Skies
of rust – Capitolo III
Can
you save my
Heavydirtysoul
for
me?
There's
an infestation in my mind's imagination,
I
hope they choke on smoke cause I'm smoking them out the
basement.
This
is not rap, this is not hip-hop:
just another attempt to make the
voices stop.
Rapping
to prove nothing, just writing to say something,
'cause
I wasn't the only one who wasn't rushing to say nothing.
This
doesn't mean I lost my dream,
it's
just right now I got a really crazy mind to clean.
(Twenty
One Pilots - heavydirtysoul)
Axl
Rose era un uomo con un piano.
Voleva raggiungere le stesse vette
degli dei che facevano parte del suo personale Olimpo, spostarvici la
residenza e non muoversi più. Voleva accaparrarsi un posto
comodo nella storia della musica, dove poter guardare fan e
detrattori, nonché il passato, dall'alto.
Si svegliò
quella mattina d'estate con la bocca impastata e diversi dolorini
alla schiena, i sintomi di una situazione che conosceva bene: dormire
in un letamaio.
La stanza era immersa nella penombra e c'era odore
di chiuso, di sudore e di altre mille cose non meglio identificabili.
Appena fu in grado di mettere a fuoco ciò che lo circondava,
Axl si rese conto di aver dormito sul pavimento, ai piedi di uno dei
divani scassati che avevano recuperato dai cassonetti della
spazzatura.
L'aveva fatto apposta: quelle molle erano in grado di
distruggere una schiena in maniere ben peggiori di una superficie
troppo dura.
La Hellhouse era immersa nel silenzio. Axl non aveva
bisogno di un'orologio per capire che sicuramente quella non era
l'ora in cui i lavoratori perbene si riposavano. Alzandosi a sedere,
identificò la sagoma che dormiva accartocciata sul divano al
suo fianco, emettendo qualche grugnito di tanto in tanto nonché
uno strano olezzo animale.
Slash, più bestia che uomo.
Izzy
e Duff si erano rannicchiati sulle brandine, altri pezzi di
arredamento che avevano raccattato in giro per quella discarica a
cielo aperto che era Los Angeles. Di Steven, nemmeno l'ombra.
Axl
rimase per un attimo immobile, contemplando quello sfacelo. Non ne
era turbato ma, del resto, c'erano poche cose in grado di
scombussolarlo davvero. Sapeva che anche la Hellhouse, come molte
altre cose, era un elemento necessario in quella scalata. Serviva al
rock n'roll, a tenerli produttivi e a far venire loro fame: in questo
modo, non si sarebbero adagiati su comodità.
Lui no,
perlomeno. Per gli altri, il discorso era diverso.
Aveva ancora la
maglietta della sera prima, nonché gli stessi jeans lerci.
Cercò di mettersi in piedi, anche se dovette esitare per
qualche istante a causa di un capogiro improvviso. Quando la sua
vista tornò a funionare, si sfilò la t-shirt per
cercarne una pulita, un'impresa degna del Nobel.
- Porca puttana.
- Poco dopo, fece la felice scoperta di un'incredibile e maleodorante
intasatura nel minuscolo cesso che avevano a disposizione. Qualunque
cosa fosse successa in quel cubicolo, Axl era certo che rischiassero
una visita dei federali per attentato batteriologico.
Avrebbe
dovuto cercare un bagno pubblico. Di nuovo.
Axl Rose era un uomo
con un piano. Era un uomo che sapeva esattamente cosa voleva, cosa
che non era alla portata della comprensione di tutti. Per questo
spesso e volentieri spaventava il prossimo, con la sua resilienza,
con la sua determinazione.
Del resto, l'inferno l'aveva già
visto. La Hellhouse non era davvero nulla di che.
Lanciò
uno sguardo alle sagome di Izzy e Duff, profondamente addormentati.
Non pensò nemmeno di svegliarli, non gli sarebbero comunque
stati di alcun aiuto. Aveva bisogno di cibo, di un bagno, di vestiti
puliti, e avrebbe potuto trovarli solo lontano da lì. In più,
non aveva nemmeno voglia di ascoltare vaghe lamentele o inutili
resoconti della sera precedente.
In realtà, amava passare
del tempo da solo. Non era fatto per il tipo di compagnia in cui si
parla di cose irrilevanti, frivole o anche solo semplici, quella
adatta a guardare un determinato programma alla televisione oppure a
fare commissioni. Se non aveva niente d'interessante o d'importante
da dire o mostrare a qualcuno, semplicemente con quel qualcuno non ci
stava.
Le eccezioni erano poche. Izzy, ad esempio. Erano diventati
amici perché entrambi amavano il silenzio e non sentivano
il peso di condividere una stanza senza intrattenere alcun
contatto.
Avanzò quindi per quel caos che nessuno di loro
osava chiamare casa: recuperò una camicia a maniche corte che
perlomeno non puzzava di stantio, anche se non sembrava comunque
fresca di bucato.
- Che cazzo... - All'improvviso pestò
qualcosa di paurosamente morbido; abbassò lo sguardo con
orrore al pavimento, dove trovò la propria scarpa sinistra
affondata negli avanzi di un cheeseburger.
Doveva mantenere la
calma.
Lui era un uomo con un piano.
- Ehi, puoi evitare di
fare tutto questo casino? -
La domanda giunse da una figuretta
che, se ne accorse solo ora, era distesa su una serie di cuscini
impolverati. Mettendola a fuoco, Axl realizzò che si trattava
di una ragazzina dai capelli biondicci: non dimostrava diciotto anni,
indossava il più bizzarro assortimento di colori e vestiti di
sempre e aveva un'espressione scocciatissima in viso. Doveva essersi
appena svegliata.
- Chi sei? - Domandò, impenitentemente
brusco. Capitava spesso che gente a caso dormisse alla Hellhouse, e
tutti ricevevano lo stesso trattamento. Axl non temeva affatto di
perdere pubblico o diffondere una pessima fama, con
quell'atteggiamento: era anzi profondamente convinto che fosse
proprio quello che i ragazzi chiedevano.
Era lui, lo
spettacolo.
La ragazzina ghignò, perdendo subito l'aria
spaesata data dal risveglio. - Come, non te lo ricordi? -
Axl
sollevò il sopracciglio. Non era turbato da quella momentanea
dimenticanza, ma infastidito. Ecco l'ennesimo stronzetta che
pretendeva di svettare sul resto di Los Angeles.
- Scusa tesoro,
vorrei ricordarmi di tutte quelle che mi hanno succhiato il cazzo, ma
è impossibile. -
La diretta interessata di quell'implicito
insulto perse istantaneamente il sorriso, alzando gli occhi al
soffitto. - Ma allora hai un problema per davvero, tu. - Dal tono,
sembrava ne avesse disquisito a lungo con grandi esperti.
Scoperta
del secolo: tutti sapevano che era un cazzo di mostro.
Axl la
ignorò. Davvero non gli interessavano gli sproloqui di una
sconosciuta; aveva già abbastanza problemi con le ragazzine.
Piuttosto, si focalizzò sulla propria missione: recuperò
alcune giacche dimenticate a terra dai suoi compagni di bagordi,
frugando nelle tasche alla ricerca di qualche spicciolo. L'impresa
gli costò cinque, preziosi minuti.
- Dove stai andando? -
Axl Rose era un uomo con un piano che le altre persone non
potevano capire. E proprio non ne voleva sapere di spiegarlo. Non
doveva spiegazioni nemmeno per quando andava a pisciare.
A
nessuno, se non a sè stesso.
- Cavolo, non spremerti, sei
quasi logorroico. - La ragazzina si era alzata, iniziando a vagare
anch'essa per l'angusta dimora del rock. Axl si degnò di
osservarla ancora un attimo: si era infilata un ridicolo cappellino a
rovescio sui capelli sporchi; aveva addirittura recuperato uno
skateboard.
Stupidi ragazzini.
- Senti, dammi qualche spiccio
per un cappuccino, okay? Sono in ritardo. - Non fece caso al tono
autoritario con cui si rivolse a lui. Non stava davvero ascoltando
quella vocetta presuntuosa; anzi, essa gli aveva dato un pretesto per
perdersi nei propri pensieri, ben più importanti.
Quel
pomeriggio avrebbero dovuto provare, decisamente. Erano riusciti a
rimediare una nuova data al Troubadour, uno dei pochi posti che si
degnava di pagarli la somma giusta, per gli ingressi che erano in
grado di fare. Sospettava anche che Zutaut ci avesse messo lo
zampino: qualcuno andava dicendo in giro che i Guns N'Roses in realtà
facevano schifo, che ormai stavano perdendo seguito, che erano
destinati al dimenticatoio.
Se effettivamente era Tom l'autore di
quelle voci, beh, Axl poteva capirlo. Avrebbe fatto la stessa
identica cosa, al suo posto.
Solo che il punto di vista del
fregato non va a braccetto con la solidarietà.
Se
effettivamente era Tom l'autore di quelle voci però, voleva
anche dire che c'era qualcosa in ballo, qualcosa
di grosso, e Axl non intendeva tenere quel panzone seduto comodo nel
suo studio, ad aspettare che loro tornassero strisciando, magari
facendosi pagare molto meno del dovuto.
Avrebbero dovuto sudare,
ma lui avrebbe sudato con loro.
Nell'immediato, l'unica cosa da
fare era acchiappare quei disgraziati che aveva come musicisti e...
-
... muovere il culo, eh? Ma dico, sei diventato sordo? -
Quella
tizia era ancora lì. Axl rialzò lo sguardo con
l'intenzione di fulminarla sul posto, quella nullità. La
biondina in risposta alzò il mento in alto, arrogante. Un
formicolio attraversò la pelle del ragazzo, che per pochi
istanti si sentì in grado di tirarle un gancio degno di
Muhammad Alì.
- Levati dai coglioni, cretina. - Invece si
limitò ad afferrarla per la maglietta a righe blu e rosse,
trasciandola verso la porticciola cigolante. La mocciosa protestò,
senza però riuscire ad opporsi alla sua stretta.
- Rose, la
smetti di farti i complimenti da solo? -
La voce sonnacchiosa di
Duff nemmeno raggiunse i suoi timpani, mentre si affacciava
all'assolata Los Angeles, torrida nell'estate del 1986, sbattendo
fuori della Hellhouse quella teppista. La ragazzina, in tutta
risposta, gli mostrò il dito medio. - Muori, coglione. -
Lanciò lo skateboard sull'asfalto con un movimento sciolto,
prima di saltarci sopra e allontanarsi come una scheggia.
Axl si
passò una mano fra i capelli, respirando a fondo. Aveva un
piano, ma prima di tutto aveva il bisogno di lavarsi e incominciare
la giornata.
Compiendo a propria volta alcuni passi fuori da quel
buco demoniaco che usavano come abitazione, volse gli occhi verdi
prima verso la squallida tavola calda dall'altra parte della strada,
poi verso il muretto che costeggiava l'ingresso alla Hellhouse.
Un
figuro in mutande bianche dormiva con la pancia sul quel cemento
rovente, braccia e gambe abbandonati
a penzoloni lungo le pareti segnate dalla sporcizia.
Ecco dove
aveva dormito Steven.
Know
that motherfucker well, what you gon' do now?
Whatever
ever I wanna do, gosh, it's cool now!
Nah
gonna do, uh it's a new now.
Think
yo motherfucker really real need to cool out.
Cause
you will never get on top off this,
so
mommy best advice is to get on top of this.
[...]
I'm
living the future so the present is my past,
my
presence is a present, kiss my ass.
(Kanye
West – Monster)
Axl
Rose era un uomo con delle idee.
- Muovete il culo. -
Dopo
essersi rinfrescato nel bagno della tavola calda, aver raccattato uno
straccio di pranzo e aver vagato per un po' da solo nelle strade e
nei vicoli di West Hollywood, aveva fatto ritorno alla Hellhouse.
Era
tempo di richiamare le truppe all'ordine.
- Dai bello ci siamo
appena svegliati, tregua. - Slash se ne stava stravaccato sullo
stesso divano su cui aveva dormito: Axl non era sicuro si fosse mai
alzato; la lattina di birra che stringeva in mano probabilmente era
l'unico pasto che aveva visto in tutta la giornata.
Steven aveva
già sistemato la batteria e attendeva docile, giocherellando
con le bacchette in silenzio. Sembrava distrutto e probabilmente lo
era: la sera prima aveva dato l'arrampicata al tetto della Hellhouse,
in preda a un delirio che tutti avevano trovato divertentissimo, sul
momento. Era sempre il primo ad ubriacarsi, il primo a tirare,
pippare e fumare, all'occorrenza, poi però era anche il primo
a farsi trovare pronto per lavorare.
Peccato si facesse sempre
trovare in condizioni pessime.
- Lo sapete, cazzoni, che abbiamo
finito i soldi, mmh? - Parve ignorarlo, Axl, con quella domanda
pronunciata in tono estremamente tranquillo, freddo. Come se stesse
parlando del meteo. Spostò lo sguardo da Slash a Izzy e Duff.
Si aggiravano per la stanza con lentezza, una sigaretta accesa che
pendeva dalle loro labbra, alla ricerca di effetti personali, cavi,
un barlume di lucidità mentale. Izzy portava gli occhiali da
sole neri nonostante la luce che filtrava dalle finestrelle del
magazzino fosse decisamente esigua: alla domanda dell'amico di una
vita, alzò appena il viso, storcendo la bocca senza aggiungere
nulla. Sì, il buon vecchio Izzy probabilmente lo sapeva. Gli
altri invece no.
- Ma che dici, io ho almeno venti dollari nel
portafogli. -
Fu sempre Slash a rispondere, svuotando con una
mossa da maestro la lattina, prima di lanciarla alle proprie
spalle. Per poco con colpì Duff; ciononostante, il bassista
mantenere un'aura zen, imperturbabile. Axl sospettava non volesse
infilarsi in una conversazione che avrebbe richiesto un buon
dispendio di energie, non quando c'era Slash a far polemica per
tutti.
- Innanzitutto dovresti avere un portafogli. - Fu talmente
tranquillo da risultare spietato, Axl. Al chitarrista, che ebbe
finalmente il buonsenso di mostrarsi stupito, lanciò il
rettangolo di pelle consunta, che custodiva solo una patente logora.
- Non c'erano nemmeno gli spiccioli per prendere un caffé. -
Falso. Comunque, non si era nutrito granché. In ogni caso, era
meglio che gli altri lo reputassero a stomaco vuoto, come loro.
-
Contando quello che sono riuscito a raccattare stamattina, quello che
è rimasto dal fondo emergenze e quello che non è
rimasto dal fondo droga... - Continuò imperterrito, mentre
Duff già infilava la tracolla del basso. Aveva capito
l'antifona, ottimo. - ... Abbiamo in tutto cinque dollari. Con cui
dobbiamo sopravvivere fino a sabato. -
Slash si grattò la
testa. Sicuramente stava pensando a chi chiamare per rimediare
qualcosa da sgranocchiare e, soprattutto, dell'altro da bere.
-
Ora, sarebbe proprio un disagio se non ci pagassero perché
facciamo schifo. -
Tutti sapevano che non era un'ipotesi
realistica: qualche monetina l'avrebbero comunque guadagnata, al
Troubadour. Di quell'affermazione, però, erano le implicazioni
oltre la data in sé che iniziavano a logorarli.
Arrancare,
accontentarsi di espedienti di fortuna, vivere in una catapecchia
umida a cui ogni tanto staccavano la corrente, tutto quello era
andato bene per un primo periodo. Anzi, l'avevano trovato quasi
propedeutico: per comporre e suonare rock, devi viverlo. Avevano
abbracciato la miseria, la sporcizia e la fame con filosofia. Per un
primo periodo.
Ma in quel momento, le giustificazioni si erano
esaurite. La gavetta era finita: ognugno di loro poteva avvertire
nitidamente le lancette di un orologio immaginario, quello che
dettava il tempo residuo prima del superamento della linea di
confine; da un lato, la giusta fatica e le valanghe di merda da
sopportare prima di raggiungere l'obiettivo, dall'altro una frustrata
ostinazione per non ammettere che, forse, la stoffa per far musica
davvero non ce l'avevano.
Axl ci pensava più spesso di
tutti loro messi insieme, ma con la razionalità di uno
stratega.
Le offerte c'erano state. Oltre a Zutaut, in altri li
avevano notati e si erano messi in contatto con loro, nei mesi
precedenti. A volte, i suoi compagni se l'erano presa con lui per non
aver accettato, o aver avanzato richieste giudicate "troppo
pretenziose". Per aver aspettato.
Axl Rose però era un
uomo con delle idee. Poche, non moltissime. Sicuramente non il genere
d'idee rivoluzionarie, socialmente impegnate o universalistiche che
attraevano la maggior parte delle lodi o dell'attenzione persino del
suo stesso pubblico.
Una di queste è che vincere non è
compromesso. Non è armistizio, non è accettare
un'offerta che in fondo sembra buona, basta fare qualche concessione
reciproca. Non è accontentarsi.
Vincere è
vincere.
Dovevano solo stringere i denti ancora un poco e premere
sull'acceleratore. La Geffen non aveva intenzione di mollarli:
l'atteggiamento apparentemente superiore di Zutaut non poteva trarre
in inganno lui, che di vere bastonate e menefreghismo aveva vissuto
tutta la vita.
Se sarebbero stati in grado di tenere le redini
ancora per un po', di resistere più a lungo in quel gioco a
chi ride per primo, allora avrebbero avuto tutto.
Un contratto
alle loro condizioni. Le canzoni che volevano loro, in un disco. Un
pacco di soldi.
- Forza, incominciamo. -
Un'altra di quelle
idee era che, se la vita ti riserva limoni, allora le devi restituire
ceffoni.
- Ragazzi, ma porca troia, così non va. -
Stavano
pestando da più di un'ora e a malapena erano riusciti ad
azzeccare un brano. Non si era aspettato nulla di diverso: era già
capitato più e più volte di non avere i soldi per una
sala prove con tutti i crismi, insonorizzata, un luogo dove potersi
ascoltare in tutta tranquillità. In quei casi, non restava che
provare alla Hellhouse, operazione che si rivelava esattamente come
doveva essere.
Un autentico inferno.
- Non riesco a sentire
Duff, amico. Mi concentro troppo per cercare di sentire lui e perdo
il filo, bello, non è colpa mia. - Si sentiva che Steven era
mortificato. La cosa bella di Steven era che, anche in quelle
situazioni, manteneva sempre una flemma pacifica.
- Io invece
sento solo te, Popcorn. - Quello che stava lavorando meglio di tutti
era Slash, ma anche di questo Axl non era stupito. Si potevano
raccontare mille e mille storie su quell'individuo pazzesco e non
sempre andavano d'accordo – anzi, praticamente mai – ma
era un diavolo di chitarrista.
Il ragazzo sospirò.
Effettivamente, nemmeno lui avrebbe saputo dire se stava azzeccando
note e ritmo, nelle orecchie aveva solo i rulli di Steven e qualcosa
della chitarra di Izzy, che gli era vicino. Fu verso di lui che
guardò, mentre Slash e il batterista iniziavano a
battibeccare.
Izzy
gli rispose con un'espressione enigmatica. Axl sospettava che stesse
pensando a correggere il pezzo, a renderlo più efficace: non
gli serviva un impianto perfetto per vedere
la musica. Ce l'aveva in testa. Tuttavia, l'enorme sensibilità
di Izzy era insieme il suo più grande pregio e il suo più
grosso limite: assorbiva come una spugna ogni vibrazione
dell'ambiente che aveva intorno. Se non gli risultava congeniale,
perché troppo conflittuale come in quel caso, beh... la magia
si bloccava.
- Piantatela. - Fu Duff a interrompere la sequela di
frecciatine fra i due litiganti, anche se nessuno dei due ce l'aveva
davvero con l'altro. Era solo un modo per sfogare la frustrazione. -
Axl, ascolta. Non so se possiamo far meglio di così. Lo sai
anche tu, questo posto è quello che è. Aspetta, magari
se mi metto io qui dietro... - Pragmatico Duff. Un altro tipo di
pensatore. Quello che gli era subito piaciuto era che anche lui era
molto poco propenso a perdere tempo per le cazzate.
Forse però
era un po' troppo realistico.
- Non fatela tragica. Pensateci un
attimo.. - Axl li interruppe ancora prima che iniziassero a
protestare. Sentiva su di sé lo sguardo vigile di Izzy, ma
continuò imperterrito a fissare gli altri.
Izzy era già
convinto, con lui non serviva insistere.
- ... okay, queste non
sono le migliori condizioni del mondo. Sono delle condizioni del
cazzo, d'accordo. MA, ma. Se siamo capaci di ascoltarci e di tirare
fuori qualcosa di buono pure fra queste pareti di stagnola, alla
prossima lo tiriamo giù, il Troubadour. -
La differenza fra
Duff e Axl era che Axl ci credeva di più. Non che Duff non
avesse fiducia in quella band, ma aveva comunque i piedi ben piantati
a terra, cosa che a volte gli impediva di osare. Forse perché
a Seattle, tutto sommato, c'era una famiglia ad aspettarlo. Larga,
chiassosa e un po' inopportuna, ma comunque una famiglia.
Non
aveva provato davvero la sensazione di doversi inventare qualcosa con
niente.
- Avanti. Su Duff, mettiti dove hai detto, secondo me va
meglio. Popcorn, ti devi ripigliare, non so cosa ti sei bevuto la
notte scorsa, ma pensa che prima tiriamo fuori qualcosa di decente
qui, prima torni a berne ancora e a ripassarti Christie. Dai,
dall'inizio, Slash, prima hai fatto una cosa cazzuta... -
Non
sempre era convinto di tutto ciò che diceva loro, ma aveva
estremo bisogno che ne fossero convinti loro. Quella era la chiave di
volta.
Non aveva bisogno di cercare il viso di Izzy per sapere
che stava sorridendo. Ecco, lui sicuramente non dubitava di lui:
aveva piena fiducia nella sua leadership, nonché nel legame
che li univa.
Peccato...
- Umh? - Per qualche istante, si
lasciò distrarre da qualcosa che gli parve di cogliere alla
finestra. Un guizzò, come se qualcuno ci fosse passato davanti
ad alta velocità. Come su una bici o su uno skateboard.
Quindi
Izzy terminò di riaccordare la chitarra e fu il tempo di
ricominciare.
- Cinque, sei, sette, otto. -
No,
I didn't understand the thing you said.
If
I didn't know better, I guess you’re all already dead:
mindless
zombies walking around with a limp and a hunch,
saying
stuff like, "You only live once".
You
got one time to figure it out,
one
time to twist and one time to shout,
one
time to think and I say we start now:
sing
with me if you know what I'm talking about.
(Twenty-One
Pilots - heavydirtysoul)
Axl
Rose era un uomo con un'arma.
Il carisma.
- Ehi. - Aveva
accettato che parte del piano fosse anche a Hellhouse piena ogni
sera. Quando poteva, si trovava un luogo alternativo dove dormire,
magari a casa di una bella signorina a cui scaldare il letto, nel
frattempo. Se invece ciò non risultava possibile, beh, faceva
in modo di trarne vantaggio.
Già dall'ora di cena (quella
delle persone perbene, beninteso) si erano trovati il magazzino
invaso da persone, alcune delle quali avevano anche portato qualcosa
di commestibile.
In fondo, era buona pubblicità.
Avanzò
con una birra in mano verso il luogo in cui Slash stava tenendo il
solito sermone. - Insomma, non sto dicendo che Santana non sappia
muoversi bene fra i generi, ma alla fine lo senti, che ricade nei
suoi schemi. Non è sempre un male, ma Zappa è veramente
un cazzo di camaleonte... - Si poteva scambiare per arroganza, quella
foga, ma la verità era che anche lui ci credeva, un sacco.
Per
questo, nonostante spesso si scornassero, alla fine lui e Axl
tornavano sempre sulla stessa strada.
- Rose, come te la passi?
-
- Ma è vero che avete pisciato sull'impianto del Roxy?
-
- Senti Rose, mi servirebbe un consiglio. -
Axl era
perfettamente consapevole dell'ascendente che esercitava sulle
persone; solo uno stupido non lo sarebbe stato. E se era nel mood
giusto, non esitava a sfruttarlo.
Come in quell'istante. Passò
fra le differenti facce sconosciute che gli rivolsero la parola senza
rispondere a nessuno dei loro approcci, ma regalando un sorriso
appena accennato, alzando una mano con leggerezza.
Un po' come se
stesse facendo le prove per il red carpet.
Incrociò Duff
nel tentativo di raggiungere il proprio obiettivo, cioè il
traballante tavolino dove avevano abbandonato alcune bottiglie di
alcool scadente che i loro ospiti si erano portati dietro. Il
bassista aveva il braccio attorno alle spalle di Victoria, che gli
sorrise genuinamente felice di vederlo. In sottofondo, da un paio di
scarsissime casse, c'era Smoke in the water.
- Ciao Freddie
Mercury. - Stupida. Axl le rivolse un cenno amichevole di rimando,
sollevato di vederli virare altrove. Non che la trovasse antipatica o
altro, solo fin troppo disperata e decisamente troppo facile da
irretire. Davvero non riusciva a capire se fosse realmente convinta
che Duff non sapesse della sua cotta colossale per lui e non se ne
approfittasse come tutti gli altri.
Bella era bella, anche se non
era come quella Adrien.
- Un brindisi? - Una che non era affatto
stupida era Christine Wu. Certo, era bravissima a recitare la parte
della scema circuibile, il genere di ragazza da trascinare in branda
fingendo di ascoltarne gli sproloqui su rossetti e smalti.
Gli si
avvicinò per puro caso: si erano trovati nello stesso posto
nello stesso istante, cioè vicino alla bottiglia di scotch di
seconda categoria per poterne trarre un sorso. La giovane, i capelli
pettinati di lato e l'appariscente tutina verde scuro, fu più
veloce e la afferrò per prima, ingollando rapida la propria
dose prima di allungarla verso di lui.
Lo osservò per un
attimo, prima di dileguarsi senza aggiungere altro. Axl l'aveva
notato, come quella finta sciocca in realtà era l'unica
ragione per cui Steven Adler si teneva in piedi ed era effettivamente
produttivo. Avrebbe voluto ringraziarla ma sospettava che Christie lo
evitasse per causa sua.
Di
lei.
-
Senti amico, ho fatto uno squillo a Joe Canaglia. So che non vuoi i
suoi qui perché Slash ci fa a pugni in genere, ma hanno una
roba fantastica, cioè, proprio di qualità, capisci? E
mi sono detto, piuttosto che fumare la solita merda che fa venire mal
di testa e cose, meglio che Slash faccia a pugni, capisci? Fa a pugni
ma poi è contento, amico... -
Mentre Steven praticamente
gli scartavetrava un timpano, urlandogli nell'orecchio, Axl si
guardava attorno fingendo di ascoltarlo. Di tanto in tanto,
sorseggiando lo scotch, effettuava un cenno o gli rifilava un
monosillabo giusto per fargli capire di continuare: non voleva che
smettesse, ma non gli interessava nemmeno ciò che aveva da
dire.
Chi passava vicino, non poteva evitare di guardare verso di
loro.
Verso di lui.
Axl Rose aveva un'arma e non aveva paura di
usarla, persino quando se ne stava fermo in un angolo, come in quel
momento. Era un autentico piacere avvertire su di se tutti quegli
occhi e tutta quell'attenzione senza fare oggettivamente un cazzo.
Si
sentiva come un pianeta, attorno al quale ruotavano un sacco di
satelliti. Lo vedeva, come tutte quelle persone erano attratte da
lui. Lo divertiva pensare che molte di loro avrebbero voluto
portarselo a letto.
E quella in fondo era solo la punta
dell'iceberg.
Sapeva di avere le potenzialità per far
innamorare e capitolare molta più gente; forse era nato per
quello. Alla fine, era in grado di renderli felici, anche solo con
una mossa del capo. Si limitò a lanciare un'occhiata a un
gruppetto di ragazze, una più carina dell'altra, e queste
immediatamente esplosero in un coro di risatine, iniziando a
chiacchierare fra loro sui molteplici significati di quel gesto.
Era
un do ut des. Axl elargiva loro un brivido, una scintilla che li
faceva sentire speciali. Loro in cambio continuavano a confermare che
lui aveva talento.
Così
facile, quando tutti cercano di compiacerti.
Meno
una.
- ... e insomma, le ho detto che non so, non so che succede
quando mi sbronzo. Voglio dire, magari mi sarà capitata di
farla, una stronzata. Ma non è colpa mia. Al massimo, è
colpa del vino. Ma Christie è una rompicoglioni, senti, una
favola di donna, ma rompicoglioni in una maniera assurda. -
Ad Axl
cadde lo sguardo verso la parete di sinistra.
Izzy aveva un gomito
appoggiato al muro e il busto proteso verso la figura ben più
bassa ed esile che aveva intrappolato fra sé e quell'ammasso
di materiale scadente. Le stava dicendo qualcosa all'orecchio, mentre
questa avea la schiena abbandonata all'indietro e teneva le manine,
delicate, sui fianchi del suo uomo.
Avrebbe dovuto tagliarsi di
nuovo i capelli, stavano iniziando a ricrescerle.
Indossava un
paio di pantaloncini in jeans a vita altissima che davano quasi
l'illusione che avesse delle chiappe. E una maglietta di Taxi Driver
che sembrava da uomo, con un De Niro stilizzato e la scritta "You
talkin' to me?". Beh, era risaputo che aveva un ottimo gusto.
Piegò le labbra rosse all'insù mentre scoppiava a
ridere, evidentemente per quello che Izzy le aveva appena detto.
Quindi ribatté; se si fosse impegnato un po' di più,
Axl avrebbe potuto leggerne il labbiale, ma non aveva voglia di
scoprire che cosa avesse detto il buon Izzy, per farla così
contenta. Piuttosto, aveva voglia di scoprire come spaccargli il
naso, al buon Izzy.
Era proprio un pessimo amico.
- Sei proprio
sotto, eh? - Non aveva idea di quando Steven se ne fosse andato. Il
magazzino si era fatto sempre più affollato e rumoroso.
Qualcuno aveva cambiato i Deep Purple con Paranoid dei Black Sabbath.
Axl si accigliò: al suo fianco, era comparsa la stessa
ragazzina che quella mattina aveva scacciato dalla Hellhouse.
Stava
masticando una gomma americana a bocca aperta, si era acconciata i
capelli in due stupidi codini altri e, ancora una volta, pareva
essersi vestita al buio. - Sloggia. - Le intimò.
Non voleva
nemmeno pensare che le sue parole fossero effettivamente collegate a
Naz Kurt.
- Sai, si nota perché in genere tu non guardi le
persone, nemmeno quando parli con loro o semplicemente ci stai
insieme. Te ne frega talmente poco che non li degni nemmeno di
questo. Ma lei invece, oh, sei sempre attento a quello che fa, dove
va, quasi volessi dirle "Ehi, sono qui". -
Axl ruotò
il collo con deliberata lentezza, per rivolgere alla sconosciuta una
smorfia disgustata.
- Non preoccuparti, sono tutti troppo
impegnati a guardare te
per far caso a cosa stai guardando tu. -
Lei lo anticipò di
nuovo. Per qualche inesplicabile ragione, Axl scelse di stare zitto:
portò di nuovo la bottiglia di scotch alle labbra, ingoiandone
l'ennesimo sorso.
- Sei proprio sotto. - Ripeté la giovane
quindi, prima di fare una bolla con la chewing gum. Il ragazzo
rispose sollevando gli occhi al soffitto umidiccio. - Non sono
innamorato di lei. - Poco distante, Slash stava iniziando a discutere
con un gruppo di ragazzi, probabilmente gli spacciatori chiamati a
raccolta da Steven. Il colpevole invece aveva attaccato a litigare
con la sua dolcissima metà.
- Questo lo credo anch'io. -
L'affermazione lo stupì. Era pronto a farsi accusare di
essersi rammollito, invece colse la propria interlocutice ad annuire
saggiamente. - Però stai sotto. Lei ti piace da matti. -
Izzy
aveva preso a baciarle il collo, mentre continuava a sussurrarle
cose; Naz in risposta mostrava un'espressione estasiata,
incredibilmente serena per essere una sempre sull'attenti.
Forse,
più che prenderlo a pugni, avrebbe dovuto prendere appunti.
-
Mi odia. - Sospirò, senza smettere di osservarli. Per un
attimo, pensò che era inutile negare l'evidenza: quella strega
gli aveva giocato un brutto scherzo, con il suo carattere terribile e
i suoi occhioni grandi. Non era la più bella lì dentro,
nè l'anima della festa. Era una barista senza speranze, con un
affitto a South Central e una mamma disabile.
Ma Naz Kurt era
anche un essere complesso, con un sacco di idee veramente
interessanti. Nessuno ci aveva ancora scommesso, su di lei, ma
avrebbe potuto fare grandi cose, Axl lo sapeva; era stata sfortunata
e aveva vissuto in un contesto ostile, ciononostante era in grado di
sfornare riflessioni che il ragazzo, ne era consapevole,
avrebbe voluto produrre lui stesso.
Per un secondo, ebbe
l'impressione che la diretta interessata avesse lanciato una fugace
occhiata nella sua direzione. Fu solo un secondo.
- Non è
vero. Odia quello che riesci a farle. -
Quello era il colmo. Naz
Kurt che odiava quello che lui, Axl Rose, era in grado di suscitare
in lei?
Proprio quella stessa mocciosa che generalmente gli
passava accanto senza nemmeno dare l'impressione di averlo notato,
quella che si era presa gioco del suo nome, del suo tempo e persino
del suo migliore amico. Eccola, riempirlo d'affetto nonostante
l'avesse tradito. Con lui. Ed era comunque tornata da Izzy.
No,
improbabile che Naz Kurt odiasse come Axl Rose la faceva stare.
Piuttosto, era profondamente convinto che si divertisse, a vederlo
perdere le staffe, a ricevere gli insulti che il ragazzo s'inventava
solo per riuscire a rivolgerle la parola, a osservarlo perdere qualsiasi
parvenza di autocontrollo e nonchalance in sua presenza.
Di
fronte alla magnifica Naz Kurt, perdeva sé stesso. Smetteva i
panni di Axl Rose per diventare...
- Dovresti dirle la verità.
-
... fottutamente
patetico.
-
Levati dal cazzo. -
Senza preavviso, Axl lasciò la
ragazzina al tavolo, avanzando nel cuore della festa. Altre parole
gli scivolarono addosso senza catturarlo, altri visi si volsero in
sua direzione. Colse Slash assestare un poderoso
gancio a Joe Canaglia, dando così inizio alla rissa della
serata.
Aveva bisogno di un diversivo.
E fu così che Axl
si beccò una bottiglia in fronte.
She
said it's not now or never, waiting years we'll be together.
I
said better late than never, just don't make me wait forever.
Oh
my love, can't you see yourself by my side?
I don't suppose you
could convince your lover to change its mind,
I was doing fine
without ya, 'til I saw your face, now I can't erase.
[...] Is this
what you want, is this who you are?
I was doing fine without ya,
'til I saw your eyes turn away from mine.
(Tame Impala – The
less I know the better)
Axl
Rose era un uomo con un problema.
La prima cosa che realizzò
fu il dolore lancinante che provava appena sopra la tempia sinistra.
C'era anche una sensazione di caldo e umido, quindi immaginò
di stare perdendo sangue.
La seconda fu che era disteso nel bel
mezzo della Hellhouse. Doveva essere caduto all'indietro, anche se
era presto per sentirsi indolenziti a causa del colpo. Sbattè
le palpebre, senza riuscire a mettere a fuoco subito: sentiva attorno
a sé un brusio nervoso. Allora non se l'era solo immaginato,
di essere centrato in pieno da una bottiglia.
La terza cosa in
realtà erano due, due paia di gambe che lo sovrastavano, uno
alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. Da un lato, quelle
lunghe e dinoccolate di Izzy Stradlin, che era chino su di lui con
espressione alquanto stupefatta e angustiata, come se non riuscisse a
credere a quello che era appena caduto. Dall'altro, il paio di nudi
ed esili stecchini, che proseguivano in un busto sottile a cui erano
state incrociate delle braccia pallide, per terminare col viso, i bei
lineamenti distorti in una smorfia caustica e diffidente, di Naz
Kurt.
Il
problema.
-
Ehi. Ehi, come ti senti? Cazzo, per un momento ho pensato fossi
morto. - Fu Izzy a parlare, chinandosi su di lui per allungargli un
braccio. Axl lo afferrò, ancora incapace di spiccicare parola.
Era accaduto tutto in fretta e, a giudicare dalla sofferenza che
stava provando, quel diversivo gli era appena costato un pezzo di
cervello.
Una mano bloccò il suo tentativo di rialzarsi,
proprio all'altezza del petto.
- Aspetta un attimo. Se si rimette
in piedi ora, sta sicuro che ripiomba a terra pure peggio. Lascialo
stare giù ancora un po'. - Persino in quel frangente la
ragazza riusciva ad essere irritante, parlando di lui in terza
persona, come se non fosse lì a guardarle le gambe.
Persino
con la testa squarciata, Axl sentiva la voglia di risponderle
malamente, di restituirle lo sprezzo.
- Adesso sei pure un
dottore, stronzetta? -
La vide ritrarre la mano, come se si fosse
scottata. Accusò il colpo di quegli occhi indecentemente
grandi che lo squadrarono, ancora una volta, come se fosse un
microbo. - Come vuoi. Dissanguati, Rose. -
- Oh che cazzo succede
qui? - La voce di Slash accompagnò l'uscita di scena di Naz,
che gli diede la schiena. Izzy invece rimase, troppo impegnato ad
essere un ottimo amico per accorgersi dei sottintesi di quello
scambio. - Amico, stai sanguinando. -
- Ma guarda. Pensavo stesse
piovendo dentro. -
- Beh, non si è fatto troppo male,
direi. - Quella era la voce di Duff che commentava in tono ilare, in
un punto che il suo sguardo non poteva raggiungere. Suo malgrado, Axl
rimase ancora un poco disteso, aspettando che la testa smettesse di
girare.
- Va bene! Si è preso una bottigliata in testa e
nessuno esce di qui finché non scopriamo chi cazzo è
stato. - Mentre Slash si occupava delle priorità, ciò
difendere il territorio e far rispettare il buon nome dei Guns
N'Roses, Axl passò una mano sulla fronte, raccogliendo molto
più sangue di quanto si aspettasse. Izzy portò la
sigaretta che stava fumando alle labbra, prima di scuotere il capo. -
Sanguina come il demonio ma non è profondo, ti ha preso di
striscio. Secondo me se ci butti una bella bottiglia di alcool sopra,
disinfetti e ti togli il pensiero. -
Duff intanto nel frattempo si
era allontanato, per spingere i rissaioli fuori dal magazzino prima
che coinvolgessero tutti nel loro scambio di convenevoli. Izzy lo
aiutò ad alzarsi, mentre attorno a lui parecchia gente si
sincerava di come stesse. Alcuni parevano genuinamente interessati.
Rassicurante.
- Grazie, bello. - Axl assestò ad Izzy
una poderosa pacca sulla spalla, in una dimostrazione d'affetto
maschile quasi noiosa, tanto era cliché. L'amico però
sorrise, prima di indicarsi alle spalle. - Se non hai bisogno
d'aiuto, io andrei a recuperare... -
- Vai, vai. - Che gliela
trascinasse lontano, quella strega.
Si ritrovò
improvvisamente circondato da persone di cui non gli importava nulla,
che però si offrirono di lavargli la ferita con una bottiglia
di Pampero oppure di trovare un posto dove farlo sedere. Fu facile
riadottare la stessa tattica: non parlò molto, ma ringrazio e
mostrò con piccoli gesti di apprezzare quelle premure. Di
apprezzarle e basta, non di necessitarne. Dispenso sorrisi appena
accennati e monosillabi, finché le cure non divennero ancora
più amorevoli.
- Spero non ti resti la cicatrice. - Squittì
una fanciulla che forse si chiamava Jenna, o Maryl, mentre due ceffi
che Axl credeva di aver incrociato due volte continuavano ad
esclmare. - Amico, tu eri a terra, a terra, capisci? E poi di nuovo
in piedi, cioè, troppo tosto. -
Desiderava solo che
smettessero di chiamarlo "amico".
Aveva un enorme
problema.
Un'altra cosa che Axl non sopportava, quando gli toccava
incrociare Naz Kurt, era che dopo quegli scambi di dubbia educazione
o quegli sguardi rubati, non era in grado di pensare a nient'altro.
Come avrebbe potuto risponderle diversamente, come comportarsi se
l'avesse incontrata di nuovo.
Non riusciva a godersi appieno
nemmeno il frutto del suo talento, persino in una situazione come
quella dove a disposizione aveva Signori Nessuno pronti a leccare la
terra dove camminava.
Lei e Izzy, che coppia. Lo portavano
distante anni luce dall'unica persona persona di cui aveva imparato,
in anni più oscuri e remoti, a preoccuparsi.
Sé
stesso.
- Tutto apposto, Elton John? Non stai parlando le lingue,
vero? -
A un certo punto, si era sganciato e aveva riguadagnato la
propria postazione da osservatore in un angolino. Non aveva idea di
quanto fosse passato: si sentiva appicicaticcio per via del rum sulla
testa e stava tentando di dare la colpa a quel fattore, se provava
l'ardente desiderio di allontanarsi da lì.
Non risultava
credibile nemmeno a sé stesso. Axl Rose non scappa da una
festa di cui è il padrone di casa perché ha i capelli
spettinati.
- Senti, cocca, mi stai seguendo? - Finì di
rollare la propria sigaretta, prima di lasciarla penzolare alle
labbra. La ragazzina aveva gettato la gomma, apparentemente, per
concedersi invece una lattina di birra. - Ce li hai almeno, sedici
anni? - Domandò, cercando l'accendino.
- Lo sai anche tu,
che prendertela con me non calmerà i tuoi istinti. Stavi
praticamente sbavando. - Sghignazzò. Axl inspirò a
fondo: era ancora socialmente non accettato picchiare una donna,
specie se così giovane. Doveva controllarsi. - Forse dovresti
fare un giro, prendere un po' d'aria. -
- Tu sei la risposta di
Los Angeles a una domanda che nessuno ha posto, vero? -
La
giovane, ancora una volta, non sembrò stupirsi della reazione
astiosa di Axl. Fece spallucce, prima di proseguire imperterrita. -
Dico sul serio, dovresti parlarle. Non fa bene alla tua
concentrazione. -
Fece un ultimo tentativo per ignorarla, lei e
quella sua vocina.
Naz e Izzy sembravano essersi volatilizzati nel
nulla; probabimente avevano preso la macchina, per potersi appartare
a dovere, lontano da tutti quegli zotici che non avevano alcun potere
sulla loro felicità. Christie e Victoria erano rimaste le
uniche a ballare, da sole e fuori tempo.
Quand'era finita la
festa?
Era certo che fuori stesse già iniziando ad
albeggiare. Adler già dormiva, collassato dopo l'assunzione di
chissà quante sostanze diverse. Non riusciva a vedere Duff e
Slash, ma era certo che li avrebbe trovati fuori, magari a spararsi
l'ultima pera della serata.
Stupidi ragazzini.
- Dovresti darti
una calmata, Will. Se continui a infognarti in questa storia,
influirà pesantemente sulle tue prestazioni. Prendi una
decisione. Se scegli che è importante, che vale la pena
spenderci delle energie, allora affrontala e poi accetta le
conseguenze del tuo gesto. Se invece preferisci fare la brava persona
e non metterti fra lei e Izzy, allora lasciala perdere, ma per
davvero. Impara a parlarci normalmente, a non controllare ogni suo
gesto, a dimenticartela. Altrimenti finirai per sputtanare anche
tutto il resto e non te lo puoi permettere. -
Non avrebbe davvero
saputo dire da chi di loro fosse venuto, quel pensiero.
Chiuse gli
occhi per qualche istante. La testa ancora pulsava da morire, ma non
era certo quello, a fare più male. E nemmeno Naz Kurt e Izzy
Stradlin. No, niente era doloroso come la fame che sentiva dentro,
che pervadeva ogni centimetro del suo corpo e che l'aveva
accompagnato da quando aveva lasciato Lafayette. Anzi, da prima, da
quando aveva lasciato William Bailey.
- Senti, scarto di femmina
dimenticato da Dio. - Le puntò il dito contro con deliberata
lentezza: la vide indietreggiare, i codini scarmigliati e
l'espressione sbigottita. Axl sapeva di avere, stampata in faccia, la
stessa determinazione dei condottieri e dei serial killer.
- Non
ho bisogno della vocina della coscienza che mi suggerisce che fare.
Io lo so già benissimo per conto mio, cosa devo fare e cosa
serve per ottenere ciò che voglio. L'ho sempre saputo. Non lo
dimentico soltanto
perché un discografico non mi ricontatta o perché una
demente decide di diventare materiale da seghe, anche se sta col mio
amico.
Quindi apri bene le orecchie: non mi provocare. Non
cercare di ficcarmi in testa paranoie o dubbi che non ho, come una
specie di lavaggio del cervello. Perché lo so benissimo che
non si pongono proprio, questi dubbi, e sai come lo so? Perché
ho un piano. È tutto qui. So che devo fare se voglio mandarlo
in porto e non permetterò a nessuno di incasinarmi il
cervello. Nemmeno a una ragazzina. -
Nemmeno
a sé stesso.
Un'infinità di tempo dopo, sul volto della giovane
comparve un sorriso. Non era un ghigno di scherno come quelli che gli
aveva riservato fino a quel momento, ma un autentico segno di
soddisfazione.
- Beh... che dici, scopiamo? -
Axl si allontanò
di un passo, senza timore. Si sentiva decisamente più calmo,
dopo aver messo in chiaro le cose; rispose con un'alzata di spalle e
un'occhiolino.
- Magari dopo. -
Quando ormai fu mattino e la
Hellhouse ritornò alla solita tranquillità, fatta del
sonoro russare dei suoi inquilini, della puzza di chiuso e sudore e
del rumore delle macchine che passavano fuori, Axl rammentò a
sé stesso un'altra delle sue idee, quella più
importante.
Non doveva niente a nessuno, se non a sé
stesso.
E si addormentò.
I
got a penny for my thoughts,
I
got a dollar for my blouse,
I
got a message for the lover,
I
got a message for myself.
Now
don't you know I gotta live?
I
wanna be without you in that deep blue sky,
see,
I found myself sitting there when I was getting high.
(Tash
Sultana – Cigarettes)
OFF
ZONE:
Holy shit I did it.
Questo è stato in assoluto una
delle cose più difficili che mi sono trovata a scrivere. Avevo
un'idea in testa e non avevo intenzione di mollarla, quando ho deciso
di scrivere un intero capitolo solo su Axl Rose. Solo che ovviamente,
nella stesura, si sono presentate alcune comprensibili
difficoltà.
Innanzitutto, è sempre difficile
relazionarsi con un tête-à-tête
con un personaggio che in realtà esiste, nella vita reale.
Quando scriviamo fanfiction su persone realmente esistenti ovviamente
ce ne appropriamo, possiamo cercare a grandi linee di intuirne il
carattere da interviste e biografia, ma alla fine quello che ci
mettiamo è soprattutto una nostra visione delle cose. L'Axl di
Love will tear us apart lo sento particolarmente "mio",
come se fosse un personaggio totalmente uscito dalla mia fantasia,
fra l'altro. Ma c'è comunque lo spettro della realtà
che va considerato. Questa è stata un mio cruccio fin dal
principio: evitare l'effetto macchietta e lo stereotipo dato da un
personaggio discusso come Axl Rose, ma tentare anche di restare
fedele alla realtà.
Sono conscia del fatto che gli è
stato diagnosticato un disturbo bipolare (tra l'altro, credo che lui
abbia dichiarato di non credere al responso), cosa che per me ha
costituito una doppia difficoltà. Non ho volutamente
affrontato la questione: non credo di avere le competenze per
descrivere perfettamente i sintomi di una malattia del genere, quindi
ho provato a tenermi nebulosa, ma ovviamente è stato arduo,
visto che ho voluto a tutti i costi fare un capitolo POV Axl. Hai
voluto la bicicletta, Charlie? Pedala.
Ora, la ragazzina
sconosciuta. Lo ripeto, avevo un'idea in testa. Non voglio dilungarmi
in spiegazioni proprio perché la sua presenza, identità
e ragion d'essere non sono fatte per essere spiegate nelle note
dell'autrice. Riporto solo che la soggettA è stata ispirata da
due cose, fondamentalmente: uno, Axl ha una sorella minore, Amy; due,
avevo letto una storiella sulla vita dei Guns a LA pre Appetite, per
cui Axl era stato accusato da i genitori di una minorenne che
bazzicava la Hellhouse di aver abusato di lei, dopo una
storia abbastanza sordida.
PER AMORE DEL DIRITTO
D'AUTORE:
Credo che la Siae abbiamo messo una taglia sulla mia
testa.
Allora, heavydirtysoul, da cui deriva il titolo, è
un brano dei Twenty One Pilots. Questa è una cosa che è
cambiata: inizialmente infatti avevo pensato a un'altra canzone, poi
ho riascoltato questo pezzo e mi sono detto "okay, ci siamo".
Ci
tengo a precisare che Kanye West è sicuramente stato uno dei
miei animali guida, nella creazione di questo Axl.
Tutti i
dettagli della vita nella Hellhouse sono liberamente ispirati a
questo
articolo,
che ho reperito su Medium.
Smoke in the water è IL pezzo
dei Deep Purple.
"Così
facile, quando tutti cercano di compiacerti.",
liberamente tratto da It's So Easy degli stessi Guns N'Roses, che mi
è sembrata particolarmente adatta alla situazione.
È
spiegato anche nel capitolo, ma Taxi Driver è un film del 1976
diretto da Martin Scorsese: come protagonista, il Dio Robert De
Niro.
"Va
bene! Si è preso una bottigliata in testa e nessuno esce di
qui finché non scopriamo chi cazzo è stato."
libera citazione da Trainspotting. Rega, un giorno mi farò
perdonare per aver dipinto Slash così irrimediabilmente
cazzoide.
"Tu
sei la risposta di Los Angeles a una domanda che nessuno ha posto,
vero?" libera citazione da I Simpsons, per la precisione
episodio 8x08.
Credo sia tutto.
See ya!