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Autore: Il Maiale    31/01/2019    2 recensioni
A cosa era giusto pensare in quel momento? Forse avremmo dovuto chiederlo a Pietro e alla sua compagnia di amici, Andrea e tutti gli altri lì.
Quali sono le giuste domande da fare?
Fin da piccoli i nostri nonni ci avevano detto che nulla nella vita era sicuro, tranne la morte, e ci sentivamo traditi per questa enorme menzogna.
Doveva sentirsi così Giuda dopo i tre giorni. Ferito. Ingannato dal sistema.
Storia vincitrice al concorso per giovani scrittori indetto dall'università IULM e pubblicata nell'antologia "Pelle"
Genere: Dark, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Da quell’ episodio, quello della seconda resurrezione, quello che noi chiamammo il “giorno di Lazzaro”, manifestavamo tutti a modo nostro il disagio di quanto stava diventando irreale quella situazione. 228
 
George Washington aveva cominciato a prendere degli psichedelici. A volte veniva da noi con gli occhi allucinati a chiederci che fine avesse fatto la sua navicella spaziale. Quando guardava Jareth, invece, cominciava a piangere.
 
Io lo sapevo che George Washington prima era innamorato di Jareth. Sia chiaro, anche lui quella sera lo voleva morto, ma George lo amava davvero.
 
Nessuno lo sapeva, io si perché vedo le storie delle persone proiettate sulla loro pelle.
 
George forse era quello che lo odiava più di tutti, perché c’era Jareth, in una proiezione, che gli ricordava di quanto fosse solo al mondo, che nessuno poteva mai amare il ragazzo che aveva spinto giù dalle scale l’anziana nonna all’età di dodici anni.
 
Era questo che George voleva tenerci nascosto, era questo il segreto che aveva confidato a Jareth. Il perché lo avesse fatto non sono mai riuscito a vederlo in nessun suo lembo di pelle.
 
Ci invitarono a un programma pomeridiano, uno di quelli che nessuno ammette mai di guardare.
 
Invitarono il nuovo Messia, i suoi Apostoli.
 
Dietro le quinte la truccatrice urlava che aveva bisogno di un mascara waterproof perché Beatrice continuava a lacrimare.
 
Politico leggeva la lista di domande approvate dal nostro nuovo agente quando San Livido chiese che cosa avesse.
 
«Cioè capisco George che è fatto come se si trovasse a un rave, ma lei?»
 
Politico alzò lo sguardo verso di lui per poi guardare George che riscaldava qualcosa in una pipa di vetro. Io lo sapevo perché piangeva.
 
Lo avevo visto sulle guance rigate da lacrime nere. Aveva abortito, la nostra Maddalena.
 
Politico spiega che non ci potevamo permettere una gravidanza.
 
Guardò di nuovo George poi e disse: «Hey, qualcuno può far qualcosa per quelle occhiaie?» 229
 
Noi comparimmo nel programma per pochi minuti, venti al massimo, l’attenzione era principalmente sul nostro amato migliore amico.
 
Più lo guardavamo parlare, più si manifestavano i conati di vomito.
 
La resurrezione dell’uccellino ci diede la nausea e invece dover rapire senza tetto per darli in pasto a Jareth non ci provocava nessun disgusto.
 
Non era giusto che lui potesse fare una cosa così bella.
 
Non era giusto che fosse così amato.
 
Non era giusto che fosse diventato migliore di noi.
 
Avevamo creato il nostro culto, la nostra setta. Parallela alla chiesa ma non uguale, le nostre tasche si stavano riempiendo ma Jareth ormai era realmente cambiato.
 
Jareth lo sentiva dentro, il messaggio di Nostro Signore.
 
Jareth si sentiva il suo personaggio, lo era diventato sul serio. Ormai quasi non ci parlava più.
 
Mentre se ne stava lì, di fronte alle telecamere, dentro di noi si formava il desiderio di ucciderlo di nuovo.
 
Durante il programma dovemmo dimostrare la veridicità delle nostre parole, delle dimostrazioni dell’immortalità e dovemmo persino portare il certificato di morte.
 
Portarono una telecamera termica e una caffettiera.
 
Il presentatore disse: «Se sei morto sul serio, se sei tutt’ora morto, in teoria, dovresti avere lo stesso colore della caffettiera» e Jareth rise, il pubblico rise e noi ridemmo.
 
Fu così poi, con il nuovo Messia di fronte alla termo-camera, con al suo fianco la caffettiera e il presentatore. Jareth aveva lo stesso colore della caffettiera poggiata sul tavolino.
 
Le luci di scena, sul display, erano rosse con un’aurea arancione, Jareth era verde.
 
Nessuno lo disse a nessuno, ma in quel momento tutti noi pensammo: “Come facciamo a uccidere una cosa che ha lo stesso colore di una caffettiera?” 230
 
Disse: «Tu ci credi davvero? Pensi sia un intervento divino? Pensi che scientificamente possa essere spiegato?»
 
Jareth disse che, se non era un intervento divino, non sapeva cos’altro potesse essere.
 
Disse che non sapeva perché fra tanti avesse scelto proprio lui.
 
Qualcuno del pubblico chiese se invece nei video erano presenti dei trucchi di magia, come coltelli finti o altro. Così partì il discorso.
 
E per questo input il Presentatore disse che era un vero appassionato di magia.
 
Disse: «Quando ero piccolo amavo invece le illusioni delle parole, amavo i giochi che si potevano fare con esse, l’assurdità di alcune parole e la complessità delle frasi palindrome.»
 
Disse: «Mi affascinavano così tanto che a scuola andavo dai miei compagni e gli dicevo “Hey, scrivi I topi non avevano nipoti, e poi leggilo al contrario”, per i primi tempi spacciavo come miei trucchi frasi scoperte da altri.»
 
Fu allora che vidi sulla pelle di Politico Anarchico il barlume di un’idea.
 
Fu allora che, con lo sguardo perso nel vuoto, vidi la sua cavia morta di stenti, intrappolata nel mobile.
 
E poi vidi la cavia prendere la forma di Jareth, prenderne le sembianze.
 
Si voltò verso di noi, con la trasmissione ancora in corso alle sue spalle e ci disse: «Non dobbiamo ucciderlo, basta chiuderlo in un luogo da cui non può uscire.»
 
Ma non fummo tutti d’accordo, non in quel momento almeno.
 
***
 
Dopo l’invito al programma i followers vennero in pellegrinaggio da tutto il mondo per vedere l’uomo risorto, il nuovo Messia.
 
Perché se lo vedi in tv è sicuramente vero. 231
 
Politico Anarchico continuava con l’idea di eliminare il nuovo Gesù, ma nessuno di noi voleva sporcarsi ancora le mani, poiché la prima volta non era andata bene. Non volevamo altre ripercussioni.
 
Il nostro disgusto, il nostro fastidio, erano motivi sufficienti? Potevamo realmente togliere la vita a qualcuno che non era in vita?
 
Ci bastava una scusante, un attenuante. Avevamo l’animo per farlo, ma non i motivi.
 
Ormai Jareth non ci parlava più, non ci teneva legati a lui. L’unico motivo che avevamo, e che non potevamo confessare a nessuno era che Jareth fosse diventato una persona migliore.
 
Il piano di Politico era semplice, ne parlammo una sera, con Jareth nella sua camera da letto in preghiera e noi di fronte al camino della suite extra-lusso di qualche hotel.
 
«Un bunker.» «Un bunker che si può aprire solo dall’esterno, in mezzo al nulla. Avete visto il film The Hole?» E tutti noi annuimmo, perché studiavamo e facevamo cinema e il miglior modo per far cinema era vedere tutti i film del mondo.
 
Lo avremmo fatto costruire, il bunker. Il bunker più costoso del mondo, apribile solo dall’esterno con una combinazione che solo Politico avrebbe saputo.
 
Fu Beatrice ad andare contro per prima. Disse che se non avrebbe funzionato potevamo dire tutti addio alle nostre carriere. Disse che un giorno avrebbe potuto liberarsi.
 
Disse: «Magari Dio potrebbe aprirgli quel fottuto bunker per farci mangiare tutti quanti!» E Politico le rise in faccia, di gusto.
 
«Davvero ci credi? Davvero pensi sia tutta opera di un potere supremo?» «Era morto! Lo abbiamo visto, ce ne eravamo assicurati prima di chiamare l’ambulanza» sussurrò Beatrice per non farsi sentire.
 
Per convincere tutti c’era bisogno di un sacrificio.
 
Politico scelse il nostro Washington. 232
 
George era costantemente sotto effetto di psichedelici che ormai non ci vedeva quasi più, aveva smesso di chiederci dove avevamo nascosto la sua ombra.
 
Ci chiamarono in una mattina di primavera, verso le sei.
 
Ci dissero che il nostro amico si era buttato dalla sua stanza d’albergo, senza apparente motivo.
 
Quando lo seppellimmo io vidi sul suo volto un film muto in bianco e nero.
 
Lo vidi nell’ombra della sua stanza, vidi una lettera scivolare sotto la sua porta. Era una lettera d’amore dal contenuto altamente nocivo.
 
George amava Jareth, quello morto, e il Jareth vivo in quella lettera dichiarò di ricambiarlo, di volerlo stringere fra le braccia, ti voler posare le sue labbra sulle sue.
 
Non la prese bene, George. Perché per lui quella situazione era troppo irreale, troppo finta. Non voleva essere amato da quel Jareth. Le lacrime di Washington fecero quasi sbiadire l’inchiostro della lettera. Continuava a dire di no, vedevo la sua disperazione e forse era convinto di saper volare per scappare via da quella situazione, perché si buttò giù senza esitare un istante.
 
Io lo vidi sulla pelle di Politico che in realtà la lettera l’aveva scritta lui.
 
Potrei star qui a parlarvi dei mesi di attesa affinché il bunker fosse pronto, della determinazione con cui continuammo lo spettacolino fino a che ci serviva.
 
Potrei parlarvi poi di come abbiamo attirato Jareth in quel posto, ma era come se lui sapesse tutto fin dal principio.
 
Potrei star qui a raccontarvi di mille dinamiche contrastanti fra di loro, ma non lo faccio.
 
Facciamo invece un lungo salto temporale, perché ormai il tempo a mia disposizione è finito e devo raccontarvi di cosa successe alla fine.
 
Il bunker si trovava sotto terra, con una piccola botola da cui potevi accedere. 233
 
Lo gettammo lì, Jareth.
 
Lo gettammo lì perché era migliore di noi e questo non potevamo accettarlo. Perché George era morto.
 
Politico, prima di chiudere la botola, gli chiese che cosa avesse visto dopo la sua morte. Se c’era un paradiso, se esisteva un inferno.
 
Jareth non rispose, se ne stava lì legato per terra.
 
La sua totale impassibilità ci rese tutto quanto facile. Sembrava che già lo sapesse.
 
Nell’istante prima che la botola venisse chiusa, però, lui mi guardò diritto negli occhi, come a chiedermi esplicitamente di guardare un film sulla sua pelle.
 
E io lo feci.
 
Successe tutto nell’arco di tempo in cui Politico abbassava lo sportello per sigillare il nostro amico lì per sempre.
 
Vidi noi che gettavamo l’ultimo strato di terra per nascondere l’ingresso.
 
Vidi Politico che sorrideva, soddisfatto.
 
Vidi poi dei fasci di luce che illuminavano i nostri volti.
 
Vidi le torce della polizia e le loro pistole puntate.
 
Vidi una richiesta.
 
Vidi noi ammanettati e il poliziotto con la pistola puntata che chiedeva a Politico qualcosa, forse la combinazione. Quella combinazione che Politico non diede nemmeno a noi.
 
Vidi tutti noi piagnucolanti.
 
Vidi invece Politico, sorridere, trionfante.
 
Vidi che afferrò la mano del poliziotto con la pistola, mettendo il pollice sul grilletto per poi infilarsi la canna in bocca.
 
Vidi il suo cervello sul mio volto.
 
La botola si chiuse e noi prendemmo le pale per ricoprire l’ingresso con la terra.
 
Solo quando arrivammo all’ultimo strato, solo quando Politico inforcò la pala nel terreno venni accecato dalla luce di una torcia puntata sul mio volto. 234
 
E qualcuno gridò: «Mani in alto!» ed era come se già lo sentissi il cervello del mio amico sulla guancia.
 
Pensai al mio amico sotto terra, morto e risorto, a quell’amico che quando mi conobbe mi disse: «Non dirlo a nessuno che puoi vedere i segreti proiettati sulle loro pelli, ti farebbero fuori in pochi secondi cavandoti gli occhi.»
 
 
 
  
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