Quella di Leia è la prima faccia che vede dopo aver fatto atterrare il Falcon.
L’hangar è gremito di piloti e di meccanici al lavoro che a rigor di logica
dovrebbero rendere difficile la sua individuazione nella ressa, ma il valore di
una persona si misura in qualcosa di infinitamente più importante della
fisicità. Principessa di un pianeta distrutto, senatrice di una Repubblica
annientata e più volte ricostruita dal nulla, combattente ribelle e generale,
Leia Organa ne è la riprova.
Nonostante la piccola statura, il
suo portamento contegnoso è il ritratto della dignità e di una nobiltà d’animo
che ben si distingue dalla fortunata coincidenza di avere i natali
giusti. I suoi occhi sono luminosi come accade soltanto nelle
occasioni in cui è veramente felice e custodiscono al loro interno un sorriso
segreto che Rey, dopo più di tre anni, ha imparato a riconoscere.
Senza accorgersene, accelera il
passo e in breve si ritrova circondata dal calore del suo abbraccio e dalla
dolcezza del profumo di fiori che sempre l’accompagna.
“Bentornata a casa,” Leia le
sussurra all’orecchio.
Ad occhi chiusi, Rey riesce quasi a dimenticare la delusione cocente del suo ennesimo fallimento.
*
Leia non la spinge a parlare e non
fa domande. Si limita a spingere verso di lei un piatto di dolci alle spezie e
ad ascoltare con pazienza la sua frustrazione per il buco nell’acqua che la sua
visita su Xay si è rivelata.
Rey descrive con dovizia di
particolari le alte montagne boscose che ha dovuto scalare per arrivare al
primo Tempio Jedi, il freddo pungente della bufera di neve che l’ha colta di sorpresa
il quarto giorno.
Tace su quello che ha trovato una
volta arrivata in cima, ma Leia ha occhi per vedere e una perspicacia che
l’aiuta a riempire le lacune di quel racconto vaporoso. Osserva il peso che Rey
ha perso, il suo pallore e l’espressione perseguitata che è scolpita nei suoi
tratti scavati dalla fatica.
Sa cos’è che Rey sta cercando con tanto accanimento. E’ la stessa tenacia e testardaggine che un tempo l’hanno ancorata su Jakku nell’attesa di una famiglia che non sarebbe mai ritornata, quella che ora la spinge a cercare un modo per riportare Ben Solo alla Luce.
Xay non è
che l’ultima tappa di numerosi e altrettanto infruttuosi tentativi. Dagobah, Yavin IV, Stewjon, Malachor, Ilum.
Oh,
Ben, pensa, non per la prima volta e prova un sentimento
che ha smesso da tempo di essere rabbia per trasformarsi in qualcosa di più
gentile e indefinitamente triste.
-
*
“Perché sei ancora qui?”
Se la voce di Rey è provata, quella
di Kylo gronda genuina noia. “Potrei rivolgere a te la stessa domanda.”
Tipico di lui, pensa lei con irritazione. E’ tipico di lui attribuire a lei la colpa di quell’attaccamento che niente riesce ad intaccare. Rey lascia cadere il suo bastone a terra e ricaccia indietro con un movimento stizzito le ciocche di capelli che nella foga dell’allenamento si sono incollati alla sua fronte sudata.
“Stai dando la colpa a me? Incredibile.”
Kylo si china a raccogliere il
bastone. Anche lui indossa la tenuta d’allenamento. Rey incrocia le braccia sul
petto e concentra la sua attenzione sullo scorcio esterno che le ampie finestre
mostrano. Una foresta tropicale. Una pioggia torrenziale. Tutto pur di
scacciare via l’illusione che l’immagine di lui, vestito in quel modo e con il
suo bastone tra le mani, serve a creare. In un mondo diverso, lui potrebbe trovarsi
lì con lei realmente e non come mero frammento di un legame che li vincola
forzatamente l’una all’altro.
Lui le porge il bastone e Rey si
protende per afferrarlo. E’ trascorso più di un anno e mezzo dalla battaglia di
Crait e più di sei mesi da quando lei e Kylo si sono accorti di poter
interagire con gli oggetti che li circondano durante le loro visioni.
“Tu vuoi che io sia qui.”
“Io non voglio che tu sia qui!” lei
ribatte, ma si pente subito dell’irruenza della sua risposta. Kylo ha chinato
la testa e lei artiglia più forte il bastone. Vorrebbe toccarlo. Vorrebbe
confortarlo. Vorrebbe -
Lui rialza la testa e incrocia
fermamente il suo sguardo.
“Lo vuoi,” ripete e c’è un
sentimento che lei non riesce ad afferrare nel profondo dei suoi occhi cupi. Un
sentimento che è feroce e determinato e facinoroso e che ha la capacità di
bloccarle il respiro in gola. “Lo vuoi tanto quanto lo voglio io.”
Rey vorrebbe odiarlo, ma come si
può odiare qualcuno solo perché ha detto la verità, per quanto scomoda e
complicata essa possa essere?
-
*
“Snoke è morto.”
Nella caverna in cui ha trovato
riparo sul pianeta ghiacciato di Ilum, Rey si rigira nell’abbraccio solido e
ingannevole di Kylo Ren. Volente o nolente, lui le sta salvando la vita dalla
prospettiva poco piacevole di una morte per assideramento.
Quando lui le sfiora la mandibola con il naso, lei vorrebbe ritrarsi. Non lo fa. La scusa del calore irradiato dal corpo di lui è sufficientemente credibile.
“Lo so,” lo sente dire e lei può
cogliere il sarcasmo ancora prima che lui concluda la frase. “Credo che avesse
a che fare con la spada laser che lo ha tranciato di netto.”
Rey si ritrova a lottare contro il
sorriso assurdo che preme insistentemente gli angoli della sua bocca verso l’alto.
Si morde il labbro inferiore e tace.
Kylo si accoda a lei in quel
silenzio stranamente calmante. Fuori la bufera infuria e i fasci di luci emessi
dai cristalli proiettano l’ombra del suo corpo contro la parete di fronte a
lei, affiancandolo alle antiche incisioni scolpite nella roccia.
Pochi minuti dopo è lui a parlare
nuovamente. “Cosa stavi cercando di dire?”
Forse è la stanchezza ad avere la meglio o forse è lo stato di torpore in cui si trova. O forse è il fatto che in questa dimensione di neve dove la guerra è una realtà remota, tutte le controversie che li separano da insormontabili sembrano diventare improvvisamente insensate. O forse è la sensazione del suo corpo premuto contro il suo a stordirla. Il braccio che le cinge il fianco destro e la mano che lui le ha poggiato sullo stomaco. Il respiro che le formicola dietro la nuca. Il modo in cui ha sentito il petto di lui vibrare quando parlava. Forse è semplice debolezza, una dimostrazione di irrisolutezza da parte sua.
“Se è stato Snoke a
creare il legame tra di noi –” esordisce.
Lui non la lascia finire. “Non è
stato Snoke,” la interrompe bruscamente. Poi, con maggiore dolcezza, i pensieri
di lui si fanno largo nella sua mente priva di barriere, travolgendola. Ci siamo richiamati a vicenda. Ancora prima
di capire cosa fosse rimasto di noi, sapevamo cosa volevamo, cosa abbiamo
sempre voluto. Il solito, vecchio desiderio.
Insieme, ad alta voce, braccia e
gambe avvinghiate tra loro come tentacoli di una creatura marina, entrambi
concludono turbati e completamente sinceri: “Non essere soli.”
-
*
“Tu non tornerai mai al lato chiaro
della Forza.”
“E tu non passerai mai al lato
oscuro.”
Ammetterlo, finalmente, non
diminuisce l’ondata di disperazione e angoscia che quella semplice verità
provoca.
Si trovano nella costruzione
fatiscente che più di trent’anni prima è stato il Tempio Jedi e teatro del
massacro passato alla storia con il nome di “Grande Purga”. Rey ha respirato
nella polvere accumulata nei saloni l’orrore che tuttora sembra permeare
l’intera struttura abbandonata. Ora è su un terrazzino che affaccia sulla
grande città-pianeta che è Coruscant. Osserva in alto e quando le dita di Kylo
si intrecciano alle sue sopra al parapetto, Rey lo lascia fare. Anche se fa
male. Anche se in futuro tutto questo diventerà un problema, più di quanto non
lo sia già.
“Uno di noi finirà per uccidere l’altro.”
Lo sente sussultare, ma non si volta ad osservare l’espressione angustiata che deve avere. Lo conosce così bene.
Non voglio piangere sulla tua tomba, pensa.
Nemmeno
io, Rey.
-
*
Yost è l’ennesima vecchia base della Ribellione su cui hanno trovato rifugio.
Quando il Primo Ordine li trova,
mentre Leia supervisiona l’evacuazione insieme a Rose e Poe e Finn affiancano
le nuove reclute per lo scontro armato, Rey lascia il comando del Falcon a
Chewbe e, sorda a ogni opposizione, esce ad affrontare il Leader Supremo.
Sull’holocron che lui le ha inviato
tramite un’unità droide BB-9, mentre le chiedeva di affrontarlo, Kylo era a
volto scoperto. Leia le ha poggiato una mano sulla spalla durante l’intera
trasmissione del messaggio e con una fitta al cuore, Rey si è resa conto che
probabilmente quella è stata la prima volta che Leia ha rivisto il volto di suo
figlio dopo anni. La cicatrice che è stata lei a procurargli e che lo
sfigura.
Ora sono uno di fronte all’altra,
attorno a loro le milizie del Primo Ordine affrontano le truppe della
Resistenza e c’è un caos di colpi di blaster ed esplosioni. Due squadroni di
caccia sfrecciano sopra le loro teste, sparando sui nemici sottostanti e
innalzando una nube di terriccio.
E’ Kylo ad affondare il primo
colpo, come sempre. Rey lo para, respingendolo facilmente. Quando si ritrovano
con le spade laser incrociate all’altezza del volto, lei prova un dejà vu. La
loro prima battaglia.
Kylo digrigna i denti, ma
l’allenamento ha dato i suoi frutti e lei riesce a rispondere alla furia di lui
con uguale furia e ad ogni colpo con pari efficacia.
“Lascia la Resistenza!”
Sopra il
boato della battaglia che impervia, delle detonazioni e del vento, per un
attimo l’urlo di lui sembra sovrastare ogni altro rumore. E ancora più forte,
il pensiero amareggiato che la raggiunge, prepotente come è lui e allo stesso
tempo supplichevole, nell’ossimoro che Kylo Ren rappresenta ai suoi occhi. Ti prego.
Il ricordo dei grattacieli di
Coruscant, così alti e magnifici da nascondere e offuscare la brillantezza
delle stelle con la loro luce artificiale.
Nemmeno io, Rey.
Nell’eco di quel ricordo, l’affanno smanioso e
l’inquietudine sul volto di lui assumono un contorno appuntito, sofferente che
lei condivide. Le sembra di respirare la sabbia del deserto, che le graffia
ogni centimetro di pelle e si infila nel naso e nei polmoni, accecandola.
Rey sbatte la palpebre, riprendendo il controllo del proprio corpo. “Non posso,” sussurra con voce soffocata e il grido di rabbia e sconforto che lui emette la fa incespicare. Sono la mia famiglia, l’unica che ho mai avuto.
Accade tutto velocemente. Un attimo prima sta fissando il volto di
lui, trasfigurato dal rancore dell’ennesimo rifiuto, un attimo dopo lei è
piegata su un ginocchio, la spada laser nella mano destra, mentre con la
sinistra sfiora incredula la ferita che lui le ha appena inferto sul fianco.
“Avrei potuto esserlo io.” La tua famiglia. Hai preferito loro a me. Loro, dei perfetti estranei.
Kylo emette un suono gutturale che
le spezza il cuore e Rey non riesce a capire se sia per quello che lei ha detto
o per il fatto che lei sia in ginocchio, mentre si mantiene una ferita che è stato
lui a procurarle.
“Avresti potuto esserlo, ma a quale prezzo?”
Intanto, pensa: Non mi hai
dato scelta. Sai cosa provo, ma non posso perdere me stessa. Sarà mai
abbastanza? Non finirà mai questo supplizio?
-
*
All’ennesima battaglia, questa
volta su Berzite, per la prima volta è lei a cercare lo scontro. Si
fronteggiano come non hanno mai fatto prima. Ognuno dei due è conscio di quello
che sta per succedere, del proprio compito.
E’
la mia o la tua fine, questa volta.
Ogni colpo è brutale, preciso e
devastante. Con una serie di movimenti mirati, Rey riesce a disarmarlo. Kylo
Ren è ai suoi piedi e lei lo sovrasta, entrambe le spade laser nelle sue mani e
incrociate in modo da tenerlo fermo sotto la giugulare. Il minimo movimento.
Basterebbe la più lieve pressione e tutto sarebbe finito. Di Kylo Ren non
rimarrebbe che il nome e di Ben Solo i rimpianti di una madre.
Kylo la guarda senza traccia di
risentimento o avversione e tutta la calma padronanza che lei ha sfoggiato
durante il combattimento si disintegra sotto un’ondata incommensurabile di
emozioni contrastanti.
Rey lascia cadere la spada laser di
lui e scappa via, perdendosi nel tumulto del conflitto ancora in atto.
-
*
“Lo fai ogni volta. Cominciano a notare.”
E a parlare, è il pensiero a
cui Finn non dà voce.
Rey continua a infilare oggetti
alla rinfusa nello zaino. “Che parlino.”
“Rey.”
Lei fa un respiro profondo. Sa a cosa Finn si riferisce ed è il motivo per cui ha deciso di partire. Dopo Yost e Berzite ha avuto modo di affrontare Kylo in uno scontro frontale altre due volte e anche nell’ultima occasione avrebbe potuto avere la meglio, se solo avesse voluto.
“Ho bisogno di spazio. Non sono abbastanza forte.” Forse non lo sarò mai.
Finn aggrotta le sopracciglia,
chiaramente confuso e preoccupato.
“Abbastanza forte per cosa?”
Lei esita. C’è un improvvisa
trazione nelle sue spalle che spera che Finn non noti. “Per ucciderlo.” Per lasciarlo andare.
-
*
A differenza del Maestro Yoda, Luke
non la fa attendere un’intera settimana. La prima sera che lei trascorre a
fissare l’albero bruciato che un tempo ha contenuto i testi più antichi e
preziosi dei jedi, lui compare al suo fianco. Sembra più
giovane e in pace e ha un sorriso beffardo che sembra rubato a Han Solo.
Se fosse di umore diverso, Rey
sorriderebbe, invece fa una smorfia, stringe più forte i pugni e li preme
contro la fronte. “Non posso andare avanti così. Non posso più farlo. Stavo per
ucciderlo.”
“Ma non l’hai fatto. Cosa ti ha
bloccato?”
“Deve esserci un altro modo. Un
modo per mettere fine alla guerra senza ucciderlo.” Dentro di lei, continua a
ripeterlo ininterrottamente. Deve. Deve.
Deve.
“Quello che mi hai detto,” lei
prosegue. “Sulla luce e l’oscurità che occupano il loro posto nell’universo,
che si completano…”
Luke non parla, la sua figura
sembra farsi più trasparente ad ogni secondo che passa, ma i suoi occhi. Oh, i suoi occhi.
Rey sente che potrebbe crollare da
un momento all’altro. “Deve esserci
un modo.”
-
*
Un dolore lacerante la colpisce
alle spalle, così assoluto che un velo di tenebra le cala sugli occhi. L’ultima
cosa che vede è il terrore negli occhi sbarrati di Ben Solo, il volto cinereo
di chi vede avverarsi il suo peggior incubo. Quando cade all’indietro, non
incontra il freddo e duro suolo, ma le braccia solide di lui a sorreggerla.
-
*
Il disertore non lo guarda con
odio. Sembra disorientato. I suoi occhi dardeggiavano dalla figura prona e
ferita di Rey, rannicchiata tra le sue braccia e così pallida da far temere il
peggio, al suo volto stravolto e deformato dalla paura.
Una ragazza dai lucidi capelli
scuri che indossa una tuta gialla si fa avanti, dando una gomitata all’altro
per farlo uscire dal suo apparente stato di trance. Entrambi gli fanno spazio.
Kylo li segue all’interno del
mercantile che hanno recuperato e poggia Rey sulla brandina. Le scosta i
capelli dal collo delicatamente e poggia due dita sulla vena per controllare le
pulsazioni.
Il sollievo nel trovarle, seppur
deboli e infrequenti, è così potente da stordirlo.
Si permette un’ultima carezza al suo viso pallido prima di alzarsi, raddrizzando il busto e scrollandosi di dosso con quel gesto lo smarrimento che ancora prova.
“Portatela via,” ordina
in tono categorico e mentre si dirige verso l’uscita, sente entrambi seguirlo.
“Tu non vieni?” E’ stata la ragazza
a chiederlo e Kylo sbatte le palpebre, stupito dall’assurdità di quella
richiesta.
Ma poi l’immagine del corpo arcuato
di Rey, il modo meravigliato in cui lei ha allargato gli occhi, la smorfia che
le ha deturpato la bocca, tutto gli ritorna in mente con la violenza di un
pugno e per un penoso, fastidioso momento la tentazione di rimanere a bordo - con lei - sembra un’opzione del tutto
ragionevole e degna di essere presa in considerazione. Si riscuote con un
sospiro e ogni traccia di energia sembra sparire con la velocità con cui il
colore è scomparso dalle guance di Rey dopo che il colpo del blaster l’aveva
centrata in pieno petto.
“Non posso.” Odia come la sua voce
suoni strozzata. Odia ancora di più l’umanità negli occhi neri della ragazza,
la sua espressione di simpatia e comprensione.
“Questa guerra finirà per uccidere
sia te che lei,” lei dice, più saggia e vecchia di quanto appaia. “Capisci cosa
intendo?”
Kylo non risponde, ma qualcosa
dentro di lui si irrigidisce e qualcos’altro sembra incrinarsi
irrimediabilmente. Volta le spalle con rinnovata risoluzione e il mantello si
muove con lui, nascondendo alla vista i suoi pugni serrati mentre scende la piattaforma.
“La ferita di Rey…”
Kylo si volta e osserva da sopra la
spalla FN-2187 e la ragazza. Finn. Rose,
lo corregge gentilmente Rey.
“Cosa?” lui domanda aspramente.
Finn affronta apertamente il suo
tono accusatorio, senza ritrarsi e senza il minimo barlume di timore. “Non è
una ferita procurata da spada laser. E’ una ferita da blaster.”
“Chi gliel’ha procurata è già
morto.”
Finn annuisce, impassibile. “Bene.”
Suo malgrado, Kylo sorride. “Bene,”
ripete.
-
*
Rey riapre gli occhi, ma è
costretta a richiuderli quasi subito. La luce è abbagliante e ci mette qualche
istante ad abituarsi. Si trova distesa in un letto, in una stanza interamente
bianca. Quando cerca di mettersi a sedere il dolore al petto è inaspettato e le
impedisce di respirare. Un droide medico appare al suo fianco e le inietta
qualcosa nel braccio.
La seconda volta che si sveglia,
lui è lì.
E’ seduto sull’unica sedia
presente. Per un attimo pensa che stia dormendo, ma poi, la tensione nella
schiena e i minuscoli, impercettibili sussulti delle spalle le fanno capire
quanto si sia sbagliata. E’ più forte di lei. Un istinto impossibile da
sopprimere, un bisogno che è impossibile mettere a tacere. Allunga la mano per
accarezzargli i capelli e lo sente trattenere il fiato. Lui non solleva subito
la testa. Rey lo sente respirare rumorosamente, come se dovesse riprendere
fiato dopo una lunga corsa. Sempre nascondendole il volto, lui prende la mano
che lei aveva ancora tra i suoi capelli e se la porta alle labbra. Rey può
sentire qualcosa di umido contro i polpastrelli quando lui glieli bacia uno ad
uno.
“Non ti avevo mai visto piangere.”
Finalmente lui incrocia il suo
sguardo, tutto arroganza e spavalderia nonostante i cerchi scuri intorno agli
occhi arrossati e l’accenno di peluria sulle guance e sul mento. E’ più Ben
Solo di quanto non sia mai stato. “C’è una prima volta per tutto.”
“Anche per morire,” Rey cerca di
scherzare. “Solo che una volta provato, si preferisce non ripetere
l’esperienza.”
Lui si incupisce istantaneamente e
i suoi occhi scuri indugiano sulla fasciatura che le hanno bendato attorno al
torace prima di soffermarsi sul suo viso con severità. “Non è divertente.”
Rey sospira. “No,” ammette, “non lo
è.”
“Poteva ucciderti,” lui rincara, la
voce che si è alzata di un’ottava e la bocca improvvisamente serrata in una
linea insofferente e guardinga. “Saresti potuta morire.”
“Se non fosse stato per te.” Rey si
allunga in avanti e nonostante il dolore che il movimento brusco comporta,
cerca di riprendergli la mano. Lui la asseconda con fin troppa sollecitudine.
“Tu mi hai salvato.”
Deve esserci qualcosa di strano sul
suo viso, perché ora lui la sta fissando come non ha mai fatto prima. Come qualcosa di impossibilmente bello,
incredibilmente caro, il cui ricordo vorresti tenere per sempre con te, al
sicuro nella tua memoria.
Lui si porta la mano di lei davanti
al viso e se la poggia contro la guancia. “Lo farò sempre.”
La luce le danza davanti agli
occhi, splendente e abbacinante. Poi qualcuno si impadronisce della sua voce
per sussurrare raucamente attraverso il suo corpo: “No, non sempre. Verrà il
giorno in cui sarà la tua lama a trafiggermi il cuore.”
L’immagine profetica che accompagna
la sua affermazione ha per sfondo le dune di un deserto insanguinato. Due
figure avviluppate in un abbraccio senza tempo sullo sfondo di due soli al
calar del crepuscolo. Non le dispiacerebbe una morte del genere. Se devo morire, l’ultimo viso che voglio
vedere è il tuo.
Quando riprende controllo di sé, si
sente completamente svuotata. L’espressione di repulsione e sgomento nel viso
di Ben la sconvolge, ma non quanto le parole di lui, scoordinate e scosse. “Non
posso perderti di nuovo.”
La dolorosa contraddizione
dell’intera situazione le frana addosso in quel momento. La presenza di lui,
così cara eppure così amara. Così vicino, eppure mai davvero con lei, mai suo.
Averlo senza averlo davvero. Una situazione che non ha vie d’uscita, che non
offre altro che una dannazione perpetua e infelicità.
“Oh, Ben.” Rey districa la mano
dalla presa coriacea di lui. Le sembra di avere un cristallo kyber al posto del
cuore. Il freddo che ha provato su Ilum nella Grotte dei Cristalli è niente
rispetto al gelo che prova ora, rifiutando di toccarlo. “Non puoi perdere
qualcosa che non hai mai avuto.”
Lui si ritrae di scatto e la
affronta con acredine. “E di chi è la colpa?”
“Mia. Tua. Ha davvero importanza?”
La stanchezza la rende scontrosa e brusca. Per una volta non le interessa. Evita di guardarlo e reclina la testa all’indietro, chiudendo gli occhi come se la vista di lui le fosse diventata insopportabile.
“Entrambi abbiamo scelto di
combattere su fronti avversi di una guerra che non è nostra. Io più di tutti.
Sono stanca di combattere. La solitudine. La verità sui miei genitori. Unkar
Plutt. Il Primo Ordine. Te. Sono così
stanca. Lasciami riposare. Domani combatterò di nuovo, ma adesso lasciami
stare.”
“Rey…”
Lei non riapre gli occhi.
“Come desideri.”
*
“L’hanno dimessa troppo presto.”
Rose segue con occhi preoccupati
Rey, mangiucchiandosi l’unghia dell’indice per il nervosismo. Rey che si aggira
per la base come lo spettro di se stessa, che risponde a monosillabi a chiunque
le rivolga la parola, che non scherza più con i piloti, non risponde più a tono
ai flirt spudorati di Poe, non si lascia più seguire dappertutto da BB-8, non
sgrida più i meccanici. Rey che sembra a malapena consapevole di quello che fa.
“Cos’ha che non va?” Rose insiste.
Finn non rialza la testa. Continua
a pulire i compressori dello speeder su cui sta lavorando. “Ha cominciato a
capire.”
“Capire cosa?”
“Che dovrà ucciderlo.” La pace, pensa con lungimiranza, ha il suo prezzo.