Videogiochi > Devil May Cry
Ricorda la storia  |      
Autore: Bloody Wolf    25/01/2019    6 recensioni
Storia nata per il contest "Ispirational words of wisdom... Wise old saying Challenge ..."
Storia nata di getto, senza senso e non so quanto Vergil, nella terza parte, sia IC ma spero che possa piacervi.
Dante pensa al gemello che è caduto nell'ignoto degli inferi e teme per lui, mentre Vergil si ritrova a capire quanto, in fondo abbia sempre pensato di essere quello malvagio senza accorgersi di essere fondamentalmente il male necessario.
Spero che vi piaccia, ciaoooo.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dante, Sparda, Vergil
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon Giorno a tutti!
Sì, lo so che alla fine di questa... cosa... mi odierete tutti quanti ma io sono ancora qui (per ora) a scrivervi di questi due gemelli che, lo sappiamo tutti, si vogliono un mondo di bene.
Bene iniziamo con alcune premesse che vanno fatto assolutamente:
Dante e Vergil sono demoni quindi l'età è un fattore molto variabile a discrezione dell'autore quindi spero di non aver fatto casini di massa nello scrivere certe cose.
Ho immaginato come potessero vivere la separazione i due fratelli e, soprattutto, come potesse essere avvenuta quindi spero anche qui di non aver lanciato ghiaia nei vostri bellissimi occhi.
Ultima cosa inerente alla storia, spero che Vergil sia IC anche se io nelle avvertenze ho messo OOC proprio perchè non mi convince molto... 
Questa storia partecipa al contest di Gennaio (ci sono riuscita a scrivere per partecipare muahhahahaha temetemi donne) e che altro dire se non:
Non lanciatemi ortaggi please T.T

1/3 Dante’s Fear of the Unknown

“La più antica e potente delle emozioni

umane è la paura, e la paura più antica e

potente è la paura dell’ignoto.”

-H.P. Lovecraft-

 

Era successo tutto così in fretta da lasciarlo senza parole; erano anni che non vedeva suo fratello gemello e lì, nel nulla del limbo, lo aveva ritrovato tanto in fretta da perderlo subito dopo.

Si era scontrati, si erano feriti ed infine avevano parlato, era così che funzionava tra loro, non c’erano altri modi.

Vergil si era ritrovato sconfitto e ferito dopo il loro scontro e, semplicemente, si era lasciato cadere in quel baratro oscuro che lo avrebbe condotto nel cuore degli inferi.

Nell’ignoto.

Dante si riscoprì senza fiato al solo pensiero di quella semplice parola: ignoto. Cosa avrebbe trovato suo fratello una volta arrivato all’inferno? Di sicuro flotte di demoni lo attendevano e poi? Mundus non poteva essere davvero lì ad aspettare la sua venuta, Dante non ci poteva credere, non voleva crederci.

Sferrò un pugno al muro. Il suo braccio era sprofondato nello spessore del cemento con forza, l’aveva sfondato e avvertiva il leggero pulsare dei tagli che si erano creati.

Ritrasse l’arto e lo guardò senza davvero vederlo, lo fece ruotare mentre guardava quei lievi graffi e quei piccoli tagli sanguinanti che, sulla sua pelle da mezzo demone, guarivano a vista d’occhio. Il dolore era quasi irrisorio rispetto a ciò che vorticava nella sua testa, per uno come lui che il dolore e la sofferenza erano il solo modo per poter andare avanti senza cadere nella più completa follia.

Era solo, era rimasto solo. Non erano mai andati d’accordo lui e Vergil, tutte le volte che si incontravano le loro spade cozzavano tra loro e il loro sangue si mischiava senza alcun problema…

“Non siamo mai stati una famiglia facile da capire, vero.”

Il sorriso dell’uomo era condito da una patina amara ed estremamente malinconica, sembrava quasi che, quella semplice frase detta con quel leggero tono di scuse, fosse il fulcro del loro mondo.

Sparda, suo padre, aveva sacrificato Eva, la loro bellissima madre, per riuscire a sigillare gli inferi ed impedire a Mundus, uno dei principi, di salire in superficie e distruggere l’intera razza umana.

Avevano vissuto tutto ciò quando erano solo dei bambini, innocenti e uniti contro il classico “mostro nell’armadio”. Si ricordava benissimo l’espressione di suo fratello quando, come lui, temeva l’oscurità ma cercava di sembrare sempre quello più forte, lo faceva per lui, Vergil era sempre stato quello che aveva coraggio tra loro eppure… il solo pensiero di averlo lasciato cadere in mezzo a quell’oscurità che tanto temeva da piccolo, era straziante.

Mostro.

Dante scosse il capo mentre camminava fino al lavandino del bagno e, una volta accesa l’acqua calda, cacciò il braccio sotto il getto ustionante. Gemette in un sibilo infastidito ma non si spostò da lì, avvertendo la pelle bruciare per quel calore così vivo.

Si ritrovò a guardarsi allo specchio che aveva attaccato poco più di una settimana prima, lasciò che i propri occhi solcassero i tratti del proprio volto perché erano identici a quelli di lui.

I capelli bianchi che gli cadevano di fronte agli occhi infastidendolo, spesso e volentieri, erano tenuti verso il basso mentre Vergil amava passarci la mano e lisciarli all’indietro conferendogli un’aria seria e austera.

Avevano la stessa sfumatura azzurra negli occhi, lo stesso taglio del volto, erano maledettamente identici ma allora perché lui era lì, in quel mondo così umano mentre suo fratello era in quell’ignoto doloroso?

Debole.

Ecco il perché, perché lui era un debole che si lasciava convincere dagli umani, si era lasciato ammorbidire da loro, era stato uno stolto ad ascoltarli e a seguire quel cuore che gli diceva di liberare quei posti dalla piaga dei demoni. Debole perché non era riuscito a salvarlo e per questo si stava odiando.

Dante urlò stringendo la mano ferita in un pugno e scagliandolo contro quel riflesso che, egoisticamente, lo stava mandando in frantumi. Il vetro incise la sua carne lasciando che rivoli di sangue sgorgassero, andando a creare percorsi sulla sua pelle chiara, era tutto così strano e ovattato…

Con la mano libera afferrò uno dei frammenti che era caduto nel lavandino, lo guardò nella propria mano con finta cautela prima di iniziare a chiudere quelle dita su quella lama, aspettò di vedere dell’altro rosso colare prima di indietreggiare e mollare quel vetro acuminato.

Il rumore sordo di quell’arma mentre si spezzava ulteriormente portò l’uomo ad indietreggiare fino ad appoggiare la schiena contro il muro, si lasciò scivolare a terra mentre i propri occhi fissavano quel colore così sbagliato sul proprio corpo.

Quel leggero dolore che avvertiva in fondo al cervello era nulla rispetto a ciò che sentiva nella propria tormentata anima.

Si tirò le ginocchia al petto ed incassò la testa nella spalle cercando, inutilmente, di trattenere quelle lacrime che premevano di uscire prepotenti.

Mentre piangeva lacrime amare e salate, il suo corpo si ricostruiva cellula dopo cellula, tessuto dopo tessuto impedendogli di morire dissanguato.

Essere per metà un demone era più una maledizione che altro, non c’erano vie di scampo. Non nella sua vita dove l’altra parte di sé era dispersa, forse per l’eternità, e lui, lì in un sudicio bagno di una casa in affitto, non aveva alcun mezzo per raggiungerla.

 

          “Ver, Ver! Aiuto!”

Erano giorni che non facevano altro che litigare, avevano discusso e, come sempre, aveva dovuto intervenire la madre per dividerli.

Ma quel giorno un bambino molto più grande di loro stava infastidendo Dante a tal punto da farlo correre dal gemello in cerca di aiuto, sia morale che fisico.

Se erano assieme erano una coppia fondamentalmente imbattibile ma presi da soli erano deboli.

Dante era certo quel giorno di aver visto una scintilla furiosa negli occhi chiari del gemello, soprattutto quando aveva visto l’ematoma che aveva su un braccio.

 

Era sempre stato il buono di turno, quello che si lasciava fare qualsiasi cosa ma, poi, tutto era cambiato quando si erano divisi, quel giorno quando la loro casa fu messa a ferro e fuoco. I demoni avevano fatto irruzione in quella casa, avevano lottato come avevano potuto pur essendo solo bambini a cui era stata piazzata tra le mani una spada troppo pesante per le loro fragili braccia. Sulle loro spalle un fardello troppo enorme per dei semplici bambini.

 

Scappa.”

La testa di Dante si mosse negando di fronte all’affermazione del gemello, non si sarebbe mai mosso senza di lui, erano chiusi dentro l’armadio da qualche minuto, dal piano inferiore si sentivano grida e pianti disperati. Sparda li aveva portati d’urgenza da un amico, da un cacciatore di demoni che li avrebbe aiutati a diventare grandi, secondo lui. Sarebbero stati al sicuro lì con Morrison eppure quelle creature orrende erano arrivate fin lì, stavano spargendo sangue innocente e loro non capivano nulla di quella guerra.

L’armadio si aprì e la bestia afferrò il braccio di Vergil trascinandolo fuori dal loro nascondiglio. Dante gli corse dietro, prendeva quelle squame a pugni e a morsi per cercare di liberare quella metà di sé che avvertiva spaventata quanto lui.

Gli occhi di quella cosa erano rossi, lo aveano guardato come se fosse una nullità ed infine lo aveva lanciato con un man rovescio dall’altra parte della stanza. La sua testa aveva impattato contro il tavolo in legno e l’aveva spezzato dalla potenza con il quale era stato urtato. Dante stava perdendo i sensi, vedeva tutto sfuocato e il suo corpo non gli rispondeva, non riusciva a muoversi mentre vedeva suo fratello sparire in quel vortice oscuro di cui non sapeva nulla. Ignoto.

 

Si asciugò le lacrime e si guardò attorno sbattendo la testa contro il muro, la sua vita faceva schifo ma non avrebbe mai smesso di dare la caccia a quegli immondi demoni, non si sarebbe mai dato pace.

Si erano incontrati decine e decine di volte in quegli anni; il limbo aveva visto la maggior parte dei loro scontri, gli inferi erano stati partecipi di alcune loro imprese ed infine anche la Temen-Nii-Gru li aveva visti riavvicinare.

Vergil era sempre stato quello negativo tra i due, quello che pensava a diventare più forte anche quando era un maledetto bambino ma Dante non poteva fare a meno di pensare a quanto, in quel momento, volesse sentire il calore di quel fratello che gli era stato strappato via dalle braccia in maniera violenta e crudele.

“Non mi fermerò, Ver… Non questa volta. Ti riporterò da me costi quello che costi.”

Si rimise in piedi scuotendo la testa mentre si guardava attorno per quantificare il danno e, dopo essersi controllato le mani, si passò le mani nei capelli scompigliandoseli con prepotenza.

“Ti ho lasciato andare una volta, non farò lo stesso errore, bastardo di un Vergil.”

L’ignoto alla fine faceva parte di loro, erano loro stessi demoni che non sapevano nulla di più se non che erano immortali e che avevano del sangue potente che scorreva nelle loro vene quindi… l’ignoto era la loro incognita ed era inutile piangersi addosso per ciò.

“Prova a farti uccidere, fratellino, ed è la volta buona che scendo agli inferi a farti il culo.”

Ridacchiò Dante di fronte a quelle frasi sussurrate nel nulla di una casa vuota e fredda, stava forse impazzendo? Più probabilmente non era mai stato sano…

2/3 Vergil’s Evil is Good.

“E così infine chi sei?”

“Io sono una parte di quella forza che

eternamente vuole il male e

eternamente compie il bene.”

-Goethe-

Il leggero rumore del fodero della propria katana che si chiudeva, risuonò in quell’oscurità come un maledetto suono sordo e penetrante.

Era tutto finito, aveva sconfitto uno dei principi degli Inferi, doveva esserne felice, fiero eppure… mancava qualcosa, nel suo petto pulsava come una ferita inferta da una lama maledetta.

Portò la mano libera al petto e lasciò che le dita si aprissero per coprire quella porzione dolorante; non era stato ferito e non riportava nessuna antica cicatrice ma, ogni volta che scalava uno scalino di quella catena demoniaca, quel sibilo si ripresentava soffocandolo.

Aveva lottato per interi anni per arrivare fino a quel momento, la sua mente aveva meditato vendetta durante tutti quegli anni, si era ripromesso di diventare forte, di esserlo sempre per stesso. La verità, però, era un’altra, più difficile da ammettere per una persona come lui che viveva d’orgoglio: voleva sempre più potere per essere sicuro che non accadesse un’altra volta, non avrebbe mai permesso a nessun altro di dividerlo da quel suo gemello che tanto amava ma che odiava con tutto se stesso.

Si lasciò cadere in ginocchio, alzò la testa verso l’alto e socchiuse gli occhi mentre lasciava che la spada gli scivolasse dalle dita cadendo su quel terreno concio di sangue e di dolore. Di fronte a lui solo il cadavere di uno dei demoni più potenti ma lui non c’era, tutta quella brama di potere non glielo aveva riportato.

Lasciò che una mano inguantata passasse nei capelli per farli correre sulla fronte e sulla nuca, gli avevano sempre dato fastidio quando gli arrivavano negli occhi ma Dante li portava così, incurante della loro scomodità.

Un leggero sorriso apparì sul suo volto mentre sbatteva gli occhi azzurri verso quel nero che faceva da cielo a quel luogo tetro.

Dante era sempre stato il ragazzino debole ma troppo chiacchierone, il classico moccioso che veniva maltrattato da tutti e lui correva sempre in suo aiuto.

Interveniva per difenderlo nonostante le mille mila liti e discussioni che, tra di loro, scoppiavano per qualsiasi cosa.

Per Vergil, Dante era sempre stato quello da proteggere, quello che ai suoi occhi doveva essere difeso a qualsiasi costo, forse perché erano uno la metà dell’altro o forse semplicemente perché erano gemelli.

Lo aveva rivisto un giorno e si erano scontrati, le loro spade avevano cozzato tra loro e si erano guardati negli occhi, un momento profondo ma instabile.

-Non sono ancora abbastanza forte per proteggerlo.-

Il suo pensiero era scivolato via mentre, con un’abile mossa, aveva disarmato il fratello e lo aveva allontanato, fuggendo quasi da quell’incontro.

A distanza di anni poteva solo pensare quanto Dante fosse già più forte di lui, lui che aveva scelto quella strada che portava solo oscurità nella loro anima già corrotta.

Aveva scelto la via più ovvia, più scontata… aveva perseverato fino a raggiungere quella vendetta che era appena riuscito a portare a termine; era rimasto in quel mondo fatto di sangue e anime dannate perché era stato debole.

Non aveva trovato il coraggio di andarsene per tornare da Dante, aveva semplicemente premeditato vendetta e raccolto una quantità spropositata di rancore nascosto sotto strati di freddezza e apatia. Era diventato il mostro che temeva da quando era solo un bambino: un demone spietato e senza cuore.

Il suo, di cuore, era rimasto in quell’armadio assieme a quel gemello che aveva amato senza restrizioni alcuna, non sapeva se era ancora in grado di tenerselo vicino come un tempo ma alla sua anima, mancava quel pezzo che combaciava perfettamente.

Vergil aveva sempre provato a rendere forte quella fotocopia di sé, ci aveva provato in diversi modi: dal lasciarlo in balia di situazioni pericolose, ai bulli dei primi anni delle scuola ed infine aveva provato ad essere lui stesso ad infierire su di lui.

Nulla era servito ad eliminare quel sorriso di scherno che si creava sulla sua faccia anche quando era pesta, Dante ne usciva sempre vittorioso nonostante tutto ciò che lo circondava.

Vergil capì di essere quasi geloso di quella sua capacità, mai aveva visto Dante arrendersi e mai l’aveva visto piangere per qualcosa di importante. Lui sorrideva, mostrava quella dentatura ancora a tratti incerta e vuota, si dimostrava al di sopra di tutto il resto ed era per questo che lui era decisamente più forte, perché non si lasciava abbattere al primo vento.

Solo una singola volta l’aveva visto terrorizzato da qualcuno, era corso da lui con la paura negli occhi e un ematoma che copriva un braccio.

Quell’unico episodio aveva portato Vergil a ricercare la calma dentro di sé, era stato Dante a dividerlo dalla faccia di quel loro compagno di classe, a staccarlo da quel corpo mentre lo supplicava di smetterla.

Non era riuscito a mantenere il controllo e aveva sbagliato.

 

Con gli anni era diventato il classico cattivo da combattere, ogni volta che si incontravano il sangue usciva dalle ferite che si infliggevano a vicenda, sembrava quasi una loro macabra danza per dimostrare la frustrazione dell’altro. Un dolore sordo e inspiegabile che nemmeno loro mettevano a fuoco.

Aveva fatto scelte sbagliate e scelte azzardate, non lo avrebbe mai ammesso a nessuno ma ne era pienamente consapevole, aveva lasciato che le tenebre lo ancorassero portandolo in quell’ignoto che tanto odiava ma ogni volta che incontrava Dante quel suo mondo fatto di tenebre si annullava…

Era fondamentalmente sbagliato cercare un potere ce non si potrà mai ottenere quando l’unica cosa che poteva fare per salvarsi da tutto quel male era semplicemente accettare quella mano tesa verso l’oscurità degli Inferi.

 

Dante aveva vinto, quella volta, lo aveva ferito in maniera grave e lo aveva semplicemente sconfitto. Non poteva essere vero, aveva cercato per tutta la vita di diventare più forte per proteggerlo ed ora era lui ad essere quello forte. Aveva indietreggiato, passo dopo passo mentre si teneva la mano libera sulla ferita che pulsava malefica.

Mi serve più potere, Dante.”

Gli occhi di suo fratello si spalancarono, erano pieni di un dolore sofferente ed eterno che bloccò i movimenti di Vergil per qualche secondo.

Ne ho bisogno, per proteggerti da loro.”

Lasciò che la forza di gravità vincesse sul suo peso, lasciandosi cadere verso quell’ignoto che spaventava ma che lo richiamava con una voce suadente e maliziosa verso di sé.

La mano di suo fratello, dell’altra metà della propria anima, si era tesa verso di lui per fermare quella caduta insensata e che lo avrebbe distrutto.

Aveva alzato lo sguardo mentre usava la spada per incidere, con un lieve taglio, il palmo di quel braccio teso.

 

Perchè l’aveva rifiutata? Se lui fosse sceso laggiù era quasi certo che ci avrebbero messo molto di meno a sconfiggere quel maledetto demone.

Poteva sfruttarlo e usarlo a suo piacimento, era sempre stato bravo in quel frangente ma allora perché non lo aveva semplicemente fatto cadere con sé?

“Perchè non l’ho trascinato quaggiù con me?”

Lo disse con un leggero filo di voce mentre guardava quel pavimento con interesse, era una domanda semplice ma carica di quel qualcosa di mistico che li aveva sempre uniti.

Quando i demoni lo avevano preso da quell’armadio, Vergil non era riuscito ad afferrare la mano del gemello, ne era impossibilitato… allora perché, di fronte alla medesima scena non ne aveva approfittato?

Si guardò attorno, negando con il capo e lasciandosi scivolare a sedere, mentre si portava le mani alla testa e stringeva la ginocchia al petto, ringhiando di frustrazione.

La risposta era più semplice di qualsiasi altra, non era poi così malvagio come sembrava, lui che aveva lasciato che una creatura cercasse di invadere il pianeta solo per il potere, lui che aveva cercato di uccidere il gemello infilzandolo e lanciandolo dalla cima della Temen-Nii-Gru, lui che era sempre stato quello con l’aria assassina e che veniva allontanato da tutti, alla fine dei conti, non era poi così malvagio come tutti pensavano.

Forse quando erano solo dei bambini, Vergil avrebbe afferrato quella mano se l’avesse raggiunta, l’avrebbe portato con sé in quel posto di dannazione ma lì, in quel posto di eterno riposo, aveva rifiutato quel fratello per impedirgli di vedere dove era cresciuto.

Debole.

Ecco come si sentiva, debole per non essere riuscito ad opporsi a quei demoni per via di quel potere che mancava nelle sue vene, debole perché l’aveva lasciato da solo contro un mondo pieno di insidie e di mostri, si sentiva un mostro al solo pensiero del sangue di Dante che gli scorreva tra le dita delle mani.

Urlò contro il niente.

Un leggero rumore lo fece voltare, alcuni demoni si stavano muovendo verso di lui, stavano camminando armati fino ai denti verso colui che aveva ucciso il loro Principe.

Afferrò la spada con un movimento deciso della mano, si alzò in piedi e, una volta sfilata l’arma dalla sua custodia, sorrise di fronte a quei nemici.

“Fatevi avanti.”

Uccise, uno dopo l’altro quei deboli servitori con una precisione e una maestria particolare per poi, infine, ripulire la spada con un fendente atto ad eliminare il sangue dalla lama.

“E’ ora di chiarirci le idee, Dante. Sto arrivando.”

Disse quelle parole con calma e stringendo tra le mani il medaglione che teneva al collo, così simile ma così diverso da quello del gemello.

Nulla lo avrebbe fatto desistere ora che aveva sconfitto Mundus e che si era ripreso la sua amata vendetta.

3/3 When I See You Again

.Dieci anni dopo.

“So wake me up when it’s all over

when I’m wiser and I’m older

All this time I was finding myself

and I didn’t know I was lost

I tried carrying the weight of the world

but I only have two hands”

-Wake Me Up, Tommee Profitt-

 

Dante si sedette sul prato, chiuse gli occhi e strinse le mani su quel mazzo di fiori bianchi. Avvertiva l’erba sotto di sé umida, poteva sentire ogni singolo cambiamento del vento ed era tutto così tranquillo da sembrare irreale per lui.

Non ci andava spesso in quel posto, non ce la faceva, non tutti gli anni almeno…

Spesso arrivava fino al cancello e si bloccava, si inchiodava tremante e fragile di fronte a quel luogo che odiava più di qualsiasi altro posto.

“Sono due anni che non vengo a trovarti mamma…”

La sua voce era uscita rotta, distorta da quelle lacrime che scivolavano fuori dai suoi occhi con violenza per cadere su quel terreno così verde da sembrare irreale, ogni volta che varcava quella soglia sentiva una sensazione straziante nelle membra, un dolore antico e irrazionale eppure era abituato ad avere a che fare con demoni e tutto ciò che contava la morte.

I suoi occhi si erano aperti e si erano fissati sulla foto di sua madre, era perfetta, bellissima con quei suoi lunghi capelli biondi e quegli occhi azzurri che aveva passato ad entrambe i suoi amati gemelli. Nella foto era sorridente e indossava un lungo abito bianco e lui, nonostante la tenera età che doveva avere in quel periodo, si ricordava quel momento in cui loro padre gli aveva scattato quell’immagine.

 

Avevano forse cinque anni o poco più, Vergil aveva spinto Dante che era caduto a terra e aveva iniziato a piangere. Una cosa da nulla che aveva diviso i gemelli mandandone uno dal padre e uno dalla madre che, subito, aveva preso in braccio il poveretto per coccolarlo e cercare di fargli capire dove avesse sbagliato.

Dante, tuo fratello te lo aveva detto di stare lontano dal camino e tu non lo hai ascoltato, lo sai.”

Le guance del piccolo si erano gonfiate mentre le lacrime venivano cancellate dalla manica del vestito della madre, sorridendogli con dolcezza.

Vergil è cattivo!”

La donna addolcì lo sguardo mentre accarezzava quella testolina albina e, dopo aver ridacchiato in maniera silenziosa, si era portata un dito sulle labbra e aveva sussurrato con calma le parole che erano restate nella mente di Dante per tutti quegli anni.

Tuo fratello non è cattivo, è uguale a tuo padre, pensano di essere cattivi comportandosi così ma non capiscono che, alla fine, lo fanno solo perché ci vogliono bene e non sanno come esprimerlo.”

 

Se ci pensava bene, in effetti quel giorno era stato gran bravo di disubbidire alle parole del fratello; si era avvicinato al caminetto accesso rischiando anche di scottarsi con le braci ardenti, ricordava perfettamente il viso furente di suo fratello che lo spingeva lontano da lì mentre lo insultava dandogli dell’ignorante.

Un leggero sorriso si delineò sul volto di Dante, suo fratello non era mai stato cattivo, aveva sempre e solo fatto scelte sbagliate.

Se erano vere le parole della madre allora perché doveva ancora tornare da lui? Perchè non era lì con lui in quel momento così triste e profondo? Aveva bisogno di averlo vicino, ne sentiva la necessità.

Guardò il cielo alzando gli occhi con calma, le nuvole si muovevano a ritmo del vento che soffiava mentre il sole andava scemando illuminando tutto di rosso e di arancione, tutto aveva un’aria tetra, quasi surreale nella sua testa.

Allungò i fiori depositandoli alla base della lapide, si asciugò le lacrime dal viso e si appoggiò alla lapide che aveva alle spalle appoggiandoci la testa e sospirando in maniera nostalgica e sofferta.

Gli mancava tutto: suo fratello,le loro liti, le loro idee diverse ed infine, forse, gli mancava qualcuno che ci fosse per lui.

I passi di qualcuno all’interno del cimitero lo fecero trasalire da quello stato di trans in cui era caduto, perdendosi nei propri pensieri.

Si schiarì la voce e se ne rimase immobile, era un cimitero immenso ed era normale che altre persone lo frequentassero, si spostò dalla lapide dello sconosciuto e si mise a gambe incrociate di fronte a quella della madre, si convinse a darle l’ultimo saluto per quella giornata.

 

“Sono passati anni dal nostro ultimo incontro, fratello.”

La voce profonda e seria di Vergil colse Dante impreparato, lo fece tendere come una corda di violino ma non si mosse, rimase immobile a fissare quella lapide che portava la foto di quella donna che entrambi chiamavano madre.

Vergil allungò una mano verso la spalla del gemello, non sapeva con precisione il perché lo fece ma si ritrovò a fermarsi a mezza strada, ritirò il braccio e si guardò attorno digrignando i denti mentre stringeva i pugni furioso.

“Tanto so che te ne andrai, ci sono abituato, Ver.”

Gli occhi di Dante si velarono di lacrime, il suo corpo venne scosso dalla rabbia e dalla furia che comportava avere vicino il gemello. Sapeva con precisione che lui se ne sarebbe andato, sarebbe scomparso di nuovo, ancora e ancora come un maledettissimo circolo vizioso di cui lui era stanco.

“La mamma non ci vorrebbe vedere così, lei ci vorrebbe uniti, forti.”

Vergil chiuse gli occhi e abbassò il capo di qualche centimetro, le sue spalle si inarcarono sotto il peso di quelle semplici parole, era tutto vero e faceva male.

Aprì la bocca per parlare, per semplicemente dirgli che quella volta aveva intenzione di restare, di smetterla di fuggire ma che voleva rimanere con lui, la voce però si incastrò nella sua gola impedendogli di parlare.

Lasciò andare la Yamato, lasciandola cadere a terra con un leggero tonfo, allungò una mano senza esitare e l’appoggiò sulla spalla di Dante.

Non servivano parole, non ne avevano bisogno perché si conoscevano e quel leggero tocco dato da Vergil significava molto più di qualsiasi parola.

Si chinò fino ad inginocchiarsi sull’erba bagnata e poggiò la fronte su quella stessa spalla, distrutto ma ancora forte per non dimostrarsi debole.

“Sono qui, Dante.”

Gli occhi si spalancarono a quelle tre semplici parole, una mano andò ad accarezzare quei capelli argentei con calma mentre l’altra mano andava ad appoggiarsi sul suo fianco con tutta la dolcezza necessaria.

“Anche io, Ver, siamo finalmente qui.”

Era la prima volta che si ritrovavano assieme sulla tomba della madre.

Era la prima volta che Vergil ricercava il contatto fisico con Dante.

Era la prima volta che Dante doveva consolare quel fratello che era dieci volte più forte di lui.

Era la prima volta che Vergil si sentiva al suo posto e non in quello sbagliato.

“Dante, scusa. Sono stato debole.”

Le parole di Vergil vennero soffiate con cautela su quella spalla, la voce bassa e incerta, al solo sentire quella frase Dante capì che gli era mancato così tanto da fare male.

“Non sei tu che devi chiedere scusa, Ver. Quello debole sono stato io, lo sono sempre stato.”

Vergil negò ma non rispose, era sempre stato troppo orgoglioso per sminuirsi e Dante lo sapeva benissimo quindi stirò le labbra in un sorriso con tenerezza.

Sentì l’altra mano del gemello scivolare sulla propria schiena ed arpionare il cappotto rosso che indossava.

“Ricominciamo.”

Quella semplice parola fece voltare il volto di Dante, appoggiò le labbra sulla testa del gemello e annuì sicuro di ciò che faceva.

Nulla li avrebbe mai più divisi, erano gemelli, fratelli che avevano condiviso il ventre materno e che si erano divisi per anni. Avevano avuto il coraggio di riavvicinarsi, un passo ciascuno fino ad incontrarsi lì di fronte alla lapide della loro amata madre.

“Sì.”

 

.Fine.

 


Note:
Chiedo perdono per aver anche solo scritto questa cosa.... davvero, giuro me ne vergogno. Avete il diritto di lanciarmi qualsiasi cosa.
 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Devil May Cry / Vai alla pagina dell'autore: Bloody Wolf