L’AVVENTO
DELLA MAGIA
Guardo il latte
versarsi da solo nella ciotola. La magia è una gran figata.
Due settimane
fa, una luce verde ha coperto il cielo e una
pioggerella colorata ha bagnato tutto e tutti. È durata
pochissimo. Cinque
minuti. Essendo strana, la gente si è spaventata e solo i
più audaci si sono
avventurati sotto le gocce verdi. Ho sentito qualcuno gridare cose tipo
‘pioggia acida’ e un po’ di isterismo ha
contagiato tutti. Poi, hanno fatto la
scoperta. Chiunque fosse fuori in quel momento e si è
bagnato, è stato investito
da una carica di quello che ho sentito chiamare… Magia.
Magia, sì. La gente è
diventata matta. Ha iniziato a fare magie assurde, probabilmente non
riuscivano
a controllare tutta quell’energia.
Io ci sono
riuscita subito. Non ho neanche faticato. Certo,
all’inizio io e Sarah, la mia amica di scorribande abbiamo
fatto un po’ di
magie stupide. Ok, un bel po’. Ridacchio per alcuni
dispettucci che mi sono
venuti in mente. Ma quelli se lo meritavano!
In casa non ho
fatto capire niente a nessuno. Dopo l’euforia
iniziale, tutti quelli che presentavano ‘tracce di
magia’ sono stati analizzati
e studiati. Come se fossero infetti. Oh, sono tutti ritornati a casa
incolumi.
Ma io non volevo far sapere. Non si sa mai. Sono sempre stata
diffidente. E mi
fido poco di chiunque. Mamma è andata via e tornata il
giorno dopo. Ha detto
che era una precauzione e che stava bene. Ma io non mi fido, appunto.
Ho detto
anche a Sarah di non farlo sapere.
Guardo fuori
dalla finestra. Fra poco mi devo vedere con lei,
al parco in fondo alla mia strada. Dove ci incontriamo sempre.
Mamma fa le
pulizie utilizzando la magia. È molto divertita.
Come se non ci fosse altro da fare. Soffio un pochino, ma non mi faccio
sentire, altrimenti attirerei l’attenzione su di me.
Vado in bagno
per prepararmi per uscire. Mi guardo intorno e
quando noto che nessuno mi guarda, apro la porta con il pensiero. Non
sono
diversa dalla mamma: mi diverto anch’io. Sposto tutti gli
oggetti che posso.
Anche quelli degli altri. Nascondo le cose dietro la vasca e arrotolo
il
tappetino del bagno. Ok, basta, ora voglio uscire.
Vado verso
l’ingresso, apro la porta e senza salutare esco. Chiamo
l’ascensore e aspetto con pazienza. Mi piace
l’ascensore. Non devo neanche
schiacciare i bottoni. E già. Questa magia è
fantastica.
L’ascensore
si ferma al secondo piano, guardo l’idiota
pomposo con la cravatta sistemarsi allo specchio i pochi capelli.
Vorrei
farglieli diventare blu, solo per fargli prendere un colpo, ma mi
trattengo. Poi va a finire che mi scoprono. E mi piace la mia
libertà.
Però
quando esce dalla cabina al piano terra lo guardo allontanarsi
con una bellissima coda di cavallo bionda che svolazza sulle sue
spalle. Non ho
resistito.
Passo davanti
alla portiera che è una signora un po’
attempata ma tanto dolce e simpatica. Mi saluta e non mi sgrida mai.
“Ciao, Pallina.”
Io rispondo come
sempre: “Miao”.