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Autore: Nazuhi    23/01/2019    1 recensioni
Astral è morto e la Chiave dell'Imperatore è scomparsa insieme a lui. Durante l'ultimo duello contro N° 96, Yuma non ha perso solo un amico, ma anche il suo sostegno, la sua luce. E mentre, insieme a Kotori e Kaito, si dirige verso i freddi ghiacci dell'Artico, non può fare a meno di pensare che la posta in gioco è molto più alta di quanto avesse pensato.
***
[Questa OS ha partecipato a una challenge organizzata da carachiel]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kotori /Tori, Yuma/Yuma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Just a game

 

«Non è un gioco.»
Yuma sollevò gli occhi dalle carte e lo fissò sul volto dell’amica. Gli occhi erano rivolti all’oceano lattiginoso che sfrecciava sotto di loro, oltre il finestrino. La luce fredda del neon le bagnava le guance e i capelli, facendola apparire eterea come un fantasma.
«Non è più un gioco, dico bene?» Si voltò verso di lui, un’occhiata fugace.
«Non capisco di cosa parli. Cosa non è più un gioco?»
«Duel Monster.» Kotori si voltò di nuovo a guardarlo, questa volta una strana luce le animava le iridi chiare. Sembrava triste, o forse era solo pensierosa. «Ha smesso di essere solo un gioco quando hai conosciuto Astral, qualche mese fa.»
«E’ ancora solo un gioco.»
«Anche quando è in ballo la sua vita? La nostra?»
«Kotori…»
L’amica scosse la testa e chinò il capo sul petto. Era triste, Yuma non aveva più alcun dubbio. Non era mai stato capace di comprendere le emozioni altrui con una semplice occhiata, non aveva mai avuto quell’intuito. Quella che aveva davanti in quel momento, però, non era Kotori, lo capiva anche lui. Non era quella di sempre.
«Non è più un gioco» mormorò lei.
«Ti riferisci ai bariani?»
Kotori annuì. «La situazione è diventata più grande di noi. Non si tratta più di vincere o perdere uno stupido duello, si tratta delle nostre vite. La tua, quella di Astral. La Terra. Se perdi, noi…»
Yuma serrò i pugni fino a sentire le articolazioni delle nocche scrocchiare, un dolore sordo si irradiò fino al gomito. Capiva cosa stesse provando l’amica e non c’era nulla che potesse fare per farla stare meglio. Doveva rassicurarla? Dirle che sarebbe andato tutto bene? Sarebbe davvero servito a qualcosa? Anche lui aveva paura di ciò che l’aspettava, di perdere qualcosa in più di un semplice duello. In fondo Kotori aveva ragione, come poteva continuare a negare l’evidenza e fingere che tutto andasse bene? Abbozzò un timido sorriso, in un goffo tentativo di tranquillizzarla; non avrebbe funzionato, ma poteva provarci.
«Vado a recuperare Astral e torno. I bariani non vinceranno, fidati di me!»
Kotori scosse la testa. «Mi fido di te, ma ho comunque paura.»
Anche lui, ma non poteva permetterselo. Non poteva mostrare debolezza, o cedere, o anche solo ammettere di non avere la minima idea di cosa l’avrebbe aspettato. Non poteva dirle che non credeva davvero che avrebbe potuto vincere contro i bariani, che sarebbe stato in grado di proteggere se stesso, i suoi amici e la Terra. Doveva essere forte, fiducioso e ottimista. Era il suo ruolo.


                        Una mera maschera.
             
                                                                                                     Kattobingu
.

                                                                                                                                       Solo un duello.

                                                 Vincere, perdere.

                                                                                                                                     Non è un gioco.
                   Una sola possibilità.
                                                                                                                 Astral.

                                                                                                                                                 La Terra.
        I bariani.

                                                          Se stesso.


Non è
più un gioco.

“Posso vincere. Devo vincere.”

«Yuma?»
Sollevò gli occhi dal pavimento dell’aereo che li stava portando da V. Kotori lo fissava con gli occhi sgranati, un leggero pallore le aleggiava sul volto. Yuma serrò le labbra, strinse i pugni. Debole, ecco come si sentiva. E sciocco.
«Mi dispiace» mormorò, «ero un po’ soprappensiero.»
«E’ colpa mia, non avrei dovuto dirti quelle cose. Hai già i tuoi problemi, non dovrei farti carico anche delle mie preoccupazioni.» Kotori distese le labbra in un sorriso forzato, vuoto.
Yuma scosse la testa. «Hai ragione, non è più un gioco. Devo iniziare a rendermene conto se voglio sopravvivere.»
«Mi prometti che farai attenzione?»
«Te lo prometto.»
Fece scivolare le dita intorno a quelle di lei e le strinse delicatamente in un gesto che avrebbe dovuto infonderle un coraggio che non era sicuro di avere. Adesso lo capiva, non era un gioco.
Non più.

  
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