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Autore: ElfaNike    28/01/2019    0 recensioni
"A mille ce n'è...
nel mio cuore di fiabe da narrar...
Venite con me...
nel mio mondo incantato per sognar..."

Uno spin off della fan fiction "Rise of the Brave Tangled Drangons". E' inverno e i nostri grandi quattro trovano un modo interessante per passare il tempo. Situato in un momento random del capitolo "Inverno"
Mettere gli avvertimenti è un po' complicato, perchè in certi momenti sono ooc, in altri no, ogni tanto è AU, ogni tanto no...
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Rapunzel
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Premesse dell'autrice:
Questa è una raccolta di fiabe e leggende tratte dalla tradizione italiana, dai romanzi per ragazzi più famosi, dalle opere dei fratelli Grimm (per esempio, Hänsel e Gretel, Cenerentola...) e di Andersen (Il brutto anatroccolo, La sirenetta...) raccontati dai nostri Grandi Quattro preferiti. Questo vuol dire che io mi diverto a scriverle tutte e voi vi godete quelle che più preferite. Se vedete che una non vi aggrada, passate alla successiva, perché tanto al di là di un breve dialogo all'inizio e alla fine del capitolo non vi perdete nulla. 
Il mio scopo è farvi sdraiare sotto le coperte o sul divano e, magari con una bella tazza di tè, farvi sentire come da bambini, quando la meraviglia non ha confini e l'immaginazione è la migliore compagna di giochi.
Buon viaggio e buona lettura!

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Disney, Pixar e Dreamworks; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro



-...e vissero tutti felici e contenti.- concluse allora Rapunzel, chiudendo con un gesto solenne il volume che aveva in mano. Nella stanza calò un silenzio assorto, mentre Merida e Hiccup rievocavano le parole della storia appena udita.
Era pieno inverno, ancora soffiava fuori della torre il vento di tempesta mentre la neve cadeva a fiocchi, le piante spoglie si piegavano sotto le forti folate. Dentro la torre, i tre ragazzi sedevano attorno al fuoco e in un modo o nell'altro si tenevano compagnia: talvolta giocavano, talvolta si leggevano storie, talvolta le inventavano. Pascal e Sdentato, in un angolo, si riposavano tranquillamente.
-Quindi non ho capito, alla fine quando dice che lei ha conquistato la sua libertà, vuol dire che ha deciso liberamente di sposarsi o ha rifiutato quel bellimbusto?- chiese infine Merida.
-Non è importante la scelta che fa alla fine, ma il percorso che ha fatto per arrivare a trovare il coraggio di scegliere.- le spiegò Hiccup.
-Sì ma è importante lo stesso.- decretò la ragazza.
-Che cosa è importante?- in quel momento una voce allegra risuonò nella stanza semibuia e Jack comparve col suo solito sorriso sbilenco e il bastone in spalla.
Rapunzel agitò il libro: -Stavamo iniziando a dibattere.- esplicò semplicemente.
-Ah. Sempre queste storie noiose.- Jack si lasciò cadere seduto accanto alla sua amica e lo prese per studiarlo: passava gli occhi sulle pagine in maniera irregolare e troppo rapida, non riconoscendo molto di quei segni stani.
-Perché immagino che tu ne abbia di migliori!- lo provocò invece Merida.
Lo spirito si aprì in un ghigno e saltò in piedi: -Ma certo!- e iniziò la sua storia...

-C'era una volta...
-Un re!- Diranno i miei piccoli lettori.
-No ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo di legno vecchio, tutto torto su se stesso, come quello dei bastoni degli spiriti dispettosi. Questo inoltre era tutto snodato, aveva due braccia e due gambe come i bambini veri e una testa tutta sua, dai capelli dipinti di bianco perché il falegname che l'aveva costruito era talmente povero che aveva finito tutti i colori, e rideva e piangeva come un bambino vero.
Già appena uscito dallo scalpello del suo babbo, che ne aveva fatto un burattino per farlo ballare e tirare di scherma, per viaggiare per il mondo e buscarsi onestamente un tozzo di pane e un bicchiere di vino, -Lo chiamerò Jack. Questo nome gli porterà fortuna. Conosco una famiglia intera di Jack: brava gente, il più ricco di loro chideva l’elemosina.- , il birbante saltò per terra e cominciò a combinare una monelleria dietro l’altra, per poi infilare la porta e prendere a correre giù per le viuzze finché non fu acchiappato da un gendarme. Raggiunto allora dal babbo, fu presto sgridato al punto che i passanti e i bighelloni non cominciarono a dire: -Povero Jack, chissà come lo farà a pezzi quell’omaccio del suo babbo, che pare un galantuomo e invece è terribile coi ragazzi.-
A sentir parlare in tal maniera, allora il gendarme lasciò andare Jack, che singhiozzava e scalciava per terra, e portò in prigione quel pover’uomo del suo babbo, che continuava a ripetere: -Sciagurato figliolo, ma ben mi sta, la prossima volta ci penserò prima, quando deciderò di costruirmi un burattino dispettoso.-
Quando fu infine lasciato in pace, Jack si tirò in piedi e, sentendo i morsi alla pancia, corse a casa per cercare qualcosa da mettere sotto i denti.
E mentre era lì, che scavava nei trucioli e osservava con l’acquolina alla bocca il calderone che bolliva dipinto nel caminetto spento, sentì qualcuno che nella stanza si schiariva la voce.
-Chi mi chiama?-chiese spaventato.
-Sono io.- Jack si girò e vide un coniglietto non più alto di un pollice saltellare dal mobile alla mensola del caminetto.
-E tu, Coniglietto, chi sei?-
-Sono il Coniglietto parlante, e abito in questa stanzetta da più di cent’anni.-
-Be’, adesso questa stanzetta è mia, quindi devi andare via.-
-No, questa stanzetta è del tuo babbo, che è buono quanto la luna e ti ha dato due gambe su cui correre.-
-Ma anche lui mi obbligherà ad fare come gli altri ragazzi, andare a scuola e studiare e fare il bravo, quando l’unica cosa che voglio fare è rincorrer farfalle e arrampicarmi sugli alberi e spaventare i gatti.-
-Se proprio non vuoi andare a scuola, perché non impari un mestiere per guadagnarti onestamente un pezzo di pane?-
-Sai qual è l’unico mestiere che mi aggrada di imparare?-
-Quale?-
-Quello di mangiare, dormire e oziare tutto il giorno.-
-Povero monello, ti compatisco. Sei proprio un burattino con la testa di legno.-
A quelle parole Jack saltò su tutto infuriato e prese dal tavolo un martello, e lo lanciò sul povero Coniglietto. Forse non voleva neanche colpirlo, fatto sta che il martello lo prese in pieno e, quando cadde, al posto del Coniglietto non era rimasto più niente.
Intanto si fece notte e Jack si rese conto che non aveva ancora messo niente sotto i denti. Cercò e cercò, finché la fame non lo fece scoppiare in singhiozzi. Ah che birbante, ad aver mandato in pringione il suo buon babbo! Ah che figlio ingrato che era!
E pianse e pianse finché non sentì bussare all’uscio.
-Chi è?- chiese con il corpo che brontolava.
-Sono il tuo babbo. Aprimi, Jack.-
Jack fece un salto e corse al paletto. Che feste! E che pianti! Il pover’uomo, che voleva fargliene tante a quel burattino, s’impietosì a vederlo lagrimare così, e per cena gli diede tre pere che si era portato dalla prigione e si era tenuto per lui per il pranzo dell’indomani.
-Prometto che d’ora in poi farò il bravo!-
-Tutti i ragazzi dicono così per farsi perdonare una monelleria.-
-Anderò a scuola e mi farò onore.-
Allora il babbo, l’indomani, uscì di casa e scambiò la sua giacchetta con un abbecedario.
Tutto contento Jack lo prese e si mise per strada per andare a scuola, pieno di buoni propositi: oggi imparerò a leggere, e domani a scrivere, e il giorno dopo a fare di conto, e poi troverò un mestiere importante e comprerò una bellissima giacchetta al mio babbo… e così via a farsi tanti castelli in aria.
Sentì però, lungo la via, delle musiche come di danza, e tutto incuriosito allungò l’orecchio per ascoltare. Cosa fare? La scuola o la musica?
-Oggi anderò a sentire i pifferi. Per andare a scuola c’è sempre tempo.-
E con due balzi prese la strada che menava alle danze.
Arrivò quindi a un enorme tendone, e chiese a un ragazzetto che bighellonava per lì: -Cos’è?-
Quello gli lesse il cartello: -GRAN TEATRO DEI BURATTINI.-
-E quanto si spende per entrare?-
Fu così che vendette l’abbecedario del suo babbo per andare a vedere la commedia.
Quando entrò, però, e vide il palco, ecco gli elfi di legno che vi danzavano e musicavano coi loro berretti a punta lo videro, e presero subito a fargli delle gran feste: -Jack! Il nostro compare Jack!- al punto che gli spettatori in sala presero a protestare e a fischiare a gran voce, e d’improvviso si sentì un passo pesante e il burattinaio uscì fuori.
Apparve allora un omone dalle spesse sopracciglia nere, e la folta barba bianca lunga fino alla cintola, che squadrò il burattino dall’alto: -Perché sei venuto a scombinare la mia commedia?- chiese con voce cavernosa -Dopo faremo i conti.-
Di fatto, finita la recita, l’omaccione lo prese per il bavero e lo portò in cucina, dove aveva apparecchiato per mangiarsi il bel montone che stava girando in quel momento sul fuoco, e subito voleva gettarvelo, per ravvivare le fiamme.
Allora il burattino prese a piangere e dimenarsi, perché non voleva morire. Allora il burattinaio Nord (ché quello era il suo nome), che a vederlo così poteva metter paura, non dico di no, a sentirlo gridare in tal modo si commosse, e decise di buttare uno dei suoi elfi di legno nel camino.
Alla vista dello strazio di quel povero elfo, allora, Jack si sentì spezzare il cuore: -Pietà, signor Nord.-
-Qui non c’è pietà che tenga. Se ho risparmiato te, devo mettere sul fuoco qualcun altro, perché il mio montone sia arrostito al punto giusto.-
Jack si drizzò con fierezza: -Allora conosco il mio dovere. Se proprio dovete bruciare qualcuno, prendete me. Legatemi e buttatemi sul fuoco.-
Il burattinaio Nord fu molto colpito dal’eroismo di Jack e infatti si commosse e cominciò a starnutire. Perché si sa, quando si commuovono, i burattinai starnutiscono. Decise quindi di risparmiare entrambi (-Pazienza, questa sera mi mangerò il montone mezzo arrostito.-) e il giorno dopo, quando Jack prese la via di casa, gli consegnò cinque monete d’oro per ricomprare la giacchetta al suo babbo.
Jack prese a correre, perché non vedeva l’ora di riabbracciare il babbo e raccontargli tutte le sue avventure, quando lungo la strada una figura nera non lo chiamò dall’ombra:
-Dove te ne vai con passo così allegro, ragazzo?-
-Torno a casa dal mio babbo e per fare la vita da gran signore.- si vantò il burattino.
-Da gran signore tu?- disse l’Uomo Nero, e cominciò a ridere.
-Sì, perché il buon burattinaio mi ha dato queste cinque monete d’oro per comprargli una bella giacchetta nuova.-
L’Uomo Nero allora sorrise gentilmente a Jack: -Che bravo ragazzo che sei. Ma non vuoi portare al tuo babbo ancora più monete d’oro?-
-E come?-
-C’è un campo, nel paese dei Barbagianni, chiamato il campo dei Miracoli. Se ci pianti dento le tue monete e aspetti una sera e una notte, crescerà un albero pieno zeppo di zecchini d’oro. Tu potrai raccoglierle tutte e portarle al tuo babbo.-
Allora Jack, sbalordito, contento di poter comprare una giacchetta, anzi, una casacca tutta brillanti e fili d’oro, per il suo babbo, e in più anche un nuovo abbecedario per lui, seguì tutto contento il suo nuovo amico.
Si fermarono per la notte all’osteria del Gambero Rosso, e, datisi l’appuntamento per ripartire a mezzanotte esatta, andarono a dormire. Quando Jack si svegliò, però, scoprì che quella brava persona dell’Uomo Nero era partito prima per preparargli la strada, così si avviò da solo.
E cammina e cammina, an un certo momento sentì dietro di lui un fruscìo di foglie. Si girò e vide une figuraccia nera.
Gli assassini!” pensò allora, e per precauzione si nascose gli zecchini in bocca.
-O la borsa o la vita!- ordinò il balordo con la voce cavernosa.
Ma Jack con un movimento lestissimo corse via, e scappò e scappò, ma sentiva l’assassino sempre dietro di lui. Dopo quindici chilometri, ormai stanco, si arrampicò su un albero ma l’assassino lo raggiunse e lo agguantò. Cercò di fargli tirare fuori le monete, ma il burattino non rispondeva così l’assassino capì che non poteva parlare perché le teneva in bocca. Allora tirò una corda e impiccò il povero Jack, dicendo: -Quando domani tornerò qui, spero mi farai la garbatezza di essere bell’e morto e con la bocca spalancata.- e se ne andò.

-Cosa?!?- strillò Merida drizzandosi tra le coperte in cui era imbacuccata -Ma come può essere morto il protagonista??-
Jack col dito si stappò l’orecchio, che fischiava a causa di quella voce acuta, mentre Hiccup, a sangue freddo, ipotizzava: -Certe volte le storie possono finire male...-
Merida lo guardò scandalizzata, con gli occhi che dicevano: “Delle volte sei davvero inquietante, tu.”, mentre Rapunzel si sporse un po’ di più verso Jack: -Finisce così la tua storia?-
Lo spirito sorrise furbo e riprese a raccontare…

Vicino all’albero su cui il nostro burattino dondolava come d’autunno, sugli alberi, le foglie, vi era un graziosa casettina bianca, dalla cui finestra si affacciò quella mattina presto una fanciullina dal piumaggio verde e blu. Dalla sua finestra vide il povero Jack e, impietosita, chiamò i colibrì suoi servitori.
-Vedete quel burattino attaccato penzoloni laggiù? Per favore, attaccate la più bella delle mie carrozze e andate a prenderlo. Delicatamente, mi raccomando.-
I colibrì obbedirono e tosto tornarono trasportando il corpo mezzo tramortito di Jack, lo portarono su per le scale e gentilmente lo depositarono su di un lettino preparato apposta per lui.
La fanciulla, che nei fatti era una Fata molto buona, si chinò su di lui: -Chissà se sei vivo o morto?-
Ma il burattino non si mosse. Giunse allora un colibrì col cravattino a comunicare che erano giunte comunicazioni dall’amico Coniglietto:
-C’è il povero falegname che sta molto in pena per il suo figliolo scomparso.-
A quelle parole si sentì un singhiozzo e la Fata buona, scostando un po’ le lenzuola, scoprì che a singhiozzare era stato proprio Jack.
-Sei tu il figliuolo scomparso del falegname?- disse.
Il burattino annuì senza parlare, perché aveva ancora i suoi zecchini in bocca.
-Manderò un colibrì messaggero a rassicurarlo. Chetati intanto e riposati. Io sono la Fata Dentolina. Appena sarai guarito e in forze potrai riprendere la via verso casa.-
Jack dormì quattro giorni e tre notti da tanto era stanco, e quando si svegliò la Fatina comparve con una ciotolina e una pallina di zucchero.
-Questa è una medicina. Bevila e guarirai in pochi giorni.-
-È dolce o amara?-
-Amara, ma dopo ti darò questa pallina di zucchero per rifarti la bocca.-
-Se mi dai prima la pallina di zucchero, dopo beverò la medicina, lo prometto.-
La Fatina paziente gli diede lo zucchero ma dopo che il burattino l’ebbe sgranocchiato rifiutò il bicchiere.
-Ragazzo mio, la tua malattia è grave.-
-Non importa. Se fosse zucchero mi purgherei tutti i giorni, ma questa è troppo amara.-
-Non hai paura di finire all’altro mondo?-
-Non ne ho punto paura. Meglio morire che bevere quella medicina amara.-
In quel momento la porta si spalancò ed entrarono quattro leprotti neri come l’inchiostro con una piccola bara sulle spalle.
-Chi siete voi?-
-Siamo venuti a prendere te, Jack, ché rifiuti il tuo medicamento.-
Ma il leprotto non aveva ancora finito di parlare che in quattro e quattr’otto il burattino aveva preso la ciotola con il medicamento e se l’era bevuta tutta d’un sorso. Allora i quattro becchini ripresero la loro bara e uscirono bofinchiando per aver fatto quel viaggio a ufo.
La Fatina riprese la ciotolina e chiese: -Adesso raccontami come sei finito nelle mani di quell’assassino.-
E allora Jack raccontò tutto, dal burattinaio Nord al suo amico l’Uomo Nero, all’orsteria del Gambero Rosso. Poi la Fatina chiese: -E ora quelle monete dove le hai messe?-
-Le ho perdute.- mentì il burattino, che le aveva infilate in tasca.
A quella bugia il suo naso crebbe di qualche centimetro.
-E dove le hai perdute?-
-Nel bosco mentre scappavo.- il naso crebbe ancora, finché Jack non riuscì più a girare la testa né a destra, né a sinistra. La Fatina, intanto, rideva.
-Perché ridi, Fatina?-
-Rido per le tue bugie.-
-Come hai capito che ho detto delle bugie?-
-Vedi, Jack, esistono due tipi di bugie: quelle con le gambe corte, e quelle con il naso lungo. Le tue sono per l’appunto di quelle con il naso lungo.-
Allora Jack si disperò tanto che la Fatina chiamò i suoi colibrì, i quali beccarono il naso di Jack fino a farlo tornare delle sue dimensioni normali.
Il burattino allora alzò la mano destra: -Ho imparato la lezione, Fatina. Prometto che d’ora in poi sarò buono e mi farò onore. Sono stufo di essere un burattino, voglio diventare un ragazzo perbene.-
La Fatina gli credette: -Allora da domani anderai a scuola. Imparerai a leggere e scrivere e poi potrai tornare dal tuo babbo.-
Jack promise.
A partire dal giorno dopo, per non deludere la sua Fatina, Jack andò alla scuola comunale tutti i giorni, e imparò a leggere e scrivere e far di conto. Nonostante gli sberleffi degli altri monelli, il maestro se ne lodava, perché lo vedeva sempre attento e con la mano levata.
Quando ormai il giorno in cui sarebbe diventato un ragazzo vero era ormai prossimo, rientrando a casa si sentì chiamare:
-Ma quello non è Jack?-
Il burattino si girò per vedere chi aveva parlato e riconobbe il suo amico l’Uomo Nero. Saltellando per l’allegrezza gli si avvicinò: -Mio buon amico!-
-Jack! Che sorpresa… non ti ho più trovato dopo averti lasciato impicc… a dormire all’osteria.-
Jack, che era un burattino di buon cuore, non fece caso a quella frase: -E tu, amico mio, dove sei stato?-
-Sapessi, Jack… ho scoperto un posto in cui voglio andare. Si chiama il Paese dei balocchi.-
-E che Paese è?-
-È un Paese dove si può far cuccagna tutti il dì e non c’è nessuno che ti sgrida.-
Jack riflétté un attimo e poi disse: -E quando ci vai in questo Paese?-
-Parto oggi stesso. Vieni con me, Jack!-
-Non posso. Devo tornare dalla Fatina buona.-
-Solo per oggi. Questa sera tornerai e lei ti perdonerà.-
Jack allora lo seguì sul carro che menava i ragazzi al Paese dei balocchi, dove stette per cinque mesi, quando scoprì che una mattina gli erano spuntate la coda e le orecchie e aveva preso a ragliare. Perché, come la Fatina gli aveva detto, i ragazzi senza giudizio finiscono o al carcere o allo spedale, mentre lui era diventato direttamente un ciuco.
Fu venduto per venti soldi ad un contadino che voleva usare la sua pelle per farsi un tamburo di pelle di somaro. L’uomo lo portò quindi in riva al mare e gli legò una pietra al collo e una fune alla zampa, e lo spinse in acqua. Jack si lasciò affondare, in attesa della morte, quando un branco di pesci molto affamato non decise di passare nei paraggi e, visto un ciuchino legato ad un masso, decisero di darsi al banchetto. Quale orrore quando sotto la pelle scoprirono un corpo tutto di legno duro!
Quando il contadino tirò la fune, invece di un ciuchino morto si ritrovò con un burattino vivo, che appena raggiunse la riva si levò dal collo il sasso e se la diede a gambe lestissimo.
Jack prese la strada che menava a casa e in pochi giorni fu finalmente alla stanzetta del suo babbo. Che orrore a scoprirlo a letto preda della febbre, per aver passato tutto l’inverno in maniche di camicia, dopo aver venduto la sua giacchetta per comprare un abbecedario!
Pinocchio allora si prese cura di lui, e trovò impiego presso un artigiano di vimini, per cui intrecciava con le sue dita agili cesti di tutte le taglie e tutte le forme. Fece anche più di quello che gli era stato domandato e una mattina uscì per comprarsi un vestitino nuovo con i soldi in più, risparmiati dalle spese per prendersi cura del suo babbo.
Sulla strada riconobbe il Coniglietto parlante.
-Oh buon Coniglietto, cosa ti porta qui?-
-Proprio ora sono diventato un buon Coniglietto?-
-Hai ragione, sono stato un birbante con te. Ti chiedo perdono.-
-Sei perdonato. Ti porto nuove della Fata.-
-La mia buona Fatina! Come Sta?-
-Purtroppo non bene. È stata colpita da molte disgrazie e ora è allo spedale senza neanche un soldo per curarsi.-
Jack si disperò alla notizia e consegnò al Coniglietto tutti i soldi messi da parte:
-Portali subito alla Fata Dentolina, e chiedile tanto scusa da parte mia per le mie monellerie!-
Il Coniglietto prese le monete e corse via più veloce del vento.
Quella sera Jack andò a dormire e sognò la Fatina che gli perdonava tutte le sue monellerie e gli diceva che ora era pronto per…

-Jack!- il ragazzo si svegliò quando la sua sorellina gli saltò sulla pancia: -Usciamo a giocare? Usciamo? Usciamo? Usciamo?-
Il ragazzo la sollevò ridendo e la posò per terra: -Adesso mi lavo la faccia e arrivo.-
Lei corse via e lui si stropicciò gli occhi, scoprendoli pieni di sabbiolina dorata. Aveva fatto uno strano sogno, ma non si ricordava bene…

-Quindi se l’era sognato?- chiese senza fiato Rapunzel.
Jack sorrise e annuì.
-Ma questa storia non ha senso! Il protagonista è sempre più sfortunato ogni avventura che passa!- protestò Merida.
-Però la morale alla fine è bella.- sorrise Hiccup.
-Devo confessare che la fine l’ho un po’ adattata a come piace a me...- ridacchiò lo spirito.
-Quindi la sorellina non faceva parte della storia?-
Jack scosse la testa e Rapunzel chiese: -E quindi da dove l’hai tirata fuori?-
-Non lo so.- Jack rise -Mi è venuta così. Che ne dite, storia approvata?-
Merida annuì vigorosamente: -Allora, chi è il prossimo?-

 




Angolino dell'autrice:
Adesso capite perché non so che avvertimenti mettere?!? XD Cos'è, OOC o no? AU o no? Perché ovviamente i nostri protagonisti sono il più fedele possibile ai film come d'abitudine, ma i protagonisti delle loro storie, anche se si chiamano come loro, sono solo affini al loro carattere.
Scherzi a parte: questo spin-off mi è venuto in mente sin da quando ho scritto il capitolo Inverno della fan fiction Rise of the Brave Tangled Dragons. Ovviamente non è l'unica fiaba che verrà raccontata, ce ne saranno altre, e tutte relativamente poco conosciute ;) così, perché mi piacciono le cose curiose.
Allora, la cornice: i nostri grandi quattro si raccontano delle storie. Lineare.
Le storie: saranno tratte tutte da fiabe già esistenti, anche perché così parte la caccia a quale personaggio è chi nella storia originale.
Per quanto riguarda questa storia, non è un cross-over con il Pinocchio della Disney ma un omaggio all'opera di Collodi. Ogni scena è presente nel libro originale, tranne forse i vimini, tratti dal film di Benigni (in realtà Pinocchio nel libro lavora per un contadino). Spero di aver messo tutti gli avvertimenti necessari, ma si tratta di un libro scritto per ragazzi fino ai quattordici anni, quindi non contiene niente di traumatico. Anche lo stile è collodiano, quindi non scandalizzatevi per uno "spedale" o un "bevere" o "anderò". E' tutto calcolato.
Adesso parte la gara: chi è chi, nella riscrittura e nell'originale? E riuscite anche a trovare una cit. di Ungaretti (perché sono una gran secchia e a me la poesia piace)?
A voi! Pronti, partenza, via!

A presto!
Nike

  
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