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Autore: Yellow Daffodil    21/01/2019    5 recensioni
Nicole e Giulio si conoscono e si odiano sin da quando erano bambini, ma specialmente da quando, durante l'estate, Giulio ha "aiutato" Nicole ad organizzare un'esplosiva (è il termine giusto) festa a casa sua. Lei nemmeno ricorda come sia finita, ma ora è in punizione fino a Capodanno, mentre Giulio continua bellamente ad essere allenato dal suo severo ed ignaro padre. Proprio sul più bello delle loro rigide esistenze, Nicole e Giulio scoprono di essere accomunati da una storia d'amore... no, non la loro, non scherziamo! Quella mai nata tra Andrea e Serena, che porterà molto più scompiglio di quanto non abbia già portato quel maledetto giorno dell'autostop. Chi sono Andrea e Serena? Perché sono invischiati con Nicole e Giulio e perché Nicole e Giulio hanno deciso di invischiarli? Ma soprattutto chi, di loro quattro, rimarrà più invischiato in questa storia?
Seguito delle due OS "Autostop" e "Una notte da dimenticare" presenti sia su Wattpad che su EFP sulla pagina autore di Yellow Daffodil!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.



ATTENZIONE: Questa storia è il seguito di due One-Shot precedentemente pubblicate sul mio profilo. Le potete trovare sia su EFP che su Wattpad ai seguenti link:
Una notte da dimenticare
Link EFP: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1040493&i=1
Link Wattpad: https://www.wattpad.com/story/147784979-una-notte-da-dimenticare
Autostop
Link EFP: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3686749&i=1
Link Wattpad: https://www.wattpad.com/story/115485260-autostop

Sono entrambe pubblicazioni di un solo capitolo e sono relativamente corte, ma vi servono assolutamente per poter capire che cosa è successo ai nostri amati personaggi sei mesi prima...



Invischiati per le feste

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1. Sei mesi dopo

La Punto blu entrò nel vialetto, urtando, come al solito, lo gnomo da giardino. Quindi si sentì il rumore di un freno a mano tirato bruscamente e la porta del conducente si aprì per far uscire una ragazza e una soffocata imprecazione.

Serena fece il giro per davanti alla macchina, asciugandosi gli occhi offuscati dalle lacrime, quindi raggiunse lo gnomo e gli diede una controllata come se avesse steso un cerbiatto. No, non è che fosse preoccupata di avergli fatto del male, ma se l'avesse rotto avrebbe dovuto ripagarlo e quello sì che avrebbe fatto male, specialmente al suo portafogli. Fortunatamente, a parte lo smacco sulla punta del piede risalente ancora all'ultima volta, era tutto a posto, per cui lo risistemò in posizione eretta e tornò alla guida della Punto.

Percorse tutto il vialetto fino ad entrare nel patio e lì si fermò, indugiando nell'abitacolo con il motore acceso per qualche secondo. Guardava il volante con la vista sempre più appannata, una mano sulla chiave e una appena sotto agli occhi, pronta ad asciugare qualche lacrima sfuggevole.

Alla fine decise che era inutile fingere di stare bene, quindi spense il motore e scese dalla macchina. Nemmeno a dirlo, qualcuno si era già accorto del suo arrivo e le aveva aperto la porta.

"Serena?"

La ragazza faticò a trattenere un singhiozzo; essere lì, sentire certe voci e vedere certi volti le faceva così male che l'immagine del cerbiatto investito di poco prima non era nulla a confronto. Si avvicinò alla porta, senza nemmeno tentare di nascondere il suo malessere.

"Sei solo tu?" domandò alla ragazza sullo stipite e lei, dopo un'occhiata guardinga alla nuova arrivata, annuì.

"Che è successo?"

Serena si limitò a scuotere la testa, gesto che la padrona di casa interpretò correttamente decidendo di farla accomodare: "Entra, dai."

La casa era quella dei Lucich, famiglia rispettata della città, nucleo di quattro elementi che in un modo o nell'altro avevano sempre fatto parte della vita di Serena. C'era Antonio Lucich, il capostipite, rinomato allenatore di rugby all'italiana, ossia il rugby che predicava il fair play, ma la cui struttura intestina era peggio della mafia. Antonio era sempre stato, per usare una metafora, il padrino della società; stimatissimo e temutissimo anche a livello regionale, e a tempo perso, pure avvocato. L'avvocato che aveva seguito il divorzio dei genitori di Serena. Francesca Lucich era la moglie perfetta di Antonio; gran cervello, gran carisma e anche gran fondo schiena. Era la dirigente scolastica dell'istituto che aveva frequentato anche Serena e che tutt'oggi continuava a ricevere premi per mille motivi: Francesca era davvero impeccabile, non solo nel lavoro, ma anche nella vita privata, che affrontava mania dopo mania. Tipo girava la voce che avesse una domestica a cui faceva pulire il divano almeno tre volte al giorno, però shh, nessuno doveva saperlo.

Antonio e Francesca avevano due figli: Sandro e Nicole. Su Sandro, Serena preferiva non dire nulla, addirittura non pensare a nulla, mentre per Nicole era tutta un'altra storia. Nicole aveva ereditato l'intelligenza della madre e la furbizia del padre, ma era anche molto giovane, quindi non incuteva per niente terrore, al contrario dei genitori. Era simpatica; lei e Serena si erano prese a cuore a vicenda, come due amiche e non solo come cognate.

Serena aveva sette anni in più di Nicole, ma non aveva faticato a costruire un legame con lei: aveva una singolare simpatia e una sensibilità che spingeva a dare fiducia. Erano le qualità che l'avevano fatta correre da lei, quel giorno, prima che da chiunque altro, nonostante fosse il suo stesso fratello maggiore la causa di ogni male.

"Siediti, dai, ti porto un bicchiere d'acqua." le disse la ragazza, indicando a Serena il famoso divano delle manie di Francesca.

Erano stati Antonio e Francesca a presentare a Serena il loro scapestrato primogenito, non meno di ben sei anni prima, dopo che i suoi genitori si erano separati e lei aveva confessato all'avvocato di sentirsi molto sola. Così Antonio ne aveva parlato a Francesca e Francesca, che aveva un fiuto naturale per le ragazze a modo e dalle alte performance scolastiche, era stata più che felice di accoglierla in famiglia per alzare il livello di miserabilità della sua prole. 

Non che i Lucich odiassero i loro figli, ma non si erano mai nemmeno dimostrati troppo orgogliosi di loro. A volte sembrava quasi che scegliessero dei sostituti perché né Nicole né Sandro avevano mai primeggiato in qualcosa. E i Lucich, si sa, dovevano sempre primeggiare in qualcosa.

"No, grazie, sono a posto così." Serena declinò gentilmente e si mise a sedere dove le era stato suggerito.

Così, Nicole si soffermò a osservare la fragile figura della sua quasi-cognata (grazie a Dio, Sandro non le aveva ancora chiesto di sposarsi): nonostante fosse una giovane donna alta e ben messa, quel giorno sembrava un piccolo scricciolo, tutta rannicchiata all'angolo del divano, gli occhi rossi e le spalle tremanti. Nell'ultimo periodo l'aveva vista fin troppo spesso in quelle condizioni e per quanto le dispiacesse, stava iniziando a stancarsi.

Scosse la testa, arrabbiata e amareggiata: "Sere, non posso accettare che vada avanti così."

Ma Serena alzò una mano, come ad interromperla: "Ho solo bisogno di sfogarmi. Ti prego."

Allora Nicole tirò un sospiro e si sedette accanto a lei, ormai avvezza a questo tipo di sedute in cui si improvvisava consolatrice. Dopotutto, che altro avrebbe potuto fare? Come se fosse sua sorella e non la sorella di Sandro, la abbracciò forte e mentre singhiozzava le sussurrò: "È proprio uno stronzo."

Fissò le palline dell'albero di Natale nell'angolo del salotto e le contò come se fossero le quelle di un abaco, per enumerare le volte in cui Sandro aveva fatto soffrire qualcuno. Purtroppo anche lui, da bravo Lucich, aveva ereditato una scaltrezza fuori dal normale, ma la utilizzava a scapito degli altri, unendo ad essa una noncuranza innata, che lo faceva assomigliare molto ai loro genitori.

Sandro non era nemmeno chissà quale bellezza; a ventisette anni girava ancora con la barba incolta di giorni e non si tagliava i capelli perché non gli andava di spendere soldi dal barbiere. Aveva l'animo capriccioso di un bambinetto, ma tutta la cattiveria di un giovane farfallone a cui non dispiaceva andare di fiore in fiore senza badare ai cuori spezzati.

Serena era stata l'eccezione alla regola; i suoi l'avevano selezionata bene per uno come Sandro e pure in un periodo in cui le debolezze di lei e la forza di lui si sarebbero sposati perfettamente. Chiunque altra sarebbe scappata a gambe levate da quella situazione, ma lei era rimasta, aveva creduto che tra loro avrebbe potuto esserci qualcosa di forte, di vero. 

Ma, sinceramente, aveva sbagliato alla grande. Aveva scoperto del primo tradimento quell'estate, a luglio, dopo sei anni in cui probabilmente la fedeltà non era mai stata troppo di casa. Serena se n'era finalmente resa conto quand'erano andati a convivere e lui, nel giro di qualche settimana, aveva fatto conoscenza ravvicinata con svariate condomine. Sembrava che Serena l'avesse lasciato e cacciato per questo, ma qualche giorno dopo aveva deciso di parlare con lui e discutere della loro situazione. Sorprendentemente per tutti, in casa Lucich, l'aveva perdonato ed erano tornati a fare la vita di coppia... perché Serena era una grandissima debole.

Infatti, ora era quasi Natale e quei due si trovavano di nuovo punto e a capo. Il problema, pensò Nicole, era che in circa sei mesi aveva assistito a quella scena almeno altre due volte. Perché Serena era così ostinata? Amava a tal punto suo fratello o amava solamente farsi del male?

La serratura della porta scattò e fece alzare gli occhi di Nicole sull'entrata. Mentre ancora stringeva Serena, la osservò aprirsi e lasciar entrare l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

No, non Sandro.

Giulio.

"Woah, dimostrazioni saffiche di affetto, sono arrivato giusto in tempo." salutò lui, con la sua classica, perenne, aria di superiorità.

"Oddio." si lamentò Nicole, sciogliendo l'abbraccio. "La puoi smettere di entrare in casa mia ad cazzum? È come se fosse una tua proprietà, ma, tieniti forte per la rivelazione, non lo è. Si deve bussare, o suonare il campanello. E capisco che tu sia abituato al ponte levatoio della tua reggia, o principe, ma qui esistono solo dispositivi plebei."

"Dunque perché sprecarsi in tali pagane tradizioni, quando hai direttamente le chiavi?" rimbeccò lui, agitando fieramente il mazzo tra le dita.

Nicole roteò gli occhi: gliele aveva date suo padre, ne era certa. Antonio Lucich adorava Giulio; era come la sua spalla destra, il suo scagnozzo, il figlio che non aveva mai avuto. O meglio, come il figlio che avrebbe voluto al posto di quello stronzo di Sandro. Ed era tutto dire, pensò Nicole, perché Giulio era ancora più stronzo.

Serena si vergognò immensamente: non sapeva che in casa Lucich sarebbero arrivati ospiti, perciò girò il volto tentando di nasconderlo alla bell'e meglio. Ma i due ragazzi non sembravano preoccuparsi troppo di lei; erano immersi in una discussione da cui non sarebbero usciti entrambi vivi.

"Non capisco perché debba dare le chiavi a te! A te!" si animò Nicole. "Che cosa ti ha mandato a fare stavolta? Una nuotatina in piscina? Un pisolino sul suo materasso Memory Foam?"

Giulio buttò lì una risatina, mentre si ambientò senza il minimo imbarazzo nella casa, togliendosi il giaccone e lanciandolo sul tavolo. Aprì il frigo, prese il Gatorade preparato apposta per lui e lo stappò, bevendone due grossi sorsi: "Mi ha mandato per controllare che non stessi distruggendo la casa, Nic."

"Giuro che ti uccido."

Giulio bevve di nuovo, dando finalmente l'impressione di un ragazzo affaticato, infreddolito e assetato che ha bisogno di energie, cosa che era ma che si sforzava di non dare a vedere: "Mi ha mandato a prendere la registrazione dell'ultima partita. Abbiamo appena finito l'allenamento e voleva discutere con la squadra dell'ultima performance, ma aveva dimenticato il video a casa."

"Ti ha anche fatto guidare la sua macchina, magari." commentò Nicole, invidiosa.

Sia lei che Giulio, in quanto coetanei, avevano preso la patente da poco. Ma se a Nicole Antonio non osava nemmeno far provare la sua Audi A4, a Giulio mancava poco che la regalasse, anche se tecnicamente non avrebbe potuto guidarla da neopatentato. Come già osservato, quell'uomo amava Giulio Pizzi. Lo amava più della legge e quasi più dei suoi stessi figli, altro buon motivo per detestarlo profondamente.

"No, stavolta ho dovuto usare la Cinquecento di mia madre." rispose il ragazzo, posando finalmente la bevanda con un sospiro. Come per ogni disagio, Giulio tentava di dissimulare, ma la verità era che, a volte, essere il protetto di Lucich era una vera palla. Per carità, fama e invidia ovunque, ma i mille favori e l'ansia di essere sempre al top facevano sentire il loro peso anche su una divina entità come lui.

"Ah, e tra l'altro." aggiunse assumendo uno sguardo leggermente colpevole. "Ho ammaccato il piede dello gnomo da giardino sul vialetto. Ma diremo che è stata colpa tua, ok?"

Nicole esplose in un fiume di rabbia: "Come no, Pizzi! Diciamo sempre che è colpa mia! Ormai qui dentro sei il cocco di casa; anche se la facessi in cenere con le tue stesse mani, sarebbe comunque colpa mia! Vedi festa di quest'estate!"

Serena non capiva di cosa stessero parlando, ma si sentì troppo in colpa, specialmente vedendo la reazione di Giulio alle accuse, così decise di intervenire: "Sono stata io ad ammaccarlo."

Nicole e Giulio si voltarono verso di lei. La sua vocina da agnellino aveva dissipato ogni sfumatura di rabbia negli occhi della ragazza: "Oh, non ti preoccupare, Sere, dirò che è stata colpa mia."

"Ma come?!" sbottò Giulio.

Dopo aver doverosamente espresso il suo disappunto nei confronti dei favoreggiamenti di Nicole, il biondo sembrò accorgersi di Serena per la prima volta e si avvicinò a lei assumendo uno sguardo preoccupato.

"Ehi, tu, va tutto bene? Che cosa ti prende?"

Serena arrossì e distolse lo sguardo, mentre Nicole si lanciò davanti a lei per cercare di proteggerla da giudizi indesiderati: "Lasciala stare, ok? Un coglione l'ha fatta stare male. Un coglione proprio come te."

"Grazie per i complimenti." Giulio non si fece scalfire e si sporse un altro po', per osservare meglio l'ospite. "Ma lei non è la ragazza di tuo fratello?"

Il pianto di Serena si fece più intenso e Nicole fulminò Giulio: "Vedi perché sei un coglione?"

Giulio pareva perplesso e si grattò la testa, mentre si spostò per mettersi di fronte alle due ragazze: "Scusa, ma pensavo che per una volta tuo fratello si fosse rimesso in carreggiata."

"Magari." singhiozzò Serena. "Così l'avrei investito."

"Ehi..." 

Con gran sorpresa di Nicole, Giulio si piegò sulle ginocchia e si avvicinò al volto di Serena per poterla guardare negli occhi. Con una dolcezza inedita, le sposto le mani da davanti alla faccia e le parlò a voce sommessa, tutt'altra cosa rispetto al suo solito tono da re del mondo: "Sandro è un rifiuto umano, non devi buttarti giù per lui."

Nicole tossicchiò: non che non fosse d'accordo, ma Giulio si prendeva sempre troppe libertà, anche di parola. Stava parlando male di un Lucich in casa Lucich e di fronte a un altro Lucich, dopotutto.

Ma lui non le diede retta, sembrava davvero dispiaciuto per la povera Serena e si era sentito in dovere di intervenire: "Dovresti mandarlo a quel paese definitivamente, trovarti uno con le palle e soprattutto con dei capelli che non assomiglino a uno spolverino Swiffer."

Nicole era oltraggiata e voleva dare una botta in testa a Giulio, però qualcosa la stava trattenendo. Qualcosa di strano, estremamente strano. Sentire Giulio parlare con quel tono e quella premura, anche se stava facendo un discorso suicida, le aveva fatto scattare qualcosa a livello cerebrale.

Seriamente: il suo cervello aveva come preso una scossa, aveva ricevuto un flash. Quel modo di fare, lei... se lo ricordava. Quando l'aveva già sentito? Lei e Giulio si conoscevano sin da bambini, sin da quando lui aveva iniziato a fare rugby, ma non aveva memorie consistenti di lui in versione ragazzo normale, premuroso e sensibile. Ma soprattutto normale.

La reazione di Serena la distrasse dai pensieri: la sua faccia era completamente cambiata di fronte a Giulio. Era impallidita a tal punto da farle pensare che avesse visto un fantasma.

"È lui..." soffiò, fissando Giulio in modo inquietante.

Giulio e Nicole si scambiarono un'occhiata.

"È lui." ripeté Serena, indietreggiando con il busto, a mo' di film dell'orrore. "Oh mio Dio."

"Nic, sicura che questa sia a posto?" mormorò Giulio, stavolta sì, guadagnandosi uno scappellotto.

"Sere, che stai dicendo?"

Ma Serena si era alzata in piedi sulla scia della scena horror, e si era rintanata nell'angolo della stanza, giusto per non farsi mancare nulla. Incredula, si sfregò le mani sul viso, poi guardò di nuovo il ragazzo e la situazione non si risolse. 

Sembrava davvero che Giulio fosse il frutto di una sua folle visione, a tal punto che decise di voltarsi, piantando le mani ai lati del lavabo e fissando lo scarico con fare da pazza. Nicole aveva visto quella scena una sola volta nella vita: in Harry Potter, quando la professoressa Cooman aveva visto il Gramo nella tazzina di Harry.

"Serena?" Nicole osservava a tratti lei, a tratti Giulio, guardinga, non sapendo se aspettarsi che il cervello di Serena esplodesse o che Giulio si trasformasse in un mostro mangia bambini.

Il ragazzo estrasse il cellulare: "Posso sentire che dice il 118."

"No, no." Serena recuperò tempestivamente la ragione, obbligandosi a darsi una ripigliata. "Scusate, è solo che..."

Si schiarì la voce, stropicciandosi gli occhi rossi, poi sospirò: "Nicole, avresti ancora quel bicchiere d'acqua?"

Nicole fornì i liquidi richiesti a sua cognata, sperando che potessero reidratarle la corteccia cerebrale, e lei finalmente si decise a dare una spiegazione: "Ti ricordi che ti avevo parlato di quel ragazzo, quest'estate? Quello... quello dell'autostop?"

"Ah sì, quello con cui ti shippavo un sacco. Alessandro... Alberto..."

"Andrea."

"Giusto."

Giulio si inorridì: "Io non voglio ascoltare queste cose."

"Ecco, quel ragazzo... era identico a lui!" sbottò Serena indicando Giulio. Sembrava davvero pazza, ma la sorgente di tutto quel trambusto era euforia, euforia pura, che Nicole ricordava di aver sentito nella sua voce solo quando aveva condiviso con lei quella sua piccola avventura.

"Che delusione." sbeffeggiò lei. "Mi ero immaginata un gran figo."

"Ah-ha." grugnì Giulio.

"Ci assomiglia davvero tantissimo... se solo avesse sei o sette anni in più..." gongolò, invece, Serena, persa nella fantasia.

Nicole non aveva mai avuto modo di finire quel il discorso. Sere le aveva raccontato dell'autostop, della strana chiacchierata e della fidanzata del tipo che si slinguazzava un altro per dispetto, ma non aveva mai saputo com'era andata a finire, dopo che quei due si erano allontanati. Nicole aveva il sospetto che si fossero imboscati per fare cose e Serena non gliel'avesse detto per rispetto di suo fratello. Anche se si erano lasciati, in quel periodo, non era bello che lei sbandierasse di aver trovato con chi consolarsi, anche se, tutto sommato, a Nicole non sarebbe affatto dispiaciuto.

Aveva idealizzato Andrea come il ragazzo perfetto, secondo i racconti di Serena, e aveva sempre avuto il desiderio di chiederle di più su di lui: come faceva di cognome, dove abitava, se si fosse innamorata e perché non si erano più sentiti. Ma ogni volta che aveva incontrato Serena, dopo quel giorno, non avevano parlato d'altro che di Sandro. Dapprima di come poter ricominciare a fidarsi di lui e in seguito di come sopportare le continue scappatelle e l'idea che forse lui non l'avesse mai veramente amata.

"Mi spiace sembrare così isterica." Serena sospirò, scuotendo la testa e avvicinandosi timidamente a Giulio. Teneva le mani unite in grembo, agitata, e lo scrutava attentamente. "Ma tu somigli tantissimo a una persona."

"Questo l'avevo capito. Se solitamente è una persona che sta crocefissa, ci sono abituato. La gente mi scambia spesso per Gesù."

Nicole si teneva la testa con la mano: "Quanto sei blasfemo."

E per la seconda volta nel giro di pochi secondi ebbe la sensazione di avere qualche ricordo represso nella testa. Forse vedere davanti a sé Serena in fase epifania la stava influenzando troppo.

Serena sorrise alla battuta su Gesù, trovandola per nulla irritante, ma addirittura simpatica. Simpatica come quelle che faceva Andrea. E l'aveva conosciuto per poche ore, ma ricordava tutto, tutto, davvero tutto su di lui. Il fatto che Giulio gli somigliasse così tanto rendeva la memoria un fatto del presente, come se Andrea si trovasse ancora lì, di fronte a lei.

Ma Andrea era diventato veramente solo uno spettro per Serena. Uno spettro che l'aveva accompagnata negli ultimi sei mesi, specialmente nei momenti di sconforto. Un desiderio inesaudito, un rimorso e un rimpianto. Da quel giorno non aveva più rivisto Andrea; lui non l'aveva cercata e lei, pur conoscendo il suo indirizzo, non aveva osato ripresentarsi davanti a casa sua.

Certo, non aveva fatto altro che sforzarsi di scacciare il pensiero di lui, perché sì, perché doveva essere solo un'enorme sbandata capitata con un pessimo tempismo. Ma non era servito a nulla: lui tornava sempre, ad assillarla quando piangeva per Sandro e quando vedeva qualcuno aspettare ai lati di una strada. Per questo sentiva i morsi del rimpianto: perché non era stata più coraggiosa, perché non aveva afferrato al volo quell'occasione, perché si era fatta sfuggire Andrea dalle mani e Andrea non era più tornato.

Non sapeva il motivo per cui fosse sparito e di certo non sarebbe andata a casa sua per chiederglielo. Serena ormai era sicura che per lui si fosse trattato solo un flirt casuale, ma opportuno. Sì, un bel quarto d'ora, per sfuggire allo schifo delle loro relazioni, ma che si fosse addirittura innamorato di lei era proprio una barzelletta. Lei, che non aveva mai ricevuto l'amore vero di nessuno. Lei che era un asso ad innamorarsi e sognare in grande. Lei, sì, lei che era così, ma... gli altri? Gli altri non si innamoravano di certo in un solo quarto d'ora.

Ma forse perché a lei era successo, aveva deciso di impegnarsi con Sandro, di nuovo. Come se fosse stato... un tributo. Un tributo ad Andrea e a quello che, in pochissime ore, le aveva insegnato. Cioè a lottare, per tutto, sempre.

Era così che si sarebbe mantenuta la felicità, giusto?

E allora perché lei non era felice?

"Scusa." ripeté nuovamente, sorridendo a Giulio. "Sono solo i vaneggiamenti di una povera frustrata. Chiedo scusa per il disturbo, Nicole, ora è meglio che vada."

Serena raccolse la sua borsa e le chiavi della Punto.

"Aspetta, Sere!" la fermò la ragazza. "Che è successo con mio fratello? Che ha combinato stavolta?"

Serena si chiuse nelle spalle: "È solo che ho trovato dei messaggi strani e prima ho risposto al suo telefono, alla una chiamata di una... beh, sono le solite cose." tagliò corto con un sorriso forzato.

"Dovresti veramente chiudere." propose Nicole, suonando, per suo dispiacere, concorde con le parole di Giulio.

Serena sospirò, mentre afferrava la maniglia della porta: "Lo so... Forse, un giorno. Quando avrò delle certezze."

E non si capì bene di quali certezze parlasse Serena: certezze rispetto al fatto che Sandro la stesse tradendo di sicuro o certezze che le impedissero di perdere totalmente fiducia nell'amore?

Serena salutò Nicole e Giulio e uscì di casa, lasciando entrare una folata di freddo che fece rabbrividire entrambi. Era la mattina del 22 dicembre, primo giorno di vacanze natalizie e primo giorno di freddo vero e proprio in quell'inverno che era stato fino a quel momento piuttosto mite.

Per qualche istante la casa rimase silenziosa, poi ci pensò Nicole a cambiare atmosfera: "Beh?" 

Si voltò verso Giulio, incrociando le braccia al petto sia per mostrare disapprovazione che per proteggersi dal freddo improvviso: "Ti accampi qui, adesso? Dovresti prendere il buon esempio di Serena e andartene. Magari anche per sempre, così mi faresti un bel regalo di Natale."

"Nicole."

La serietà di Giulio fece trasalire Nicole, che tutto si aspettava, tranne che Giulio la prendesse per le spalle e la trascinasse verso il divano. 

Quel divano...

Di nuovo, un altro flash, ma che le prendeva?

"Che cosa vuoi?" sbotto in faccia a Giulio, che l'aveva fatta sedere per piazzarsi accanto a lei e continuare a fissarla con fare inquietante.

"Ascoltami." disse, apparendo fin troppo vicino con quel suo naso perfetto e la pelle sempre ambrata, anche d'inverno. "Quella ragazza, Serena, ha detto di aver conosciuto un tizio che mi assomiglia."

"Bravo. Hai capito quello che è successo negli ultimi quindici minuti. E sai anche fare i riassunti!"

"Nicole!"

Giulio sembrava serio. Perché Giulio, che era sempre cretino, ora sembrava serio?

"Ha detto che quel ragazzo si chiama Andrea."

Nicole corrugò le sopracciglia: "Arriva al punto, Pizzi."

"Beh-"

La suoneria di Giulio interruppe l'intensità del momento e fece sbuffare il ragazzo. Estrasse il telefono dai pantaloni e mormorò: "Tuo padre..."

Ripose e assicurò all'uomo che stava per tornare con le registrazioni, ma fu in quel momento che per la prima volta nella storia, Nicole si accorse di quanto Giulio fosse ansioso. Giulio temeva suo padre come lei, come tutti, e forse più di tutti. Magari quella volta della festa aveva lasciato che lei si prendesse tutte le colpe proprio per quel motivo, proprio perché, altrimenti, suo padre sarebbe stato triplamente cattivo con lui.

Oh, quella festa... 

Nicole aveva sempre maltollerato Pizzi, perché aveva un caratteraccio e perché era invidiosa della relazione che aveva con suo padre. Ma dalla festa che avevano fatto a casa sua, in estate, per il diciottesimo della sua migliore amica, lo odiava ufficialmente. Dato che era così popolare e festaiolo, gli aveva chiesto aiuto con l'organizzazione e lui aveva creato un casino con i fiocchi: orge, intossicazioni alimentari e pure water otturati. Uno sballo, dal suo punto di vista, una condanna a morte, dal punto di vista di Nicole.

Ma il problema non fu solo quello. La festa degenerò in tutto e per tutto, e, mentre ciò accadeva, Nicole era ubriachissima. Colpa di Giulio, ovviamente, che con ogni probabilità aveva tentato di offuscare il suo senso della ragione di fronte allo sfacelo. Difatti lei non ricordava assolutamente nulla, da un certo momento in poi; per l'esattezza, da quando stava quasi per perdere la verginità con Luca, il bel fusto e poco cervello Lucaddominali, perché Giulio le aveva detto di divertirsi. Quindi non sapeva spiegarsi perché, al suo risveglio, la casa era completamente distrutta.

Sorvolando sul fatto che si era ritrovata nuda sullo stesso divano dove ora stava seduta, la responsabilità dei danni andò direttamente a lei, senza nemmeno passare per colui che tutto aveva reso possibile. Si era divertito a danni degli altri, si era salvato la faccia e agli occhi di Antonio, era rimasto sempre il solito, santo subito, Giulio Pizzi, capitano della squadra, re del mondo, dio. 

E quindi era ancora più arrabbiata per quello che stava provando in quel momento: aveva passato mesi ad odiarlo e ora lo giustificava? Per Dio, quella che aveva dovuto subire una punizione interminabile era lei! Non Pizzi!

Eppure, aveva appena osservato che essere il protetto di casa poteva avere tanti pro quanti contro. Nicole si domandava, osservandolo, se fosse stato proprio lui a scegliere  di diventare il pupillo di suo padre o se suo padre l'avesse deciso per lui. Era un ruolo che aveva cercato o che gli era, semplicemente, stato assegnato?

In effetti, ora che ci pensava seriamente, Antonio aveva sempre storto il naso per le malefatte di Sandro e aveva visto in Giulio l'ideale di figlio perfetto, prendendolo fin da bambino sotto la sua ala, ma caricandolo di responsabilità che non gli spettavano. E Giulio era diventato un invasato re dell'universo per questo. Perfetto.

"Cosa mi stavi dicendo di Andrea?" gli domandò, cercando di sorvolare sugli studi psicologici che avevano luogo nella sua mente.

Giulio infilò il telefono nuovamente in tasca: "Che, appunto, si chiama Andrea e mi somiglia molto ed ha circa sei o sette anni più di me. Fai due più due, Lucich."

E Nicole fece due più due, ma avrebbe dovuto farlo molto molto prima.

Le mani corsero a coprirle bocca, mentre l'intuizione si disegnava sul suo volto nelle mille espressioni: prima lo stupore, poi il rimprovero per non averlo previamente capito, poi l'entusiasmo di poterlo dire a Serena, ma anche la fretta di doverlo dire a Serena, e la realizzazione di aver corso troppo con la fantasia senza tener conto che...

"Pizzi, dici che stiamo davvero parlando di tuo fratello? Perché se è tuo fratello, allora..."

Giulio strinse le spalle: "Demente com'è, non mi ha mai detto che aveva-" fece il segno delle virgolette con le dita. "Conosciuto una, ma di sicuro quando è stato mollato da Lucia sembrava molto più felice del dovuto. Per poco... poi è tornato depresso."

Lucia! Sì, Serena aveva parlato di una Lucia! Allora Andrea era veramente quell'Andrea: Andrea Pizzi, il fratello maggiore di Giulio, il ragazzo più bello che Nicole avesse mai visto e che, purtroppo, era stato allievo di suo padre solo per un anno, perché poi aveva preferito l'hockey al rugby.

Nicole fu per un attimo euforica: aveva trovato qualcosa di bellissimo da dire a Serena!

Ma ancora una volta c'era un ma e Nicole lo vedeva disegnato anche sulla faccia di Giulio.

Infatti, i due si guardarono. Nessuno lo disse, ma lo pensarono entrambi: quello che era successo recentemente ad Andrea non faceva altro che complicare ancora di più tutta la questione.

Il telefono di Giulio suonò di nuovo.

"Oddio!" si lasciò sfuggire quest'ultimo, prima di rispondere e recuperare il tono soave con cui disse ad Antonio che aveva trovato le registrazioni e che stava ripartendo.

Giulio si affrettò a recuperare tutto e si buttò il giaccone sopra le spalle, correndo verso la porta. Ma esitò un secondo e si fermò con la mano sulla maniglia: "Ci vediamo domani?"

Giulio e Nicole si vedevano quasi ogni giorno a scuola, perché frequentavano entrambi il quinto anno nello stesso istituto, ma non avrebbero avuto motivo di vedersi ora che la scuola era chiusa per le vacanze di Natale.

"Purtroppo sì." rispose Nicole, che, anche nei giorni di vacanza, non era stata graziata da suo padre.

A pomeriggi alterni era attesa al campo da rugby per manutenzione e pulizie, e anche senza fiatare! Questa era la punizione che doveva ancora terminare e che per colpa di Giulio suo padre le aveva affibbiato senza esitazione.

"Ok."

"Comunque ti odio, Pizzi."

Lui fece un sorrisetto: "Altrettanto."

E se ne andò.

***


ANGOLO AUTRICE

Buongiorno a tutti :) Per chi non mi conoscesse, io sono Yellow Daffodil, comunemente chiamata Daffy. Il mio vero nome è Micol, sono italiana e ho 23 anni. Ora che ci siamo presentati, possiamo passare alla storia.

Come qualcuno di voi già saprà (non è che abbia fatto pubblicità aggressiva nell'ultima settimana sui social, nooooo...), Invischiati per le feste nasce dalle svariate richieste dei lettori che volevano un seguito sia per la mia OS Una notte da dimenticare (pubblicata nel lontano 2012), sia per la OS pubblicata nell'estate 2017, Autostop. Quando scrissi queste due perle, non avevo intenzione di farle diventare delle long; semplicemente, sono nate da momentanee esigenze e sono rimaste online per anni e anni.

Ora che non sono più impegnata con la mia opera maestra, di cui non farò pubblicità aggressiva giusto per non essere molesta (si chiama Io e te è grammaticalmente scorretto, è un romanzo edito da Centauria che si può acquistare online e nelle librerie e che ha due seguiti gratuiti presenti sia su Wattpad che su EFP, nelle mie rispettive pagine), ho deciso di darmi alla scrittura di cose nuove. E giusto per inaugurare quest'aria di novità, ho ripreso in mano le due OS. Molto innovativo, vero?


Fonderle insieme, in realtà, è un'idea che risale a Natale 2017 quando già avevo scritto questo primo capitolo che poi è andato dimenticato tra le varie bozze. A gennaio 2019, tuttavia, mi sono data da fare ed ora sono qui con questo esperimento pazzo dove l'universo di Autostop è in realtà lo stesso di Una notte, e i personaggi, come avete capito, sono addirittura parenti!

Credo, anzi, lo so per certo, che ne vedremo di belle e interessanti. La storia è già scritta: è composta di 8 capitoli circa della lunghezza di questo (dalle 4.5 alle 6 mila parole), che verranno pubblicati secondo questo calendario:

Cap 1 - 21/01
 Cap 2 - 25/01
 Cap 3 - 28/01
Cap 4 - 31/01
 Cap 5 - 04/02
 Cap 6 - 08/02
 Cap 7 - 12/02
 Cap 8 - 14/02

Segnatevi bene queste date, ma badate che potrebbero subire piccole variazioni di 1/2 giorni, causa imminente ondata di esami che mi travolgerà da oggi e fino al 31 gennaio, facendo possibilmente coincidere degli orali con le date dei capitoli. In ogni caso, per una volta nella mia vita, ho già tutto in cantiere, quindi don't worry :)

Se vi sono piaciuti Serena, Giulio e Nicole in questo capitolo, lasciate un commentino o una recensione. Se volete tentare di indovinare che cosa è capitato ad Andrea, sarò felice di leggere le vostre ipotesi e, niente... se siete intrigati da questa trama, restate sintonizzati per sviluppi decisamente... esplosivi <_<

Allora, vi ho convinti?

Grazie per aver letto e alla prossima <3

Daffy

P.S. Un grazie doverosissimo a mayura.art, ossia Nicole (trovatela su Instagram!), che ha creato per noi la stupenda copertina della storia. Ditemi, non sono dei fighi pazzeschi?



***


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Amazon (per comprare "Io e te è grammaticalmente scorretto" cartaceo o Kindle), seguiti gratuitamente disponibili in Wattpad ed EFP




   
 
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