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Autore: Jo The Strange    24/01/2019    5 recensioni
Come ha fatto Brian May a scrivere '39?
Semplicemente una mia versione dei fatti sull'ideazione della mia canzone preferita dei Queen.
Dal testo:
"Con mano tremante, prendo un piccolo bloc notes dalla mia valigia e inizio a mettere nero su bianco ogni parola che mi pare abbia un senso logico.
“Spazio” “Astronauti” “Navicella”
“Chrissie” “Amore” “Viaggio”
“Passato” “Futuro” “Tempo”
“Einstein” “Relatività” “Dilatazione”
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brian May
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NE’ER LOOKED BACK, NEVER FEARED, NEVER CRIED:


 Rockfield Farm, 1975

Credo di essere sull’orlo di un collasso mentale, anzi, ne sono piuttosto certo: la produzione del disco è in ritardo di settimane, le idee  scarseggiano e ci mancano almeno altre quattro tracce da scrivere e comporre. Non riesco più nemmeno a dormire, dal tanto che sono stressato.

Oramai la situazione va avanti così da un po’ di tempo: mi alzo la mattina, lavoro con i ragazzi fino a tarda sera e quando è il momento di lasciarmi portare via dalle braccia di Morfeo, tutti i miei dubbi e le paranoie decidono di dare una festa nel mio subconscio.

Guardo la sveglia appoggiata sul comodino della mia minuscola stanza: i numeri sgranati e rossi indicano che sono le 5:00. Non riuscirò mai ad addormentarmi di nuovo, così mi alzo dal letto e afferro uno dei libri che mi sono portato da casa, giusto per far passare più in fretta i momenti morti: “Einstein e la teoria della relatività”.

Sfoglio le prime pagine del libro fino ad arrivare al punto in cui mi ero interrotto qualche sera fa, sempre a causa di un attacco di insonnia. Il capitolo inizia con una grande scritta nera, stampata in carattere cubitale: “La dilatazione temporale”.

Einstein spiega che il tempo, così come noi lo intendiamo, a volte può subire delle variazioni, soprattutto se un corpo si ritrova a viaggiare ad una velocità simile a quella della luce. Allora, in quelle condizioni, il punto di partenza e quello d’arrivo della luce percepiranno la durata del viaggio in maniera differente: per la prima sembrerà esser passato un secondo, per la seconda, un secolo o viceversa.

“A quanto pare non succede solo alla velocità della luce”

Ripenso a tutto quello che mi sta succedendo: siamo chiusi in questo stramaledetto studio di registrazione da più di un mese, ma a me sembra che siano passati anni. Non ho contatti con il mondo esterno da quando siamo partiti, le uniche facce che continuo a vedere sono quelle di John, Freddie, Roger, Roy e quel maledetto Prenter. E’ come se fossi finito in un loop temporale: le giornate passano uguali, senza mai cambiare, tra sessioni di registrazione, litigate e ore ed ore trascorse chiuso in stanza a provare a scrivere un testo decente.

Chissà come sta la mia Chrissie? La mia neo-mogliettina abbandonata a sé stessa da un marito egoista e megalomane che continua ad inseguire il suo sogno di gloria nel mondo della musica. Chissà se ogni tanto mi pensa a me? In tutta onestà, spero proprio di sì. Mi manca sentire il suo profumo, scrutare i suoi occhi blu, profondi come oceani inesplorati, assaporare le sue dolci labbra rosate. Mi manca il suo tocco leggero, la sera, quando si accoccola sul mio petto prima di dormire, la sua risata cristallina nel sentirmi dire qualcosa di buffo. Mi manca lei.

Mi passo una mano sugli occhi con aria stanca. E se quando tornassi, la mia amata Chrissie fosse un’anziana decrepita, senza figli, diventata matta a causa della mia scomparsa? O peggio ancora: e se fosse morta? Magari il tempo trascorre diversamente a Londra, magari lì sono passati anni, mentre tra queste quattro mura non sembra mai scorrere. Mi sto lasciando suggestionare troppo da quel libro, me ne rendo conto.

Scuoto la testa, cercando di scacciare via questi pensieri. Chiudo il libro di Einstein e inizio a fissare il soffitto lattiginoso della mia stanza. All’improvviso, un fulmine attraversa la mia mente, mandando in cortocircuito tutti i miei sensi.

“E se ciò che spiega Einstein diventasse una canzone? E se le mie paranoie diventassero un testo?”

Non ci penso per più di un secondo e con la mente ancora in subbuglio e il corpo in preda all’estasi inizio a cercare un foglio di carta e una matita. Con mano tremante, prendo un piccolo bloc notes dalla mia valigia e inizio a mettere nero su bianco ogni parola che mi pare abbia un senso logico.

“Spazio” “Astronauti” “Navicella”

“Chrissie” “Amore” “Viaggio”

“Passato” “Futuro” “Tempo”

“Einstein” “Relatività” “Dilatazione”

Mi sembra quasi di essere in un sogno: davanti ai miei occhi vedo innumerevoli immagini nebulose vorticare all’impazzata in una sorta di folle danza. Si accartocciano e scorrono via, fermandosi solo qualche istante.

Vedo un uomo che somiglia a mio padre da giovane con indosso una tuta da astronauta. Non è solo, con lui ci sono altre persone. Ci sono anche io con lui. Saliamo su un’astronave e in un secondo ci ritroviamo nell’eterno buio cosmico. Stiamo viaggiando nello spazio.

“In the year of '39
Assembled here the volunteers
In the days when lands were few
Here the ship sailed out
Into the blue and sunny morn
The sweetest sight ever seen”

La visione cambia repentinamente: questa volta vedo una grande spiaggia. Chrissie è seduta sulla sabbia e guarda il mare con aria malinconica. Anche se mi trovo nello spazio riesco a vederla perfettamente. Provo a chiamarla, ma lei non sente nulla, è come se fosse sorda. Scrive il mio nome sulla sabbia, lasciando poi che il mare lo cancelli, inghiottendo ogni lettera con i suoi flutti.

“Don't you hear my call
Though you're many years away
Don't you hear me calling you
Write your letters in the sand
For the day I take your hand
In the land that our grandchildren knew”

Un’altra immagine si para dinnanzi ai miei occhi: io, mio padre e gli altri uomini stiamo ritornando a casa. La navicella atterra, ma il paesaggio intorno a noi è completamente cambiato. La città sembra un’altra. Non vedo Chrissie ad attenderci, né mia madre. Chissà dove sono finite? Guardo un grande orologio che segna la data di quel giorno: 12 Marzo 2039. Sono passati 100 anni dalla nostra partenza, anche se a noi è sembrato poco più di un anno. Tutti i nostri cari sono morti e io mi abbandono alla disperazione e ai ricordi.

“For the earth is old and grey
Little darling went away
But my love this cannot be
For so many years have gone
Though I'm older but a year
Your mother's eyes
From your eyes
Cry to me”

Sento questa canzone prendere lentamente forma nella mia mente. Un mucchio di parole sconnesse tra di loro che trovano nel mio subconscio una perfetta armonia. Inizio compulsivamente a scriverla, calcando la punta della matita più del dovuto e lasciando dei piccoli solchi sulla carta ingiallita. Chissà cosa ne penseranno i ragazzi? Spero proprio che la possano apprezzare.

Mi alzo dal letto e mi dirigo verso il cucinotto, ben sapendo che i miei amici non si sveglieranno prima di un paio d’ore, ma non m’importa: sono troppo emozionato. Mi siedo su uno degli sgabelli di fronte al tavolo e attendo in silenzio.

“Dannazione, non le ho dato un titolo…”

Inizio a pensare a qualche nome ad effetto, a qualcosa di complicato in stile Freddie, in stile Queen. Poi però mi ricordo che quella canzone è mia, di Brian May, non di Freddie Mercury. Io sono una persona piuttosto tranquilla, pacata, non stravagante come il cantante del mio gruppo, perciò il titolo di questa canzone dovrà essere qualcosa di molto semplice.

“Ho deciso: ti chiamerò ’39 “

Spazio Autrice:

Buon pomeriggio a tutti!  
Eccomi tornata con una One Shot, completamente dedicata ad una delle persone che stimo di più: Brian May. L'altra sera stavo ascoltando '39 e mi sono chiesta: chissà come è nata questa canzone? Inutile dire che non sono stata molto fortunata nella ricerca in rete: tutto ciò che ho scoperto è che questa meravigliosa canzone presentava dei riferimenti alla teoria della dilatazione del tempo proposta da Albert Einstein. Insoddisfatta, ho deciso di dare una mia versione dei fatti, prendendo spunto da queste piccole info trovate in internet. 
Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e lasceranno un commento a questa piccola opera senza pretese, alla quale allego una bellissima fan art che ho trovato su Tumblr.
Tornerò presto su questo fandom ad aggiornare la mia long "My Sun and Stars", nel frattempo, se avete voglia, seguitemi anche lì! 
Un bacio,
               Jenny

   
 
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