alla sedia elettrica per estorsione, corruzione, rapina a mano armata, contrabbando, traffico di esseri umani, e altrettanti numerosi crimini. Compreso l’omicidio. Hai qualcosa da dire prima che proceda con la sentenza?-

-Crepa puttana.-

Gustatami per l’ultima volta la visione del boss mafioso, raccolsi da terra il saldatore ad arco con cui prima mi aveva colpita e gettai entrambi in una vasca idromassaggio libera li vicina. Entrando a contatto con l’acqua, la batteria sprigionò tutta la sua potenza, friggendo all’istante il boss mafioso. Una donna li vicina urlò disperata assistendo a quello spettacolo.

-La seduta è tolta.- Dissi dopo essermi accertata che il vecchio Matt non stesse più respirando.

Raggiunsi l’ascensore per l’ufficio senza incombere in altri agguati, e una volta dentro iniziai a salire.

Fu a quel punto che mi accorsi di aver perso tutta la pelle sulla mano che Matt mi aveva colpito.

-Doc? Hey Doc? La mia mano non ha più la pelle. C’è solo lo scheletro di metallo.- Dissi riattivando la modalità di comunicazione via radio.

-Rilassati. Non ti ho perso di vista per un attimo. Secondo le informazioni che il tuo corpo mi ha trasmesso hai subito un potente attacco elettrico. Giusto?-

-Siii.- Risposi arrestando la salita dell’ascensore.

-Allora stai tranquilla. La pelle si può disgregare in caso di segnali elettrici anomali, ma è anche la parte più facile da ricreare in laboratorio. Cerca solo di stare attenta ai colpi che subisce l'esoscheletro. I suoi pezzi sono i più complessi e difficili da riprodurre.-

-D'accordo. Voi come siete messi sull’Apollo?- Chiesi allargando le sbarre e allungandomi fuori per liberare il reverendo imprigionato da Woden giorni prima.

Al poveraccio restava poco da vivere. Se non mi fossi sbrigata, sarebbe sicuramente morto.

-Ci siamo dovuti fare un po stretti. Non saremo veloci come speravo, ne capaci di volare molto in alto, ma ce la faremo. Isaac e Sullivan stanno arrivando. Se quello che dicono è vero, credo che abbiano disabilitato la maggior parte dei velivoli all'aeroporto con le bombe EMP. Senza dei nuovi circuiti non decolleranno più.-

Prima di arrivare in cima, vidi che la fanatica religiosa amante delle stelle era morta. I suoi segni vitali erano scomparsi ormai da tempo. Non potei fare niente.

-Bene. Sto per arrivare anch’io.-

-Ricordati le antenne sul tetto. È tramite quelle antenne che l’Orda controlla le tempeste. I dati che abbiamo raccolto lo confermano. Distruggile e avremo un problema in meno.-

-Lo faccio subito.-

Quando le porte dell’ascensore si riaprirono, potei finalmente abbandonare quel posto una volta per tutte. Attivando il CTS volai sopra la piscina, raggiunsi l’ufficio e uscii nuovamente dalla vetrata. Nessuno mi disturbò. Nessuno era corso in soccorso dei predoni che io avevo ucciso prima.

Fuori l’aria non era la migliore, ma era fresca. Questo bastò a ridare un po di forze la reverendo.

-Sei … sei un angelo?-

-Chi può dirlo? È meglio se risparmiate le forze reverendo.-

Prima di raggiunge gli altri però, impugnai nuovamente l’Ares e lo usai per colpire le strane antenne sul tetto della T.O.S., che secondo Doc, erano le parti fondamentali della tecnologia che controllava le tempeste radioattive. I colpi fecero saltare i potenti trasformatori alla base delle antenne, i quali esplodendo sprigionarono un potente incendio.

Con il terrore tra le fila nemiche e i sistemi di controllo meteorologici andati, c’era un’ultima cosa da fare.

Diminuendo l’energia nel CTS con la massima cautela per non spaventare il reverendo, planai verso il piazzale all'entrata della T.O.S.. Atterrata davanti alla gradinata che portava al Mercato degli Avari, e lì attesi.

Con la coda dell’occhio, vidi anche che Motor-Hog era atterrato a pochi passi da dove mi trovavo io. Un enorme pomodoro bruciato spappolato vicino ad un grande vaso ornamentale. Se avessi saputo dove sarebbe atterrato, magari non avrei sparato al vetro. Comunque fu una vera liberazione vederlo in quello stato. Una degna fine per un assassino del suo livello.

Cominciai a temere che alla fine nessuno mi avrebbe vista, poi però qualcuno lo fece e dal mercato arrivarono almeno cento predoni di tutti i tipi e specie. Tutti con le loro armi puntate su di me e sull’ignaro reverendo. Io gli ammonì dal compiere qualsiasi atto ostile alzando con una mano un piccolo telecomando. Quando tolsi la sicura, da dentro la torre si iniziò ad udire un potente allarme.

-Sapete che cos’è questa?- Chiesi rimettendo la sicura e disattivando l’allarme. -Se solo uno di voi continua a tenermi sotto tiro faccio esplodere la bomba che ancora non siete riusciti a togliere dal vostro salone.-

Udendo le mie parole, molti predoni si immobilizzarono. Avevano capito che non scherzavo. Poi uno abbasso il suo fucile. Poi quello alla sua destra. E alla fine non ne restò neanche uno con l’arma puntata. Certo non si erano arresi, ma avevano capito chi aveva il coltello dalla parte del manico.

-Ve lo dico per l’ultima volta. Non abbiamo iniziato noi questa guerra. Ma siamo pronti a finirla. Come sempre è stato, e sempre sarà, vi lascio la libertà di scegliere. Perché è un vostro diritto.-

Assicuratami che tutti avessero recepito il messaggio, riaccesi il CTS e mi preparai a ripartire.

-Chi sei tu veramente?- Mi chiese un uomo tra la folla di predoni.

-Io sono la luce della speranza! Io sono la guardiana del male che gli uomini crearono! Datemi i reietti e i vinti, perché io sono la fiamma immortale dell’America che fu e che sempre sarà! Io sono Spirit!- Detto questo presi il volo, lasciandomi alle spalle i predoni.

Fu sicuramente un duro colpo per i predoni vedermi volare via in tutta tranquillità. E ancor più duro fu vedere l’Apollo fuggire nella mia stessa direzione con i prigionieri del Recinto e la formazione di vertibird della Resistenza a proteggerlo.

Eravamo liberi finalmente. Dopo tre giorni passati all’inferno avevo quasi dimenticato quella sensazione. Pura libertà.

La mia squadra mi stava attendendo sulla passerella di coda. Quando finalmente li raggiunsi e potei rimettere i piedi a terra venni accolta come un’eroina.

-Che roba da pazzi sorella!- Si complimentò Trinity prendendo in custodia il reverendo.

-Hai affrontato tutti quei predoni da sola. Ma dove l’hai trovato il coraggio?- Mi domandò Bud.

-A dire il vero dovevo ricaricare il nucleo. Volare e sparare alle antenne mi ha prosciugata in fretta.- Risposi sincera.

-Ah. Beh quella mossa che hai fatto è stata comunque incredibile.-

Atom si mise a leccarmi con la sua lingua di ferro. Per poco non mi scaraventò di sotto.

-Buono bello. Accuccia.-

-Ora che i loro sistemi di controllo ambientali sono stati distrutti, le tempeste nella regione dovrebbero diminuire. Sei stata bravissima Red.- Si complimentò Doc.

-Che facciamo con la bomba adesso? Potrebbe essere la nostra ultima occasione.- Fece notare Tony.

Tony aveva ragione. Distruggere la T.O.S. e il Nucleus avrebbe sicuramente messo fine a quella guerra. Ma avremmo anche ucciso un sacco di innocenti rimasti nella torre e negato una seconda chance ai predoni.

Decisi quindi di fare ciò che sapevo fare meglio. La cosa giusta.

Facendo molta attenzione, spezzai il detonatore a metà, separando la parte con l’antenna e il grilletto da quella con la batteria a fissione. Poi lanciai i pezzi giù dal dirigibile in due direzioni opposte.

-Okay. È stato fico.- Si complimentò Nick.

-Chi sa perché, ma ho una brutta sensazione.- Affermò Tony.

-Può darsi. Ma hai fatto la cosa giusta.- Continuò Amelia. -Altrimenti saremmo come loro.-

presto per supporre che cosa accadrà. Ora però torniamo a casa.- Dissi guardando la T.O.S..

stato come leggere tutti i numeri degli Inarrestabili in un solo colpo.- Affermò Nick un attimo prima di rientrare nel dirigibile.

-Davvero?- Gli chiese Bud.

-Beh, magari un po' meno epico.-

Rimasi sola con Atom, a guardare lo spettacolare incendio che la mia squadra e la Resistenza avevano appiccato al Recinto. Tempo due giorni e l’intera struttura sarebbe collassata su se stessa.

-Hai compiuto l’impossibile giovane guerriera.- Disse una voce molto famigliare. -Ma il tuo lungo viaggio è solo agli inizi.-

All’altro lato della passerella, Jeremy se ne stava appoggiato alla ringhiera del parapetto come un turista in crociera. Quell’essere riusciva ancora a nascondere la sua identità. Come Spectrum non era riuscito ad esaminarlo la prima volta che lo vide insieme a me, anch’io falli, nonostante l’elevata qualità dei miei sistemi di scansione. Ormai ci avevo praticamente rinunciato.

-Non è ancora finita? Vero?- Gli domandai estraendo il Nucleo Argent di riserva che Atom aveva custodito per me sotto la sua corazza e lanciandogliela.

-No. Il male vive ancora su questa terra.- Mi rispose Jeremy nascondendo l’artefatto tra le sue vesti.

-Ma rallegrati Rocket, perché anche se adesso non lo comprendi, hai salvato ben più di qualche innocente. Perché il ruolo di tutti voi sopravvissuti nella vera Grande Guerra che verrà, sarà più grande di quanto tu possa credere.-

-Aspetta. Ci abbandoni così?!- Chiesi vedendolo passare dall’altro lato del parapetto.

-Stai tranquilla. Un giorno tornerò a trovarti. Per adesso, lascio i Fondatori in buone mani. Ti augurerei buona fortuna, ma sappiamo entrambi che non ne hai bisogno.-

Poi Jeremy si lasciò cadere, e subito dopo svanì tra i meandri oscuri della città.

Io e Atom restammo soli ad ammirare per l’ultima volta la skyline di Oklahoma City in rovina.

 

 

Clark aveva fatto portare via i cadaveri, riposizionato il suo trono e coperto l’apertura nella vetrata con delle grandi tende nere che non facevano passare neanche la luce. Poi si era messo a sedere sul trono, ascoltando i pro e i contro dei suoi comandanti.

-Non possiamo compiere attacchi in massa nella situazione in cui ci troviamo adesso.- Polemizzò l’ammiraglio Morgan.

-Quegli indegni ci hanno umiliati e tu oseresti fargliela passare liscia?- Gli chiese Brutus stupefatto.

-Abbiamo perso più di duecento uomini negli ultimi due giorni. E dalla morte di Woden nell’Arena il morale non ha fatto altro che diminuire.- Fece notare Nolan, succeduto a Clark come nuovo comandante della Legione dell’Ordine.

-La fede si può rafforzare con la paura.- Continuò il Gran Dragone Garth accarezzando la sua falce.

-Ma siete cechi?! Abbiamo perso quasi tutta la nostra aviazione.- Ribadì l’ammiraglio. -Gli unici velivoli che ci restano sono quelli che devono ancora rientrare dalla Zona Contaminata! Tutti gli altri si sono fulminati.-

-I veicoli nell’O.C.C.P. non hanno subito alcun danno. Potremmo schierarli tutti anche adesso.- Fece notare il tenete Marshall.

-Il problema restano i devoti. Ora che non abbiamo più prigionieri per i lavori forzati, temono che gli faremo prendere il loro posto.- Spiegò Nolan. -E infatti è quello che saremmo costretti a fare se vogliamo mantenere il nostro tenore di vita. Secondo me dovremmo tranquillizzarli e metterci tutti al lavoro.-

-Tu vorresti che noi ci mettessimo a lavorare nella polvere come dei luridi dannati? Tu che prima non eri neppure uno di noi?- Gli chiese il Dr Jarvis disgustato.

-Il comandante della Legione dell’Ordine ha ragione. Non possiamo andare in guerra con il rischio di una rivolta.- Lo difese l’ammiraglio Morgan.

-Non dimenticatevi della nostra economia. Con il caos attuale, il nostro sistema economico potrebbe decadere anche subito.- Aggiunse Dubois, il contabile di Woden e dell’Orda.

-Se dovremo versare il sangue di qualcuno, sarà quello dei codardi!- Affermò Brutus impugnando il suo fucile.

-Calmati comandante!- Lo ammonì Nolan puntandogli contro il suo fucile laser.

-Sapevo che un esercito con dei luridi negri e degli sporchi giudei non avrebbe retto!- Disse Garth preparandosi a colpire con la sua arma.

-SILENZIO!- Tuonò Clark.

Il nuovo tiranno sembrò riportare la calma tra i membri della sua corte, anche se nessuno di loro sembrò intenzionato ad abbassare per primo l’arma.

-Dopo avervi ascoltato, ho deciso, che l’Orda non andrà in guerra.-

-Ma sei impazzito?!- Chiese esterrefatto Brutus.

-SILENZIO HO DETTO!!! Io sono il vostro nuovo leader e voi farete quello che io vi dico di fare!-

-Tu hai avuto soltanto la faccia tosta di farti avanti per primo.- Lo corresse il Dr Jarvis.

-Osi sfidarmi quattrocchi?- Lo sfidò Clark.

Nessuno rispose. Clark aveva imposto la sua supremazia su tutta l’Orda e nessuno si sentiva pronto a sfidarlo per il trono. Non durante il rischio di una rivolta tra le truppe. Se ottenere il potere era difficile, mantenerlo lo era ancora di più. I più furbi sapevano che bisognava aspettare che le acque si calmassero prima di compiere un colpo di stato.

-Io sono Art Clark. Leader superuomo dell’Orda. Il mio potere è infinito e l’Orda è UAH!!!-

-L’ORDA È MIA!!!- Tuonò una voce dietro di lui.

Clark si ritrovò trapassato da parte a parte da un lungo spuntone giallo luminescente ricoperto da un muco acido che sciolse lo schienale del trono, anch’esso trapassato, e parte dei vestiti di Clark.

I vari comandanti trasalirono vedendo il loro leader essere sollevato da quella cosa. Un mutatore si era arrampicato su per la T.O.S. e a causa dall’attacco dei Fondatori e della Resistenza nessuno ci aveva fatto caso.

L’abominio fece la sua entrata in scena definitiva passando per l’apertura nella vetrata e sciogliendo le tende che fino a poco prima ne avevano celato la presenza. Ma nessuno sparò. Chi perché prima voleva che il mutatore finisse la sua opera, chi invece perché in quell’essere riconobbe dei tratti famigliari. E poi … quel mutatore aveva parlato.

-Sei sempre stato un parassita Clark. Un parassita che è rimasto in vita stando alla mia ombra. Ma ora sarò io a sfruttare te.- Sussurrò il mutante mentre Clark si contorceva agonizzante.

Clark iniziò a rinsecchirsi a tempo da record, come una mela nel bel mezzo del deserto. Poi la sua pelle andò in frantumi e in un lampo, di lui non restarono altro che delle ossa polverose e fragili.

I comandanti restarono a guardare il mutatore impietriti dalla paura.

-Saluta il tuo vero ed unico leader mia Orda! LORD WODEN! L’IMMORTALE!!!-

   
 
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