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Autore: fumoemiele    24/01/2019    7 recensioni
[Bandersnatch] [Stefan/Colin] [AU]
1984 - Inghilterra.
Stefan ha terminato la programmazione del suo videogioco interattivo, è pronto a presentarlo. Si sente ancora distante anni luce dal talento di Colin, che di videogames ormai ne ha sfornati un bel po'. Colin è tutto quello che Stefan vorrebbe essere: sicuro di sé, originale, geniale. Forse per questo quando Colin gli propone di seguirlo Stefan non può rifiutare. Non sa quanto l'unione di due menti folli possa causare disastri e aumentare i tormenti. Sarà convinto per un po' di starci bene, con Colin, finché non si renderà conto che quella che stanno percorrendo è soltanto la strada verso la follia.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Love on a real train
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Stefan Butler aveva trascorso quasi un anno immobile davanti al suo computer vecchio e antiquato.
Aveva spesso sentito il bisogno di svuotare una tazza di tè sulla tastiera1, o di distruggerlo prendendolo a calci e pugni fino a sentire le nocche delle mani fratturate e fino ad aver cestinato tutto il lavoro svolto in quei lunghi mesi.
Tutti dicono che quando qualcosa ti piace davvero è un piacere, farla. Ti consigliano di inseguire il lavoro dei tuoi sogni fino alla fine.
Stefan aveva seguito il suggerimento di suo padre, pur odiandolo per una lunga serie di motivazioni che non starò qui a spiegarvi, non adesso.
Si era messo a lavoro subito dopo aver letto e riletto il libro di Bandersnatch. Aveva una copertina dai colori caldi e non sapeva se sua madre l’avesse mai letto, quand’era viva. L’aveva trovato fra le sue cose e aveva pensato che l’autore avesse avuto un’idea geniale, scrivendolo, e una mente davvero complicata, piena di doppi fili.
Bandersnatch era uno di quei libri capaci di farti scegliere la tua storia. Scegli un percorso e vivi un’avventura andando alla pagina che ti suggerisce la scelta che fai. E Stefan per mesi era rimasto rinchiuso in camera a vivere ogni percorso bizzarro.
Finché non gli era venuta in mente l’idea giusta. Rendere Bandersnatch non più soltanto un libro, ma anche un videogioco. Uno di quelli in cui vivi la tua storia e affronti le conseguenze di ogni scelta presa.
Non sapeva quanto complesso fosse in realtà da sviluppare. Non sapeva quanto dover scegliere fra doppie possibilità potesse anche influenzare il suo modo di vivere e di osservare la vita.

Un anno dopo, tuttavia, Bandersnatch era pronto. Un videogioco interattivo, originale, frutto solo del suo lavoro e del suo sudore. Nessuno l’aveva aiutato nella grossa scalata verso il successo, il denaro e un lavoro stabile. E così Stefan, appena uscito dall’adolescenza, stringeva fra le dita una copia del suo videogame e aspettava, in anticipo, l’attesa degli invitati alla convention. Gli stessi che avrebbero assistito a un suo discorso inerente al videogioco.
Creare quel discorso, secondo Stefan, era stato più complicato che scrivere il videogame stesso senza allontanarsi troppo dalla versione originale del libro. Lui non voleva rovinarla, quell’opera che gli era entrata nel cuore, voleva solo risaltarne la bellezza.
E c’era riuscito, Bandersnatch era risultata un’idea originale, nuova, innovativa. Nel 1984 ancora non si era mai sentito parlare di interattività, di scelte binarie nei videogames, e se qualcuno ci aveva pensato ancora non c’erano prove lampanti che ciò si potesse davvero fare, con un computer. La Tuckersoft2 aveva accettato all’istante di vendere il videogioco, trovandola un’idea geniale e proponendogli l’aiuto di un intero team di collaboratori.
Tuttavia, Stefan aveva deciso di volerci lavorare da solo, a casa sua, e questo aveva rischiato di condurlo alla follia per le scadenze strette e rimandate comunque troppo a lungo.
In quel momento, però, si trovava lì. Pronto a presentare il suo videogame, insieme a “Caduta libera”3 di Colin Ritman.

Quello era il dettaglio che più di tutto lo spaventava.
La presenza di Colin, lì.
Aveva avuto modo di parlarci una volta sola.
Quando era andato a proporre il suo videogame ancora da completare alla Tuckersoft, aveva confessato al direttore di aver giocato a tutti i giochi programmati da Colin. In modo impacciato e con le gote arrossate, all’epoca, gli disse di essere un vero fan di Colin Ritman. Di vederlo come una specie di idolo distante anni luce. Invece, in quel momento pieno d’agitazione, Colin era seduto su una sedia di quelle con le rotelle, una sigaretta confezionata dalle sue dita stretta fra le labbra e i piedi appoggiati sulla scrivania, mentre scribacchiava qualcosa sulla tastiera del suo computer.
“Oh, accidenti! Allora vieni con me, te lo presento! Sta lavorando al suo nuovo videogame!”.

Per Stefan era stato un momento davvero imbarazzante, quello.
Aveva avuto modo di osservare Colin solo attraverso lo schermo del televisore, prima di quel giorno. Ne aveva sentito parlare dai migliori critici del periodo, aveva visto tutti esaltare i suoi giochi innovativi, geniali, i frutti di una mente fuori dal comune.
Colin gli aveva stretto la mano, si era presentato, e Stefan aveva borbottato “So chi sei, ho giocato a tutti i tuoi videogames”.
Colin gli aveva sorriso e poi si era interessato al gioco prodotto da Stefan.
L’aveva trovata una buona idea, la sua, qualcosa di abbastanza innovativo e geniale. Qualcosa capace di vendere, soprattutto, che poi è il fine ultimo di ogni cosa.
Stefan era tornato a casa sentendosi euforico, felice. Aveva avuto modo di parlare con Colin Ritman e aveva avuto l’occasione di osservare sullo schermo il nuovo videogame a cui stava lavorando.
Un anno più tardi si sarebbero ritrovati nella stessa stanza, di nuovo, a condividere il successo. Una fama a cui Stefan, che era appena entrato in quel mondo bizzarro, ancora non aveva accesso. Mentre per Colin l’uscita del nuovo gioco era solo una serie di dollari che entravano ancora nelle sue tasche, come se non ne fossero già piene.

Per Stefan quella era stata una serata davvero stressante.
Si sentiva colmo di emozioni diverse. Era attraversato dalla gioia dovuta a tutte le persone che l’avevano guardato con ammirazione, mentre balbettava per spiegare come gli fosse venuta in mente l’idea di un videgioco ispirato al libro di Bandersnatch. Si era sentito agitato quando gli erano state poste alcune domande sull’autore originale ormai morto e che aveva lasciato tutti sconvolti.
L’autore del libro interattivo, infatti, era arrivato alla follia durante la sua stesura. Aveva ucciso sua moglie e aveva iniziato a disegnare un simbolo sulle pareti con il suo sangue, tappezzando tutto di rosso, senza dare alcuna spiegazione sulla natura di quelle quattro linee.
Questo poteva essere un incentivo a comprare il videogioco, poiché dava un’aria tetra e lugubre al tutto. Da un’altra parte, però, J. F. Davis secondo Stefan non era davvero matto.
Era più un genio incompreso.
E Colin era d'accordo.

Fu proprio la sfilza di domande che gli arrivò in merito a J. F. Davis e a cui non sapeva rispondere, il problema. A un certo punto non era più stato capace di collegare i punti e trovare risposte in grado di farlo sembrare una persona sana di mente.
Stefan sapeva di essere distante dalla normalità, per questo tutto era diventato più difficile.
Colin l’aveva salvato da quella situazione asfissiante. A qualche metro di distanza, appoggiato a una parete su cui era appesa una locandina di “Metalhedd”, uno dei suoi tanti videogiochi, gli aveva fatto cenno con il capo di seguirlo fuori da lì.
Stefan si era guardato intorno, si era chiesto se quella fosse un’allucinazione, alla fine non era stato in grado di sopportare la tensione, aveva balbettato delle scuse al microfono ed era uscito dalla sala con passo affrettato.

Fuori dalle quattro mura allestite per l’evento, l’aria fresca di gennaio accarezzava la sua pelle pallida. Un lieve vento rimbombava fra i palazzi, rendendo il giardino lugubre. Alcune stelle brillavano in cielo, rovinate dall’inquinamento luminoso. Tuttavia, i lampioni producevano una luce flebile, rendendo ogni ombra più accentuata, ogni cosa aveva dei tratti netti come se fosse soltanto disegnata, e non reale.
«Volevi parlarmi di qualcosa?», chiese Stefan, avvicinandosi alla figura di Colin. L’avrebbe riconosciuto ovunque. Un po’ perché i suoi capelli biondi – a volte anche gialli – non si potevano confondere con quelli di un’altra persona. Un po’ perché il suo sorriso storto sarebbe stato capace di trovarlo anche fra un milione di labbra distese.
«No, volevo solo tirarti fuori da quella brutta situazione. Ho provato a ricordare la prima volta che ho presentato un videogioco. Ero così teso che prima di salire sul palco ho fumato almeno dieci canne. Infatti per il resto non mi ricordo un cazzo, di quel giorno. Probabilmente ne ho dette, di stronzate», rispose Colin. Si avvicinò una canna alle labbra. Stefan capì che non era tabacco quando l’odore forte della marijuana s’insinuò nelle sue narici, disturbandolo un po’.
Tentò di sorridere, incapace di riuscirci. Aveva appena affrontato uno dei suoi più grandi incubi, quello di ritrovarsi a parlare di fronte a una folla di persone, e si era ritrovato con un pesante nodo allo stomaco e con Colin Ritman davanti, occupato a parlarci come se fossero colleghi da sempre, come se fossero amici, o qualsiasi altra cosa impone a due esseri umani di mettersi a dialogare.
«Tieni, fuma. Ti aiuterà», disse Colin, passandogli la canna.
Stefan sentì di voler rifiutare, ma non ci riuscì. Sarebbe stato capace di qualunque cosa, pur di rimanere lì con Colin, l’unica persona che ammirava dell’intero pianeta. Non era mai stato uno di quelli che vanno matti per alcuni cantanti, registi o pittori. Aveva sempre provato una sincera ammirazione, però, per Colin Ritman. Perché era strano, bizzarro e geniale. Perché era come un modello da seguire, per lui.
Era abituato a fare delle scelte sbagliate, programmando un gioco fatto proprio di questo.
Poteva applicare Bandersnatch a più aspetti della sua vita, poteva aiutarsi con la sua stessa creazione.
Immaginò le conseguenze delle sue azioni. Se avesse aspirato dal filtro tondo che stringeva fra l’indice e il medio tutto sarebbe diventato ovattato e tranquillo, insieme alla presenza stessa di Colin. Se avesse rifiutato l’ansia sarebbe rimasta lì sul suo stomaco, occupata a tormentarlo per il resto della serata.
Decise di usare il trucco e di darsi una calmata.
Sorrise a Colin e si domandò se anche il suo sorriso fosse storto come quello dell’altro. Forse era un difetto da programmatori di videogiochi, forse no. Forse era semplicemente troppo agitato per pensare con coerenza a tutte le avventure che quella notte gli riservava. 



1 – Diverse volte, nell’episodio interattivo, ti viene chiesto di fare una cosa  tipo 'uccidere tuo padre' oppure ‘rovesciare il tè sulla tastiera/distruggere il computer’, dunque è un riferimento al film.
2 – La Tuckersoft è la società che fa effettivamente quella proposta a Stefan e decide di vendere il suo videogame; la stessa società a cui aderiscono i videogame di Colin.
3 – “Caduta libera” è l’ultimo videogame programmato da Colin. Anche "Metalhedd". 

                         



Non serve farmi sapere che ho già due long in corso e una raccolta abbandonata a se stessa. Né serve ripetermi che ho almeno altre due shot sul pc pronte e che vanno pubblicate. 
Io però questa mattina mi sono svegliata con l'intenzione di terminare questo primo capitolo e pubblicarlo perché... perché l'alternativa era riguardare Bandersnatch per la quinta volta nell'arco di... quanto, un mese?
Inutile dirvi quanto sono innamorata di questi personaggi e quanto mi sono affezionata a loro in così poco tempo... stanno nascendo tanti video fanmade su youtube e io ci muoio, il mio cuore non regge... dovevo contribuire. <3
Ora, però, passiamo a chiarimenti seri e che sono d'obbligo perché boh, non si è capito cosa ho combinato con 'sta storia.
Parto dicendovi che DOVREBBE essere una mini-long, ma siccome non ho il dono del riassunto e mai lo avrò, se poi diventa una long non mi linciate, okay?
E parto anche dicendovi che per questa storia dubito ci saranno aggiornamenti frequenti. Ho davvero tanti progetti a cui sto lavorando, fra cui un libro illustrato di racconti horror scritti da me e disegni di artisti diversi, e portare avanti tutto diventa difficile. 
Questa storia è una AU solo per un piccolo-piccolo fattore: non c'è nessun giocatore che controlla Stefan, non siamo in un film interattivo. Tuttavia, è un mio obiettivo rendere la lettura comprensibile anche a chi non ha guardato l'episodio e spero che fino a qui vi sia risultato tutto chiaro. Ordunque, ho ripreso l'anno in cui è ambientato l'episodio e ho ripreso il luogo, ho ripreso i caratteri e le personalità di entrambi, ho ripreso il luogo che dà lavoro a tutti e due. Ho ripreso la scena in cui i due si incontrano per la prima volta - solo quella, il resto è mia invenzione -. Cosa è cambiato? Che nessuno controlla Stefan, sostanzialmente, e ho "eliminato" la questione dei multiversi - ma non temete a riguardo, non temete -. 
Se avete letto l'altra mia shot nel fandom, vi domanderete: Perché Colin appare quasi normale? Perché non è un complottista nato? xD
Dovete solo dargli tempo. Non potevo sbizzarrirmi granché qui, visto che per ora siamo solo all'inizio. <3
Il titolo della storia è anche il titolo di una delle colonne sonore di Bandersnatch.
Detto questo, vi ringrazio tanto tanto se siete giunti fino a qua. 
Alla prossima. <3
 

 

   
 
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