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Autore: MissAdler    22/01/2019    13 recensioni
Post quarta stagione. FF in più capitoli, che cercherò di aggiornare abbastanza velocemente, in cui troviamo John ancora profondamente segnato dagli ultimi drammatici eventi della sua vita.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: il rating potrebbe tendere un po' al rosso

 

09/11/2017

 

John sta sognando.

Lo capisci osservandone il ritmo del respiro e i movimenti delle orbite oculari.

John è bellissimo quando sogna.

Ti affascina quel suo russare sommesso, il movimento continuo e ipnotico del suo petto rilassato, le labbra leggermente dischiuse che vibrano impercettibilmente.

Non sai quali immagini gli stiano attraversando la mente, ma sei pienamente consapevole di quelle che si proiettano a ripetizione nella tua da quasi dodici minuti.

Immagini di poco fa, che stai passando in rassegna per l'ennesima volta, ora che niente ti distoglie dal rimuginare in tranquillità.

Immagini che scruti a rallentatore,  soffermandoti anche sul più piccolo dettaglio, memorizzando ogni particolare,

Immagini di John che ti sovrasta completamente, che ti schiaccia contro il materasso dondolandosi avanti e indietro come a volerti cullare nello stordimento del piacere.

Fotogrammi di John, completamente nudo, che ti solletica la schiena con la peluria del petto, che ti sussurra teneramente all'orecchio un monologo osceno, mentre con una mano ti tiene per i capelli strattonandoli appena.

Diapositive di John che inizia a perdere ritmo e delicatezza, muovendosi in te senza alcuna coerenza, portandoti al culmine e seguendoti subito dopo, tra un'imprecazione e un ti amo che ripete sottovoce come una preghiera.

È questo il John Watson che volevi con tutto te stesso, quello di cui ti sei innamorato e che hai aspettato di veder riemergere per un'eternità.

È questo l'uomo per il quale ti sei ridotto ad anelare un sorriso, un bacio, un abbraccio, una mano che ti si infila prepotente nei pantaloni.

È per il ragazzo col bastone che hai conosciuto sette anni fa, e che ora dorme nudo accanto a te, che hai deciso di aprirti, in tutti i modi in cui una persona può aprirsi ad un'altra:

per lasciarlo entrare dentro di te, nella tua mente, nel tuo cuore, lì dove è sempre stato senza saperlo, ed ora riempiendoti completamente, raggiungendo ogni punto cieco o zona d'ombra, senza risparmiare nemmeno un millimetro di pelle, di carne, di anima.

Hai lasciato che ti sporcasse, imbrattandoti con le sue impronte digitali, macchiandoti con un colore che nemmeno pensavi esistesse, hai voluto che ti facesse suo in ogni modo possibile, segnandoti a fuoco con il suo nome, un marchio indelebile che porterai addosso in eterno.

John.

Il tuo migliore amico, il tuo primo e unico amore, il compagno che ti sei scelto per condividere questa bizzarra esistenza fatta di enigmi, adrenalina e tazze di té.

John Watson, l'uomo che hai temuto di perdere, che avresti seguito all'inferno solo per riuscire a salvarlo, per metterlo al sicuro dalle paranoie, dai mostri della sua mente e da quel baratro sempre aperto davanti ai suoi piedi, di cui a volte continua a sentire il cupo richiamo ma a cui, sei certo, non risponderà mai più.

Te ne sei reso conto quel pomeriggio di settembre, contro quella parete, quando l'hai sentito aggrapparsi a te con tutta la forza che gli era rimasta, baciandoti disperatamente mentre prendeva la decisione più importante della sua vita.

Salvarsi.

E l'aveva fatto subito dopo, rifugiandosi in te, che non sapevi nemmeno cosa stessi facendo, che per un attimo avevi creduto di morire mentre perdevi la concezione del tempo e dello spazio, prigioniero sotto il suo corpo, libero nell'istante in cui gli sei esploso addosso senza trattenere le urla e dimenticando perfino il tuo nome.

E lui era stato incredibile.

Magnifico mentre trascinava la sua vita in salvo e te sul pavimento.

Magnifico mentre per la prima volta accettava la sua imperfezione e la sua fragilità, lasciandosi spogliare dalle tue mani con una solennità che ti aveva commosso.

Non erano solo i suoi vestiti a scivolare a terra...ma qualcosa di molto più grande, un qualcosa che non hai saputo decifrare ma che l'avrebbe abbandonato una volta per tutte, permettendogli di essere finalmente l'uomo che avrebbe voluto essere, quello che in realtà, sotto la corazza di rimorsi, paure e sensi di colpa, era sempre stato.

Pensi che forse era proprio da queste cose che lo stavi spogliando, da quell'aura scura che l'aveva trasfigurato al punto da renderlo quasi irriconoscibile, portandogli via la cosa più preziosa che avrebbe potuto donarti.

La stessa che ti sta regalando in questo preciso momento, mentre apre gli occhi assonnati e stira le labbra in un sorriso che ti scalda il cuore.

“Buongiorno Sherlock...”

Sbadiglia con i capelli in disordine, girandosi pigramente verso di te.

Gli sorridi.

“Ciao.”

È tutto quello che riesci a rispondere perché proprio in quel momento l'interfono sul comodino emette un borbottio metallico.

John scatta in piedi e si infila in un colpo solo le mutande e i pantaloni del pigiama, correndo su per le scale, in quella che ora è a tutti gli effetti la cameretta di Rosie.

Ti alzi anche tu, con molta più calma di lui, gettandoti addosso la vestaglia beige.

Sssshh. Tranquilla cucciola...papà è qui...”

L'interfono è rimasto acceso e tu ti senti quasi in colpa ad origliare, ma quello che ti ritrovi ad ascoltare è talmente straordinario che non riesci a smettere.

John sta cantando una ninna nanna.

 

“Mi aiuti ad essere un buon padre, Sherl, non avrei mai pensato di poterlo diventare.”

Te l'aveva confessato in una sera di metà ottobre dopo averla addormentata e adagiata nel lettino.

L'avevi ascoltato immobile, appoggiato allo stipite della porta, illuminato solo dalla luce fosforescente delle stelline appiccicate al soffitto, aspettando che ti spiegasse il senso di quella confessione.

Ma lui si era limitato a prenderti per mano e a condurti in silenzio al piano di sotto, dove ti aveva fatto sedere sulla tua poltrona, inginocchiandosi tra le tue gambe e iniziando a fare quello che avevi segretamente desiderato per tutto il giorno.

Nemmeno ora riesci a comprendere come faccia quell'uomo a leggerti nel pensiero in modo così sorprendente.

Come se riuscisse ad intuire ogni tua necessità, ogni fantasia o perversione, ogni desiderio improvviso, come se fosse in grado di tenere il conto dei tuoi sospiri e dei tuo battiti, prevedendo il momento esatto in cui raggiungerai il tuo picco e muovendosi esattamente come vorresti che facesse, per amplificare quelle sensazioni ed accompagnare il contrarsi dei tuoi muscoli fino all'ultimo spasmo.

Lo trovi straordinario.

Si coordina con te in maniera perfetta, cosa che tu ancora non riesci a fare con lui, forse perché talvolta senti di fare l'amore come un adolescente in piena tempesta ormonale.

Quasi quarant'anni. Senza sesso. Senza John.

Hai troppa sete per non bere tutto d'un sorso, quando lui ti da esattamente quello che ha il potere di dissetarti.

Adori quando ti rimprovera, con quell'atteggiamento quasi paterno, le troppe volte in cui perdi la calma e cerchi di arrivare dritto al punto, con l'impazienza di un tredicenne eccitato.

Ti piace il modo in cui ti prende la mani per portarle lontano da sé, compiendo uno sforzo sovrumano per non assecondarti e non cedere di fronte alle tue suppliche studiatamente languide.

E ti fa impazzire quando è lui a perdere la ragione, prendendoti senza delicatezza né preliminari superflui, senza sfilarti nemmeno la vestaglia, abbassandoti i pantaloni e rivoltandoti a faccia in giù sul tavolo della cucina, tra provette, vetrini e campioni sparsi ovunque.

Hai amato quella volta all'obitorio del Barts, quando avevi colto un preciso fotogramma saettare nei suoi occhi spalancati, l'unico ricordo che ancora non riusciva a tollerare e che quella particolare stanza faceva spesso affiorare in superficie, rendendolo vivido e pericolosamente reale.

John in obitorio.

Ogni volta temevi un nuovo crollo.

Ma quel giorno la sua reazione ti aveva spiazzato.

Ti aveva guardato senza muovere un muscolo per alcuni secondi interminabili, poi era scattato verso di te. Ti aveva spinto contro la parete gelida di un loculo prendendoti per il bavero del cappotto e, succhiandoti con avidità all'altezza della carotide, ti aveva infilato una mano nei pantaloni e ti aveva toccato con così tanta foga e disperazione da farti venire in trentaquattro secondi netti.

Tempistica ridicolmente assurda ma straordinaria.

Era stato il contrappeso che gli aveva ridato equilibrio.

L'avevi letto nei suoi occhi poco dopo, quando Molly vi aveva raggiunti mentre ti stavi ancora allacciando i pantaloni.

Quel pomeriggio John aveva rotto del tutto la sua corazza.

I giorni seguenti aveva ricominciato a nominare Mary di tanto in tanto, serenamente, raccontando di lei a Rosie e riconoscendone l'evidente somiglianza con un sorriso.

Si era tolto la fede e l'aveva riposta in una scatolina nel suo armadio, sopra il fotolibro del matrimonio, accanto al suo vecchio bastone.

Aveva fatto ordine nei ricordi e nei pensieri, archiviando le emozioni e i sentimenti nei giusti spazi, senza più confondere le colpe e senza più farsi carico di responsabilità non sue, non tue, semplicemente della vita.

Accettazione. 

John aveva finalmente imparato ad accettare.

E ad accettarsi.

Aveva ripitturato la camera al piano di sopra, le pareti rosa e il soffitto azzurro.

Ci aveva attaccato un centinaio di stelline adesive e aveva riempito la stanza con pupazzi e giocattoli in legno, rigorosamente atossici e certificati, privi di parti ingeribili e antisoffocamento.

Aveva preso ad occuparsi di sua figlia con una sollecitudine ed una tenerezza che ti facevano sciogliere il cuore.

John è un padre meraviglioso, tu lo hai sempre pensato, doveva solo ritrovare la strada per quella parte di sé e quella sera, quando te ne aveva dato il merito, alla luce tenue di quelle stelle di plastica, avresti voluto dirglielo.

 

Ora lo ascolti cantare dall'interfono.

Una melodia dolce e un po' triste, Rosie non piange più ma la senti lallare a voce alta.

Andiamo a fare colazione? Sono sicuro che anche papà Sherlock avrà bisogno di mangiare dopo stanotte.”

Ti viene da ridere e ti accorgi con un certo stupore che in effetti hai un insolito appetito.

Da quando John fa l'amore con te hai riscoperto il piacere di mangiare, come se i tuoi bisogni umani fossero riemersi tutti insieme.

Non ti dispiace, soprattutto perché è lui che si preoccupa di sfamarti, dissetarti...amarti.

Tutto ciò che ti serve per vivere viene da lui.

“Buongiorno papà! Rosie chiede se ti va di fare colazione!”

John si siede sul letto accanto a te, posandotela sulle ginocchia.

Lei prende a giocherellare con la cinta della tua vestaglia mentre John vi guarda con gli occhi colmi di tenerezza.

Sta sorridendo.

Dodici muscoli facciali si stanno contraendo in questo momento sul suo viso.

Gli sollevano gli zigomi stirandogli le guance appena imporporate.

Stringono le orbite oculari, creando quattro sottilissimi solchi ai lati degli occhi.

Portano indietro le labbra fini, facendole quasi scomparire e rivelando la dentatura superiore.

Altri due muscoli sollevano i lati della bocca, evidenziando le rughe naso labiali.

“Non smettere mai, ti prego.”

“Di fare cosa, Sherlock?”

“Di sorridere.”

“Ma mi verrà una paresi facciale!”

Sta scherzando, ma tu sei dannatamente serio.

Ridi senza convinzione e baci Rosie sui boccoli dorati.

Pensi che ai suoi occhi sembreresti un idiota se gli dicessi la verità.

Se ammettessi che vederlo sorridere è l'unica cosa di cui davvero ti importa.

Che pensavi di non farcela quando hai creduto d'averla persa per sempre, quella fiamma che infonde vita nella tua mente e nel tuo cuore, quella luce che ti stimola il genio e ti scalda l'anima.

Il sorriso di John.

Una linea morbida disegnata a matita su quel viso che non riesci mai a dedurre fino in fondo, una curva perfetta su cui poseresti le labbra per sempre.

E sì, ti è tornato l'appetito, ma sei certo che potresti sopravvivere anche senza nutrirti.

Hai rinunciato al fumo, alla droga, al pericolo estremo...

sei convinto di poter rinunciare anche al cibo, al sesso, all'ossigeno, alla luce del sole...

Ma non riusciresti mai a rinunciare al suo sorriso.

Se te lo negasse di nuovo, ne moriresti.

Lo guardi e capisci ad un tratto che questo non succederà, non più.

John è salvo. John è felice.

È la tua prima vera missione compiuta, l'unica che abbia mai contato davvero.

Ti si sollevano gli angoli della bocca.

E John pensa che tu sia bellissimo quando sorridi.

 

 

 

Angolo dell'autrice

Vi ringrazio per essere arrivat* fin qui.

Quando ho inziato a scrivere questa storia non sapevo ancora con precisione come si sarebbe articolata e soprattutto come l'avrei conclusa.

Ho improvvisato e spero non ne sia uscito un pastrocchio. Ogni critica costruttiva è sempre ben accetta.

Detto questo, vi annuncio che a breve pubblicherò uno spin off a rating rosso! Sono un po' dubbiosa visto che non ho mai scritto una red, ma se vi andrà di leggerla ne sarò contentissima!

   
 
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