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Autore: Alexa_02    25/01/2019    0 recensioni
Calliope Thompson e Thomas Clark non potrebbero essere più diversi. Lei una cheerleader popolare e invidiata. Lui un nerd invisibile ed emarginato. Le loro vite si sfiorano costantemente, senza mai scontrarsi.
Callie ha tutto quello che chiunque potrebbe mai desiderare. La sua vita risplende come un diamante puro e perfetto. Tutti i ragazzi la vorrebbero e tutte le ragazze vorrebbero essere lei.
La verità, però, è che Callie nasconde sotto il tappeto così tanta polvere, che farebbe cambiare idea a tutti quanti. Il suo diamante perfetto potrebbe essere in realtà uno zircone di poco valore, che viene lucidato solo quando deve essere osservato.
Dall'altro lato dell'emisfero sociale, Tom conduce una vita nell'ombra con i suoi amici e vive in previsione del diploma. Il suo obbiettivo è resistere fino al college e allontanarsi dal liceo il più possibile.
Per puro caso i loro mondi entrano in collisione creando scompiglio, rivoluzioni e mostrandogli che alla fine non sono poi così diversi.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Chapter 1

 

Callie

 

 

Siamo tutti impostori in questo mondo, noi tutti facciamo finta di essere qualcosa che non siamo”

-Richard Bach

 

 

Calliope Josephine Thompson.

Tre parole che racchiudono perfettamente tutto ciò che c'è da sapere su di me.

Calliope, nella mitologia greca, era una delle nove muse. Più precisamente la musa ispiratrice di Omero, dell'Iliade e dell'Odissea, ma sopratutto la musa che presiedeva all'eloquenza.

Forse alla mia nascita, mia madre ha avuto il presentimento che sarei diventata una gran chiacchierona (che alla fine è assolutamente vero), o più semplicemente la sua passione per la storia antica ha prevalso su qualsiasi altro nome decente. In ogni caso non ho fatto in tempo a domandarglielo.

Josephine era il nome della nonna di mio padre, la grandissima Josephine Thompson. In città la conoscono tutti, è lei che ha fatto costruire la scuola e l'università, beh lei e il suo immenso patrimonio. Il nome che mi hanno affidato porta con sé un enorme aspettativa che se non soddisferò, mi farà ottenere un posto al centro del ramo storto e secco dell'albero di famiglia. Non che senta alcuna pressione, figuriamoci.

E in fine, Thompson. Il fardello più pesante da trascinare, la chiave che ti apre tutte le porte e il biglietto da visita più altisonante della storia. Basta solo sussurralo per farti avere tutto ciò che vuoi, però a un prezzo che non vale il divertimento, credetemi.

 

«Ma dai, Callie!» mugugna Heidi da sopra il mio letto a baldacchino «È la super festa di inizio anno, non puoi assolutamente perdertela!» si rotola sul mio copriletto immacolato rischiando di macchiarlo con il trucco pesante. Se lo sporca finirò in un mare di guai. Sbuffo per la sedicesima volta di fila, se la mia Mostrigna fosse qui mi avrebbe già ripresa diverse volte. Sbuffare non è un gesto elegante. «Non me la voglio perdere, davvero, ma proprio non posso fare altrimenti». Quando Heidi vuole qualcosa diventa assolutamente intrattabile. Sono almeno venti minuti che discutiamo, proprio non gli entra in testa il significato di no.

«Preferisci una barbosa cena di famiglia alla festa dell'anno? Io proprio non ti capisco» sentenzia agitando la chioma rossa. Dice in giro di essere una rossa naturale, ma sappiamo tutti che si fa dare una mano dalla parrucchiera per raggiungere quella sfumatura precisa di rosso fragola.

La guardo male da uno dei due divanetti posizionati davanti al camino. «Mio padre torna a casa stasera dal suo viaggio di lavoro, non lo vedo da due mesi. Quindi sì, preferisco la barbosa cena alla tua stupida festa» ribatto seccata. Sto iniziando a perdere la pazienza.

Lei strabuzza gli occhi e scuote la testa schifata. «La mia festa di inizio anno non è stupida!» guaisce offesa. Pensa che andando a letto con il tipo che la organizza si trasformi magicamente nella sua di festa. Inclina la testa e arriccia le labbra, segnale che sta per sparare una cattiveria. «È una tradizione a cui partecipiamo sempre e tu ci stai snobbando per fare la cocca di papino».

Quelle tre parole messe di fila fanno scattare la bestia che vive dentro il mio cervello. «Solo perché tu preferisci farti scopare da tipo a caso dietro un cespuglio, invece che stare con la tua famiglia, non significa che sia lo stesso per me». Non avevo intenzione di litigare, quando lei e Angelica sono venute a trovarmi ero super contenta, ora la sua voce altezzosa e viziata mi sta facendo davvero incazzare.

Heidi mi lancia un'occhiataccia e sbuffa dal naso. Altro brutto segno. Prima che possa rilanciare con un altro insulto che mi avrebbe fatto di sicuro male, Angie smette di sfogliare Cosmopolitan e si lancia nella mischia. «Ora smettetela voi due!» afferma risoluta dalla poltrona accanto alla mia «Heidi lo sai quanto a Callie manchi suo padre, lasciali cenare insieme e poi se potrà ci raggiungerà alla festa» mi lancia uno sguardo ammonitore «E tu, Callie, sai benissimo che Heidi stasera non si farà nessuno perché è molto concentrata su Paul e vuole restargli fedele». Mi mordo la lingua per trattenere una risata, Heidi e la fedeltà sono come la mia Mostrigna e i carboidrati; due parole che messe nella stessa frase fanno collassare l'universo.

«Ora chiedetevi scusa e chiudiamola qui» sentenzia agitando un dito in aria. È sempre così, Heidi e io battibecchiamo e Angie interviene per dividerci.

Heidi sospira e annuisce «E va bene. Scusa Callie, so che tua padre è molto importante per te».

Ora è il mio turno. Non sono molto sicura di volermi scusare, quello che ho detto lo pensavo davvero, però continuare il discorso sarebbe uno spreco di ossigeno perciò annuisco anche io. «Scusami, prometto che cercherò di raggiungervi dopo cena».

Angie sorride tronfia «Brave le mie ragazze».

Già, siamo proprio ben addestrate.

«Allora tu e Paul fate sul serio?» dirigo l'attenzione su Heidi, così che possa dare fiato alla bocca e smettere di essere pedante.

Lancia un urletto stridulo e si raddrizza «Oh, ragazze, non potete capire quanto sia meraviglioso con me, mi tratta proprio come la regina che sono».

La cosa mi sorprende parecchio, Paul è un donnaiolo incallito e dopo un paio di settimane conclude sempre le relazioni prima che si facciano serie. Il fatto che resti ufficialmente con Heidi è strano quanto il fatto che lei faccia altrettanto.

«Ma è favoloso! Allora stasera sarai nel lato delle coppiette con Callie e me» trilla entusiasta Angie facendo tremolare i riccioli nocciola. Il lato delle coppiette è il giardino sul retro della casa di Paul, lui organizza sempre delle feste grandiose e chi è già accoppiato si ritrova davanti al falò in giardino a bere e a chiacchierare, mentre i single ballano e si divertono all'interno della casa. Angie e il suo ragazzo Scott sono fissi nel lato delle coppiette dal primo anno di liceo. Si sono incontrati in biblioteca la seconda settimana di scuola ed è stato amore a prima vista. Da allora sono come due cozze innamorate attaccate ad uno scoglio dell'amore. Meravigliosamente vomitevoli.

Angie mi sfiora la gamba con il piede «Nich viene stasera, vero?».
Nich è il mio ragazzo da un anno e mezzo. Ci siamo messi insieme durante una partita di football fuori casa, abbiamo alloggiato in un hotel e dopo che i coach si sono addormentati abbiamo fatto bagordi in giro per la città. Mi ha stregata e fatta sua, non ho potuto resistere. In ogni caso era destino che stessimo insieme, lo dicevano tutti. Lui è il capitano di football e io il capitano delle cheerleader, era quasi scontato che stessimo insieme.

Annuisco con convinzione «Ovviamente, non si perderebbe mai una festa di Paul». Ci va anche se io penso di non andarci. Non perde mai un'occasione per fare casino e mettersi in mostra.

Heidi fa una faccia strana che nasconde subito con un sorriso enorme «Ma ci pensate!? Stiamo tutte e tre con dei giocatori super sexy di football, siamo delle cheerleader meravigliose e spaccheremo quest'ultimo anno! Cosa ci può essere di meglio?».

Un sacco di cose. Io darei via tutto quanto per riavere la mia mamma o per avere papà sempre a casa o per far sparire Mostrigna e i suoi Mostro-figli. Ma a loro non dico nulla di tutto ciò, mi limito a strillare un “assolutamente nulla!” e a ridere in modo automatico, come se questo fosse veramente ciò che penso.

 

«Callie mi devi assolutamente prestare il vestitino rosso, sai quello senza spalline che mi sta meravigliosamente?» Heidi infila la faccia tra i miei vestiti firmati e si rimette a frugare. Siamo tutte sedute nella mia cabina armadio a cercare qualcosa di super costoso, che loro possano indossare alla festa di stasera. Uno dei vantaggi di avere un papà assente, ma che si pulisce la bocca con banconote da cento dollari, è che ricevo una paghetta stratosferica e che posso comprami un intero negozio di Chanel se voglio. Heidi adora fregarmi i vestiti per poi fingere di dimenticarsi di ridarmeli. Suo padre è il direttore della banca della città e sua madre è Mrs. Meteo, non devono certo fare la carità, ma nessuno batte il sindaco/futuro governatore e la sua assistente/moglie trofeo.

«Intendi quello di Prada, stretto in vita e con la gonna sfasata?» le chiede Angie dall'altro lato della cabina. Sì, conoscono meglio i miei vestiti dei loro.

«No» brontola Heidi facendo scorrere le grucce «Quello di Gucci, con lo scollo a cuore e la gonna stretta».

Non mi interessa cosa prendono, il vestito che ho deciso di indossare alla cena con papà è ben nascosto nel cassetto dell'intimo. L'ho comprato un paio di giorni fa da Dior, è bianco, con il colletto nero e le mani gonfie. Mi sta benissimo e mi fa sembrare più grande e importante. È assolutamente perfetto.

«Callie! Vuoi prestarmi attenzione!» strilla Heidi agitandomi in faccia del tulle. «Credo che morirò se non metto quel vestito stasera!».

Odio quando fa la regina del melodramma. «Potrebbe essere in tintoria» ribatto «Oppure è ancora nel tuo armadio».

Lei spalanca gli occhi offesa. «Vorresti insinuare che non ti ridò ciò che prendo in prestito?».

Non è un'insinuazione ma un dato di fatto. «Ma certo che no, Didi» ribatto addolcendo i toni «Dai, spostati che lo cerco io».

La faccio sedere sul pouf a fiori e mi infilo tra i vestiti. Dopo un paio di minuti afferro il vestito tanto agognato e glielo porgo. Heidi caccia un urlo e mi salta addosso «Ti adoro! Grazie! Grazie! Grazie!». In fin dei conti è un gran rompiscatole ma la adoro anche io.

Angie sfiora silenziosamente il pizzo di un mini abito nero e sospira. È meno esplicita di Heidi ma trova anche lei il suo modo per farsi capire. «Prendilo, scommetto che ti starà benissimo con gli stivali che hai appena comprato» le dico sfilando il vestito dalla gruccia. Angie fa un sorrisone e mi stritola anche lei in un abbraccio da orso. «Grazie, Callie. Sei la migliore».
Sì, lo sono.

 

Dopo che se ne sono andate mi barrico nel mio bagno personale. Riempio la vasca di bolle, mi applico una maschera all'argilla rossa e mi lascio cullare dal calore dell'acqua. Mi lavo i capelli, faccio sparire ogni imperfezione e mi trucco a dovere. Indosso il mio magico abito, un paio di décolleté nere e arriccio le punte dei miei lunghi, capelli biondi con la piastra.

All'ora di cena saltello eccitata fino al piano inferiore e aspetto papà seduta sul divano vicino all'ingresso. Sistemo convulsamente i capelli e liscio con cura la gonna dell'abito.

«Dove diavolo pensi di andare?». La sua voce è identica allo stridio delle unghie sulla lavagna. Mi giro lentamente e cercando di non guardarla con odio. La Mostrigna mi fissa dagli ultimi gradini della scalinata principale con stampata in faccia una fastidiosa espressione boriosa. Il giorno in cui papà me l'ha presentata non si cancellerà mai dai miei ricordi peggiori. Avevo otto anni e capii subito che razza di arpia sadica e opportunista lei fosse.

Respiro e conto fino a cinque. «Papà e io andiamo a cena insieme stasera».

Lei fa schioccare la lingua e scende gli ultimi gradini. Guardarla mi fa venire la nausea. Sherry Flanagan, ora Thompson, è la donna più brutta che io abbia mai visto. Non esteticamente, il quel campo è chirurgicamente perfetta, lei è orrida dentro.
Si passa la manicure fresca di estetista tra la chioma bruna e perfettamente pettinata. «Non ci pensare nemmeno» asserisce inchiodandomi al pavimento lucido con i suoi occhi di ghiaccio «Bryan e io ceniamo soli stasera, tu devi fare la babysitter». Scende l'ultimo gradino e le tette di plastica ballonzolano, se cadesse in piscina resterebbe a galla come una boa di segnalazione.

Sento la tristezza raggrumarsi in mezzo al petto. «Papà me lo aveva promesso» ribatto come una bambina «Ho già prenotato».

Lei ride. Ride di gusto, come se vedermi triste fosse il suo spettacolo preferito. «Oh, Dio santo! Ma quando crescerai? Nella scala delle priorità di Bryan io sono sei gradini sopra di te, bambinetta».

Sento l'impulso di piangere. Stringo i pugni finché le unghie non mi fanno male contro i palmi. «Mi aveva detto che avremmo cenato insieme stasera, lui mantiene sempre le sue promesse». No, non è vero.

Mi guarda dall'alto al basso e sorride «E invece te ne resti a casa a badare ai miei figli». Non usa mai la parola fratelli, per lei io e i suoi figli non siamo minimamente imparentati. Mi afferra una ciocca con forza e la tira. Stringo i denti per non gridare. «Devi iniziare a mettertelo in testa, ragazzina, qui vali meno di zero». Vorrei colpirla su quella faccia di plastica, ma l'ultima volta che ho provato a rivoltarmi mi ha schiaffeggiata e il suo enorme anello mi ha lasciato un livido enorme. Lunedì comincia la scuola e non voglio dover inventare qualche scusa.
Mi lancia un'occhiata schifata «Questo vestito ti sta davvero malissimo, fai proprio schifo ». Mi lascia andare. «Non aspettarci, fare molto tardi» apre la porta di ingresso «Vedi di prenderti cura dei miei figli o sono guai». Esce sbattendo la porta e ridendo come una strega.
Rimango paralizzata davanti all'ingresso con la testa che pulsa e le unghie infilzate nei palmi.

Vorrei dire che è la prima volta che vivo questa scena ma sarebbe una bugia. Vorrei dire che mio padre non ha nessuna colpa ma sarebbe un'altra bugia. E vorrei anche dire che amo la mia vita come una pazza ma questa sarebbe la bugia più grossa della storia.

Il cellulare mi trema nella borsa. Quando guardo lo schermo, la matassa di tristezza e desolazione evapora grazie alla rabbia incandescente che mi ribolle dentro. Mio padre mi ha mandato un'email per cancellare la cena di stasera. È una di quelle programmate che manda la sua nuova assistente, quella vecchia l'ha sposata, ci ha fatto tre figli e ora vive in casa nostra e rende la mia vita miserabile.

Fanculo.
Lancio il telefono contro il muro mandando in mille pezzi lo schermo. Non me ne starò qui come una brava bambina mentre loro si divertono. Corro in camera mi sfilo il vestito e indosso quello più volgare e sconcio che abbia mai comprato. È un tubino nero con i fianchi aperti e intrecciati. È corto, aderente e fa vedere più pelle di quanta si dovrebbe. Infilo dei tacchi vertiginosi e mi trucco in modo molto più pesante.

Scendo le scale come una furia e quasi investo in pieno la mia sorellastra.

«Callie! Guarda dove vai» borbotta aggrappandosi alla ringhiera. Mi osserva e spalanca la bocca. «Dove stai andando?». Emmeline ha otto anni, i capelli castani della madre ma gli occhi scuri di papà. È dolce, troppo intelligente per la sua età e un'altra vittima del caratteraccio di sua madre.

«Sto uscendo» ribatto recuperando il cellulare da terra.

Lei sbuffa «Questo lo avevo intuito. Pensavo fossi tu la babysitter stasera».

Scuoto la testa e infilo la giaccia «Non oggi».

«Mamma ti ha detto il contrario».

«Sì, so cosa ha detto tua madre».

Mi guarda confusa «Vuoi farla arrabbiare più del solito?».

«Assolutamente». Mi passo il rossetto rosso sulle labbra. «Voi ve la cavate o devo chiamare la babysitter».

Lei scuote la testa. «No, ci sono Rosario e Lucy. Puoi andare se vuoi».

«Eccome se lo voglio».

 

 

La casa di Paul Jackson è una delle più belle del quartiere. Sua madre è una delle migliori stiliste dello stato e la sua villa fa a gara con la nostra. La zona in cui abitiamo è altamente riservata, se non possiedi un conto in banca con un minimo di sette zeri allora non sei ben accetto nel vicinato.

La dimora dei Jackson è a due case di distanza dalla mia. Decido di andare alla festa a piedi così da poter bere quanto voglio.

Il cancello in ferro battuto è spalancato e su una delle guglie è appeso un reggiseno colorato. È il simbolo che Paul usa per dire hai ragazzi della città che c'è una festa piena di belle ragazze. Davvero di pessimo gusto, ma tra trogloditi ci si capisce subito.

Ondeggio pericolosamente sul vialetto di mattonelle e avanzo tra le auto parcheggiate e i gruppetti che fumano. Le ragazze mi salutano e si complimentano per il vestito, mentre i ragazzi spalancano la bocca e mi fissano. Saluto tutti e fingo di essere interessata alle loro domande e alle loro risposte.

Al centro del vialetto c'è un'enorme fontana circondata da piante e aiuole ben potate. I puttini versano dell'acqua da delle anfore dentro la bocca di dei pesci enormi. Le luci notturne color paglia rendono la scena ancora più strana.

Avanzo salutano e sorridendo, e finalmente arrivo all'ingresso. La porta di legno bianco è spalancata e lo zerbino con l'immagine della famiglia stampata sopra è spostato e macchiato di qualcosa che sembra vino. Lo scavalco e mi infilo nell'ingresso. L'odore di adolescenti misto ad alcol e fumo mi colpisce in piena faccia. La casa è già piena di gente e il pavimento di marmo si sta riempiendo di bicchieri di plastica rossa e mozziconi di dubbia origine. Dal colossale impianto audio della casa rimbomba un pezzo privo di testo e con assolutamente troppi bassi. Le foto e le decorazioni appese ai muri tremolano. Tutti questi fattori messi insieme stimolano una risposta automatica del mio corpo: ho sete. Attraverso la folla come se camminassi sulla passerella e lascio che tutti sappiano che sono arrivata. Mi dirigo spedita al tavolo degli alcolici e mi riempio un bicchiere di vodka e lemon soda. Più vodka che lemon soda. Lascio che l'alcol mi bruci la gola e i pensieri.

«Callie!» strepita una voce alle mie spalle. Mi volto e Heidi mi travolge come un treno. Mi stringe la braccia magre intorno al collo e scoppia a ridere come una scema. È ubriaca. «Sono così contenta che tu sia venuta alla mia festa!».

Non è proprio la sua festa. «Anche io» ribatto con altrettanta allegria.

«Lo sapevo che alla fine avresti scelto me!» strepita con allegria. Indossa il mio vestito rosso, ha i capelli raccolti in una strana treccia e il viso truccato alla perfezione. Si capisce che è sbronza dagli occhi azzurri che brillano e mi guardano vacui. Il mio cervello articola in automatico una bugia. «Sai che sei sempre la mia prima scelta, prima scherzavo!».

Squittisce entusiasta e mi abbraccia di nuovo «È meraviglioso! Vieni, ti preparo un cocktail». Mi tira verso il tavolo e si mette ad armeggiare con i bicchieri e le bottiglie. Mischia di tutto e me lo porge. «Ecco il tuo HeidiLand».

Dal bicchiere si alza uno strano odore di fragola misto a tequila e rum. So che dopo il suo intruglio vomiterò, ma questa è la serata in cui non si pensa alle conseguenze. Mando giù una lunga sorsata e respiro con forza nel tentativo di sopprimere un conato.

Heidi strilla e batte le mani fiera. «Andiamo nel lato delle coppiette, Angie e Nich sono fuori». Mi trascina attraverso la folla e verso la porta a vetri. Usciamo nel giardino sul retro e l'aria fresca mi accarezza la pelle raffreddandomi. Superiamo le sdraio, la piscina riscaldata e ci dirigiamo verso l'erba. I nostri tacchi affondano nel terreno umido mentre procediamo verso il falò. Un decina di coppiette sono sedute su della panchine di legno posizionate intorno ad una piramide di legna in fiamme, collocata su un ripiano di metallo.

Angie ha la faccia affondata nel collo di Scott e quando sente la voce di Heidi alza lo sguardo verso la nostra direzione e sorride. «Callie! Sei arrivata!». Balza in piedi e mi corre incontro. Il vestito che le ho prestato le sta d'incanto, soprattutto con quegli stivali. Si lancia su di me come Heidi e ridacchia. Ricambio l'abbraccio e le accarezzo la schiena con dolcezza.

«Ma cosa fai qui? Perché non sei a cena con tuo padre?» chiede tenendosi aggrappata alle mie spalle.
«Ha deciso che preferiva stare con noi! Le sue amiche!» squittisce Heidi con entusiasmo.
Angie mi guarda di traverso e inclina un sopracciglio scuro e perfettamente truccato. Fa sempre questa faccia quando qualcosa non le torna. «Callie...» sospira con dolcezza. Il suo tono materno trasuda compassione e non fa altro che innervosirmi.
«Preferivo la festa, tutto qui» taglio corto «Allora dov'è Nich?».
Come se lo avessi evocato, le sue enormi braccia muscolose mi afferrano e il suo petto aderisce alla mia schiena. «Ecco la più sexy» mi ringhia tra i capelli. Le sue dita scorrono sulla stoffa leggera con passione e mi accendono come un fiammifero. La sua bocca trova la mia prima ancora che riesca a girarmi del tutto verso di lui. Gli stringo le braccia intorno al collo e lascio che le sue mani mi stringano il sedere. Il suo corpo cancella ogni pensiero e finalmente smetto di angosciarmi.
Si stacca e appoggia la fronte alla mia con il respiro affannato. «Sei da urlo stasera».
Lo so. «Anche tu».
«Avanti piccioncini!» strepita Heidi infilandosi nel nostro momento privato «Sediamoci!».
Nick mi afferra per i fianchi e mi fa sedere sulle sue gambe sulla panchina. La luce del falò gli illumina il volto riuscendo nel miracolo di renderlo più bello. I capelli biondi sono spettinati alla perfezione e gli occhi nocciola mi fissano affamati. Il piercing di metallo che ha al sopracciglio luccica, ricordandomi quanto mi piaccia.
«Perchè non ho mai visto questo vestito?» mi sussurra all'orecchio.
Una cascata di piacevoli brividi mi scorre lungo la schiena. «Lo tenevo per un'occasione speciale».
Mi fa scorrere il naso lungo il collo. «Lo adoro».
Oh, credimi, lo sento.

«Nich!» la manona di Paul gli afferra la spalla «Devi venire dentro! Pete e Daniel ci hanno sfidati a birra-pong». L'alito alticcio di Paul mi fa venire la nausea. «Dicono che sono meglio di noi come team, dobbiamo dargli una lezione!».
Nich si alza così velocemente che a momenti finisco con il sedere sull'erba. «Come si sono permessi!». Mi tira per il gomito per rimettermi dritta. «Baby, devo andare, è una questione di onore».
«Scherzi?» brontolo.

Lui mi accarezza le spalle nude. «È davvero importante, torno in un secondo, promesso». Corre dietro Paul così velocemente che non ho nemmeno il tempo di urlargli contro. Odio quando si comporta come un cavernicolo. Il suo onore da cretino del football viene sempre prima di me. Alcune volte mi chiedo se sono solo un altro dei sui premi da esporre.
Heidi mi appoggia il braccio sulle spalle. «Non abbiamo bisogno di loro per divertirci» mi guarda scaltra. «Giusto, Callie?».
Giustissimo.


Heidi e io passiamo l'ora successiva in piedi sul tavolo da biliardo a ballare e a bere. Agito così forte la testa che perdo un orecchino. Perdo anche il conto di quante volte mi sono fatta riempire il bicchiere. Ridiamo e mi scordo del mondo che mi gira intorno, quindi mi va benissimo.
Quando finalmente si ricorda che esisto, Nich spunta tra il mare di ragazzi che ci fissa e che si agita. Lo vedo in mezzo a mille e il modo in cui mi guarda fa sparire qualsiasi possibile pretendente. «Baby!» urla sopra la musica «Smettila di dimenare il fondoschiena per questi cretini e portalo qui da me!». Mi afferra i fianchi e in un secondo sono di nuovo con i piedi sul pavimento. Da così in basso la stanza sembra minuscola.
Avvicina la bocca al mio orecchio «Andiamo via di qui, ho voglia di te». Mi conduce al piano superiore, dentro una delle camere degli ospiti e chiude a chiave la porta dietro di noi. Mi afferra il viso e mi bacia come se non volesse altro dalla vita. Mi fa scorrere le mani sulla schiena alla ricerca della zip e, quando la trova, la tira con impeto. Il mio bell'abito finisce sul pavimento, seguito dalla sua camicia e dai jeans. Lascio che il suo corpo mi porti lontano, che cancelli le paure e le insicurezze e che mi faccia sentire l'unica al mondo.

   
 
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