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Autore: coronaborealis    28/01/2019    0 recensioni
Un uomo se ti ama veramente prenderà la tua mano, ti toccherà il culo mentre ti bacia, metterà la sua mano nella tua vita. Cancellerà il trucco che ti sei messa di proposito e ti riderà in faccia e ti dirà che sei più bella senza trucco. Lui ti farà felice,ma anche ti deluderà a volte, perché così come te, lui non è perfetto.
Genere: Dark, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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-330 giorni; o almeno così era segnato sul mio calendario. Sorrisi leggermente: finalmente sarei andata via da questo stupido paese in cui vivo. “Cèleste! Sei in ritardo!” sentii urlare mia madre dal piano inferiore e iniziai a imprecare. Non chiamate mai i vostri figli con un nome francese in America, perché credetemi, è imbarazzante. “Arrivo mamma!” mi misi lo zaino in spalla e rischiai quasi di inciampare nei miei stessi piedi. “Cazzo!” “Cèleste! Le parole! Quante volte te lo devo dire! Che Dio abbia pietà di te!” scesi gli ultimi scalini alzando gli occhi al cielo. “Mamma, sono sicura che Dio mi perdonerà.” presi un pancake che era sul piatto in cucina. Ah, cara mamma..se solo sapessi in cosa Dio deve perdonarmi! “Signorina, io non ti perdono di certo, quando inizierai ad andare di nuovo in chiesa?” mi guardò con quel fare minaccioso e incrociò le braccia. Ecco,ci risiamo. “Mamma, sono in ritardo; ne parliamo dopo sì?” le lasciai un bacio sulla guancia e la vidi mentre alzava gli occhi al cielo e accennava un sorriso. Chiusi la porta dietro di me e notai che il cielo era nuvoloso. Guardai il portaombrelli e rivolsi di nuovo lo sguardo verso il cielo, indecisa se prendere l’ombrello o meno. Alla fine non lo presi, e mi incamminai mettendo le AirPods nelle orecchie: Lana Del Rey mi accompagnò fino alla fermata dello scuolabus. Ottimo modo di iniziare una giornata. La mia mente iniziò a vagare su come sarebbe andata la giornata e soprattutto su come avrei potuto chiedere a mia madre soldi per poter uscire dopodomani: sabato. “Cèleste!” mi toccò la spalla. Feci un balzo e alzai lo sguardo. “Ehi Tristan!” sorrisi, o almeno, ci provai e mentre mi tolsi un AirPod dall’orecchio alcune domande mi sorsero spontaneamente: 1) perché diamine mi chiamava Cèleste? Sa che odio il mio nome. “Ti sto parlando da circa 5 minuti.” sorrise e si aggiustò il ciuffo. 2) perché i ragazzi si mettono così tanta colonia? “Ohw..uhm, mi dispiace, sai che la mattina ho sempre la testa fra le nuvole.” gli sorrisi e mi persi guardando i suoi occhi verdi, tanto da dimenticarmi della domanda numero 3. “Dicevo..penso che abbiamo perso il pullman sai?” guardò l’ora sul telefono. “Se vuoi ti do un passaggio.” mi guardò. 4) se mia madre scopre che sono entrata a scuola di nuovo in ritardo, sono morta. Morta. Dio, abbi pietà di me. “Va benissimo. Grazie T.” stoppai la musica e lo seguii. “Allooora..” si mise le mani in tasca. “Mi è giunta voce che sei andata a ballare sabato scorso.” “April?” ero sicura che quella piccola stronza gli avesse raccontato tutto. La mia migliore amica diceva che Tristan era il ragazzo giusto per me,un ragazzo a posto. Dovrò farle capire nuovamente che io non provo niente per Tristan. Iniziò a ridere. “Già..” prese le chiavi della sua macchina e la aprì. Ogni volta mi dimenticavo di quanto ricco fosse. Salì sulla sua Range Rover a dir poco imbarazzata. “Uhm..sì, sono andata a ballare ma non è successo nulla di interessante T.” mi allacciai la cintura. Lo sentii sospirare e vidi che strinse leggermente il volante. “Cece, senti.. Penso che tu l’abbia capito..” mi guardò. Oh no, non ora. Non poteva dirlo. “Vieni anche tu questo sabato con noi?” lo interruppi. “Cosa?” si accigliò. “Sì, dai! Ci divertiremo! Ora andiamo che siamo in ritardo.” Sorrisi dolcemente e lo vidi ricambiare. Sapevo benissimo quello che provava per me, ma non volevo rovinare il nostro rapporto d’amicizia. Probabilmente anch’io provavo qualcosa ma non volevo avere una relazione con T. Non ora per lo meno, magari quando sarei tornata dall’Inghilterra. Magari. “Cos’hai ora?” chiuse la portiera. Lo guardai cercando di ricordare che materia avessi alla prima ora. “Algebra!” chiusi la portiera. “Cazzo no.. algebra!” piagnucolai. Lo sentì ridere. “Dai, muoviti cervellona!” accelerò il passo ed entrammo a scuola. “Ci vediamo in mensa Cece!” lo vidi correre dalla parte opposta in cui dovevo andare io. Sospirai pesantemente e corsi verso la classe in cui c’era Algebra, controllai l’ora sul mio telefono: 8.17 AM. “Oh, fantastico!” bussai e aspettai che il Prof. dicesse “avanti”. Entrai e vidi la mia classe che mi stava fissando. “Ma guarda un po’ chi è entrato ancora in ritardo..” mi guardò da sopra gli occhiali. Quei maledetti occhiali. “Mi scusi Signor..” “Niente scuse, Signorina Cooper. Questa è la terza volta che entra in ritardo. Sa che ci sono delle conseguenze.” Scrisse qualcosa sul registro. Mi guardò e giurai di aver visto soddisfazione nei suoi occhi. “Prego.” Mi porse il registro. “Vada in presidenza.” Lo guardai con odio e sentii i miei compagni iniziare a sussurrare. Quello fu il giorno fu brutto della mia vita. Presi il registro ed uscì la classe. Avevo il cuore a mille e l’unica cosa a cui stavo pensando erano i miei genitori. Li avrebbero chiamati? Sarebbero venuti qui a scuola? Giurai che non avrei avuto più una vita sociale. Questo era il karma che mi puniva, o forse era Dio? Feci per bussare contro la porta quando un ragazzo la aprì di colpo ed io, la ricevetti in piena faccia. “Cazzo!” feci cadere il registro e mi toccai il naso. In realtà non sapevo bene dove mettere le mani, sapevo solo che volevo morire in quell’istante. “Merda.” sentii sussurrare il ragazzo-portainfaccia e mise le mani sulle mie spalle. “Mi dispiace tanto..” ridacchiò. “sì, vaffanculo.” mi toccai il naso e vidi sulla mia mano alcune gocce di sangue. Alzai gli occhi al cielo. “Di bene in meglio” “Ah, non dirlo a me.” Incrociai il suo sguardo e mi ci persi completamente. Aveva gli occhi color oceano e pensai di non aver mai visto un colore del genere. “Cooper!” sentì urlare dal Preside. Sbattei gli occchi. “Sì?” “Cosa ci fa qua? E perché le esce sangue dal naso?” “Uhm..” mi toccai la fronte e guardai il registro. “Le ho aperto la porta in faccia, è colpa mia.” lo guardai di nuovo, aveva i capelli color miele e aveva le labbra piene. La mascella tesa, era nervoso. “Cooper, era ancora in ritardo non è così?” distolsi lo sguardo dal ragazzo-portainfaccia e annuì guardando il Preside. “Il Signor Wood la accompagnerà in infermeria, poi vi voglio in classe. Tutti e due.” Si chinò a prendere il registro. “Penso io a riportarlo in classe.” Mi guardò e mi fece capire con lo sguardo che questa era l’ultima delle ultimissime chance che mi stava dando. “Una mano?” vidi il ragazzo porgermi la mano. La presi e mi tirò su. “Io sono Nathan, riesci a camminare?” “Piacere Nathan riesci a camminare, io sono Cece. E, sì riesco a camminare.” Presi un fazzoletto e tamponai il naso. “Ce-ce? Che razza di nome è?” mi prese a braccetto. “Sta’ zitto, ti prego.” Ridacchiò. “Potevi svegliarti prima e venire a scuola puntuale, sai?” Lo guardai accigliandomi. “Non ti ho mai visto qui, sei nuovo?” Annuì solo. Non azzardai a continuare il discorso perché 1) come osava a parlarmi in quel modo? 2) non pensavo esistessero persone così arroganti quanto lui e 3) mi aveva sbattuto la porta in faccia, stavo perdendo sangue dal naso ed ero stordita più di quanto lo fossi già.
   
 
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