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Autore: snowflake _cereal    30/01/2019    0 recensioni
Minhyuk per inseguire i suoi sogni accetterebbe qualsiasi lavoretto.
Wonho prenderebbe la vita come un gioco, forse un po' troppo concretamente.
Ritrovandosi insieme nell'estremo sud della Nuova Zelanda.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era in ritardo. In stramaledettissimo ritardo. Aveva perso il bus ed era costretto a correre. Era uscito di corsa dimenticandosi di togliere la divisa. Un grembiule a righe, stretto in vita, che gli intralciava nella parte più lunga sulle cosce. Con il cuore in gola rallentò. Non poteva correre per mezza città con un cielo che prometteva un diluvio e con già le prime gocce di pioggia che iniziavano a scendere. Non poteva neanche camminare sotto l'acqua, tanto più che l'ombrello lo aveva lasciato in spogliatoio dove aveva lasciato solo il capellino morbido con le stesse righe del grembiule. Nonostante le sue gambe lunghe non avrebbe mai fatto in tempo. 

Si fermò sul ciglio del marciapiede, e scrutò la strada sperando di scorgere un taxi con l'insegna: vacante. Da mesi aveva deciso di risparmiare e di eliminare tutte le spesa extra, aveva le sue buone ragioni, ma quella era un emergenza. Agitò una mano freneticamente sperando che il tassista lo notasse, grigio su sfondo grigio. L'auto gli si accostò a fianco. Trasognato e stupito per la sua buona sorte e si stava avviando verso la portiera quando qualcosa lo spinse di lato.

  • ehi! - quello era il suo taxi e una collina glielo stava rubando. Era troppo sorpreso per dire Altro.
  • Grazie! 
  • Eh mah
  • Lei puoi prendere il prossimo - vide quel tizio sorridergli divertito per poi scomparire dietro la porta. Scioccato da tanta sfacciataggine e prima che potesse elaborare una contro risposta, l'autista aveva già messo in moto ed   era partito. Stava per cedere alla frustrazione, ma poi vedendo che l'auto stava rallentando per fermarsi al semaforo rosso, decide di provarci. Non poteva assolutamente aspettare il prossimo taxi, non sapeva quando sarebbe arrivato il prossimo.  E poi quello era il suo taxi!

 

Il tassista tranquillamente aspettava il verde, mentre il suo passeggero stava leggendo una sfilza di messaggi nella chat del gruppo di amici con i quali si sarebbe incontrato quella sera, ma a cui non aveva nessuna voglia di contribuire. Non aveva nessuna voglia di incontrarli, ma si era trascinato fuori lo stesso per non diventare l'oggetto di conversazione della serata. Un gridolino strozzato da parte dell'autista attirò la sua svogliata attenzione. Quindi alzò lo sguardo dallo schermo e vide il tizio che gli aveva fermato il taxi battere sul parabrezza con una certa insistenza. Voleva sapere che cosa voleva, ma allo stesso tempo non voleva rotture per quella serata. Il Tassista abbassò il finestrino come se gli avesse appena letto nel pensiero. Il fatto che non avesse chiesto a lui per primo, se gli andasse bene in un altra circostanza gli avrebbe anche potuto dar fastidio ma quella sera non gli interessò più di tanto. Quando il tassista si girò per chiedergli se gli interessava dividere la corsa con quello sconosciuto, che a quanto pare andava nella sua direzione rispose con un alzata di spalle. Avrebbe preferito viaggiare da solo, ma se quello era l'unico modo per ripartire non avrebbe detto no. A quanto pareva il tizio aveva sentito parte dell'indirizzo che aveva dato l'autista. Lo scrutò di sottecchi cercando di valutare se potesse avercela con lui per averlo quasi lasciato a piedi o se potesse trattarsi di uno stalker quiescente o qualcuno che conosceva. Via delle gambe lunghe non aveva nessun segno particolare e nell'insieme il suo aspetto trasandato gli dava l'aria di un cucciolo abbandonato, mentre i suoi vestiti provenivano decisamente da un grande magazzino e non come i suoi selezionati uno ad uno personalmente nell'atelier dello stilista. Decisamente un poraccio senza niente da perdere. Finito di valutare che tutto quello che quello possedeva molto probabilmente valeva meno dei suoi calzini, passò ai lineamenti del viso. Ma fu altro ad attirare la sua attenzione. Un fastidioso tick alla gamba, che muoveva convulsamente. Non ne poteva più del suo costante oscillazione che faceva traballare anche lui seduto poco distante. Non avrebbe tollerato di continuare il viaggio in quello stato. Si avvicinò allo sconosciuto e gli mise una mano sulla gamba arrestandone il moto oscillatorio. Lo sguardo dello sconosciuto si abbassò, mentre  il suo si alzò per incontrarlo. Gli occhi dei due sul sedile posteriore per un attimo rimasero avvinghiati.

Prima che potesse dare una spiegazione del suo gesto, l'altro aveva detto all'autista di accostare e prima ancora di rendersi conto che quello era uscito lasciandolo lì senza niente, nemmeno un nome, l'auto era già ripartita e quello aveva pagato il tragitto fatto anche per lui. Scese dal taxi pagando decisamente troppo poco e si aggregò al gruppo dei suoi amici, già radunati davanti al club in attesa che gli lasciassero passare.

 

Un po' riluttante aveva lasciato la combriccola dei suoi amici per andare al bancone del bar a lamentarsi con il bartender che aveva sbagliato il suo drink. Non voleva lasciarli troppo tempo da soli, in cui avrebbero potuto dire chissà cosa sul suo conto. In realtà aveva proprio bisogno di staccare da quel porcaio di chiacchiere vuote. Chiese al primo giovanotto che trovò al bar. Quello sì girò verso un collega spiegandogli che doveva parlare con lui. A quanto pareva era l'altro il colpevole, così si spostò difronte a quello senza togliergli gli occhi di dosso. Gli sembrava che fosse troppo alto per stare dietro a quel bancone, o che il bancone fosse in realtà una specie di giocattolo. Stava per aprire bocca, ma venne interrotto dall'arrivo di quello che doveva essere il direttore.

  • Non me ne frega niente della giornata che hai avuto, Minhyuk! Ma sbaglia un altro drink o rompi un anche solo un altro paio di bicchieri e puoi anche non disturbarti a tornare domani! - non poté risparmiarsi dal sorridere. si stava godendo quel simpatico siparietto, totalmente gratuito, senza nemmeno dover andare a teatro. Si augurò che non finisse troppo in fretta da essere costretto a ritornare dai suoi cosiddetti amici. Il fatto che il protagonista fosse così carino non guastava. Se si fosse giocato bene le se carte gli avrebbe anche potuto dare una chance. - arriva in ritardo una seconda volta o fai qualche altra cazzata, e sei fuori! Ricorda che il tuo periodo di prova nn è ancora finito! Rifargli quello che ha ordinato e un giro di shot, omaggio della casa! - il direttore dopo l'imbeccata, se ne andò a grandi falcate lasciandoli in una strana solitudine. Come si lì, nonostante la folle folla gorgogliante di vita, ci fossero solo loro due.
  • Così ti chiami Minhyuk, giusto? Se ti mettessi in prova anche io?- altro si chinò fino a quasi a sfiorargli una guancia. Si sentì il cuore in gola. Non se lo aspettava così vicino cosi presto, la sua era solo scena. Tanto fumo ma niente arrosto.
  • Può tornare al suo tavolo... 
  • No! Voglio assicurami che sta volta preparerai il cocktail giusto! - vide Minhyuk alzare gli occhi al cielo. Chissà quante volte aveva sentito quella frase. Ma tornare al suo tavolo significava che non avrebbe avuto modo di gustarselo a quella distanza così ravvicinata. Aveva qualcosa di famigliare anche se per il momento gli fuggiva dove l'avesse già visto prima. Lo vide alzare lo sguardo verso altro ragazzo dietro il bancone e cercare qualcuno in mezzo alla pista. L'altro bartender era impegnato e chiunque stesse cercando era impegnato con altre ordinazioni. Gli lanciò un occhiata obliqua e lo invitò a fare strada. Si sentiva bruciare sotto pelle sapendo che lui era proprio ad un passo dietro di sè. Cercò di quantificare con la coda dell'occhio quanto lo dividesse invece si rese conto di quanto fosse più  alto di lui e che, se si fosse fermato gli sarebbe venuto addosso. Il loro arrivo fu accolto da un boato di approvazione facendo grandi feste ad entrambi. Tutti apprezzarono l'alcol gratis. Il suo primo istinto fu allungare un braccio e trattenere lì Minhyuk ma riuscì a fermarsi in tempo, non come prima nel taxi. L'immagine del ragazzo a cui aveva rubato il taxi si sovrappose a quello del bartender. Ecco dove lo aveva già visto! Il loro primo incontro non era proprio dei migliori e il secondo ancora peggio. Per tutto il tempo Minhyuk gli aveva riservato uno strano sorriso tirato e non rispondeva come avrebbe voluto al suo tentativo di approccio e adesso capiva il reale perché. In un primo momento pensò che fosse la politica del locale, non lasciarsi andare con la clientela, ma adesso che era tornato al suo posto aveva una visuale privilegiata su di lui e del suo modo di scherzare con gli altri avventori. Lo aveva riconosciuto subito non c'era nessun dubbio.  

 

Era rimasto, per quanto aveva potuto, seduto al suo posto fissando il bancone del bar con l'unico desiderio di sprofondare nella poltroncina. Poi qualcuno lo aveva invitato a ballare e si era unito alla mischia danzate sulla pista lasciando il resto dei suoi pensieri sul fondo del bicchiere. Tutte le volte che credeva di essersi dimenticato di Minhyuk, eccolo che ricompariva sullo sfondo o riflesso sui bordi dei lunghi bicchieri a stelo, quasi fosse un evidenziatore in mezzo a un mazzo di matite pastello. Completamente vestito di nero, come tutti i dipendenti del locale, con i jeans neri strappati e un top bucherellato c'è lasciava intravedere molto più di quello che nascondeva. La pelle ,in contrasto a tutte quelle ombre di cui si era ammantato, sembrava raggi di luna liquida. Una striscia argentata gli sottolineava gli zigomi alti e un khajal nero metteva in risalto il taglio degli occhio. Le labbra erano rimaste neutre anche se era comparso un anellino argento che non aveva notato prima quando lo aveva quasi tutto per sé. I capelli erano stati ravvivati con del gel a fidare la gravità. Una creatura di un altro pianeta e non certo il ragazzo quasi insignificante del taxi. Tuttavia in comune avevano la stessa fierezza che forse, ad una prima analisi, non si notava, ma difficile che ne fosse sprovvisto essendo la stessa persona. Si chiese per quanto tempo sarebbe rimasto soltanto  "il ragazzo del taxi" e quando avrebbe iniziato a chiamarlo semplicemente con il suo nome. Prima di rendersene conto, il loro tavolino era diventato un cimitero di bicchieri vuoti, la luna era tramontata e il suo primo cittadino era sparito con lei.

 

Minhyuk non riusciva a credere di trovarsi nuovamente nella condizione di dover, dietro un bancone, subire lo sguardo di quella montagnola di muscoli che gli aveva quasi rubato il taxi neanche dodici ore prima. Lanciò un occhiata al suo collega che con una scusa e con un sorriso beffardo lo lasciò solo con quello che era il loro unico cliente a quell'ora.

  • facciamo una coppetta con due palline di gelato. Una al cioccolato bianco e una fondente - Minhyuk  prese una coppetta dal mucchio e chinandosi sul contenitore di gelato artigianale stava per fare la prima pallina - anzi no! caffè e panna... però... cono! - Minhyuk ripose la coppetta e presa una cialda rotolata a cono. Doveva contenere la sorpresa, e cercare di mantenere la calma e trattarlo come un cliente qualunque. Non avrebbe creduto che al mondo esisteva qualcuno di così gratuitamente esasperante. - Ho cambiato idea: fragola!
  • Un cono alla fragola? - Minhyuk lo guardò fisso.
  • Sì! un cono fragola - Minhyuk esitò un attimo sul sorriso di quel ragazzo prima di chinarsi per preparare la pallina. Le labbra su quel viso si erano fatte sottilissime e gli occhi erano quasi chiusi. Era poggiato con i gomiti al vetro della vetrina e con due pugnetti impiantati nelle guance aveva proprio un area infantile. Ma l'unica cosa che Minhyuk stava pensando, era che appena se ne fosse andato avrebbe dovuto pulire il vetro per eliminare le impronte del suo passaggio. Stava per posizionare la pallina sul cono, quando...
  • Aspetta! - Minhyuk rimase con la pallina a mezz'aria. Quell'altro aveva una mano aperta verso di lui come se la mossa successiva sarebbe stata quella di prenderlo per il polso e impedirgli di concludere l'azione fisicamente. - non hai qualcosa di altamente proteico e povero di grassi? Sai devo pensare ai miei bambini. - disse rivolto ai suoi bicipiti. Inspirare ed espirare lentamente non servì a calmare la rabbia. E come conseguenza, Minhyuk, frantumò la cialda che teneva in mano, sperando che quel cliente non se fosse accorto, ma ormai per lui quello non era più una persona gradita.
  • Se devi pensare ai tuoi "bambini" una gelateria non è certo il luogo ideale dove farli crescere, e nemmeno dove trovare uno di quei  bibitoni super proteici che sponsorizzano in palestra! - Minhyuk raddrizò la schiena e incrociò le braccia sul petto. Non gli avrebbe servito nulla, nemmeno se gli avesse messo sotto il naso una banconota in più di mancia o avrebbe dichiarato che avrebbe comprato il gelato per tutto il vicinato.
  • Minhyuk! la macchina miscelatrice si è inceppata di nuovo, c'è bisogno di te! - Minhyuk fu Ben felice di andarsene nel laboratorio che stare lì. Aveva dovuto subirlo sulla sua pelle per capire perché prima, il suo collega gli avesse chiesto con occhi supplichevoli di occuparsene lui di quel cliente. Era quel cliente abituale che veniva con cadenza regolare giusto per far perder tempo o per infastidire la clientela e nessuno aveva voglia di sorbirselo una seconda volta. Se lo avesse riconosciuto per quel che era al primo colpo d'occhio, avrebbe subito rifiutato. Ma tanto aveva altro da fare, e lo lasciò solo nell'immensa sala deserta illuminata dai raggi del sole del primo pomeriggio. 

 

  • Wonho chi è che stai aspettando così ansiosamente? - Wonho si girò lentamente come svegliato da un sogno e si rendesse per la prima volta di dove si trovasse in realtà. La musica assordante, le luci soffuse, gli amici che aveva trascinato al locale anche quella sera senza un motivo particolare. Ma lui era venuto lì solo per incontrare di nuovo Minhyuk. Se in quel loro primo incontro lo avesse guardato meglio avrebbe collegato subito quel grembiule a righe con la divisa della gelateria. Trovarselo davanti, nella gelateria sotto casa, con i capelli appena usciti dalla doccia aveva innescato in lui sentimenti che non provava da parecchio. Ormai se lo trovava ovunque e voleva metterci un freno. Perché Wonho  non c'è la faceva più, o spariva dalla sua vita per sempre o non se ne sarebbe mai dovuto andarsene. Adesso l'unica cosa che mancava da fare era capire cosa volesse fare Minhyuk. E avendo ascoltato la conversazione del giorno prima, sapeva che quel giorno sarebbe stato di turno e Wonho sapeva di non poter aspettare un giorno di più. Allarmato guardò ancora verso il bancone ma di Minhyuk nemmeno l'ombra. Wonho scacciò il pensiero che potesse essere stato licenziato per davvero, e che in parte potesse essere colpa sua. Dopo una notte passata in bianco, tra sensi di colpa, sfogata in palestra. Si presentò, appena aperto, in gelateria di corsa senza nemmeno passare da casa per una doccia veloce. Appena aperto era deserto.  Come si aspettava che fosse a quell'ora, le poltroncine bianche a righe gialle e azzurrine erano tutte vuote. 
  • Scusa potrei parlare con Minhyuk?
  • Scusa ci consociamo? - il ragazzo dietro il bancone gli sorrideva cordialmente.
  • No! perché? - Wonho si chiese perché avrebbe dovuto conoscere quel tizio quando gli aveva chiesto di Minhyuk. 
  • Perchè io sono Minhyuk! 
  • No... non può essere! - Wonho si sentì cedere le ginocchia. Forse si era allenato troppo quella notte o forse quel ragazzo che credeva di aver incontrato lì solo il girono prima, era tutto frutto della sua immaginazione.
  • Se cerchi il ragazzo di ieri dopo il turno ha dato le dimissioni... 
  • Dimissioni? - Minhyuk esisteva! Wonho non se l'era immaginato e solo questo sembrò rincuorarlo. Ma non riusciva a capire per quale motivo avesse dovuto dare dimissioni. Era forse a causa sua? Doveva forse scusarsi?
  • Il capo era davvero su tutte le furie... non ha lasciato nemmeno un minimo di preavviso, eppure sembrava che avesse un disperato bisogno di soldi... ah aspetti! - Wonho ritornò verso il bancone. - siccome lei è un cliente così esigente, la preghiamo di assaggiare questo nuovo gusto. Omaggio della casa.

Wonho camminò soprappensiero fino a sedersi distrattamente su una panchina del parco rimestando con il cucciano il gelato 'carota e zenzero' che gli avevano reagalato. 

 

Minhyuk aveva dovuto prendere una decisone alla svelta, sperando di non pentirsene subito. Nemmeno cinque minuti dopo aver ascoltato la proposta, aveva richiamato e accettato con entusiasmo. Nonostante la distanza e il diverso fuso orario sentiva l'altro interlocutore rilassarsi. La coppia dell'altra parte dell'apparecchio telefonico avrebbero preferito lasciare la loro bambina nelle mani di qualcuno di cui potevano fidarsi, nel lungo viaggio per riportala a casa nel Victoria. Per Minhyuk, si trattava del realizzarsi di un sogno anche se scombussolava non poco i suoi piani attuali.

Dopo aver controllato un ultima volta il nuovo gusto che aveva ideato nel miscelatore, andò a cercare il direttore per licenziarsi. Al direttore del locale lasciò un messaggio in segreteria convinto che fossero più felici di liberarsi di lui che averlo ancora tra i piedi. Il giorno prima aveva distrutto un'intera cassa di bicchieri appena lavati.

il medico quella mattina aveva detto di riguardarsi e di rallentare con tutti i lavori, perché era troppo stressato e che se contava così i suoi problemi avrebbero potuto aggravarsi considerevolmente. Quella mattina l'unica cosa che a cui pensava era che sarebbe stato molto più grave se non fosse stato capace di mettere via i soldi per l'Islanda. E poi gli risultava difficile da spiegare che se aveva la spalla e il braccio in quello stato era per colpa di un tizio di marmo che lo aveva spinto con l'intenzione di rubargli il taxi.

Ancora un paio di telefonate ed era libero da ogni impegno. Meno di due ore dopo, arraffato a occhi chiusi qualcosa dal guardaroba con un zainetto in spalla e il passaporto stretto tra le dita si stava imbarcando su un aereo con destinazione: Bangkok. Lì, vi ci avrebbe trovato una coppia di vecchi amici per cui, qualche anno prima aveva fatto da cuoco per qualche mese sul loro veliero, la loro bambina. Ed era lì con loro, parlando di mare e viaggi, che aveva iniziato a ideare di partire per l'Islanda, per vedere realizzarsi uno dei suoi sogni più grandi fare: whale watching. Si erano conosciuti nel porto di Macao, dove lui e un paio di suoi conoscenti stavano facendo vela sportiva. Quando quei due gli chiesero se gli interessava lavorare per loro, non se lo fece ripetere due volte. Era già un abile skipper, ma lo divenne ancora di più in compagnia loro e della lot famiglia. Arrivato al porto Minhyuk, non poté non guardare estasiato il piccolo veliero. Non era lo stesso su ci aveva lavorato anni prima. Era più contenuto, ma giusto per il viaggio di due persone. Si chiese con invidia quante barche facessero parte della loro flotta privata. Scacciò subito quel pensiero misero. Non solo lo avrebbero pagato per riportare la piccola, imbarcazione che per una sola persona non sarebbe stata così piccola, ma una volta arrivato a Melbourne avrebbe trovato un biglietto aereo per tornare a casa. E con più soldi sul conto  di quanti ne aveva guadagnati facendo quattro lavori contemporaneamente.

La presenza dei due coniugi era richiesta con una certa urgenza a casa, e quindi si erano visti impossibilitati a continuare quel viaggio. Non sapendo quando avrebbero potuto riprenderlo e ricordandosi di Minhyuk, e del suo sogno di vedere le balene nel loro habitat naturale venne spontaneo loro chiamarlo per proporgli quella avventura. A i due non importava quanto avrebbe impiegato a fare il tragitto Thailandia-Australia, non avevano nessuna fretta di ripartire subito. Bangkok-Melbourne erano quasi 10 ore di aereo, ma lui sarebbe stato un alternativo capitano acab a caccia del re del mare con l'unico scopo di riempirsi gli occhi della sua magnificenza.

Si fermò a Singapore, poi un piccolo porto in Indonesia e finalmente l'oceano indiano scendendo fino alla costa occidentale Australiana. Non gli pesava essere solo lui e il mare. Aveva poco tempo per pensare, e un mucchio di cose da fare. Controllare la rotta, i venti, la corrente, issare e ammainare le vele e poi la vista del sole che si immergeva a fine giornata nell'acqua era il bel risarcimento che si potesse avere. Per non parlare della quantità assurda di stelle che era possibile vedere di notte. Solo una volta fu veramente deluso, quando avvistò un enorme isola galleggiante interamente fatta di plastica.  

Dopo mesi di viaggio e due avvistamenti di un gruppo di delfini, che probabilmente era lo stesso; portò la più piccina di casa da mamma e papà nel porto di Melbourne. In aeroporto cambiò il suo biglietto per casa, per uno che lo avrebbe portato in Nuova Zelanda. Già che c'era e con decisamente più soldi di quando era partito, era deciso a non farsi mancare nulla. Il progetto per l'Islanda e l'aurora boreale sarebbe stato rimandando solo di un po'. Nonostante il suo disperato lavorare, era attivato a mettere da parte nemmeno la metà del budget che aveva calcolato. Mentre adesso era un po' più vicino a realizzarlo per davvero. Dopo di che, molto probabilmente avrebbe iniziato a sbavare su un veliero tutto suo.  

Durante l'attraversata dell'oceano indiano in solitaria i suoi capelli si erano fatti più lunghi e gli ricadevano, lambendogli le spalle, in morbide ciocche ondulate che gli solleticavano il viso. La pelle era diventata dorata come quella statua di Buddha che aveva visto alcune settimane prima, lambendo la costa indonesiana. Sarebbe rimasto finché non sarebbe scaduto il visto turistico neozelandese. Non aveva troppa fretta di rientrare e non sarebbe stato soddisfatto finché non avesse scorto qualche gigante del mare.

Dopo mesi passati in mezzo al mare con l'unica compagnia dell'immensità dell'orizzonte e i tesori dell'oceano, era stano essere di nuovo sulla terra ferma in mezzo alla gente.

 

Wonho scese a Whakaari, il vulcano drammatico, come indicato sulla brochure insieme al un gruppetto di turisti a cui si era unito controvoglia. Non gli andava di certo di vedere la straordinaria riserva faunistica di Sula che lì risiedeva. Se si era unito a quel viaggio organizzato, era solo per contenere i costi di quel viaggio verso l'estremo sud. Certo, Wonho, poteva avere i migliori vestiti direttamente dalle mani degli stilisti,ma unicamente per il fatto che erano tutti suoi amici. Per il resto doveva lavorare come tutti gli altri. Per quel viaggio, aveva chiesto una settimana e mezza alla palestra dove lavorava come ragazzo-immagine e personal trainer per andarsene senza pensieri. A portarlo in Nuova Zelanda non era stato di certo lo spirito d'avventura o l'amore per la natura ad averlo convinto. Da circa un anno aveva prenotato un tatuaggio da un famosissimo tatuatore locale. Se si voleva un suo lavoro, bisognava essere disposti non solo ad aspettare lunghi periodi d'attesa, ma anche intraprendere un lungo viaggio, non solo fisico. 

Degli spruzzi d'acqua attirarono non solo la sua attenzione, ma quella di tutto il gruppo. Una famiglia di balene stava prendendo fiato non troppo lontano dalla costa rocciosa. Tutto il gruppo esplose in un boato di approvazione. Il rumore di qualcosa che finiva a terra, seguito da una specie di  imprecazione attirò l'attenzione di Wonho su un giovane che su uno scoglio, stava disegnando qualcosa su di un taccuino. I capelli lunghi e ondulati mossi dal vento. Lo vide asciugarsi gli occhi con il dorso della mano decisamente commosso alla vista dei cetacei nel loro ambiente naturale. Quando la guida disse che era tempo di rientrare anche lui si unì al suo gruppo e fece ritorno all'isola principale con loro. Poi Wonho lo perse di vista.

Il giorno dell'appuntamento arrivò, e se ne andò lasciando il gruppo a fotografare un qualcosa di cui lui non aveva nessun interesse di sapere cosa fosse. Wonho si presentò all'ora stabilita nel luogo dell'incontro come confermato dalla mail che aveva ricevuto qualche settimana prima di partire. Il tatuaggio che si prestava a ricevere non era un semplice tatuaggio. Faceva parte di una specie di rito iniziatico e necessitava di una preparazione adeguata insieme o quanto meno, sotto la guida del maestro. Poi dopo un attenta lettura dello spirito, sceglieva il motivo e avrebbe iniziato a tracciare il disegno sul suo corpo. Non era il luogo che si aspettava, ma poi ricordò che era il luogo prefissato per incontrarsi con l'interprete e poi avrebbe conosciuto il maestro. La giovane donna era già arrivata, leggeva qualcosa con aria turbata. Quando lo vide si alzò, gli fece un inchino di benvenuto e lo invitò a sedersi davanti a lei. Ordinarono qualcosa dal menù e dopo i primi convenevoli, la donna disse che gli dispiaceva davvero molto, ma a causa di un malinteso il maestro stava già seguendo qualcun altro. e che quindi non avrebbe avuto modo di occuparsi di lui in quel momento. Lei, per scusarsi, avrebbe cercato in tutti i modi di trovare una soluzione o di risarcirlo quanto prima. Wonho ascoltò incredulo la donna. Di un risarcimento non sapeva che farsene. Chi gli avrebbe dato indietro i soldi del viaggio? Del tempo perso in cui non aveva lavorato? L'unica cosa che voleva era incontrare quel maestro maori e farsi dare quel tatuaggio, il tutto, nel poco tempo a sua disposizione. Contro la sua risolutezza, l'interprete non poté che fargli strada fino alla studio del maestro, che contrariamente a quando si sarebbe aspettato era in uno studio tatuaggi all'avanguardia, non lontanissimo dal centro. La donna disse qualcosa in maori  al maestro che nemmeno si voltò a chiedergli scusa o qualsiasi cosa di vagamente famigliare. Wonho aspettava impaziente.

La donna dispiaciuta gli riferì che il maestro non lo avrebbe incontrato, a meno che non fosse disposto a perdere, per sempre, l'occasione di farsi tatuare da lui in un futuro prossimo. E questo significava almeno tre anni di attesa, senza escludere che il vecchio tatuatore poteva schiattare nel mentre. Wonho e l'interprete si salutarono con la promessa di risentirsi presto, così avrebbe avuto del tempo per valutare se accettare il rimborso o riprovarci tra tre anni. Vide la donna allontanarsi, ma Wonho non aveva nessuna fretta di andarsene. Voleva acquattarsi nell'ombra, ma non essendoci nessun posto adatto si sedette ad aspettare in uno dei tavolini fuori di un bar nelle vicinanze. Non era sicuro, però il maestro doveva essere in compagnia del l'usurpatore e lui doveva sapere chi fosse quell'individuo che aveva preso il suo posto. Non dovette aspettare molto quando finalmente uscì, poi Wonho, si mise a pedinarlo. Sembrava fosse diretto verso la spiaggia, invece svoltò per una via che conduceva in centro. Con sua grande sorpresa, Wonho lo vide prima rallentare e poi voltarsi intero e puntare lo  sguardo proprio su di lui.

  • perché mi stai pedinando? - l'inglese del ragazzo era senza accento e quasi incomprensibile per le orecchie di Wonho. 
  • Tu, tu - il giovane maori gli si fece troppo vicino, con le sopracciglia troppo aggrottate. Wonho non sarebbe riuscito a tirare furori qualcosa di comprensibile in inglese., neanche volendo.
  • Aish! Non ci posso credere! Sei uno stalker?
  • Io? - Wonho era stupito di sentirlo parlare nella sua lingua, tanto quanto della accusa infondata appena subita.
  • Guarda....non so come tu abbia fatto a sapere dove lavoravo prima, ma devi avere delle risorse assurde per avermi raggiunto fino a qui!
  • Non so di cosa tu stia parlando! Quello che so di certo è che tu ti stai facendo tatuare al posto mio!
  • Tu non sei quello che mi stava rubando Il taxi mesi fa? e il tizio molesto della gelateria? 
  • Minhyuk? - la sorpresa di Wonho sembrava non avete fine. Si era rassegnato da mesi di non trovarlo e adesso, Minhyuk, era lì davanti a lui a chilometri e chilometri di distanza da casa.
  • Sai persino come mi chiamo! Se nn sei uno stalker, non di cosa tu sia...
  • Lo stalker sei tu!
  • Io? Io che cosa avrei fatto?
  • Hai scoperto i miei piani per questa vacanza e sei venuto fin qui per rovinarmela, per farmela pagare per essere stato licenziato!
  • Io? Io, non avevo neanche mai pensato di venire qui! Tanto meno, stavo pensando a te quando ho deciso di cambiare il volo all'aeroporto di Melbourne.

Allontanandosi a grande falcate, Minhyuk, si fece largo tra la folla che nel frattempo si era radunata credendo che si trattasse di una performance di un gruppo di artisti di strada. 

Wonho rimase indietro, ferito nel profondo. Non voleva reagire così, ma non voleva essere etichettato nuovamente come stalker. Voleva solo una spiegazione sul perché Minhyuk si stava facendo il tatuaggio destinato a lui.

 

 

Doveva raggiungerlo prima che si mescolasse troppo con gli altri passeggeri e diventasse una delle tante facce senza volto che infestavano l'apporto a quell'ora. Erano saliti sullo stesso volo, ma non era stato così sfortunato da sedergli a fianco. Almeno così aveva  pensato per la prima metà del tragitto. Per l'altra metà, aveva desiderato che nel posto accanto al suo ci fosse seduto Minhyuk, e che gli raccontaasse tutto quello che aveva  fatto negli ultimi mesi. Cosa lo avesse portato a Melbourne. Perché era scomparso. Perché era diventato così magro e abbronzato. Wonho voleva sapere tutto quello che era accaduto a Minhyuk dal loro ultimo incontro. Così, Wonho, gridò il suo nome cercando di superare quel rumore fastidioso di gente in movimento. Qualcuno si voltò verso di lui, ma l'unico Minhyuk di cui gli importava, aveva pianto i piedi e voltato leggermente verso di lui.  Lo aveva sentito ed era fermo come se lo stesse aspettando. Lo raggiunse facendosi largo a spintoni, prima che ci ripensasse. 

  • devi farmi vedere il tuo tatuaggio!
  • Tu sei riuscito a farti tuatuare? - Minhyuk nn sapeva nemmeno, perché si fosse lasciato raggiungere da Wonho.
  • No! Per questo devo vedere il tuo! Che sarebbe stato il mio!
  • Dubito che ti avrebbe tatuato la stessa cosa!
  • Hai preso il mio posto...io adesso devo aspettare degli anni, me lo devi!
  • Vieni con me. - forse Minhyuk un po' si sentiva incolpa per quella faccenda. 

Wonho seguì Minhyuk fino in un bagno mezzo deserto. Prima di inviarlo ad entrare in una delle toilette, Minhyuk si guardò alle spalle cercando di valutare se due uomini che entravano insieme avesse attirato  l'attenzione. C'erano solo passeggeri mezzi addormentati che non avrebbero mai fatto caso a loro due. Wonho esitava.

  • che intenzioni hai?
  • Non voglio violentatti e non voglio essere vilentato - Minhyuk alzò le mani in alto, in segno di resa, e a sottolineare che non aveva nessuna cattiva intenzione. Li chiusi tra le due pareti erano davvero ad una distasta troppo ravvicinata. 
  • Avevi detto che non ... - Wonho quando vide Minhyuk armeggiare con al cintura dei jeans si stava buttando sulla porta per scappare.
  • Il tatuaggio c'è l'ho sopra il ginocchio anche tirando su i pantaloni, non riuscirei mai a tirare su così tanto senza bloccarmi la circolazione sanguina. Potrei perdere la gamaba tentandoci, se ti scandalizza troppo vedermi in mutande.
  • Che cosa sarebbe? - Wonho non capiva cosa fosse,nemmeno chinandosi e avvicinandosi al disegno e alla gamba di Minhyuk.
  • Non si capisce? È una balena! 
  • E io...ah... non ci posso credere.... - per cola di quella specie di balena, il suo tatuaggio era saltato.
  • Bene hai visto, ora possiamo... - Minhyuk non concluse la frase. Sulle sue labbra, aveva quelle di Wonho.
  • Questo cosa era? - Minhyuk era sorpreso e scioccato.
  • Ero curioso di sapere che gusto avessi...
  • Che gusto avessi io?
  • Carota e zenzero...come piace a me! - Minhyuk si portò una mano alla bocca. Quello era il gusto del succo che aveva bevuto sull'aereo. E forse Wonho, non si riferiva solo a quello. 
  • I'ho detto prima che non volevo essere violentato! 
  • Una possibile preda, avrebbe dovuto pensarci prima di chiudersi in gabbia con un coniglio mannaro...
  • Coniglio mannaro? - Minhyuk indietreggiò, per sfuggire a Wonho. Finendo addosso alla parete e ricordandosi di essere in un bagno si scostò di scatto finendo tra le braccia di Wonho. Proprio dove non voleva essere.
  • Un predatore - gli sussurò all'orecchio Wonho. 
  • No io.... - l'urlo di Minhyuk risuonò inascoltato per tutto  lo scalo aeroportuale. 
  • Ehi! nn ho morso così forte!
  • Mi hai tirato l'orecchino...ha fatto malissimo. - Minhyuk si tenne l'orecchio che Wonho gli aveva appena moroso con una mano. Wonho gli stava accarezzando la testa per consolarlo decisamente divertito, mentre Minhyuk si mordicchiava il labbro nervosamente.
  • Non fare il piagnucolone e usciamo da qui! Mi sembra un covo di germi!
  • Potresti lasciarmi la mano?
  • Mi dispiace, ma non posso perderti! Non di nuovo.

Minhyuk al sorriso di Wonho no seppe come controbattere. E si avviarono insieme, mano nella mano, al recupero bagagli. 

  
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