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Autore: ONLYKORINE    24/01/2019    1 recensioni
Storia vincitrice del Contest 'The world in a Book' il prompt era questo:
Jasmine, dopo aver trovato il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle, compreso il suo orrendo padre, si ritrova a dover accettare tre ragazzi, di cui una femmina, nello sesso appartamento dove dovrà rimanerci per un bel po'. Lei, una ragazza così solitaria, riuscirà ad aprirsi con qualcuno? Racconterà la sua storia o innalzerà un muro? Proverà a fidarsi o rimarrà nella sua bolla personale? E se non è la sola ad aver passato le pene dell'inferno?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Progetto

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“Eccoci qua.”

Jasmine si voltò verso la signora Phillips, che era entrata nell’appartamento per ultima. La vide arrancare con due grosse buste della spesa dall’aria pesante.

“Che ne dite di aiutarmi, ragazzi?” chiese.

La donna aveva il fiato corto, probabilmente a causa dei quattro piani di scale senza ascensore di quella palazzina fatiscente dove si trovavano.

Jasmine fece un passo avanti per aiutarla quando notò che nessun altro lo avrebbe fatto. Appoggiò una delle due borse sul tavolo in cucina e la signora Phillips le sorrise ringraziandola.

Tornarono insieme nella stanza di prima. Era un piccolo soggiorno: c’era un divano e due poltrone, davanti a quello che sembrava un mobile porta tv. Ma la televisione non c’era. Non c’era molto, effettivamente, notò Jasmine guardandosi intorno: un tavolo sgangherato, quattro sedie, un mobile a parete. Nient’altro.

 

“Ripetiamo le regole?”

La signora Phillips fu ancora l’unica a parlare.

Jasmine annuì quando lo sguardo della donna incrociò il suo. Poi lei guardò anche gli altri ragazzi.

Gabriel, che si era presentato come Gabe, un ragazzo di colore con intensi occhi color cioccolato, alto un metro e novanta con le spalle larghe quanto un pugile, che guardava tutto con uno sguardo un po’ strano, come se lui non c’entrasse niente con quel posto. E con loro.

Lucy, una ragazza minuta e agile, con gli occhi blu e bellissimi riccioli biondi che poteva assomigliare a un angelo, ma quando ti guardava ti veniva in mente l’assassina di un film horror, piuttosto che un paffuto pargolo con le ali e l’arpa.

Per finire c’era Connor, un ragazzo dai capelli a spazzola, secco come un chiodo, con due occhi di ghiaccio, un piercing al naso, le braccia coperte di tatuaggi e quella che sembrava un’accozzaglia di orecchini fra cui un dilatatore nero che a Jasmine faceva ribrezzo.

 

Loro tre, tre ragazzi appena diciottenni come Jasmine, sarebbero stati i suoi coinquilini per il successivo anno scolastico.

 

“Vivremo qui tutti e quattro” iniziò Gabe, con tono indifferente. La Phillips annuì sorridendo.

“Andremo a scuola e ripeteremo l’ultimo anno di liceo” continuò Lucy.

Quando Connor non parlò, Jasmine disse: “Lavoreremo al Blue Market, il supermarket in fondo all’isolato”.

La donna si voltò verso di lei, sempre sorridendo, e subito dopo il suo sguardo si posò su Connor, aspettando che dicesse qualcosa anche lui.

Connor affondò le mani nelle tasche dei jeans e ghignò, dicendo: “Niente droga e niente alcool. Insomma, una gran noia”. La signora Phillips sbuffò e Connor si fece ancora più tremendo. “Sesso, invece, signora Phillips? Niente regole sul sesso?”

Il ragazzo fece girare intorno lo sguardo sghignazzando e Jasmine notò che quando si posò su di lei, ammiccò. Riuscì a reprimere un brivido.

 

La signora Phillips si avvicinò al tavolo in soggiorno e dalla borsetta tirò fuori quattro buste.

“Qui ci sono le vostre cose: abbonamento dell’autobus, tessera sanitaria, badge scolastico e le altre cose” spiegò. Si guardò intorno sospirando. Jasmine si chiese se la donna iniziava a pentirsi di quella scelta. “Dovrete mantenere una media sufficiente a scuola, potrete fare attività extrascolastiche, potrete allenarvi negli sport…” Il suo sguardo finì verso Gabe, che annuì meccanicamente. “E potrete fare domanda al college”.

Guardò verso Jasmine e anche lei annuì con il capo.

“E dovrete lavorare per quattro ore tre giorni a settimana, ma i turni potrete gestirveli fra di voi, il signor Dubb ne è al corrente. Dovrete venire da me una volta a settimana, dovrete contattare il vostro assistente sociale almeno una volta al mese, dovrete…”

La donna venne interrotta da Lucy che esclamò: “Posso ancora contattare Linda?” poi i suoi occhi si spalancarono e continuò: “Cioè… La signorina Light. La signorina Light continuerà a seguirmi?”

 

La Phillips annuì. “Certamente. I vostri assistenti sociali sono stati avvisati di questo progetto. È un’occasione unica e sperimentale, quindi sapete tutti cosa ci aspettiamo da voi. Siete tutti e quattro maggiorenni, quindi per lo Stato non…”

“Siamo fuori dal sistema” disse Connor con disprezzo. “Non che esserci dentro sia tutto questo po’ po’ di roba…”

La donna gli lanciò un’occhiataccia. “Connor, non farmi pentire di averti inserito nel progetto. Hai tante capacità, non iniziare a distruggere…”

Il ragazzo però non voleva ascoltarla e la interruppe. “Sì, sì, va bene. Ho capito” capitolò, grattandosi il retro del collo con un dito.

“Cercate di andare d’accordo. Non combinate guai. Niente casini, di nessun genere. Non trasgredite le regole. È per voi tutto questo. Intesi?” Tutti annuirono. “Ok, ho lasciato sul tavolo della cucina la spesa per qualche giorno, poi dovrete organizzarvi e fare voi le faccende domestiche”.

“Non ho intenzione di pulire il cesso.”

Connor venne zittito da un’altra occhiata della donna. Il ragazzo abbassò gli occhi e non disse più niente, ma la sua mano tornò dietro al collo.

“Se questa cosa andrà bene, si riproporrà l’anno prossimo per altri quattro ragazzi. Avete sulle spalle l’occasione per cambiare le regole. Non fate casini.”

Detto ciò, controllò l’appartamento, rispose alle ultime domande dei ragazzi e alla fine, si chiuse la porta alle spalle.

 

Jasmine si voltò verso gli altri. Erano rimasti soli. Si guardarono in faccia tutti e quattro senza dire niente finché Connor non sghignazzò e chiese: “Allora, chi dorme con chi?”

Lucy si voltò verso il ragazzo e lo squadrò dall’alto verso il basso e viceversa. “Io con te non ci dormo” dichiarò, sdegnata.

Connor ghignò ancora e le lanciò un bacio volante, dicendole: “Non sei il mio tipo, tesoro, stai tranquilla”.

La ragazza inorridì e poi lo guardò sprezzante. “Fidati, neanche tu”.

Lui rise forte e raccolse la sua borsa dal divano e si incamminò per il corridoio. “Io prendo la camera più grande” annunciò ad alta voce.

Lucy gridò un’oscenità, prese la sua borsa e gli corse dietro gridando che ne avrebbero discusso. Jasmine si voltò verso il ragazzo rimasto con lei nel soggiorno. Cosa fare? Cosa dire?

“Ehm…” Si schiarì la voce, imbarazzata. Lui era ancora girato verso il corridoio, sospirò e si voltò verso di lei.

“Speriamo bene” disse con un tono sostenuto.

Speriamo bene davvero, pensò Jasmine.

 

Afferrò la sua borsa e si inoltrò nel corridoio. Sentiva Lucy e Connor bisticciare in una delle camere. Chissà poi perché. Era un appartamento grande e, sebbene non fossero tanto spaziose, c’erano quattro stanze da letto: una per ognuno di loro. Era una delle prime cose che le aveva detto la signora Phillips. Lo dovevano sapere per forza anche gli altri. Perché allora fare tanta confusione?

Si fermò davanti alla prima camera che incontrò. L’aveva vista prima, quando seguiva la donna mentre ispezionava l’appartamento. Non era la più grande, ma era orientata a est così sperava di aver luce al mattino, quando si sarebbe svegliata.

La sua vecchia camera era illuminata dal sole al mattino, pensò tristemente. La camera a casa di sua madre. Sperò di sentirsi un pochino a casa, mentre appoggiava la borsa sul copriletto piegato. Si sedette sul letto, guardando fuori dalla finestra.

 

Aveva cambiato tre case. Due anni prima, quando sua madre era morta in un incidente lasciandola sola, si era trasferita a casa di suo padre. Un padre che non vedeva da quando i suoi avevano divorziato, dodici anni prima, praticamente un estraneo. Un padre con gli occhi rossi, il sorriso mellifluo e lo sguardo vacuo. Li aveva visti quelli come lui, a scuola, e lo aveva inquadrato subito: un tossico.

 

Erano riusciti ad andare avanti un po’, lei e Bill. Non lo aveva mai chiamato papà. Lei andava a scuola, faceva i compiti e preparava da mangiare per tutti e due, aspettando di finire il liceo per compiere diciotto anni e andare al college. Lui… Bill frequentava brutta gente e continuava a farsi. Jasmine non lo aveva detto a nessuno, neanche all’assistente sociale. Non sapeva cosa sarebbe successo se lo avesse fatto e, finché stava con lui, almeno era libera. Libera di fare quello che voleva.

Aveva dovuto cambiare scuola, ed era stato brutto. Lasciare i suoi amici, il suo ragazzo... Sua madre le aveva lasciato dei soldi e doveva solo aspettare di arrivare al college. Quello che non sapeva era che suo padre aveva scialacquato tutta la sua eredità in prostitute ed eroina e quando la cosa era saltata fuori, era successo il finimondo. Lei era finita in ospedale con un proiettile nella spalla e suo padre era finito in prigione.

Quando era uscita dall’ospedale aveva ancora diciassette anni e nessun maggiorenne che potesse occuparsi di lei, così era entrata in quello che Connor aveva definito il sistema: la macchina dello Stato per gestire i minori incustoditi. Ed era stata data in affido. Per fortuna la famiglia dove era capitata non era malaccio. A loro bastava prendere i soldi dell’affidamento e per il resto veniva lasciata stare, da sola, ma in pace.

 

Quando aveva compiuto diciotto anni, però, aveva scoperto che, a causa delle assenze fatte durante l’anno, non avrebbe potuto diplomarsi né soggiornare ulteriormente con la famiglia in questione. Così, quando la signora Phillips, la psicologa, le aveva proposto quel progetto sperimentale, aveva accettato pensando che fosse una buona idea.

 

Quattro ragazzi in un appartamento. Quattro ragazzi di diciotto anni che, per svariati motivi, avrebbero dovuto ripetere l’ultimo anno delle superiori e che fossero appena usciti dal sistema.

Sospirò. Non aveva altra scelta, ma sperò di non pentirsene.

Si alzò in piedi quando sentì Connor e Lucy gridare nel corridoio. Sperò vivamente di non pentirsene.

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