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Autore: Andy Grim    18/07/2009    5 recensioni
Mi ero ripromesso di non pubblicare questa storia finché non ne avessi ultimato la pubblicazione su MANGANET... ma leggendo la recensione di Kitthex sulla mia one-shot "Le dimissioni di Asuka Junior" (ispirata a questa stessa serie) è scattato qualcosa che mi ha spinto ad esaudire il suo desiderio di leggere qualcos'altro di mio e dunque rieccomi qui! Può darsi che Kitthex non bramasse affatto di leggere un secondo racconto su Saint Tail e ancora meno una storia come questa! Ho già pubblicato su EFP un lavoro analogo basato su Lamù e non so se abbia incontrato molto successo (ho avuto solo 12 recensioni abbastanza lusinghiere, ma un numero di letture in calando nella sequenza dei capitoli). Per carità, il lettore è giudice e mi rendo anche conto che si tratta di un genere forse troppo originale (ho infatti già deciso di NON pubblicare altre demenzialità di questo tipo)! Chi preferisse qualcosa di più "normale", può entrare nella sezione su Candy Candy e leggersi "Un compagno per Flanny Hamilton". Per ora non vi è altro, ma spero, nel prossimo futuro, di potervi offrire altre opere (le idee non mi mancano, lo sbuzzo un po' di più)! Riguardo alla storia qui presente, si propone di illustrare le lotte interne del co-protagonista di KST nella sua perpetua caccia alla coduta ladruncola di Seika, nonché le continue schermaglie amorose con le rivali in amore di quest'ultima. Ai lettori che fossero contemporaneamente dei fan di Uruseiatsura e di Kaitou Saint Tail potrebbe interessare il confronto diretto fra le equipes organiche di due esemplari umani (Ataru Moroboshi e Alan Daiki Asuka) che più diversi di così non avrebbero potuto essere. Buon divertimento... o almeno me lo auguro!
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 45: Riflessioni, depressioni e barlumi di luce

Capitolo 45: Riflessioni, depressioni e barlumi di luce

 

“M

otoria da Centrale… Motoria da Centrale” il gracchiare proveniente dal comunicatore riscosse improvvisamente il pilota dell’organismo “insomma, signor Kirby: le dispiacerebbe aumentare un po’ la velocità?!”

Il responsabile della attività muscolari diede una veloce occhiata al manometro della pressione sanguigna, per poi rispondere mestamente: “Mi spiace, signore, ma più di così è impossibile: ha le gambe di piombo ed è già un miracolo tenerlo su!”

“Ma è possibile che quest’individuo tiri fuori tutta la grinta soltanto durante le operazioni?!” sbottò il Coordinatore, esasperato.

“Se ne stupisce?” commentò amaro il responsabile neurologico “dopotutto è ancora un ragazzino!”

“Ora non più, Marlowe” ribatté A1, con veemenza “come vi ho già detto, d’ora in avanti dovrà comportarsi da adulto. Troppo comodo esserlo solo a letto!”

“Il guaio, con le Genetiche, è che diventano funzionali troppo presto.” commentò, sospirando, il capo della Sensitiva.

“Questo è fuor di dubbio, signor Chandler” ne convenne Harper “soprattutto rispetto alle Cerebrali…!”

“Mi sta forse dando dell’inetto, signore?!” domandò aspramente l’interessato, punto sul vivo.

“Non la prenda sul personale, Watson” gli rispose il superiore, con un cenno di diniego “qua dentro ci siamo dimostrati tutti degli incapaci, se non dei veri incoscienti!”

“Io… io non sarei d’accordo, signore” saltò su Marlowe, inaspettatamente “penso piuttosto che il povero signorino Alan sia rimasto vittima di circostanze molto più grandi di lui, che non è stato capace di affrontare!”

“In tal caso non doveva mettersi a fare il detective” sentenziò deciso il Coordinatore “la sua maledetta passione per quel mestiere da adulti ci ha obbligato a concentrarci su determinati problemi, trascurandone erroneamente diversi altri, niente affatto marginali. Come gestire le relazioni interpersonali, per esempio…!”

Marlowe scosse tristemente il capo: “Purtroppo, sotto quest’aspetto, gli organismi maschili saranno sempre in netto svantaggio rispetto a quelli femminili, signore, le cui Cerebrali maturano prima… per non parlare delle Neurologiche.”

“E allora, lei e Watson, sbrigatevi a colmare il gap” ribatté perentoriamente A1 “perché fra nove mesi, al più tardi, il nostro assistito si ritroverà nientemeno che un bel pupo fra le braccia!”

“O magari anche due…!” intervenne il capo-sezione nominato, con tono sarcastico.

Il superiore si volse verso di lui, fissandolo con sguardo truce: “Che fa, signor Watson, il portajella? O crede forse di essere spiritoso?!”

“Né la prima, né la seconda, signor Harper” rispose questi, con pacatezza “volevo solo far presente che anche l’atto riparatorio preteso dalla sua illustre collega Lana Orion potrebbe non essere scevro di conseguenze… non so se mi spiego!”

Il Coordinatore impallidì, per poi precipitarsi sul comunicatore: “Genetica da Centrale… Spade da Harper, risponda!!”

“Comandi, signore…!”

“Esigo di sapere all’istante se il rapporto C con la signorina Haneoka è avvenuto prendendo le opportune precauzioni. Mi ha compreso?”

Dopo alcuni secondi di tensione, la risposta del capo-sezione giunse marcatamente tremula: “So… sono desolato, signore. Ma in quel momento il nostro organismo non disponeva di mezzi anti-concezionali!”

“Lo so benissimo, idiota” gridò A1, esasperato “le sto chiedendo se ne avete applicati di naturali!”

Altro breve quanto intenso silenzio. Poi la voce di Spade tornò, sempre più simile ad un guaito: “Signore… noi ci abbiamo provato… ma lo staff della signora Speedy non ce lo ha permesso!”

“Lo scaricabarile non le salverà il culo, brutto disgraziato!!” rimpallò il capo, fremente d’indignazione.

“Scaricabarile un accidenti” gridò allora il responsabile genetico, in un sussulto di dignità “noi e la Motoria eravamo pronti a uscire per tempo, ma le grinfie di quella mantide ci hanno immorsato il bacino. Chieda conferma al signor Kirby, se non ci crede!”

“Come mantide?!” sussultò Marlowe “Sammy, non ti sembra di esagerare?”

“Col cavolo, che esagero. Fatti rammentare dal capo la teoria degli agnellini e delle tigri…!”[1]

“La finisca, Spade” gridò Harper, già in preda all’ira “la verità è che vi siete comportati da pivelli. E per la seconda volta!!”

“Ma signore, se le dico che non potevamo in alcun modo ritirare il raccordo di giunzione! Che cavolo potevamo fare?”

“Scongiurare l’emissione, maledetti incompetenti che siete!”

“Con un tale accumulo di segnali eccitatori di quel livello?” obiettò il malaugurato direttore della Ripro “ma signore, con tutto il rispetto, lei farnetica: nemmeno stritolando il PCG[2] ci saremmo potuti riuscire!”

Lew “A1” Harper si sentì mancare il pavimento cellulare sotto i piedi. Era proprio vero che i guai venivano sempre a coppie, come le ciliegie!

“Almeno… se è così… questa volta verrà al mondo dalla donna giusta!”

Il Coordinatore si voltò verso il capo della Neuro, osservandolo con aria apatica. Non aveva nemmeno più la forza di arrabbiarsi per quella frase decisamente fuori luogo: era troppo impegnato a contenere lo sgomento nel pensare a cos’avrebbe detto l’ispettore Heiji…

Senza replicare, lasciò quindi la centrale operativa per andare a chiudersi nel suo ufficio, dove sedette alla scrivania. Rimasto qualche momento a tenersi il capo fra le mani, alzò infine lo sguardo sull’immagine di una bellissima donna bruna, appesa alla parete.[3]  

“Signora Kaori… purtroppo mi sono dimostrato un completo incapace! Sono un fallito e non merito il suo perdono… ma la supplico: vegli su suo figlio. Lei lo sa che non voleva far del male a nessuna… perciò la scongiuro: mi aiuti a tirarlo fuori, da questo ginepraio!”

 

***

Con la mani nelle tasche, sforzando faticosamente una gamba dopo l’altra, il “ragazzo speciale” di Seika si stava trascinando verso casa. Le sue facoltà funzionavano in modo appena sufficiente per non scontrarsi coi passanti o impattare contro un palo della luce, ma per il resto la sua mente rimaneva quasi del tutto avvolta nella nebbia.

Alan non poteva - o meglio non voleva - pensare più a nulla. Aveva ormai quasi il terrore di farlo, poiché qualsivoglia ragionamento avesse applicato in tutti quei terribili sette giorni (da quando cioè il suo Consiglio Organico aveva malauguratamente deciso di verificare la dannatissima Ipotesi Zero) lo aveva invischiato sempre di più in una rovinosa ragnatela che lo stava trascinando in un pozzo senza fondo.

Quel che più lo annichiliva era la profonda assurdità di quanto gli era capitato. Era mai possibile che un giovanotto come lui, serio, riflessivo, posato ed educato si fosse potuto infilare in un guaio del genere? No, non era possibile!

Cos’avrebbe detto la sua povera mamma, se fosse stata ancora in questo mondo? E cos’avrebbe detto, soprattutto quel brav’uomo di suo padre, specialmente dopo tutte quelle raccomandazioni, purtroppo fatalmente tardive?

Che fare, adesso? Mettere tutto a posto celebrando un matrimonio senza amore? Oh, certo: Sayaka lo avrebbe colmato di affetto e di attenzioni, ma lui come avrebbe potuto vivere sereno dopo aver pugnalato in quel modo la propria anima gemella? Come avrebbe potuto guardarla più in faccia? E come avrebbe potuto guardare in faccia la stessa Rina, dopo averla così fermamente respinta, proprio per restare fedele alla sua dolce ex avversaria?

Almeno, della procace biondina, se n’era infine innamorato, un po’… ma piantare in asso addirittura la fanciulla della sua vita per farsi incastrare da una ragazza che trovava semplicemente simpatica e carina, era veramente troppo!

Brividi gelidi cominciarono a corrergli lungo la schiena, al pensiero che, se Rina si fosse trovata al posto di Lisa nel momento in cui le aveva fatto quella tragica confessione… altro che pugno nello stomaco: lo avrebbe letteralmente massacrato!

*Così proverei meno rimorso, almeno*  meditò cupamente, andando anche più in là *o magari avrebbe anche potuto uccidermi… o forse no, ma di sicuro ci avrebbe pensato suo fratello[4]… e allora sì che avrei risolto tutti i miei problemi!*

Per fortuna il raziocinio di Alan ebbe ben presto di nuovo il sopravvento e il ragazzo scacciò quei macabri pensieri con un gesto deciso della mano: *Come minimo, comunque, una bella scarica di ceffoni dal vecchio non me la leva nessuno…!*

“Ehi, Alan… vuoi un passaggio?”

Sussultando come colpito da un fulmine, il ragazzo si paralizzò sul marciapiede, per poi girarsi lentamente, lottando con la tensione che gli induriva le membra.

“Pa… papà…!! Che… che ci fai, qui?”

“Lavoro, non vedi?” rispose l’ispettore, indicandogli col pollice il furgone che seguiva la sua macchina di servizio “Stiamo scortando un carico di valore al municipio. Siccome casa nostra è sulla strada, possiamo accompagnarti. Dai, sali.”

Il figlio obbedì impulsivamente, anche per non insospettire il genitore, montando quindi sul sedile di dietro.

“Tutto bene a scuola?” non mancò di chiedergli il padre, da perenne abitudinario.

“Alla grande, nonno!” commentò Watson, con acido sarcasmo.

“Eh? Che…? Ah, sì… bene…!”

Mezzo girato verso di lui, Heiji lo squadrò espressivamente: “Speriamo, con l’entusiasmo che hai! Che ti succede, hai litigato con la tua ragazza?”

“No… senti, cosa state trasportando di così prezioso?”

“Come? Ah… si tratta di alcuni dipinti della collezione Katamura, che sono stati donati alla pinacoteca municipale. Quell’affarista lo aveva confermato al ricevimento di sabato sera: me ne aveva parlato un collega che ha organizzato il servizio di guardia.”

“Katamura…” rimuginò il giovane, ben lieto di pensare ad altro “…ma non è il proprietario del quadro La Sfinge?”

“Proprio lui” confermò il padre “anzi, il sindaco mi ha fatto sapere che ti scriverà una lettera d’encomio per aver sventato il furto dell’altro giorno. Sono fiero di te, ragazzo mio!”

*Ancora per poco, papà…!* pensò tristemente lo sciagurato. Poi aggiunse, sempre d’impulso “Posso venire con voi?”

“Ma sei instancabile, figliolo” ribatté l’ispettore, compiaciuto “non è meglio se ti riposi, prima di metterti a studiare?”

“Per domani non ho nessun test. Che ti costa?”

“E va bene, se ci tieni tanto… dirigi al municipio, allora, Tanaka!”

“Bene, signore!” rispose l’agente alla guida, cambiando direzione.

***

“Fate piano… ecco, bene… il numero 10 da questa parte.” l’assessore alla cultura del Comune di Seika supervisionava scrupolosamente il trasporto e la collocazione dei quadri lungo le pareti della pinacoteca. Alan e suo padre stavano osservando le operazioni accanto al Primo Cittadino, che sorrideva con aria soddisfatta: “Queste opere sono davvero magnifiche. I visitatori non mancheranno!”

“Potete starne certo, vostro onore” affermò l’assessore al bilancio, anche lui presente “e il ricavato rimpinguerà le nostre casse, permettendoci di finanziare quei progetti che abbiamo annunciato nell’ultimo consiglio comunale.”

“Non è questa la sede per discuterne, assessore!” lo rimproverò il sindaco, sbirciando nervosamente i due detectives. Il più giovane fece infatti una smorfia, pensando che lo zio di Rina era davvero una gran vecchia volpe!

“Ah, ecco finalmente il nostro pezzo forte!” esclamò ancora Morinaka, mentre due operai stavano recando l’ultimo pezzo della largizione di Katamura. Sulla tela era raffigurato il mitico leone dalla testa di donna, mentre poneva ad Edipo i tre famosi indovinelli. La vista del dipinto fece rivivere al povero Alan le immagini della famosa sera in cui aveva smascherato ufficialmente la sua antagonista e che avrebbe potuto diventare il preludio della sua nuova e felice esistenza a fianco di Lisa Haneoka. E invece…

“Può essere veramente orgoglioso di suo figlio, ispettore” Alan si riscosse nell’udire la voce del sindaco “se non avesse sventato il furto di Seya, ora non potremmo ammirare questa pregevole opera!”

Heiji Asuka sorrise compiaciuto, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo: “Buon sangue non mente, vostro onore. Stia sicuro che, prima o poi, il mio ragazzo riuscirà a portare a termine l’incarico affidatogli.”

“Ah, non ne ho il minino dubbio” convenne Morinaka, mentre l’interessato stringeva i denti, sentendosi avvampare dalla vergogna “sono anzi certo che nel futuro diventerà un ottimo detective professionista.”

“E così, questa è proprio La Sfinge?” s’informò il padre di Alan.

“Per l’appunto” rispose l’assessore alla cultura, che aveva raggiunto il gruppetto subito dopo che avevano finito di appenderlo “la critica lo considera una delle migliori raffigurazioni dell’omonima figura mitologica. L’ha creato un pittore di grande talento, rimasto purtroppo vittima di un dissesto finanziario. Per sua fortuna, il commendator Katamura l’ha salvato dall’indigenza, acquistandogli il quadro.”

“Non c’è che dire: è un vero mecenate, quell’uomo!” ribadì il capo del Comune.

Sorridendo sotto i baffetti alla Erroll Flynn, l’ispettore diede di gomito al figliolo: quando quest’ultimo aveva ricevuto il biglietto di Seya - erano trascorsi solo pochi giorni, ma a lui sembrava un’eternità - aveva chiesto al padre di verificare se l’obiettivo della ladra fosse stato acquisito lecitamente dal suo possessore. Heiji aveva così scoperto che l’autore del quadro aveva dovuto contrarre dei debiti con alcuni strozzini, uno dei quali sembrava essere stato in rapporti d’affari proprio con lo stesso Katamura! All’uopo, lo staff dell’ispettore stava ancora indagando.

“Mi perdoni, eccellenza, ma le ricordo che fra dieci minuti abbiamo appuntamento con l’assessore ai Lavori Pubblici!” disse al sindaco il suo segretario personale.

“Ah, sì: è vero” si rivolse agli Asuka “signori, vi ringrazio per l’ottimo servizio e vi prego di scusarmi, ma il dovere mi chiama. Fra due giorni apriremo la pinacoteca al pubblico: se volete ammirare la collezione in tutta tranquillità, approfittatene pure ora.”

“Grazie, vostro onore, arrivederci!”

Mentre il sindaco e suoi collaboratori se ne andavano, l’ispettore tornò a battere affettuosamente la spalla del suo rampollo: “Beh, Alan, io devo tornare in ufficio. Vuoi che ti accompagni a casa o preferisci tuffarti nella cultura?”

Il ragazzo sussultò a quel contatto e, dopo aver riflettuto un istante: “Pensavo di dare un’occhiata, papà… non preoccuparti, rincaserò da solo.”

“Bene, ci vediamo a cena.” disse allora Heiji, congedandosi.

*E farai meglio a godertela, finché puoi…!* si disse l’incauto, mentre l’osservava allontanarsi. Dopodichè, come spinto da un vago presentimento, s’avvicinò a quel malaugurato dipinto, imprevista fonte di tanti guai. I suoi attenti occhi, diretti dalla centrale di Chandler, scorsero lentamente tutta la tela… lo stesso detective non sapeva nemmeno cosa stesse cercando. Forse era soltanto un modo per distrarre il cervello dal problema principale: Parker aveva avvertito A1 che bisognava prendersi una pausa, onde evitare che i neuroni entrassero in zona pericolo. Dopotutto, la sua intraprendente spasimante ci aveva messo assai poco per dirgli di essere in dolce attesa e certe analisi farmaceutiche potevano anche non essere del tutto attendibili. Alla famiglia Shinomya sarebbe occorso un po’ di tempo per un sicuro responso medico e questo avrebbe dato modo al Consiglio asukiano di riflettere con più calma su quel che davvero convenisse fare.

Nel frattempo, quel quadro… era curioso, ma più lo guardava con attenzione e più si persuadeva che avesse qualcosa di diverso da quando lo avevano sostituito con lo specchio di Leche, la sera del mancato colpo di Saint Tail!

“Hai pensato di darti alla pittura?” gli chiese una voce allegra “O vuoi forse diventare un critico d’arte?”

Riprendendosi dall’ennesima scossa, Alan si voltò per trovarsi di fronte a Rina Takamya, venuta, come spesso faceva, a trovare lo zio sul lavoro. E, per una volta tanto, quel grazioso visetto sorridente fu per la squadra di Marlowe un vero toccasana. Se non altro, negli ultimi tempi aveva perso molta della primitiva spavalderia.

“Forse dovrei” rispose lui, tenendo le mani in tasca e rigirandosi verso la tela “magari risulterei meno disastroso che non come detective!”

La biondina gli si appoggiò affettuosamente: “Dai… lo sai che non è vero. E se anche non ti occuperai più del tuo caso preferito, avrai tante altre occasioni per dimostrare le tue capacità.”

“Tu credi?”

“Assolutamente sì. Anzi, sai cosa ti dico? Che senza intrighi sentimentali di mezzo, farai addirittura scintille!”

“Oh, di questo sono sicuro” convenne lui, sorridendo amaramente “qualunque sarà il mio futuro lavoro, non potrà certo venire turbato dalla mia vita sentimentale…”

Rina corrugò le sopracciglia: “Beh, non è proprio questo che intendevo!”

“…perché quella è finita” terminò lui, con accento cupo, incrociando le braccia “definitivamente…!!”

L’arguta ragazzina rimase interdetta un secondo, per poi scrutare accuratamente il volto di Alan: quel suo sguardo buio che continuava a vagare sul dipinto non le diceva niente di buono!

“Che cos’è successo…?” gli chiese, con voce alterata. Poi, urtata dal suo silenzio, gli afferrò il mento con la mano, obbligandolo a guardarla in faccia “Rispondimi, per favore!”

Lui lo fece, ma con voce quasi atona: “Non ho niente da dire, Rina. Lasciami perdere!”

Siccome però l’Emotiva di Marlowe continuava a mandare segnali disperati attraverso quelle bellissime iridi verde-scuro, il messaggio vocale trasmesso da Chandler non suonava troppo persuasivo. Ebbe piuttosto l’effetto di ferire la Neuro di Rina, che ordinò quasi subito alla sua Motoria di mollare uno schiaffo a quello sbarbatello turba-fanciulle!

“Sei uno sciocco!! È vero che ti ho lasciato a Lisa, quando ho capito che l’amavi più di me… ma credi forse che io abbia smesso di volerti bene? Lo sai che ti leggo come un libro stampato: tu stai malissimo e sono preoccupata per te…!” gli gridò, esasperata, mentre lui si massaggiava filosoficamente la guancia.

L’ultima frase della ragazza fece però scattare qualcosa nella mente di Alan; come una sorta di processo alchemico che Marlowe e Chandler non riuscirono a fermare: “E allora smetti di esserlo” sbottò, staccandosi bruscamente da lei “tu, Lisa, Sayaka… e magari qualche altra, per buona misura… smettetela di pensare a me!! Perchè, più lo fate e più m’incasino… io non ce la faccio più! Quindi ve lo chiedo per favore, Rina: lasciatemi in pace…!!”

“Alan, ma che cosa ti prende…?!” lo interruppe sbigottita la sua ex pretendente, mentre lui si allontanava.

“Mi ha sentito, si o no?!” gridò ancora lui, dopo essersi bloccato per rigirarsi verso la ragazza “Ho detto di levarvi dalle vostre testoline questo maledetto disgraziato!! Hai capito??  LASCIATEMI ANDARE IN MALORA DA SOLO!!!”

Detto ciò, le voltò definitivamente le spalle per avviarsi a grandi passi verso l’uscita, incurante dello sguardo stupito di alcuni impiegati, richiamati dalle sue urla.

Ma Rina non se ne dette per inteso: anche dentro di lei scattò qualcosa e, raggiuntolo con ampie falcate, lo afferrò alla spalla con una mano e alla cintola con quell’altra…

“Cosa fai…? Mollami!” protestò lui.

“Alan… adesso ti calmi, ti accompagno a casa e mi racconti tutto!”

“Nemmeno per idea… lasciami andare, ti ho detto!!”

“No!”

“Rina… bada che, se non mi molli subito, potrei anche non rispondere delle mie azioni!”

“Nemmeno io!” fu la sua fredda e secca risposta.

Il giovanotto tentò di divincolarsi, ma la ragazza, forte della sua perizia di judoka,[5] lo placcò subito a terra.

“Lasciami, stupida, lasciami…!!!” gridò lui, con voce ormai isterica, tentando di rivoltarsi.

“Non ci penso neanche” rispose Rina, con tono ugualmente alterato dall’emozione “non ti permetterò di farti del male Alan: né per Lisa, né per me…!”

Lui tentò ancora di divincolarsi, ma quando si rese conto che non avrebbe mai potuto aver ragione della sua forza erculea - maledetto il giorno che aveva rifiutato, forse per non ingelosire Lisa, di frequentare insieme quel corso d’arti marziali - cominciò a battere i pugni sul pavimento di marmo, piangendo disperatamente.

“Presto, chiamate un dottore” gridò la ragazza verso i presenti “è in preda a una crisi!!”

Per fortuna, proprio di fronte al Municipio c’era l’Ambulatorio medico, il cui responsabile poté accorrere prontamente. Nel frattempo i funzionari comunali faticavano a tenere fermo il povero Alan, le cui grida straziavano il cuore alla sua amica, che cercava di calmarlo accarezzandogli il viso e ripetendogli: “Stai buono, Alan… non è niente! Si sistemerà tutto… non fare così, tesoro! Ti prego…!!!”

Finalmente arrivò il dottore e gli iniettò subito una massiccia dose di tranquillante; al che il poveraccio si accasciò, inanime, fra le braccia della sua amica.

“Sarà meglio portarlo in clinica per un controllo” disse il medico, afferrando il cellulare “chiamo l’ambulanza.”

“Posso accompagnarlo, dottore?” chiese la giovanetta, con le lacrime agli occhi.

“Ma certo, signorina. Qualcuno, però, deve avvertire la famiglia.”

“Telefonerò io quando arriviamo, non si preoccupi.”

“D’accordo!”

***

“Tesoro… esci, ti prego… adesso calmati: è un’ora che sei chiusa lì dentro…!!” ripeté per l’ennesima volta la signora Shinomya, bussando alla porta della camera di sua figlia, continuando però ad ottenere soltanto ripetuti e  soffocati singhiozzi.

“Sono desolata, signora” diceva intanto la cameriera, in tono sommesso “avrei dovuto controllare meglio la data sulla confezione!”

La madre di Sayaka sospirò “Purtroppo sono cose che capitano… anche se mi piacerebbe proprio far causa a quella dannata farmacia! Sayaka, ti scongiuro: non farmi stare in ansia così…!”

“Vuole che vada a prendere il passepartout, signora?”

“Sì, forse è meglio: non vorrei che facesse qualche sciocchezza!”

La domestica corse via, tornando ben presto col  necessario e la padrona s’affrettò ad aprire la porta per poi appressarsi al letto della figliola, dove quest’ultima, coricata a pancia in giù, stava inzuppando il cuscino con le sue lacrime. Sua madre iniziò ad accarezzarle dolcemente i morbidi capelli, avendo ben compreso cos’era successo!

Al suo rientro da scuola, quando il maggiordomo l’aveva fatta scendere dall’auto, la ragazza non aveva fatto pochi passi che il buon James aveva esclamato: “Buon Dio, signorina… ma si è ferita?!”

Per Sayaka, la vista di quella macchia sul sedile posteriore della vettura era stata una mazzata dieci volte superiore di quella provocatole tempo prima dall’imbarazzo del suo menarca! Controllatasi la gonna sul didietro, l’aveva vista in uno stato pietoso... del resto, sapendosi in stato interessante, aveva tranquillamente omesso d’indossare l’assorbente!

Il tremendo shock rivelatorio, aggiunto alla vergogna d’esser vista in quello stato dal maggiordomo, era stato troppo per la poverina, che si era precipitata in camera sua, piangendo disperatamente, sotto gli occhi spalancati della cameriera e della madre. Quest’ultima, vedendo la sottana della figlia macchiata di sangue, aveva rivolto uno sguardo significativo alla domestica, che si era precipitata a recuperare la confezione del test di gravidanza acquistato il giorno prima… e le due donne avevano dovuto constatare che quello stupido d’un farmacista aveva venduto ad Elizabeth un prodotto già scaduto!

“Coraggio, piccola” sussurrava adesso la signora alla sua figlioletta sconfortata “calmati, ora. Ci sono io, qui: non avere paura!”

Dopo qualche altro singulto, la povera ragazza si tirò su per poter affondare la sua testolina nel petto della madre: “Ohh… mammaaa…!!! Aiutami, ti pregooo…!!!”

“Sss… buona, buona” cercò di calmarla lei, cullandola “è tutto passato… stai tranquilla, adesso!”

“Io… io… sono disperata, mamma” singhiozzò, istericamente “ho… ho appena… ho appena detto ad Alan che… che aspettavo un bambino da luiii…!!!”

“Lo so, tesoro” le rispose la madre, stringendola forte “lo so…!”

“E… e… e adesso lui… lui… crederà che… che io… che gliel’ho detto per… per ricattarlooo…!!!”

Alla signora si spezzò quasi il cuore. Stravedeva per quell’unica figlia che aveva ed era consapevole di averla viziata un po’ troppo! Forse aveva persistito nel suo sbaglio per non avere visto il carattere della bambina guastarsi di conseguenza.[6] Tuttavia, aver manovrato in quel modo per sviluppare il suo rapporto col figlio dell’ispettore, soltanto perché Sayaka s’era presa una cotta per lui, senza nemmeno verificare se il giovanotto la ricambiasse almeno un poco, non era stato esattamente un comportamento da genitrice responsabile!

“No, no… non pensarlo nemmeno” le rispose, accarezzandole ancora i capelli e cercando di sciogliere il groppo alla gola “in fondo è un ragazzo sensibile. Se gli parlerai con sincerità, non mancherà di crederti.”

“Davvero, mamma…?” chiese la figlia, con ancora gli occhi gonfi di lacrime.

“Ne sono sicura… e se gli aprirai il tuo cuore, prima o poi ricambierà i tuoi sentimenti, vedrai!”

Ma l’erede della Principessa Rosa scosse tristemente la testolina: “No, mamma… vedi, l’ho già fatto e… non c’è nulla da fare: ama un’altra!”

“Ne sei proprio certa?” chiese la signora, scrutandola bene in viso.

Lei tenne gli occhi bassi e annuì: “Me lo ha detto lui stesso!”

“E… quell’altra lo ricambia?”

Da sconsolato che era, lo sguardo di Sayaka si fece improvvisamente cupo: “Non lo so” rispose, dopo aver riflettuto un momento “quel che so è che ha usato un metodo assai vile, per conquistarlo!”

“Beh, tesoro…” disse allora la signora, mettendole le mani sulle spalle “…non voglio certo crearti delle illusioni, ma… se le cose stanno come dici, non è affatto impossibile che lui possa cambiare idea!”

La figlia ebbe un lampo negli occhi: “Lo credi, mamma?”

“In ogni caso, l’amore è una battaglia, figlia mia” ribatté sua madre, sospirando “e se pensi davvero che Alan Asuka sia l’uomo della tua vita, dovrai combattere per conquistarlo. E ora vai a farti un bel bagno, su… che ne hai proprio bisogno!” concluse, dandole un leggero buffetto.

“Va bene!”

La ragazza si alzò e stava per uscire dalla camera, quando la madre le disse: “Sai? Pare che, in gioventù, l’ispettore Asuka si fosse infatuato nientemeno che della famosa ladra Lucifer…!”

“Che cosa??!” saltò su Sayaka, al colmo dello sbalordimento.

“Eh, sì! Io lo venni a sapere perché, proprio in quel periodo, una mia compagna di studi gli stava facendo la corte… eravamo molto amiche e mi aveva confidato tutto!” spiegò la donna, con la voce velata dalla malinconia.

“E… com’è finita?”

Un sorriso di puro compiacimento spuntò sul viso della donna: “È finita bene, perché, dietro mio suggerimento, Kaori affrontò di petto il suo ragazzo e gli rimise la testa a partito… per la fortuna di tutte e due! È inutile” la signora scosse la testa, sospirando pazientemente “i maschietti rimarranno sempre degli eterni bambini, ricordatelo. E tocca a noi femminucce rimetterli sulla retta via!”

Sayaka rimase qualche momento ad assimilare quanto aveva udito, per poi sorridere maliziosamente: “Ti ringrazio, mammina!”

“Non c’è di che, bambina mia!”

 



[1]  Vedi il “mitico” capitolo 12!

[2] Abbreviazione di Pubococcigeo (muscolo). Serve per… beh, imparatelo per conto vostro!

[3] In tutti gli uffici dei Coordinatori Organici è di norma presente un ritratto dell’organismo assemblatore. Essendo elaborato attraverso il cromosoma dell’ovulo, è sempre quello originale, anche nei casi in cui la Sensitiva non l’abbia potuto vedere direttamente.  

[4] Kai Hivatari, nella versione di Lord Martiya (cfr. Le fiamme del destino).

[5] Ebbene sì: Rina Takamya - nella mia fanfic, almeno - è cintura marrone di karaté. Che c’è da stupirsi?

[6] Non tutte le “cocche di mamma” diventano delle Iriza Legan, per fortuna!

  
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