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Autore: Pally93    26/01/2019    4 recensioni
E' il diciottesimo compleanno di Yuri Plisetsky, ma le cose non vanno esattamente come aveva preventivato.
Scritta per il compleanno di Kendra26. Buon compleanno Mars, spero che ti piaccia questa piccola follia!
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Mila Babicheva, Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Per il compleanno di Kendra26. Tanti auguri Mars, spero che apprezzerai questa piccola follia.

***



“Si può sapere dove cazzo mi state portando?”
“Ssh, vedrai!”
 
 

 
Yuri era irritato. Molto irritato. Decisamente ai limiti dell’ira funesta.
Era il suo diciottesimo compleanno e lui non aveva nessuna intenzione di passarlo con Viktor e quel maledetto Cotoletto in qualche patetico locale per vecchi ammuffiti. Ma dove stavano andando, poi? Viktor si era rifiutato di dirglielo e nemmeno il re di tutti i porcelli aveva proferito parola in merito; i due stupidi piccioncini si erano limitati a prelevarlo dal suo appartamento con una benda sugli occhi e le mani legate, in modo che non potesse scoprirsi gli occhi nemmeno se avesse voluto. Yuri aveva protestato vivamente, sostenendo che tutta la scena somigliasse più a un rapimento che a un compleanno, ma era stato comunque caricato in macchina cieco e legato.
 
Sbuffò un’altra volta, cosa che ormai gli sembrava di fare da una vita. Erano in viaggio da un’eternità, diretti chissà dove, oltretutto. Ormai aveva iniziato a sospettare che stessero girando in tondo, anche se Viktor aveva smentito con convinzione. Era sempre più sicuro che avessero in mente qualche attività da vecchie cariatidi, come una partita a bocce o a freccette. Si consolò pensando che in quel caso avrebbe potuto usarli come bersaglio, sfogando finalmente un po’ di frustrazione.
 
Dov’è Otabek?, si ritrovò a pensare, perché non mi ha salvato da questi due idioti?
 
In teoria Otabek aveva volato fino a San Pietroburgo in piena stagione di allenamenti solo per il suo compleanno, ma risultava irreperibile ormai da ore. Imprecando mentalmente contro qualsiasi divinità fosse in ascolto, riprese a fare domande.
 
“Allora, quanto cazzo ci vuole ancora? Muoviamoci, che prima arriviamo e prima posso andare via!” sputò, arrabbiato.
 
“Siamo quasi arrivati, non temere” gli rispose Yuuri a voce bassa. Sembrava quasi preoccupato per la sua reazione, o che non volesse disturbare. Yuri detestava cordialmente tutta quella gentilezza giapponese. Beh , forse non troppo cordialmente… Era abbastanza sicuro di aver detto almeno una volta o due al Cotoletto dove potesse ficcarsi tutta la sua educazione.
 
“Viktor, giuro che se mi porti in qualche circolo per anziani di merda ti apro la faccia con la lama dei miei pattini!” esclamò Yuri, ormai al limite della sopportazione.
 
“Non hai i pattini con te, non fare promesse che non puoi mantenere!” gli rispose Viktor, scoppiando poi in una risata fragorosa.
 
“Sei troppo nervoso tigre, è il tuo compleanno, dovresti rilassarti un po’!” aggiunse poi.
Yuri non fece in tempo a rifilargli una rispostaccia al vetriolo, perché all’improvviso l’auto si fermò.
 
Grazie a Dio!, si ritrovò a pensare, mettiamo fine in fretta a questa farsa. E appena trovo Otabek metto fine anche alla sua esistenza, poco ma sicuro!
 
Viktor scese dalla macchina e gli aprì la portiera, dato che era ancora bendato e con le mani legate.
 
“Ti serve aiuto per scendere?” chiese Yuuri.
 
Forse fu la dolcezza del tono di voce, o il fatto che a Yuri non piacesse essere aiutato, o semplicemente che la sua scarsa pazienza era finita da almeno mezz’ora, ma probabilmente fu tutto l’insieme a spingere Yuri a rispondere ‘il tuo cazzo di aiuto puoi ficcartelo dove non batte il sole, Katsudon!’ e a tentare di lanciarsi a tutta velocità fuori dalla macchina. Purtroppo per lui, tutto ciò che riuscì a rimediare fu una clamorosa zuccata contro il telaio dell’auto e un altro scoppio di risate da Viktor. Mentre imprecava in tutte le lingue che conosceva (e in qualcuna sicuramente inventata per l’occasione) sentì Yuuri sussurrare “Viktor, forse abbiamo esagerato… Credo si sia arrabbiato davvero.”
 
Oh, potete scommetterci che sono arrabbiato, cariatidi decerebrate del cazzo.
 
 
 

 
Attraversando quello che pensava essere un parcheggio, Yuri rabbrividì. Non aveva la benché minima idea di dove fosse, cosa stesse succedendo e soprattutto del perché fosse ancora bendato e legato come un salame. Dire che era furibondo era dire poco. Quello avrebbe dovuto essere il compleanno più importante della sua vita, quello che lo avrebbe catapultato a pieno diritto nell’età adulta, e invece che passarlo con Otabek a bere e a fare tutte quelle cose da grandi che finalmente era legalizzato a fare, era inchiodato con due mummie diretto verso chissà quale disastro di locale.
 
“Ho già detto che vi odio, vero?” sbottò malamente.
 
“Sì Yurio, almeno otto volte…” gli rispose Yuuri, rassegnato.
 
“Ma tanto non ci crede nessuno!” Tutte le lamentele e le manifestazioni di disprezzo del giovane festeggiato non erano riuscite a scalfire l’entusiasmo di Viktor, che trotterellava allegramente al suo fianco, in una fin troppo fedele imitazione di Makkachin.
 
D’improvviso, Yuri urtò un sasso e perse momentaneamente l’equilibrio. Riuscì a recuperarlo un attimo prima di franare rovinosamente al suolo, anche grazie al braccio che Yuuri gli buttò automaticamente davanti per fermarlo.
 
“Yurio, stai bene?” chiese quest’ultimo, sinceramente preoccupato.
 
“Fottiti. Sto benissimo, sono solo troppo concentrato a pensare a come uccidervi per guardare dove metto i piedi. Anche perché forse tu non lo hai notato, ma sono bendato, idiota del cazzo!”
 
“Viktor…” La voce di Yuuri tradiva tutto il suo nervosismo, cosa che non contribuì a calmare Yuri che, anzi, puntò i piedi e smise di camminare.
 
“Muoviti, tigre!” lo incitò Viktor, “Prima arriviamo e prima puoi andare via, no?”
 
Yuri si arrese e riprese a camminare controvoglia, immaginando i mille modi in cui avrebbe potuto vendicarsi dello strafottutissimo Zar di Russia e del suo Porcello da compagnia. Un sorriso amaro gli si dipinse in volto.
 
 

 
 
 
“SORPRESA!”
 
La scena che si presentò agli occhi di Yuri, appena gli tolsero la benda, lo lasciò senza parole, e non in modo positivo. Si trovava in una specie di locale seminterrato, con un palco sul fondo e un bancone per il bar. Avrebbe potuto essere una normalissima discoteca, se non fosse stata addobbata come un carro di carnevale. Ovunque c’erano fiori, bandiere della pace, cartelloni colorati. Un gigantesco striscione era stato appeso proprio sopra il palco. Buon compleanno tigre!
 
Per un momento, Yuri desiderò che fosse solo un incubo, che il giorno del suo compleanno fosse ancora lontano e che presto si sarebbe svegliato e si sarebbe fatto una risata pensando all’assurdità di quel sogno. Forse avrebbe potuto raccontarlo a Otabek nella loro prossima videochiamata, per far sorridere anche lui.
 
Prima che avesse tempo di dire alcunché un tripudio di persone in abiti colorati, gilet con le frange, occhiali da sole strampalati e corone di fiori gli corse incontro a braccia aperte, con la chiara intenzione di coinvolgerlo in un gigantesco abbraccio di gruppo. Ben deciso a prodursi in una sonora imprecazione, Yuri aprì bocca, pentendosene amaramente un secondo dopo: Georgi, approfittando del caos generale, gli aveva svuotato addosso un intero sacchetto di coriandoli luccicanti.
 
Mentre sputacchiava strass e bestemmie, Yuri prese l’appunto mentale di ucciderlo dolorosamente alla prima occasione utile. Meglio, di ucciderli tutti. Come potevano anche solo pensare questi idioti paillettati che un delirio simile fosse il tipo di festa adatta a lui?
 
Ancora mezzo soffocato per l’eccesso di glitter che gli si erano incollati in gola, Yuri si decise finalmente ad alzare lo sguardo, pronto a incenerire quello che sicuramente era il diretto responsabile di quel macello: Viktor. Scandagliando la stanza alla ricerca di quello stronzo traditore, si accorse che tra le facce note ce n’erano alcune che non avrebbero dovuto essere lì: ignorando bellamente Georgi e i suoi pantaloni di lamé argentato e un gruppetto di ragazze con le orecchie da gatto e i vestiti fluorescenti, sicuramente appartenenti al suo stesso centro sportivo, si fermò a fissare Giacometti e la sua orribile camicia hawaiana e un tizio allampanato con cozza al seguito, che temette davvero fossero JJ e la sua fidanzata.
 
Se loro sono qui, forse allora…
 
Il suo sguardo intercettò qualcun altro, qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di vedere in un posto del genere: un ragazzo alto che se ne stava in disparte, appoggiato a un pilastro, con addosso dei normalissimi jeans sbiaditi e una giacca di pelle nera. Qualcuno che pur essendo in mezzo a un branco di idioti psichedelici aveva mantenuto la sua dignità e aveva acconsentito solo a farsi mettere al collo una ridicola ghirlanda di fiori. Otabek.
Vedendolo lì, a condividere con lui il disagio di quel delirio anni ottanta senza davvero farne parte, Yuri si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Forse, dopotutto, la serata non sarebbe stata un completo disastro.
 
Tentò di farsi strada verso di lui, sgomitando tra la folla, ma venne prontamente deviato da Mila: “Yuratchka, tesoro, ma tu non sei vestito! Vieni con me, su!”
 
Tentò di protestare, di liberarsi, di svicolare, ma quella dannata ragazza era più appiccicosa della carta moschicida e lo marcava stretto per condurlo in una specie di camerino sul retro del locale.
Appena si chiuse la porta alle spalle, la ragazza lo abbracciò di slancio.
 
“Yuri! Buon compleanno!” gli strillò in un orecchio.
 
“Ma porca puttana, si può sapere che hai da urlare?!” ribatté Yuri, aspro. La sua scarsissima riserva di pazienza si era esaurita parecchio tempo prima, consumata dal viaggio in auto con Viktor e Cotoletto, dai glitter in gola, dalle Yuri’s angels che lo avevano tartassato di messaggi per tutta la giornata, da Otabek che ancora non gli aveva fatto gli auguri e che, anzi, non aveva proprio acceso il telefono per tutto il giorno, nemmeno per rispondere a una delle sue otto telefonate incazzose o a uno dei suoi mille Whatsapp quotidiani. Nemmeno vederlo lì aveva diminuito il suo fastidio, anche perché non era ancora del tutto convinto che si trattasse di lui. E se lo era, perché non veniva a salvarlo dalla tortura che gli stavano infliggendo? Quella giornata si era rivelata un disastro integrale e la serata prometteva anche peggio; l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di perdere un timpano per colpa degli strilli da oca di Mila.
 
“Scusa, tesoro. Colpa del volume troppo alto.” Mila sorrise e si portò una mano al mento, squadrando Yuri da capo a piedi. “Sapevo che non saresti arrivato vestito nel modo adatto, per fortuna che ci ho pensato io! Su, cambiati”, aggiunse poi, mettendogli tra le braccia un mucchio di vestiti recuperati chissà dove. “Sono tutti della tua taglia, quindi non rompere e mettili, così possiamo tornare alla tua festa” concluse lasciandosi cadere su un divanetto e accavallando le gambe.
 
Rimase a fissarlo per un po’, finché Yuri si arrese e iniziò ad armeggiare con i vestiti. Mila gli aveva portato un paio di jeans estremamente aderenti sul sedere ma scampanati al fondo, con delle bizzarre applicazioni di strass sulle tasche, una camicia a fiori, un gilet di camoscio con le frange e una ghirlanda di fiori di plastica da mettere al collo: tutto il kit del perfetto fricchettone.
 
“Si può sapere perché siete tutti vestiti come dei decerebrati?” chiese.
 
“È  una festa hippie!” rispose la ragazza, sistemandosi i capelli. “Beh , doveva esserlo, ma qualcuno ha frainteso ed è venuto vestito anni ‘80… Qualcun altro ha confuso hippie con caraibico ed è vestito da spiaggia… Hai visto Chris, no? E Georgi… Non c’è stato verso di togliergli quegli assurdi pantaloni di lamé!” si lasciò andare a un sospiro teatrale e abbandonò la schiena contro lo schienale. “È  stata una faticaccia organizzare tutto, far arrivare la gente… Hai idea di quante storie ha fatto JJ? Per fortuna non siamo in periodo di gare! Quindi non fare lo stronzo e cerca di divertirti.”
 
Yuri non rispose e finì di vestirsi. Quegli abiti sembravano usciti dal peggiore dei suoi incubi. Dov’erano le borchie? Le sue adorate stampe animalier? Perché quello stupido gilet non aveva delle tasche in cui affondare i pugni?
 
“Tu sei pazza se credi davvero che uscirò vestito così” ringhiò, appena vide il suo riflesso in uno specchio. Il suo tono avrebbe dovuto suonare intimidatorio, ma Mila ormai sapeva troppo bene come prenderlo, così si limitò a dire: “Hai ragione, manca qualcosa. Tieni, metti i miei occhiali!”
 
Yuri li afferrò al volo: erano tondi, con le lenti giallastre e le astine sottili di metallo. Avevano l’aria tanto fragile quanto stupida, soprattutto se l’intenzione era di rimanere al chiuso. Alzò un sopracciglio, cercando di infondere nello sguardo tutto il suo disappunto.
 
“Oh quante storie fai! Su, andiamo!” Mila lo spinse fuori dal camerino, gettandolo tra la folla, poi si avvicinò alla consolle del dj e afferrò un microfono: “Ragazzi! Il nostro festeggiato è arrivato, diamo inizio alle danze!”
 
Yuri iniziò a tremare.
 
 

 
 
Venti minuti dopo, Yuri era pronto a uccidere qualcuno, non importava chi. Era ancora schifosamente sobrio, visto che ogni volta che aveva provato ad avvicinarsi agli alcolici era stato acchiappato da qualcuno e trascinato in pista. Avrebbe tanto voluto sottrarsi, ma poi Viktor e il suo stupido Katsudon avevano tirato fuori la vecchia storia del dance-off a cui si erano conosciuti e in cui lui era stato trascinato, quindi si era deciso a dare una bella lezione di stile a quei babbei in technicolor. All’inizio la musica era anche decente, a tratti perfino bella (aveva sentito qualcuno dire è la compilation originale di Woodstock, anche se non gli era chiaro cosa c’entrasse l’uccellino compagno di Snoopy con la musica e per sicurezza aveva preferito non chiedere) ed era quasi riuscito a rilassarsi un po’, se non proprio a divertirsi, poi qualcuno aveva iniziato a distribuire alla gente degli starlight colorati, agganciandone una serie anche ai suoi polsi, e prima che potesse fuggire erano iniziati i balli di gruppo. Ritrovarsi il giorno del suo diciottesimo compleanno a ballare YMCA, completamente sobrio e circondato da fuori di testa che sembravano non spassarsela così da anni era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Quello, e il fatto che Otabek non si fosse più visto nemmeno di sfuggita. Aveva sperato che durante La Macarena sarebbe venuto a salvarlo, che quando Viktor aveva iniziato a fare mossette oscene sulla musica di La bomba sarebbe corso in suo aiuto; si era addirittura abbassato a dargli corda, assecondando i suoi ridicoli movimenti di bacino con l’intento di far ingelosire Otabek e attirarlo a sé. E adesso, sudato e irritato, voleva solo trovarlo e riempirgli il culo di calci.
 
Sapeva di non esserselo immaginato: Otabek era lì da qualche parte. Mila non sarebbe mai stata così infame da invitare alla sua festa Chris, JJ, perfino Emile Nekola, di cui aveva più o meno scordato l’esistenza, e non Otabek. Sapeva che in quel caso lui gliela avrebbe fatta pagare cara, no? E lei era sua amica. Irritante, molesta, iperattiva, ma pur sempre sua amica. Quindi Otabek era sicuramente nascosto tra la folla, a farsi due risate a sue spese.
Ora doveva solo trovarlo e chiedergli una spiegazione. Forse anche due. Prima, però, aveva assolutamente bisogno di un drink.
 
 
 
 

Due vodka tonic dopo il mondo gli sembrava molto più sopportabile. Perfino l’assurdo spettacolo pirotecnico creato dagli starlight alle braccia di chi ancora ballava gli risultava meno molesto, a differenza dell’assenza di Otabek. Quella, purtroppo, pesava come un macigno. Le farfalle che aveva avvertito nello stomaco quando lo aveva intravisto si erano tramutate in tarli schifosi che nemmeno la vodka era riuscita a sterminare, quando si era finalmente rassegnato al fatto di essersi sbagliato. Otabek non era venuto al suo compleanno e questo faceva male. Malissimo.
 
Stava ordinando un terzo bicchiere, deciso a uscire da lì il più annebbiato possibile, se non proprio ubriaco, quando all’improvviso la musica cambiò. Il pessimo brano commerciale che stavano ascoltando venne sostituito da uno strano remix rock di happy birthday to you, che in quel tripudio floreale gli sembrò estremamente sbagliato.
Due persone stavano portando al centro del palco una gigantesca torta, completa di fontane luminose e riccioli di panna, e dietro… No, non poteva essere.
 
Il cuore di Yuri perse un battito. Dietro alla torta, con un enorme fiocco rosso al collo, c’era Otabek. Bastò quella vista per trascinarlo sul palco, senza bisogno che qualcuno lo chiamasse. Ignorò Mila che tentava di passargli il microfono, dribblò Viktor e i suoi abbracci molesti, schivò Katsudon e la prima fetta di torta che gli sarebbe spettata di diritto… e lo raggiunse. Lo afferrò per un braccio e lo trascinò via, verso lo spogliatoio in cui Mila lo aveva fatto cambiare.
In lontananza la sentì annunciare “ragazzi, come vedete il regalo è stato apprezzato… Venite a prendere la torta e poi tornate a divertirvi!” Sapeva che era colpa sua la sparizione di Otabek, lo sapeva! Ma, dopotutto, era colpa sua anche il suo essere alla festa. Era stata lei a invitarlo lì, a fargli prendere quel volo dopo mesi di lontananza. Non le avrebbe mai detto grazie, questo no, ma forse avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di risparmiarle la vita.
 
“Cazzo, Beka, non ti vedevo più… Pensavo che mi avessi mollato qui in manicomio!”
 
Avrebbe voluto suonare acido, ma a metà della frase Beka lo strinse a sé e affondò il naso nei suoi capelli, respirando a fondo, e a Yuri non rimase che bearsi di quel contatto. Quanto gli era mancato.
 
“Non avresti nemmeno dovuto vedermi… Mila insisteva che rimanessi nascosto fino al momento della torta, ma non potevo perdermi il tuo ingresso in sala: eri troppo buffo!”
 
“Stronzo.”
 
Sentire il suo respiro tra i capelli era tra le cose che Yuri preferiva. Nonostante negli anni fosse cresciuto parecchio, Otabek rimaneva comunque leggermente più alto e muscoloso ed era in grado di farlo sentire protetto, ma mai inferiore. Era un abbraccio alla pari, un piccolo momento in cui Yuri si concedeva di sentirsi docile senza esserlo davvero. Una breve tregua nella sua quotidiana guerra contro il mondo.
 
Improvvisamente, come se il contatto avesse risvegliato i suoi sensi, Yuri divenne famelico. Spinse Otabek contro la porta e gli si schiacciò contro, gettandosi sulle sue labbra e iniziando a baciarlo. Otabek non si fece pregare e iniziò a far vagare le mani sulla sua schiena, accarezzando la morbidezza del gilet scamosciato e giocherellando con le frange che lo bordavano. Approfittando dell’impeto di Yuri, che era così impegnato a baciarlo da non accorgersi di nient’altro, oltrepassò il confine del gilet e iniziò a sfilargli la camicia dai jeans. Dopo aver toccato la morbidezza del camoscio quell’affare sintetico faceva uno strano effetto sotto le dita, ma venne via senza alcuna difficoltà. Sapendo di avere le mani fredde le appoggiò sui fianchi nudi di Yuri, pregustando una reazione che non tardò ad arrivare: sobbalzando per il cambio di temperatura improvviso, il ragazzo gli morse un labbro.
 
“Oh, Beka, ma allora sei stronzo davvero!” borbottò, piccato.
 
“Solo un po’...”
 
“E ora che sei lì pensi di farci qualcosa con quei due ghiaccioli?”
 
“Forse…” Yuri e la pazienza non erano mai andati molto d’accordo, come Otabek ben sapeva. La provocazione ebbe l’effetto sperato: Yuri si levò gilet e camicia in fretta e furia, iniziando poi a strattonare la sua giacca senza alcun risultato apprezzabile; nella foga, non si era accorto che Otabek stava puntando le spalle contro la porta.
 
“Ti dispiacerebbe togliermi prima questo stupido fiocco?” gli chiese, sorridendo.
 
“Cazzo… Scusa. Che idiota. È  stata Mila, vero? Quando la becco…”
 
“Georgi, in verità. Credeva che ti sarebbe piaciuta la versione micetto…” Nonostante la buona volontà, Otabek non riuscì a mascherare il disgusto.
 
“Che idea del cazzo. Adesso io…”
 
“Adesso tu mi lasci fare,” lo interruppe Otabek, “sei il festeggiato e come tale devi essere trattato.”
 
“E sono anche maggiorenne ora, non dimenticarlo.” Il luccichio eccitato negli occhi di Yuri sarebbe stato impossibile da ignorare.
 
Facendo appello a una spavalderia che non gli era mai appartenuta, e che non sapeva quanto a lungo sarebbe durata, Otabek si spostò sul divanetto e lasciò che Yuri gli si posizionasse a cavalcioni. Giocherellò un po’ con i suoi capezzoli, li leccò e lasciò baci su tutto il suo petto, godendosi la sensazione della sua pelle sotto la lingua. Sentì il suo respiro farsi più rapido, lo vide sgranare gli occhi e scivolare di più contro di lui, tentando di avvicinare il bacino il più possibile. Convinto di essere sulla buona strada gli accarezzò il viso, scoprendolo deliziosamente caldo e arrossato, portando poi due dita alla sua bocca.
 
Sperando di non star facendo una cazzata atroce, gli diede un ordine. “Succhia,” disse solo.
 
Con sua somma gioia, Yuri obbedì. Non si fece pregare, non chiese spiegazioni, non fece nemmeno battute taglienti; semplicemente dischiuse le labbra e accolse le dita di Otabek nella sua bocca, giocherellando con esse; la lingua di Yuri, solitamente affilata come un rasoio, gli carezzava dolcemente i polpastrelli, infilandosi maliziosamente tra le dita e bagnandole con la saliva. Improvvisamente, le guance di Yuri s’incavarono e Otabek gemette mentre il festeggiato, sfacciato come non mai, iniziava a imitare un pompino.
 
Sconvolto, ormai al limite della sopportazione, Otabek sfilò le dita dalla bocca di Yuri e scivolò con il palmo aperto lungo la sua schiena, infilandosi agevolmente dentro agli assurdi jeans che, sperava, dopo quella sera non avrebbe mai più rivisto. Pregustava Yuri, le sue reazioni, l’inarcarsi della sua schiena quando finalmente avrebbe accolto le sue dita, le imprecazioni che sicuramente gli sarebbero sfuggite di bocca quando le sensazioni si fossero fatte troppo intense. Aveva aspettato per mesi, immaginato quel momento, aveva quasi dimenticato di…
 
“Yuri! Ti stai perdendo la torta!”
 
...di essere in mezzo alla gente.
 
“Io li ammazzo. Li ammazzo tutti, poi li resuscito e li ammazzo di nuovo” sbottò Yuri, frustrato. “Solo perché loro non scopano credono che nessuno…Idioti! Mi rifiuto di rimanere a bocca asciutta il giorno del mio compleanno!”
 
Otabek sorrise e si guardò le dita. “A bocca asciutta? Non direi proprio…”
 
Yuri gli rivolse uno sguardo sdegnato, imbestialito anche con lui, che non prendeva sufficientemente sul serio l’interruzione.
 
“Credi davvero che avrei fatto affidamento su questo posto? Ma non scherziamo… Resti da me stanotte, pensavo fosse ovvio. Questo era al massimo l’aperitivo, sicuramente non il dessert.”
 
“Oh!” Lo sguardo di Yuri si illuminò all’improvviso, come se stesse pregustando il finale di serata. “Allora torta?”
 
“Torta.”
   
 
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