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Autore: Reginafenice    21/01/2019    5 recensioni
Il termine che dà il nome a questa storia indica ciò che serve come sostegno per una nuova impresa, una sorta di conforto o spinta morale utile a non lasciarsi scoraggiare dalle impervietà di un cammino appena intrapreso. Si tratta infatti di una fanfiction che vede come protagonisti i personaggi di Poldark, con i loro complessi viaggi interiori verso la scoperta della vera felicità, ma inseriti in un contesto moderno. Lo sfondo delle vicende rimane tuttavia la splendida Cornovaglia, dove vecchi e nuovi amori si ritroveranno e si scopriranno indispensabili per capirsi meglio, anche a costo di grandi sacrifici e scelte dolorose.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ross aveva scelto di non presentarsi in quelle condizioni al matrimonio dell’anno, preferendo rimanere a casa ad aspettare che la festa finisse e Demelza tornasse da lui. Non che gli mancasse il coraggio, ma questa volta convenne che se avesse seguito le regole del buon senso si sarebbe risparmiato una lunga e noiosissima serie di giustificazioni necessarie per arginare i danni che quel polverone avrebbe causato, soprattutto a Demelza.

La cerimonia religiosa si concluse con un fragoroso applauso dedicato alla novella coppia che, ammirata da tutti gli astanti, iniziava a procedere lentamente verso il sagrato della chiesa. Se Demelza non lo avesse saputo da Ross, due mesi prima, mai avrebbe potuto indovinare il perché Elizabeth avesse optato per un abito dalle forme morbide e dal taglio imperiale che, nonostante la sua condizione, le conferiva l’aspetto di una raffinata principessa greca. Più di una volta, la sorprese a volgere il suo sguardo verso la platea di invitati, cercando discretamente la presenza di qualcuno che tuttavia non riuscì a scorgere, per poi tornare a concentrarsi sul suo ruolo come se nulla fosse.

Hugh, invece, non aveva avuto occhi che per lei. La contemplava come se fosse dinanzi ad un’opera d’arte, senza fare nessuno sforzo per nascondere la sua ammirazione e il suo interesse nei suoi confronti. A dirla tutta, ogni volta che Demelza rispondeva ai suoi sguardi, il giovane poeta tentava di sfiorarle la mano candida che sostava delicatamente sulla stoffa del suo lungo cappotto, ma che prontamente ritirava in un pugno chiuso all’interno della manica. Quando furono in piedi, niente poté più impedirle di trattenere l’agitazione che provava per l’assenza di Ross.

Si allontanò da Hugh con un sorriso, senza dargli alcuna spiegazione a riguardo, ed andò a raggiungere Verity. La dolce cugina di Ross, asciugandosi gli occhi bagnati a causa della forte emozione, all’inizio non fece caso all’espressione preoccupata che avevano assunto le sopracciglia di Demelza, ma non ci mise troppo tempo per accorgersi che l’inquietudine ritratta sul suo volto non fosse altro che il riflesso del vuoto provocato dalla mancanza di Ross. Possibile che l’avesse notato soltanto allora?

Si voltò nuovamente verso di lei, stringendole una mano gelida nella sua, “Credo di non sbagliare a pensare che tu stia in pena per Ross…”

“Perché, tu no? Oh Verity, mi aveva promesso che sarebbe venuto!”  Demelza abbassò lo sguardo, trattenendo quanto più poteva le lacrime calde che minacciavano di rigarle le bellissime gote.

“Hai provato a contattarlo?” Chiese Verity con la più viva speranza.

Demelza scosse la testa, “La domenica non risponde mai al telefono…”

“Allora, cosa potremmo fare? Vederti in questo stato mi angoscia terribilmente e farei di tutto per sollevarti, mia cara.” Guardò Francis ed Elizabeth salire in macchina per partire alla volta di Trenwith, “Forse se andassimo ora a Nampara faremmo in tempo a tornare per il ricevimento, che ne dici?”

“E se non fosse a Nampara? Non vorrei mai che ti perdessi quest’occasione per assecondare la malinconia di un amante depresso. No, sono sicura che Ross mi abbia mentito anche questa volta e che pianga per aver perso Elizabeth...” Adesso, il tono della sua voce aveva assunto una sfumatura leggermente più dura mentre i suoi occhi lanciavano saette infuocate al solo pensiero di quanto fosse stata stupida a permettergli nuovamente di prenderla in giro in maniera così patetica e prevedibile.

Uscì di corsa dalla chiesa, volontariamente indifferente al chiacchiericcio che quella sua teatrale uscita di scena aveva provocato, la cui eco continuò a seguirla ininterrottamente almeno fino a quando non riuscì ad inoltrarsi indisturbata sul sentiero ghiacciato che conduceva a Nampara. Intorno a lei faceva un freddo orribile, ma la forza e la rabbia che aveva dentro le consentirono quasi di non sentirlo, tanto forte era il suo desiderio di parlare con Ross.

Come aveva previsto, la macchina di Ross era parcheggiata all’interno del recinto di sua proprietà e Garrick era dentro casa, indice che qualcuno aveva pensato bene di tenerlo al calduccio con sé. Iniziò a bussare alla porta, facendo finta di essere un estraneo pur avendo le chiavi conservate nella sua pochette, ma nessuno andò ad aprirle. Bussò con più insistenza, ma ancora niente: a dispetto di tutte le apparenze, sembrava davvero che non ci fosse anima viva.

Allora, pensò che quella fosse l’ennesima umiliazione perpetrata da Ross ai suoi danni, quindi trasse fuori le chiavi con estrema reticenza e grande irritazione, attendendo un altro paio di minuti prima di procedere. Tuttavia, a un certo punto, fu disposta a deporre le armi solo e soltanto per via del freddo che iniziava a intorpidirle le mani.

“Grazie del riguardo, Ross. Non ti sei degnato nemmeno di aprirmi la porta! E quanto a te Garrick, non pensare che non abbia notato il tuo assenso silenzioso!” Si tolse le décolleté che aveva ai piedi e si liberò dal cappotto, lasciando tutto per  terra.

Dal piano superiore, sentì i passi felpati del suo pelosetto indirizzarsi vero le scale, seguiti a ruota da quelli umani un po’ più flemmatici che davano maggiore peso al legno dei gradini. Garrick le andò incontro scodinzolando, come a voler giustificare il suo comportamento precedente dimostrandole tutto l’affetto che nutriva per lei. Nonostante le apparenze, sarebbe sempre rimasta Demelza la sua preferita…

“Me lo aspettavo…” Disse Ross, mentre raggiungeva il pianterreno dove lo aspettava una Demelza infuriata e a braccia conserte.

“Cosa ti aspettavi? Che mi sarei…” Demelza fu costretta ad interrompersi, in quanto a mano a mano che il viso di Ross si poneva sotto l’impietoso riflesso della luce del sole, ai suoi occhi si facevano sempre più evidenti tutte le ferite della lotta. Aveva la mano destra fasciata, diversi tagli sulla guancia destra e un’espressione di infinita dolcezza sulle labbra, ma una volta che le fu di fronte faticò parecchio a sostenere il suo sguardo.

“Cosa è successo?” Demelza recuperò a stento la facoltà di parola che le era mancata davanti a quell’orribile spettacolo, mentre dentro di lei continuava a regnare il silenzio della consapevolezza che a Ross fosse accaduto qualcosa di grave per colpa sua. Gli prese la mano ferita e la accarezzò dolcemente, poi prese l’altra e fece in modo che Ross la seguisse sino alla cucina.

Andò a riempire una bacinella d’acqua calda, tenendo quasi sempre  i suoi occhi ricolmi di lacrime fissi sulla figura dell’uomo, che nel frattempo si era seduto placidamente su una delle due panche perpendicolari al camino acceso. Ross era rimasto con il completo elegante che avrebbe dovuto sfoggiare al matrimonio, anche se aveva fatto appena in tempo a cambiare la camicia sporca di sangue con una immacolata prima dell’arrivo di Demelza.

“Me lo puoi dire, se è stato mio padre a ridurti così non ho bisogno che tu mi protegga dalla verità. Anche perché potrei riconoscere l’impronta della sua mano lontano un miglio…” Si mise in ginocchio con la bacinella sul grembo, iniziando a srotolare le fasce che coprivano alla buona la mano di Ross.

“E’ stato eccitante, credimi. Non mi sentivo così vivo da quando ho lasciato il campo di battaglia!”

Demelza lo guardò di sbieco, “Eccitante, dici?”

Ross annuì, ridendo interiormente del tono beffardo usato da Demelza. Con un moto di grande tenerezza le sollevo il mento con un dito, mentre lei continuava a medicargli la ferita, “Perché piangi? Questa ferita non è niente se paragonata al valore di quello che ho ottenuto in cambio…”

“Ma ne valeva davvero la pena, Ross?” Scostò il viso dalla sua presa, facendo per alzarsi. Tuttavia, una volta che si ritrovò in piedi, Ross la prese per la vita ponendosela sulle gambe. Con un gridolino, Demelza assecondò quel gesto e piantò su di lui i suoi occhi espressivi. Ross, dal canto suo era completamente attratto dalla sua bocca come una calamita, tanto che questa volta toccò a Demelza sfioragli dolcemente la guancia malconcia in modo che potesse guardarla, “Vuole che io torni dai miei fratelli, non è vero?”

“E’ venuto con questa intenzione, non lo nego. Ma se ne andato con tutt’altra idea, puoi strane certa.”

A ogni movimento delle dita di Demelza sui tagli ancora freschi, Ross depositava un bacio sui suoi polpastrelli, avvertendovi però un impercettibile tremore. Poi Demelza riprese, “Vorrebbe dire che dovrei ringraziarti per avermi salvato la vita un’altra volta? Ma forse in questa occasione ti accontenterai di poco…”

Con le labbra fresche e rosse come una rosa, depositò un tenerissimo bacio sulla sua guancia, ben conscia del fatto che Ross si aspettasse tutt’altro…

“Oppure…” Continuò Ross, guardandola al culmine della passione “potremmo continuare questa conversazione partendo da qui…”

Accostò le labbra alla bocca socchiusa di Demelza, tenendole ancora un pò a distanza affinché respirassero l’uno il fiato dell’altra, prima di sfogare in un bacio interminabile ogni fibra di un sentimento che per troppo, troppo tempo aveva finto di assopirsi sotto il peso invadente dell’orgoglio.

   
 
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