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Autore: Maybe Charlie Knows    25/01/2019    1 recensioni
- Non lo so, Saul. Insomma, noi stiamo facendo la musica che ci piace, no? Vogliamo quello, no? Vogliamo essere ricordati per quello. -
È stato Duff a parlare, con la sua voce vellutata, spalmato sul pavimento mentre stringe tra le braccia Victoria: ha lo sguardo vigile di un gatto in agguato, il bassista. Nessun altro se ne accorge ma Izzy e Duff si scambiano uno sguardo eloquente: hanno già affrontato questi discorsi, lontano dagli altri.
Piomba un silenzio tombale all’interno di quelle quattro mura. Ad un tratto a tutti sembra di poter sentire i pensieri degli altri, cosa che non piace a nessuno: preferirebbero non avere così chiaro il punto di vista di ciascuno, tener per sé una visione molto più gestibile della realtà.
- Beh, certo. Cioè, forse. In realtà, chi se ne frega essere ricordati, no? Esistiamo ora. Quando sarò morto, non mi sarà troppo utile sapere se qualcuno si ricorda di me. Invece, potrebbe essersi utile lasciare questo schifo. Non voglio più vivere in questa merda. - (Dal Capitolo 1)
Missing moments di Love will tear us apart.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose, Izzy Stradlin, Quasi tutti
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Skies of rust – Capitolo III





Can you save my
Heavydirtysoul
for me?






There's an infestation in my mind's imagination,
I hope they choke on smoke cause I'm smoking them out the basement.
This is not rap, this is not hip-hop:
just another attempt to make the voices stop.

Rapping to prove nothing, just writing to say something,
'cause I wasn't the only one who wasn't rushing to say nothing.
This doesn't mean I lost my dream,
i
t's just right now I got a really crazy mind to clean.
(Twenty One Pilots - heavydirtysoul)


Axl Rose era un uomo con un piano.
Voleva raggiungere le stesse vette degli dei che facevano parte del suo personale Olimpo, spostarvici la residenza e non muoversi più. Voleva accaparrarsi un posto comodo nella storia della musica, dove poter guardare fan e detrattori, nonché il passato, dall'alto.
Si svegliò quella mattina d'estate con la bocca impastata e diversi dolorini alla schiena, i sintomi di una situazione che conosceva bene: dormire in un letamaio.
La stanza era immersa nella penombra e c'era odore di chiuso, di sudore e di altre mille cose non meglio identificabili. Appena fu in grado di mettere a fuoco ciò che lo circondava, Axl si rese conto di aver dormito sul pavimento, ai piedi di uno dei divani scassati che avevano recuperato dai cassonetti della spazzatura.
L'aveva fatto apposta: quelle molle erano in grado di distruggere una schiena in maniere ben peggiori di una superficie troppo dura.
La Hellhouse era immersa nel silenzio. Axl non aveva bisogno di un'orologio per capire che sicuramente quella non era l'ora in cui i lavoratori perbene si riposavano. Alzandosi a sedere, identificò la sagoma che dormiva accartocciata sul divano al suo fianco, emettendo qualche grugnito di tanto in tanto nonché uno strano olezzo animale.
Slash, più bestia che uomo.
Izzy e Duff si erano rannicchiati sulle brandine, altri pezzi di arredamento che avevano raccattato in giro per quella discarica a cielo aperto che era Los Angeles. Di Steven, nemmeno l'ombra.
Axl rimase per un attimo immobile, contemplando quello sfacelo. Non ne era turbato ma, del resto, c'erano poche cose in grado di scombussolarlo davvero. Sapeva che anche la Hellhouse, come molte altre cose, era un elemento necessario in quella scalata. Serviva al rock n'roll, a tenerli produttivi e a far venire loro fame: in questo modo, non si sarebbero adagiati su comodità.
Lui no, perlomeno. Per gli altri, il discorso era diverso.
Aveva ancora la maglietta della sera prima, nonché gli stessi jeans lerci. Cercò di mettersi in piedi, anche se dovette esitare per qualche istante a causa di un capogiro improvviso. Quando la sua vista tornò a funionare, si sfilò la t-shirt per cercarne una pulita, un'impresa degna del Nobel.
- Porca puttana. - Poco dopo, fece la felice scoperta di un'incredibile e maleodorante intasatura nel minuscolo cesso che avevano a disposizione. Qualunque cosa fosse successa in quel cubicolo, Axl era certo che rischiassero una visita dei federali per attentato batteriologico.
Avrebbe dovuto cercare un bagno pubblico. Di nuovo.
Axl Rose era un uomo con un piano. Era un uomo che sapeva esattamente cosa voleva, cosa che non era alla portata della comprensione di tutti. Per questo spesso e volentieri spaventava il prossimo, con la sua
resilienza, con la sua determinazione.
Del resto, l'inferno l'aveva già visto. La Hellhouse non era davvero nulla di che.
Lanciò uno sguardo alle sagome di Izzy e Duff, profondamente addormentati. Non pensò nemmeno di svegliarli, non gli sarebbero comunque stati di alcun aiuto. Aveva bisogno di cibo, di un bagno, di vestiti puliti, e avrebbe potuto trovarli solo lontano da lì. In più, non aveva nemmeno voglia di ascoltare vaghe lamentele o inutili resoconti della sera precedente.
In realtà, amava passare del tempo da solo. Non era fatto per il tipo di compagnia in cui si parla di cose irrilevanti, frivole o anche solo semplici, quella adatta a guardare un determinato programma alla televisione oppure a fare commissioni. Se non aveva niente d'interessante o d'importante da dire o mostrare a qualcuno, semplicemente con quel qualcuno non ci stava.
Le eccezioni erano poche. Izzy, ad esempio. Erano diventati amici perché entrambi amavano il silenzio e non sentivano il peso di condividere una stanza senza intrattenere alcun contatto.
Avanzò quindi per quel caos che nessuno di loro osava chiamare casa: recuperò una camicia a maniche corte che perlomeno non puzzava di stantio, anche se non sembrava comunque fresca di bucato.
- Che cazzo... - All'improvviso pestò qualcosa di paurosamente morbido; abbassò lo sguardo con orrore al pavimento, dove trovò la propria scarpa sinistra affondata negli avanzi di un cheeseburger.
Doveva mantenere la calma.
Lui era un uomo con un piano.
- Ehi, puoi evitare di fare tutto questo casino? -
La domanda giunse da una figuretta che, se ne accorse solo ora, era distesa su una serie di cuscini impolverati. Mettendola a fuoco, Axl realizzò che si trattava di una ragazzina dai capelli biondicci: non dimostrava diciotto anni, indossava il più bizzarro assortimento di colori e vestiti di sempre e aveva un'espressione scocciatissima in viso. Doveva essersi appena svegliata.
- Chi sei? - Domandò, impenitentemente brusco. Capitava spesso che gente a caso dormisse alla Hellhouse, e tutti ricevevano lo stesso trattamento. Axl non temeva affatto di perdere pubblico o diffondere una pessima fama, con quell'atteggiamento: era anzi profondamente convinto che fosse proprio quello che i ragazzi chiedevano.
Era lui, lo spettacolo.
La ragazzina ghignò, perdendo subito l'aria spaesata data dal risveglio. - Come, non te lo ricordi? -
Axl sollevò il sopracciglio. Non era turbato da quella momentanea dimenticanza, ma infastidito. Ecco l'ennesimo stronzetta che pretendeva di svettare sul resto di Los Angeles.
- Scusa tesoro, vorrei ricordarmi di tutte quelle che mi hanno succhiato il cazzo, ma è impossibile. -
La diretta interessata di quell'implicito insulto perse istantaneamente il sorriso, alzando gli occhi al soffitto. - Ma allora hai un problema per davvero, tu. - Dal tono, sembrava ne avesse disquisito a lungo con grandi esperti.
Scoperta del secolo: tutti sapevano che era un cazzo di mostro.
Axl la ignorò. Davvero non gli interessavano gli sproloqui di una sconosciuta; aveva già abbastanza problemi con le ragazzine. Piuttosto, si focalizzò sulla propria missione: recuperò alcune giacche dimenticate a terra dai suoi compagni di bagordi, frugando nelle tasche alla ricerca di qualche spicciolo. L'impresa gli costò cinque, preziosi minuti.
- Dove stai andando? -
Axl Rose era un uomo con un piano che le altre persone non potevano capire. E proprio non ne voleva sapere di spiegarlo. Non doveva spiegazioni nemmeno per quando andava a pisciare.
A nessuno, se non a sè stesso.
- Cavolo, non spremerti, sei quasi logorroico. - La ragazzina si era alzata, iniziando a vagare anch'essa per l'angusta dimora del rock. Axl si degnò di osservarla ancora un attimo: si era infilata un ridicolo cappellino a rovescio sui capelli sporchi; aveva addirittura recuperato uno skateboard.
Stupidi ragazzini.
- Senti, dammi qualche spiccio per un cappuccino, okay? Sono in ritardo. - Non fece caso al tono autoritario con cui si rivolse a lui. Non stava davvero ascoltando quella vocetta presuntuosa; anzi, essa gli aveva dato un pretesto per perdersi nei propri pensieri, ben più importanti.
Quel pomeriggio avrebbero dovuto provare, decisamente. Erano riusciti a rimediare una nuova data al Troubadour, uno dei pochi posti che si degnava di pagarli la somma giusta, per gli ingressi che erano in grado di fare. Sospettava anche che Zutaut ci avesse messo lo zampino: qualcuno andava dicendo in giro che i Guns N'Roses in realtà facevano schifo, che ormai stavano perdendo seguito, che erano destinati al dimenticatoio.
Se effettivamente era Tom l'autore di quelle voci, beh, Axl poteva capirlo. Avrebbe fatto la stessa identica cosa, al suo posto.
Solo che il punto di vista del fregato non va a braccetto con la solidarietà.
Se effettivamente era Tom l'autore di quelle voci però, voleva anche dire che c'era qualcosa in ballo,
qualcosa di grosso, e Axl non intendeva tenere quel panzone seduto comodo nel suo studio, ad aspettare che loro tornassero strisciando, magari facendosi pagare molto meno del dovuto.
Avrebbero dovuto sudare, ma lui avrebbe sudato con loro.
Nell'immediato, l'unica cosa da fare era acchiappare quei disgraziati che aveva come musicisti e...
- ... muovere il culo, eh? Ma dico, sei diventato sordo? -
Quella tizia era ancora lì. Axl rialzò lo sguardo con l'intenzione di fulminarla sul posto, quella nullità. La biondina in risposta alzò il mento in alto, arrogante. Un formicolio attraversò la pelle del ragazzo, che per pochi istanti si sentì in grado di tirarle un gancio degno di Muhammad Alì.
- Levati dai coglioni, cretina. - Invece si limitò ad afferrarla per la maglietta a righe blu e rosse, trasciandola verso la porticciola cigolante. La mocciosa protestò, senza però riuscire ad opporsi alla sua stretta.
- Rose, la smetti di farti i complimenti da solo? -
La voce sonnacchiosa di Duff nemmeno raggiunse i suoi timpani, mentre si affacciava all'assolata Los Angeles, torrida nell'estate del 1986, sbattendo fuori della Hellhouse quella teppista. La ragazzina, in tutta risposta, gli mostrò il dito medio. - Muori, coglione. - Lanciò lo skateboard sull'asfalto con un movimento sciolto, prima di saltarci sopra e allontanarsi come una scheggia.
Axl si passò una mano fra i capelli, respirando a fondo. Aveva un piano, ma prima di tutto aveva il bisogno di lavarsi e incominciare la giornata.
Compiendo a propria volta alcuni passi fuori da quel buco demoniaco che usavano come abitazione, volse gli occhi verdi prima verso la squallida tavola calda dall'altra parte della strada, poi verso il muretto che costeggiava l'ingresso alla Hellhouse.
Un figuro in mutande bianche dormiva con la pancia sul quel cemento rovente, braccia e gambe
abbandonati a penzoloni lungo le pareti segnate dalla sporcizia.
Ecco dove aveva dormito Steven.


Know that motherfucker well, what you gon' do now?
Whatever ever I wanna do, gosh, it's cool now!
Nah gonna do, uh it's a new now.
Think yo motherfucker really real need to cool out.
Cause you will never get on top off this,
s
o mommy best advice is to get on top of this. [...]
I'm living the future so the present is my past,
m
y presence is a present, kiss my ass.
(Kanye West – Monster)


Axl Rose era un uomo con delle idee.
- Muovete il culo. -
Dopo essersi rinfrescato nel bagno della tavola calda, aver raccattato uno straccio di pranzo e aver vagato per un po' da solo nelle strade e nei vicoli di West Hollywood, aveva fatto ritorno alla Hellhouse.
Era tempo di richiamare le truppe all'ordine.
- Dai bello ci siamo appena svegliati, tregua. - Slash se ne stava stravaccato sullo stesso divano su cui aveva dormito: Axl non era sicuro si fosse mai alzato; la lattina di birra che stringeva in mano probabilmente era l'unico pasto che aveva visto in tutta la giornata.
Steven aveva già sistemato la batteria e attendeva docile, giocherellando con le bacchette in silenzio. Sembrava distrutto e probabilmente lo era: la sera prima aveva dato l'arrampicata al tetto della Hellhouse, in preda a un delirio che tutti avevano trovato divertentissimo, sul momento. Era sempre il primo ad ubriacarsi, il primo a tirare, pippare e fumare, all'occorrenza, poi però era anche il primo a farsi trovare pronto per lavorare.
Peccato si facesse sempre trovare in condizioni pessime.
- Lo sapete, cazzoni, che abbiamo finito i soldi, mmh? - Parve ignorarlo, Axl, con quella domanda pronunciata in tono estremamente tranquillo, freddo. Come se stesse parlando del meteo. Spostò lo sguardo da Slash a Izzy e Duff. Si aggiravano per la stanza con lentezza, una sigaretta accesa che pendeva dalle loro labbra, alla ricerca di effetti personali, cavi, un barlume di lucidità mentale. Izzy portava gli occhiali da sole neri nonostante la luce che filtrava dalle finestrelle del magazzino fosse decisamente esigua: alla domanda dell'amico di una vita, alzò appena il viso, storcendo la bocca senza aggiungere nulla. Sì, il buon vecchio Izzy probabilmente lo sapeva. Gli altri invece no.
- Ma che dici, io ho almeno venti dollari nel portafogli. -
Fu sempre Slash a rispondere, svuotando con una mossa da maestro la lattina, prima di lanciarla alle
proprie spalle. Per poco con colpì Duff; ciononostante, il bassista mantenere un'aura zen, imperturbabile. Axl sospettava non volesse infilarsi in una conversazione che avrebbe richiesto un buon dispendio di energie, non quando c'era Slash a far polemica per tutti.
- Innanzitutto dovresti avere un portafogli. - Fu talmente tranquillo da risultare spietato, Axl. Al chitarrista, che ebbe finalmente il buonsenso di mostrarsi stupito, lanciò il rettangolo di pelle consunta, che custodiva solo una patente logora. - Non c'erano nemmeno gli spiccioli per prendere un caffé. - Falso. Comunque, non si era nutrito granché. In ogni caso, era meglio che gli altri lo reputassero a stomaco vuoto, come loro.
- Contando quello che sono riuscito a raccattare stamattina, quello che è rimasto dal fondo emergenze e quello che non è rimasto dal fondo droga... - Continuò imperterrito, mentre Duff già infilava la tracolla del basso. Aveva capito l'antifona, ottimo. - ... Abbiamo in tutto cinque dollari. Con cui dobbiamo sopravvivere fino a sabato. -
Slash si grattò la testa. Sicuramente stava pensando a chi chiamare per rimediare qualcosa da sgranocchiare e, soprattutto, dell'altro da bere.
- Ora, sarebbe proprio un disagio se non ci pagassero perché facciamo schifo. -
Tutti sapevano che non era un'ipotesi realistica: qualche monetina l'avrebbero comunque guadagnata, al Troubadour. Di quell'affermazione, però, erano le implicazioni oltre la data in sé che iniziavano a logorarli.
Arrancare, accontentarsi di espedienti di fortuna, vivere in una catapecchia umida a cui ogni tanto staccavano la corrente, tutto quello era andato bene per un primo periodo. Anzi, l'avevano trovato quasi propedeutico: per comporre e suonare rock, devi viverlo. Avevano abbracciato la miseria, la sporcizia e la fame con filosofia. Per un primo periodo.
Ma in quel momento, le giustificazioni si erano esaurite. La gavetta era finita: ognugno di loro poteva avvertire nitidamente le lancette di un orologio immaginario, quello che dettava il tempo residuo prima del superamento della linea di confine; da un lato, la giusta fatica e le valanghe di merda da sopportare prima di raggiungere l'obiettivo, dall'altro una frustrata ostinazione per non ammettere che, forse, la stoffa per far musica davvero non ce l'avevano.
Axl ci pensava più spesso di tutti loro messi insieme, ma con la razionalità di uno stratega.
Le offerte c'erano state. Oltre a Zutaut, in altri li avevano notati e si erano messi in contatto con loro, nei mesi precedenti. A volte, i suoi compagni se l'erano presa con lui per non aver accettato, o aver avanzato richieste giudicate "troppo pretenziose". Per aver aspettato.
Axl Rose però era un uomo con delle idee. Poche, non moltissime. Sicuramente non il genere d'idee rivoluzionarie, socialmente impegnate o universalistiche che attraevano la maggior parte delle lodi o dell'attenzione persino del suo stesso pubblico.
Una di queste è che vincere non è compromesso. Non è armistizio, non è accettare un'offerta che in fondo sembra buona, basta fare qualche concessione reciproca. Non è accontentarsi.
Vincere è vincere.
Dovevano solo stringere i denti ancora un poco e premere sull'acceleratore. La Geffen non aveva intenzione di mollarli: l'atteggiamento apparentemente superiore di Zutaut non poteva trarre in inganno lui, che di vere bastonate e menefreghismo aveva vissuto tutta la vita.
Se sarebbero stati in grado di tenere le redini ancora per un po', di resistere più a lungo in quel gioco a chi ride per primo, allora avrebbero avuto tutto.
Un contratto alle loro condizioni. Le canzoni che volevano loro, in un disco. Un pacco di soldi.
- Forza, incominciamo. -
Un'altra di quelle idee era che, se la vita ti riserva limoni, allora le devi restituire ceffoni.
- Ragazzi, ma porca troia, così non va. -
Stavano pestando da più di un'ora e a malapena erano riusciti ad azzeccare un brano. Non si era aspettato nulla di diverso: era già capitato più e più volte di non avere i soldi per una sala prove con tutti i crismi, insonorizzata, un luogo dove potersi ascoltare in tutta tranquillità. In quei casi, non restava che provare alla Hellhouse, operazione che si rivelava esattamente come doveva essere.
Un autentico inferno.
- Non riesco a sentire Duff, amico. Mi concentro troppo per cercare di sentire lui e perdo il filo, bello, non è colpa mia. - Si sentiva che Steven era mortificato. La cosa bella di Steven era che, anche in quelle situazioni, manteneva sempre una flemma pacifica.
- Io invece sento solo te, Popcorn. - Quello che stava lavorando meglio di tutti era Slash, ma anche di questo Axl non era stupito. Si potevano raccontare mille e mille storie su quell'individuo pazzesco e non sempre andavano d'accordo – anzi, praticamente mai – ma era un diavolo di chitarrista.
Il ragazzo sospirò. Effettivamente, nemmeno lui avrebbe saputo dire se stava azzeccando note e ritmo, nelle orecchie aveva solo i rulli di Steven e qualcosa della chitarra di Izzy, che gli era vicino. Fu verso di lui che guardò, mentre Slash e il batterista iniziavano a battibeccare.
Izzy gli rispose con un'espressione enigmatica. Axl sospettava che stesse pensando a correggere il pezzo, a renderlo più efficace: non gli serviva un impianto perfetto per vedere la musica. Ce l'aveva in testa. Tuttavia, l'enorme sensibilità di Izzy era insieme il suo più grande pregio e il suo più grosso limite: assorbiva come una spugna ogni vibrazione dell'ambiente che aveva intorno. Se non gli risultava congeniale, perché troppo conflittuale come in quel caso, beh... la magia si bloccava.
- Piantatela. - Fu Duff a interrompere la sequela di frecciatine fra i due litiganti, anche se nessuno dei due ce l'aveva davvero con l'altro. Era solo un modo per sfogare la frustrazione. - Axl, ascolta. Non so se possiamo far meglio di così. Lo sai anche tu, questo posto è quello che è. Aspetta, magari se mi metto io qui dietro... - Pragmatico Duff. Un altro tipo di pensatore. Quello che gli era subito piaciuto era che anche lui era molto poco propenso a perdere tempo per le cazzate.
Forse però era un po' troppo realistico.
- Non fatela tragica. Pensateci un attimo.. - Axl li interruppe ancora prima che iniziassero a protestare. Sentiva su di sé lo sguardo vigile di Izzy, ma continuò imperterrito a fissare gli altri.
Izzy era già convinto, con lui non serviva insistere.
- ... okay, queste non sono le migliori condizioni del mondo. Sono delle condizioni del cazzo, d'accordo. MA, ma. Se siamo capaci di ascoltarci e di tirare fuori qualcosa di buono pure fra queste pareti di stagnola, alla prossima lo tiriamo giù, il Troubadour. -
La differenza fra Duff e Axl era che Axl ci credeva di più. Non che Duff non avesse fiducia in quella band, ma aveva comunque i piedi ben piantati a terra, cosa che a volte gli impediva di osare. Forse perché a Seattle, tutto sommato, c'era una famiglia ad aspettarlo. Larga, chiassosa e un po' inopportuna, ma comunque una famiglia.
Non aveva provato davvero la sensazione di doversi inventare qualcosa con niente.
- Avanti. Su Duff, mettiti dove hai detto, secondo me va meglio. Popcorn, ti devi ripigliare, non so cosa ti sei bevuto la notte scorsa, ma pensa che prima tiriamo fuori qualcosa di decente qui, prima torni a berne ancora e a ripassarti Christie. Dai, dall'inizio, Slash, prima hai fatto una cosa cazzuta... -
Non sempre era convinto di tutto ciò che diceva loro, ma aveva estremo bisogno che ne fossero convinti loro. Quella era la chiave di volta.
Non aveva bisogno di cercare il viso di Izzy per sapere che stava sorridendo. Ecco, lui sicuramente non dubitava di lui: aveva piena fiducia nella sua leadership, nonché nel legame che li univa.
Peccato...
- Umh? - Per qualche istante, si lasciò distrarre da qualcosa che gli parve di cogliere alla finestra. Un guizzò, come se qualcuno ci fosse passato davanti ad alta velocità. Come su una bici o su uno skateboard.
Quindi Izzy terminò di riaccordare la chitarra e fu il tempo di ricominciare.
- Cinque, sei, sette, otto. -


No, I didn't understand the thing you said.
If I didn't know better, I guess you’re all already dead:
m
indless zombies walking around with a limp and a hunch,
s
aying stuff like, "You only live once".
You got one time to figure it out,
o
ne time to twist and one time to shout,
o
ne time to think and I say we start now:
s
ing with me if you know what I'm talking about.
(Twenty-One Pilots - heavydirtysoul)



Axl Rose era un uomo con un'arma.
Il carisma.
- Ehi. - Aveva accettato che parte del piano fosse anche a Hellhouse piena ogni sera. Quando poteva, si trovava un luogo alternativo dove dormire, magari a casa di una bella signorina a cui scaldare il letto, nel frattempo. Se invece ciò non risultava possibile, beh, faceva in modo di trarne vantaggio.
Già dall'ora di cena (quella delle persone perbene, beninteso) si erano trovati il magazzino invaso da persone, alcune delle quali avevano anche portato qualcosa di commestibile.
In fondo, era buona pubblicità.
Avanzò con una birra in mano verso il luogo in cui Slash stava tenendo il solito sermone. - Insomma, non sto dicendo che Santana non sappia muoversi bene fra i generi, ma alla fine lo senti, che ricade nei suoi schemi. Non è sempre un male, ma Zappa è veramente un cazzo di camaleonte... - Si poteva scambiare per arroganza, quella foga, ma la verità era che anche lui ci credeva, un sacco.
Per questo, nonostante spesso si scornassero, alla fine lui e Axl tornavano sempre sulla stessa strada.
- Rose, come te la passi? -
- Ma è vero che avete pisciato sull'impianto del Roxy? -
- Senti Rose, mi servirebbe un consiglio. -
Axl era perfettamente consapevole dell'ascendente che esercitava sulle persone; solo uno stupido non lo sarebbe stato. E se era nel mood giusto, non esitava a sfruttarlo.
Come in quell'istante. Passò fra le differenti facce sconosciute che gli rivolsero la parola senza rispondere a nessuno dei loro approcci, ma regalando un sorriso appena accennato, alzando una mano con leggerezza.
Un po' come se stesse facendo le prove per il red carpet.
Incrociò Duff nel tentativo di raggiungere il proprio obiettivo, cioè il traballante tavolino dove avevano abbandonato alcune bottiglie di alcool scadente che i loro ospiti si erano portati dietro. Il bassista aveva il braccio attorno alle spalle di Victoria, che gli sorrise genuinamente felice di vederlo. In sottofondo, da un paio di scarsissime casse, c'era Smoke in the water.
- Ciao Freddie Mercury. - Stupida. Axl le rivolse un cenno amichevole di rimando, sollevato di vederli virare altrove. Non che la trovasse antipatica o altro, solo fin troppo disperata e decisamente troppo facile da irretire. Davvero non riusciva a capire se fosse realmente convinta che Duff non sapesse della sua cotta colossale per lui e non se ne approfittasse come tutti gli altri.
Bella era bella, anche se non era come quella Adrien.
- Un brindisi? - Una che non era affatto stupida era Christine Wu. Certo, era bravissima a recitare la parte della scema circuibile, il genere di ragazza da trascinare in branda fingendo di ascoltarne gli sproloqui su rossetti e smalti.
Gli si avvicinò per puro caso: si erano trovati nello stesso posto nello stesso istante, cioè vicino alla bottiglia di scotch di seconda categoria per poterne trarre un sorso. La giovane, i capelli pettinati di lato e l'appariscente tutina verde scuro, fu più veloce e la afferrò per prima, ingollando rapida la propria dose prima di allungarla verso di lui.
Lo osservò per un attimo, prima di dileguarsi senza aggiungere altro. Axl l'aveva notato, come quella finta sciocca in realtà era l'unica ragione per cui Steven Adler si teneva in piedi ed era effettivamente produttivo. Avrebbe voluto ringraziarla ma sospettava che Christie lo evitasse per causa sua.
Di lei.
- Senti amico, ho fatto uno squillo a Joe Canaglia. So che non vuoi i suoi qui perché Slash ci fa a pugni in genere, ma hanno una roba fantastica, cioè, proprio di qualità, capisci? E mi sono detto, piuttosto che fumare la solita merda che fa venire mal di testa e cose, meglio che Slash faccia a pugni, capisci? Fa a pugni ma poi è contento, amico... -
Mentre Steven praticamente gli scartavetrava un timpano, urlandogli nell'orecchio, Axl si guardava attorno fingendo di ascoltarlo. Di tanto in tanto, sorseggiando lo scotch, effettuava un cenno o gli rifilava un monosillabo giusto per fargli capire di continuare: non voleva che smettesse, ma non gli interessava nemmeno ciò che aveva da dire.
Chi passava vicino, non poteva evitare di guardare verso di loro.
Verso di lui.
Axl Rose aveva un'arma e non aveva paura di usarla, persino quando se ne stava fermo in un angolo, come in quel momento. Era un autentico piacere avvertire su di se tutti quegli occhi e tutta quell'attenzione senza fare oggettivamente un cazzo.
Si sentiva come un pianeta, attorno al quale ruotavano un sacco di satelliti. Lo vedeva, come tutte quelle persone erano attratte da lui. Lo divertiva pensare che molte di loro avrebbero voluto portarselo a letto.
E quella in fondo era solo la punta dell'iceberg.
Sapeva di avere le potenzialità per far innamorare e capitolare molta più gente; forse era nato per quello. Alla fine, era in grado di renderli felici, anche solo con una mossa del capo. Si limitò a lanciare un'occhiata a un gruppetto di ragazze, una più carina dell'altra, e queste immediatamente esplosero in un coro di risatine, iniziando a chiacchierare fra loro sui molteplici significati di quel gesto.
Era un do ut des. Axl elargiva loro un brivido, una scintilla che li faceva sentire speciali. Loro in cambio continuavano a confermare che lui aveva talento.
Così facile, quando tutti cercano di compiacerti.
Meno una.
- ... e insomma, le ho detto che non so, non so che succede quando mi sbronzo. Voglio dire, magari mi sarà capitata di farla, una stronzata. Ma non è colpa mia. Al massimo, è colpa del vino. Ma Christie è una rompicoglioni, senti, una favola di donna, ma rompicoglioni in una maniera assurda. -
Ad Axl cadde lo sguardo verso la parete di sinistra.
Izzy aveva un gomito appoggiato al muro e il busto proteso verso la figura ben più bassa ed esile che aveva intrappolato fra sé e quell'ammasso di materiale scadente. Le stava dicendo qualcosa all'orecchio,
mentre questa avea la schiena abbandonata all'indietro e teneva le manine, delicate, sui fianchi del suo uomo.
Avrebbe dovuto tagliarsi di nuovo i capelli, stavano iniziando a ricrescerle.
Indossava un paio di pantaloncini in jeans a vita altissima che davano quasi l'illusione che avesse delle chiappe. E una maglietta di Taxi Driver che sembrava da uomo, con un De Niro stilizzato e la scritta "You talkin' to me?". Beh, era risaputo che aveva un ottimo gusto.
Piegò le labbra rosse all'insù mentre scoppiava a ridere, evidentemente per quello che Izzy le aveva appena detto. Quindi ribatté; se si fosse impegnato un po' di più, Axl avrebbe potuto leggerne il labbiale, ma non aveva voglia di scoprire che cosa avesse detto il buon Izzy, per farla così contenta. Piuttosto, aveva voglia di scoprire come spaccargli il naso, al buon Izzy.
Era proprio un pessimo amico.
- Sei proprio sotto, eh? - Non aveva idea di quando Steven se ne fosse andato. Il magazzino si era fatto sempre più affollato e rumoroso. Qualcuno aveva cambiato i Deep Purple con Paranoid dei Black Sabbath. Axl si accigliò: al suo fianco, era comparsa la stessa ragazzina che quella mattina aveva scacciato dalla Hellhouse.
Stava masticando una gomma americana a bocca aperta, si era acconciata i capelli in due stupidi codini altri e, ancora una volta, pareva essersi vestita al buio. - Sloggia. - Le intimò.
Non voleva nemmeno pensare che le sue parole fossero effettivamente collegate a Naz Kurt.
- Sai, si nota perché in genere tu non guardi le persone, nemmeno quando parli con loro o semplicemente ci stai insieme. Te ne frega talmente poco che non li degni nemmeno di questo. Ma lei invece, oh, sei sempre attento a quello che fa, dove va, quasi volessi dirle "Ehi, sono qui". -
Axl ruotò il collo con deliberata lentezza, per rivolgere alla sconosciuta una smorfia disgustata.
- Non preoccuparti, sono tutti troppo impegnati a guardare
te per far caso a cosa stai guardando tu. -
Lei lo anticipò di nuovo. Per qualche inesplicabile ragione, Axl scelse di stare zitto: portò di nuovo la bottiglia di scotch alle labbra, ingoiandone l'ennesimo sorso.
- Sei proprio sotto. - Ripeté la giovane quindi, prima di fare una bolla con la chewing gum. Il ragazzo rispose sollevando gli occhi al soffitto umidiccio. - Non sono innamorato di lei. - Poco distante, Slash stava iniziando a discutere con un gruppo di ragazzi, probabilmente gli spacciatori chiamati a raccolta da Steven. Il colpevole invece aveva attaccato a litigare con la sua dolcissima metà.
- Questo lo credo anch'io. - L'affermazione lo stupì. Era pronto a farsi accusare di essersi rammollito, invece colse la propria interlocutice ad annuire saggiamente. - Però stai sotto. Lei ti piace da matti. -
Izzy aveva preso a baciarle il collo, mentre continuava a sussurrarle cose; Naz in risposta mostrava un'espressione estasiata, incredibilmente serena per essere una sempre sull'attenti.
Forse, più che prenderlo a pugni, avrebbe dovuto prendere appunti.
- Mi odia. - Sospirò, senza smettere di osservarli. Per un attimo, pensò che era inutile negare l'evidenza: quella strega gli aveva giocato un brutto scherzo, con il suo carattere terribile e i suoi occhioni grandi. Non era la più bella lì dentro, nè l'anima della festa. Era una barista senza speranze, con un affitto a South Central e una mamma disabile.
Ma Naz Kurt era anche un essere complesso, con un sacco di idee veramente interessanti. Nessuno ci aveva ancora scommesso, su di lei, ma avrebbe potuto fare grandi cose, Axl lo sapeva; era stata sfortunata e aveva vissuto in un contesto ostile, ciononostante era in grado di sfornare riflessioni che il ragazzo, ne era consapevole, avrebbe voluto produrre lui stesso.
Per un secondo, ebbe l'impressione che la diretta interessata avesse lanciato una fugace occhiata nella sua direzione. Fu solo un secondo.
- Non è vero. Odia quello che riesci a farle. -
Quello era il colmo. Naz Kurt che odiava quello che lui, Axl Rose, era in grado di suscitare in lei?
Proprio quella stessa mocciosa che generalmente gli passava accanto senza nemmeno dare l'impressione di averlo notato, quella che si era presa gioco del suo nome, del suo tempo e persino del suo migliore amico. Eccola, riempirlo d'affetto nonostante l'avesse tradito. Con lui. Ed era comunque tornata da Izzy.
No, improbabile che Naz Kurt odiasse come Axl Rose la faceva stare. Piuttosto, era profondamente convinto che si divertisse, a vederlo perdere le staffe, a ricevere gli insulti che il ragazzo s'inventava solo per riuscire a rivolgerle la parola, a osservarlo perdere qualsiasi parvenza di autocontrollo e nonchalance in sua presenza.
Di fronte alla magnifica Naz Kurt, perdeva sé stesso. Smetteva i panni di Axl Rose per diventare...
- Dovresti dirle la verità. -
...
fottutamente patetico.
- Levati dal cazzo. -
Senza preavviso, Axl lasciò la ragazzina al tavolo, avanzando nel cuore della festa. Altre parole gli scivolarono addosso senza catturarlo, altri visi si volsero in sua direzione. Colse Slash assestare un
poderoso gancio a Joe Canaglia, dando così inizio alla rissa della serata.
Aveva bisogno di un diversivo.
E fu così che Axl si beccò una bottiglia in fronte.


She said it's not now or never, waiting years we'll be together.
I said better late than never, just don't make me wait forever.
Oh my love, can't you see yourself by my side?
I don't suppose you could convince your lover to change its mind,
I was doing fine without ya, 'til I saw your face, now I can't erase.
[...] Is this what you want, is this who you are?
I was doing fine without ya, 'til I saw your eyes turn away from mine.
(Tame Impala – The less I know the better)


Axl Rose era un uomo con un problema.
La prima cosa che realizzò fu il dolore lancinante che provava appena sopra la tempia sinistra. C'era anche una sensazione di caldo e umido, quindi immaginò di stare perdendo sangue.
La seconda fu che era disteso nel bel mezzo della Hellhouse. Doveva essere caduto all'indietro, anche se era presto per sentirsi indolenziti a causa del colpo. Sbattè le palpebre, senza riuscire a mettere a fuoco subito: sentiva attorno a sé un brusio nervoso. Allora non se l'era solo immaginato, di essere centrato in pieno da una bottiglia.
La terza cosa in realtà erano due, due paia di gambe che lo sovrastavano, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. Da un lato, quelle lunghe e dinoccolate di Izzy Stradlin, che era chino su di lui con espressione alquanto stupefatta e angustiata, come se non riuscisse a credere a quello che era appena caduto. Dall'altro, il paio di nudi ed esili stecchini, che proseguivano in un busto sottile a cui erano state incrociate delle braccia pallide, per terminare col viso, i bei lineamenti distorti in una smorfia caustica e diffidente, di Naz Kurt.
Il problema.
- Ehi. Ehi, come ti senti? Cazzo, per un momento ho pensato fossi morto. - Fu Izzy a parlare, chinandosi su di lui per allungargli un braccio. Axl lo afferrò, ancora incapace di spiccicare parola. Era accaduto tutto in fretta e, a giudicare dalla sofferenza che stava provando, quel diversivo gli era appena costato un pezzo di cervello.
Una mano bloccò il suo tentativo di rialzarsi, proprio all'altezza del petto.
- Aspetta un attimo. Se si rimette in piedi ora, sta sicuro che ripiomba a terra pure peggio. Lascialo stare giù ancora un po'. - Persino in quel frangente la ragazza riusciva ad essere irritante, parlando di lui in terza persona, come se non fosse lì a guardarle le gambe.
Persino con la testa squarciata, Axl sentiva la voglia di risponderle malamente, di restituirle lo sprezzo.
- Adesso sei pure un dottore, stronzetta? -
La vide ritrarre la mano, come se si fosse scottata. Accusò il colpo di quegli occhi indecentemente grandi che lo squadrarono, ancora una volta, come se fosse un microbo. - Come vuoi. Dissanguati, Rose. -
- Oh che cazzo succede qui? - La voce di Slash accompagnò l'uscita di scena di Naz, che gli diede la schiena. Izzy invece rimase, troppo impegnato ad essere un ottimo amico per accorgersi dei sottintesi di quello scambio. - Amico, stai sanguinando. -
- Ma guarda. Pensavo stesse piovendo dentro. -
- Beh, non si è fatto troppo male, direi. - Quella era la voce di Duff che commentava in tono ilare, in un punto che il suo sguardo non poteva raggiungere. Suo malgrado, Axl rimase ancora un poco disteso, aspettando che la testa smettesse di girare.
- Va bene! Si è preso una bottigliata in testa e nessuno esce di qui finché non scopriamo chi cazzo è stato. - Mentre Slash si occupava delle priorità, ciò difendere il territorio e far rispettare il buon nome dei Guns N'Roses, Axl passò una mano sulla fronte, raccogliendo molto più sangue di quanto si aspettasse. Izzy portò la sigaretta che stava fumando alle labbra, prima di scuotere il capo. - Sanguina come il demonio ma non è profondo, ti ha preso di striscio. Secondo me se ci butti una bella bottiglia di alcool sopra, disinfetti e ti togli il pensiero. -
Duff intanto nel frattempo si era allontanato, per spingere i rissaioli fuori dal magazzino prima che coinvolgessero tutti nel loro scambio di convenevoli. Izzy lo aiutò ad alzarsi, mentre attorno a lui parecchia gente si sincerava di come stesse. Alcuni parevano genuinamente interessati.
Rassicurante.
- Grazie, bello. - Axl assestò ad Izzy una poderosa pacca sulla spalla, in una dimostrazione d'affetto maschile quasi noiosa, tanto era cliché. L'amico però sorrise, prima di indicarsi alle spalle. - Se non hai
bisogno d'aiuto, io andrei a recuperare... -
- Vai, vai. - Che gliela trascinasse lontano, quella strega.
Si ritrovò improvvisamente circondato da persone di cui non gli importava nulla, che però si offrirono di lavargli la ferita con una bottiglia di Pampero oppure di trovare un posto dove farlo sedere. Fu facile riadottare la stessa tattica: non parlò molto, ma ringrazio e mostrò con piccoli gesti di apprezzare quelle premure. Di apprezzarle e basta, non di necessitarne. Dispenso sorrisi appena accennati e monosillabi, finché le cure non divennero ancora più amorevoli.
- Spero non ti resti la cicatrice. - Squittì una fanciulla che forse si chiamava Jenna, o Maryl, mentre due ceffi che Axl credeva di aver incrociato due volte continuavano ad esclmare. - Amico, tu eri a terra, a terra, capisci? E poi di nuovo in piedi, cioè, troppo tosto. -
Desiderava solo che smettessero di chiamarlo "amico".
Aveva un enorme problema.
Un'altra cosa che Axl non sopportava, quando gli toccava incrociare Naz Kurt, era che dopo quegli scambi di dubbia educazione o quegli sguardi rubati, non era in grado di pensare a nient'altro. Come avrebbe potuto risponderle diversamente, come comportarsi se l'avesse incontrata di nuovo.
Non riusciva a godersi appieno nemmeno il frutto del suo talento, persino in una situazione come quella dove a disposizione aveva Signori Nessuno pronti a leccare la terra dove camminava.
Lei e Izzy, che coppia. Lo portavano distante anni luce dall'unica persona persona di cui aveva imparato, in anni più oscuri e remoti, a preoccuparsi.
Sé stesso.
- Tutto apposto, Elton John? Non stai parlando le lingue, vero? -
A un certo punto, si era sganciato e aveva riguadagnato la propria postazione da osservatore in un angolino. Non aveva idea di quanto fosse passato: si sentiva appicicaticcio per via del rum sulla testa e stava tentando di dare la colpa a quel fattore, se provava l'ardente desiderio di allontanarsi da lì.
Non risultava credibile nemmeno a sé stesso. Axl Rose non scappa da una festa di cui è il padrone di casa perché ha i capelli spettinati.
- Senti, cocca, mi stai seguendo? - Finì di rollare la propria sigaretta, prima di lasciarla penzolare alle labbra. La ragazzina aveva gettato la gomma, apparentemente, per concedersi invece una lattina di birra. - Ce li hai almeno, sedici anni? - Domandò, cercando l'accendino.
- Lo sai anche tu, che prendertela con me non calmerà i tuoi istinti. Stavi praticamente sbavando. - Sghignazzò. Axl inspirò a fondo: era ancora socialmente non accettato picchiare una donna, specie se così giovane. Doveva controllarsi. - Forse dovresti fare un giro, prendere un po' d'aria. -
- Tu sei la risposta di Los Angeles a una domanda che nessuno ha posto, vero? -
La giovane, ancora una volta, non sembrò stupirsi della reazione astiosa di Axl. Fece spallucce, prima di proseguire imperterrita. - Dico sul serio, dovresti parlarle. Non fa bene alla tua concentrazione. -
Fece un ultimo tentativo per ignorarla, lei e quella sua vocina.
Naz e Izzy sembravano essersi volatilizzati nel nulla; probabimente avevano preso la macchina, per potersi appartare a dovere, lontano da tutti quegli zotici che non avevano alcun potere sulla loro felicità. Christie e Victoria erano rimaste le uniche a ballare, da sole e fuori tempo.
Quand'era finita la festa?
Era certo che fuori stesse già iniziando ad albeggiare. Adler già dormiva, collassato dopo l'assunzione di chissà quante sostanze diverse. Non riusciva a vedere Duff e Slash, ma era certo che li avrebbe trovati fuori, magari a spararsi l'ultima pera della serata.
Stupidi ragazzini.
- Dovresti darti una calmata, Will. Se continui a infognarti in questa storia, influirà pesantemente sulle tue prestazioni. Prendi una decisione. Se scegli che è importante, che vale la pena spenderci delle energie, allora affrontala e poi accetta le conseguenze del tuo gesto. Se invece preferisci fare la brava persona e non metterti fra lei e Izzy, allora lasciala perdere, ma per davvero. Impara a parlarci normalmente, a non controllare ogni suo gesto, a dimenticartela. Altrimenti finirai per sputtanare anche tutto il resto e non te lo puoi permettere. -
Non avrebbe davvero saputo dire da chi di loro fosse venuto, quel pensiero.
Chiuse gli occhi per qualche istante. La testa ancora pulsava da morire, ma non era certo quello, a fare più male. E nemmeno Naz Kurt e Izzy Stradlin. No, niente era doloroso come la fame che sentiva dentro, che pervadeva ogni centimetro del suo corpo e che l'aveva accompagnato da quando aveva lasciato Lafayette. Anzi, da prima, da quando aveva lasciato William Bailey.
- Senti, scarto di femmina dimenticato da Dio. - Le puntò il dito contro con deliberata lentezza: la vide indietreggiare, i codini scarmigliati e l'espressione sbigottita. Axl sapeva di avere, stampata in faccia, la stessa determinazione dei condottieri e dei serial killer.
- Non ho bisogno della vocina della coscienza che mi suggerisce che fare. Io lo so già benissimo per conto mio, cosa devo fare e cosa serve per ottenere ciò che voglio. L'ho sempre saputo. Non lo dimentico
soltanto perché un discografico non mi ricontatta o perché una demente decide di diventare materiale da seghe, anche se sta col mio amico.
Quindi apri bene le orecchie: non mi provocare. Non cercare di ficcarmi in testa paranoie o dubbi che non ho, come una specie di lavaggio del cervello. Perché lo so benissimo che non si pongono proprio, questi dubbi, e sai come lo so? Perché ho un piano. È tutto qui. So che devo fare se voglio mandarlo in porto e non permetterò a nessuno di incasinarmi il cervello. Nemmeno a una ragazzina. -
Nemmeno a sé stesso.
Un'infinità di tempo dopo, sul volto della giovane comparve un sorriso. Non era un ghigno di scherno come quelli che gli aveva riservato fino a quel momento, ma un autentico segno di soddisfazione.
- Beh... che dici, scopiamo? -
Axl si allontanò di un passo, senza timore. Si sentiva decisamente più calmo, dopo aver messo in chiaro le cose; rispose con un'alzata di spalle e un'occhiolino.
- Magari dopo. -
Quando ormai fu mattino e la Hellhouse ritornò alla solita tranquillità, fatta del sonoro russare dei suoi inquilini, della puzza di chiuso e sudore e del rumore delle macchine che passavano fuori, Axl rammentò a sé stesso un'altra delle sue idee, quella più importante.
Non doveva niente a nessuno, se non a sé stesso.
E si addormentò.


I got a penny for my thoughts,
I got a dollar for my blouse,
I got a message for the lover,
I got a message for myself.
Now don't you know I gotta live?
I wanna be without you in that deep blue sky,
s
ee, I found myself sitting there when I was getting high.
(Tash Sultana – Cigarettes)










OFF ZONE:
Holy shit I did it.
Questo è stato in assoluto una delle cose più difficili che mi sono trovata a scrivere. Avevo un'idea in testa e non avevo intenzione di mollarla, quando ho deciso di scrivere un intero capitolo solo su Axl Rose. Solo che ovviamente, nella stesura, si sono presentate alcune comprensibili difficoltà.
Innanzitutto, è sempre difficile relazionarsi con un
tête-à-tête con un personaggio che in realtà esiste, nella vita reale. Quando scriviamo fanfiction su persone realmente esistenti ovviamente ce ne appropriamo, possiamo cercare a grandi linee di intuirne il carattere da interviste e biografia, ma alla fine quello che ci mettiamo è soprattutto una nostra visione delle cose. L'Axl di Love will tear us apart lo sento particolarmente "mio", come se fosse un personaggio totalmente uscito dalla mia fantasia, fra l'altro. Ma c'è comunque lo spettro della realtà che va considerato. Questa è stata un mio cruccio fin dal principio: evitare l'effetto macchietta e lo stereotipo dato da un personaggio discusso come Axl Rose, ma tentare anche di restare fedele alla realtà.
Sono conscia del fatto che gli è stato diagnosticato un disturbo bipolare (tra l'altro, credo che lui abbia dichiarato di non credere al responso), cosa che per me ha costituito una doppia difficoltà. Non ho volutamente affrontato la questione: non credo di avere le competenze per descrivere perfettamente i sintomi di una malattia del genere, quindi ho provato a tenermi nebulosa, ma ovviamente è stato arduo, visto che ho voluto a tutti i costi fare un capitolo POV Axl. Hai voluto la bicicletta, Charlie? Pedala.
Ora, la ragazzina sconosciuta. Lo ripeto, avevo un'idea in testa. Non voglio dilungarmi in spiegazioni proprio perché la sua presenza, identità e ragion d'essere non sono fatte per essere spiegate nelle note dell'autrice. Riporto solo che la soggettA è stata ispirata da due cose, fondamentalmente: uno, Axl ha una sorella minore, Amy; due, avevo letto una storiella sulla vita dei Guns a LA pre Appetite, per cui Axl era stato accusato da i genitori di una minorenne che bazzicava la Hellhouse di aver abusato di lei, dopo
una storia abbastanza sordida.

PER AMORE DEL DIRITTO D'AUTORE:
Credo che la Siae abbiamo messo una taglia sulla mia testa.
Allora, heavydirtysoul, da cui deriva il titolo, è un brano dei Twenty One Pilots. Questa è una cosa che è cambiata: inizialmente infatti avevo pensato a un'altra canzone, poi ho riascoltato questo pezzo e mi sono detto "okay, ci siamo".
Ci tengo a precisare che Kanye West è sicuramente stato uno dei miei animali guida, nella creazione di questo Axl.
Tutti i dettagli della vita nella Hellhouse sono liberamente ispirati a
questo articolo, che ho reperito su Medium.
Smoke in the water è IL pezzo dei Deep Purple.
"
Così facile, quando tutti cercano di compiacerti.", liberamente tratto da It's So Easy degli stessi Guns N'Roses, che mi è sembrata particolarmente adatta alla situazione.
È spiegato anche nel capitolo, ma Taxi Driver è un film del 1976 diretto da Martin Scorsese: come protagonista, il Dio Robert De Niro.
"
Va bene! Si è preso una bottigliata in testa e nessuno esce di qui finché non scopriamo chi cazzo è stato." libera citazione da Trainspotting. Rega, un giorno mi farò perdonare per aver dipinto Slash così irrimediabilmente cazzoide.
"
Tu sei la risposta di Los Angeles a una domanda che nessuno ha posto, vero?" libera citazione da I Simpsons, per la precisione episodio 8x08.
Credo sia tutto.

See ya!

  
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