Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: Angel Of Fire    31/01/2019    6 recensioni
I ricordi sono cicatrici del destino...
"Dopo la fine della Grande Guerra Galattica, Rey aveva sperato di potersi lasciare tutti i brutti ricordi alle spalle, ma non era stato affatto facile ricominciare una nuova esistenza, dopo quello che era successo. C'era ancora una questione che aveva lasciato in sospeso su Jakku, qualcosa che aveva seppellito sotto quelle stesse distese di sabbia, che avevano fatto da monotona cornice alla sua vita, per tanto tempo. Quel qualcosa, pian piano, premeva per riemergere."
__________________
#Reylo Post ep.IX
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Rey
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Leia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


RITORNO SU JAKKU


* * *


SECONDA PARTE



Rey aprì gli occhi e si rese conto di essere sdraiata sulla sabbia a pochi metri dalla pedana abbassata del Falcon. La testa poggiava sulla parte più morbida dello zaino di Ben e sulle spalle aveva adagiata la sua giacca.

Il sole era calato all'orizzonte, ma il cielo non era ancora completamente buio, si intravvedevano le prime luci delle stelle ed era già sorta la prima delle due lune di Jakku. Il vento notturno aveva raffreddato velocemente l'aria infuocata del deserto e la temperatura era calata drasticamente.

C'era silenzio, pace, tranquillità.

Ma la quiete in cui era immersa durò poco.

«Accidenti a te, maledetto mostriciattolo!» Ben imprecò ad alta voce dando una sferzata ai suoi sensi annebbiati.

Rey si sollevò per guardarsi intorno e lo vide dimenarsi come un forsennato con qualcosa di verdastro appollaiato sulle spalle: invano cercava di divincolarsi dalla presa ferrea che lo attanagliava al collo.

Con una rapida occhiata individuò la sua fidata asta, la richiamò a sé con la Forza, poi concentrò tutte le sue energie per alzarsi e andare in suo soccorso. Roteò il bastone e colpì l'aggressore sulla testa, nonostante fosse protetto da una blanda armatura.

Il piccoletto gettò un urlo, lasciò la presa attorno al collo di Ben e cadde all'indietro, imprecando nella sua strana lingua.

Rey riconobbe subito una sua vecchia conoscenza e replicò a tono. «Tiqual, Teedo!» lo rimproverò, piantando il bastone nella sabbia e puntando i pugni ai fianchi.

«Di'kut talama. Chakaar*.» L'alieno provò a ribattere, tentando di rimettersi in piedi, ma un bagliore lucente e inaspettato lo bloccò, provocandogli un violento fremito di terrore, era la lunga lama di una spada laser impugnata dalla mano salda di Ben.

Rey non aveva mai visto un Teedo così spaventato, pur conoscendo l'indole impavida della sua razza.

«Ta-talama jetii...» farfugliò il piccolo rettile, cercando di allontanare il muso dalla punta incandescente, strisciando all'indietro sui gomiti.

«Noma jetii!» Rey cercò di rassicurarlo con scarsi risultati.

«Jurkadir jetii!» Urlò invece il piccolo Teedo terrorizzato, prima di rigirarsi, rotolando nella sabbia e fuggire via nella direzione di una duna, sulla quale si intravvedeva un annoiato Luggabest ad attenderlo.

Ben spense la spada e si appese l'elsa alla cintura con aria soddisfatta. «Credo proprio che non rivederemo quel fastidioso ladruncolo per un bel pezzo.»

Rey non era del suo stesso parere. «Che cosa credevi di fare? Volevi ucciderlo?» Gli si rivolse severa. «I Teedos si limitano a cercare rottami da scambiare, non sono violenti, a meno che non vengano provocati.»

Ben si voltò verso di lei indignato: era per caso sotto accusa? «Stai insinuando che sia stato io a provocarlo? Mi è piombato alle spalle mentre digitavo il codice di apertura della pedana e ha cercato di strozzarmi. Doveva essersi appostato sopra il Falcon già da un pezzo, quel piccolo bastardo. Credi ancora che siano innocui?»

Rey non diede troppo peso alle sue giustificazioni, si stiracchiò e poi si massaggiò la schiena dolorante. «Non credo ce l'avesse con te... ma di certo non si aspettava la tua presenza» ipotizzò, grattandosi la testa scarmigliata, poi si abbandonò ad uno sbadiglio non troppo elegante. I suoi tempi di recupero, dopo una dormita, si stavano allungando, «è più probabile che si volesse vendicare di me. Tempo fa gli impedii di smontare BB-8 per i pezzi.»

Ben sgranò gli occhi incredulo. «Tra tutti i Teedos che potevamo incontrare nelle sterminate lande desertiche di Jakku, siamo incappati proprio in quello a cui hai pestato i piedi anni fa? È solo una coincidenza o siamo stati mostruosamente sfortunati?» Non sapeva se scoppiare a ridere o precipitarsi alla cabina di guida del Falcon e levare le ancore il prima possibile, quel pianeta cominciava a stargli decisamente troppo stretto.

La calma di Rey smorzò i suoi bollori. «Certo che no. I Teedos hanno un sistema di comunicazione molto particolare**, c'è una specie di telepatia tra loro, sono in grado di trasmettersi ricordi, esperienze... debiti maturati da altri Teedos. E tu, adesso, hai appena mostrato ad uno di loro, che c'è un jedi che se ne va in giro indisturbato sul loro pianeta a comportarsi come un idiota che vuole tagliargli la testa. Una mossa davvero astuta...»

Ben reagì con sarcasmo. «Chi sarebbe l'idiota jedi?» Finse di provocarla con un'adorabile smorfia contrariata.

A Rey scappò una risata, sapeva quanto Ben odiava essere definito un jedi, lui era un pilota, un contrabbandiere e una canaglia, come suo padre prima di lui. Non poté fare a meno di stampargli un bacio sulle labbra carnose, leggermente screpolate dal sole. «Credimi, uno come te, da solo su Jakku, non arriverebbe vivo al tramonto» lo redarguì con tenerezza.

Ben aggrottò le sopracciglia contrariato, accettò il bacio ma con riserva. «Al diavolo i Teedos e i loro rancori generazionali, ce ne andiamo immediatamente da questo inferno; ne ho abbastanza di sabbia, antichi cimeli della resistenza, e avidi mercanti di rottami!»

A quell'imperativo Rey protestò vivacemente. «Restiamo ancora un po', ti prego, almeno per questa notte. Domattina partiremo e non farò storie, te lo prometto.»

Ben negò perentorio con ogni fibra del suo corpo, la prese per le spalle e la scosse per assicurarsi che comprendesse bene quello che stava per dire. «Non appena metteremo piede sul Falcon decolleremo. Non voglio più avere nulla a che fare con le stranezze di questo dannato pianeta.» Il suo tono era severo e non ammetteva obiezioni.

Rey si rabbuiò divincolandosi dalla sua presa. «Ti assicuro che non c'è pericolo, ma mi serve ancora un po' di tempo. Ho bisogno di sapere...»

Raramente si era ritrovata a supplicare, ma Ben si dimostrò irremovibile: se alla ex scava rifiuti aveva dato alla testa il sole cocente di Jakku, ci avrebbe pensato lui a farla rinsavire.


* * *


Il comandante Solo aveva cantato vittoria troppo presto: una volta raggiunta la hall principale BB-8, rammaricato, comunicò loro che non era riuscito a completare la procedura di diagnostica e a ricalibrare gli scambiatori di calore.

Risultato: il Falcon non era in grado di decollare.

L'occhiata truce che rivolse al piccolo droide, fu sufficiente a terrorizzarlo: BB-8 rotolò via e si andò a nasconde dietro una pila di casse.

Ben sospirò scoraggiato, sotto lo sguardo stanco, ma trionfante, di Rey che subito si dileguò all'interno di uno dei corridoi tondeggianti.

Rimasto solo, non poté fare altro che rimuginare su quella situazione. Come aveva fatto ad essere così stupido da dimenticare una delle regole fondamentali di quando erano nemici? La scava rifiuti pestifera riusciva sempre ad ottenere quello che voleva, anche per vie traverse e poco ortodosse. Non era da escludere che si fosse accordata col droide per rallentare o addirittura sabotare le riparazioni.

In quel momento era esausto, sia fisicamente che mentalmente, e troppo nervoso per protestare e prendersi sulle spalle anche quella bega. Suo malgrado, fu costretto a rimandare la partenza di qualche ora.

BB-8 si affacciò titubante dalla pila di casse per controllare la situazione, ma non appena incrociò il suo sguardo furente si ritrasse di nuovo spaventato, rotolando verso la stiva.

Avrebbe sfogato volentieri la rabbia prendendo a calci quell'inutile palla metallica fino all'avamposto di Niima, e avrebbe goduto un mondo nel vederla smontare pezzo pezzo da Unkar Plutt.

Purtroppo sarebbe rimasta una sua perversa fantasia: la signorina nessuno non glielo avrebbe mai perdonato.


*


Rey era nervosa e inquieta. Anche se era riuscita ad ottenere qualche ora di permanenza su Jakku, non aveva idea di come risolvere quella situazione di stallo. Aveva sperato che visitare il suo vecchio rifugio le avrebbe aperto la mente e svelato qualche dettaglio in più sul suo passato, invece era servito solo a farle ricordare che persino il suo nome era frutto di un'invenzione, un'identità fittizia che si era costruita addosso per sopportare la solitudine, per sentirsi parte di qualcosa che, in realtà, non esisteva.

L'unico risultato che era riuscita ad ottenere era l'ennesima lite con Ben. Non che fosse così difficile rimediare un'accesa discussione con lui, era praticamente la prassi, da quando avevano iniziato a scorrazzare indisturbati per la galassia. Il comportamento del suo compagno era sempre stato eccessivamente ossessivo e non privo di fissazioni, ma da quando aveva scoperto che sarebbe diventato padre, tutti i suoi difetti si erano elevati all'ennesima potenza; i pochi pregi invece erano sminuiti da un atteggiamento fin troppo protettivo nei suoi confronti, che a volte sfiorava addirittura la persecuzione.

Ben era irritante e adorabile allo stesso tempo, lo amava da morire, ma l'idea di prenderlo a ceffoni, ogni tanto, si risvegliava in lei con prepotenza.

In quel momento non aveva alcuna intenzione di sopportare anche le sue paranoie. Era sfinita, sudata e appiccicaticcia, desiderava ardentemente darsi almeno una ripulita, e rifocillarsi a dovere. Dopo, forse, avrebbe pensato a riallacciare rapporti diplomatici con lui.

Entrò nel bagno privato dell'alloggio del comandante e si liberò senza pudore dei suoi indumenti di lana intrisi di sabbia e sudore, lasciandoli a terra, poi si infilò nella stretta doccia. L'acqua calda che scorreva lungo le sue membra tese, non ebbe il potere di sciogliere la sua inquietudine, né di tranquillizzarla sul suo sogno ricorrente. Si massaggiò le braccia e le gambe doloranti per lo sforzo di quella lunga giornata, e si accarezzò l'addome, che mostrava appena il suo stato. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi e percepire il suo bambino: era tranquillo, aveva smesso di agitarsi e stava dormendo.

Nonostante i timori, più che fondati, di Ben, era sicura che il piccolo non corresse alcun pericolo. Oltre ad avvertire ogni suo singolo movimento, sapeva anche di cosa avesse bisogno.

Anche Ben riusciva a percepire le prime manifestazioni emotive di suo figlio, e di questo ne era felice. A volte, solo la sua vicinanza riusciva a calmarlo, come se quel piccolo essere, che non aveva ancora alcuna percezione della realtà esterna, riuscisse a riconoscere il tocco di suo padre e avesse instaurato un legame anche con lui.

Non sapeva come spiegarlo, ma da quando era incinta i suoi sensi si erano notevolmente acuiti, risvegliandole il bisogno di saperne di più sul suo passato su Jakku e, soprattutto, sull'abbandono dei suoi genitori.

Forse il piccolo Solo fungeva da amplificatore dei suoi sentimenti e desideri. Oppure erano semplicemente i suoi ormoni impazziti ad averle provocato un intenso scombussolamento interno, una specie di vuoto emotivo che doveva assolutamente colmare.

Era sicura che la gravidanza, in qualche modo, c'entrava qualcosa. Non era stata un incidente di percorso, una leggerezza, o peggio, un'incoscienza. La piccola vita che stava crescendo dentro di lei, era stata fortemente voluta da entrambi. Era il loro punto di incontro, il loro equilibrio così a lungo cercato. Ma soprattutto, per Ben rappresentava una svolta nella sua vita travagliata: il desiderio di guardare avanti e chiudere per sempre con la sofferenza del suo passato.

Alla fine della guerra, Rey lo aveva ritrovato in uno stato pietoso: era fermamente convinto che, per il bene della galassia, la stirpe degli Skywalker doveva estinguersi con lui. L'essersi abbandonato ai sentimenti che provava per la sua amata/odiata scava rifiuti, gli aveva fatto compiere l'ultimo passo verso l'accettazione di se stesso, gli aveva dato una speranza concreta di riscatto. Da quell'impensabile traguardo raggiunto, erano partiti per costruirsi un avvenire insieme; sapevano che non sarebbe stato un cammino facile, né privo di ostacoli, ma lentamente ci stavano riuscendo.

Chiuse l'acqua della doccia e si fermò a riflettere a capo chino: concepire una nuova vita, per loro, non era stato solo un atto d'amore, era stato soprattutto il frutto di una promessa reciproca, e lei aveva tutta l'intenzione di mantenerla.


*


Nella hall principale Ben era inquieto almeno quanto Rey: da quando avevano rimesso piede sul Falcon, la signorina nessuno, non gli aveva più rivolto la parola. Si era chiusa in un un mutismo di ripicca e non accennava segni di resa.

Che fosse orgogliosa, testarda e ostinata, lo sapeva bene, lo aveva sperimentato in abbondanza a sue spese, ai tempi della guerra. Quegli stupidi giochetti lo mandavano in bestia, ma in quel frangente si rendeva conto di avere le mani legate. Non voleva discutere per l'ennesima volta e rischiare di farla innervosire.

Anche se era convinto di essere dalla parte della ragione, decise di fare un passo indietro, ingoiare il rospo e raggiungerla nella loro cabina, in cui si era rintanata, dopo avergli lanciato uno sguardo assassino. Era desideroso di rompere quel silenzio angosciante che lo stava devastando; avevano sprecato troppo tempo in liti, incomprensioni e minacce di morte, in passato, ora non riusciva nemmeno a sopportare l'idea che Rey gli serbasse rancore, anche per dei motivi futili o delle sciocchezze.

Premette il pulsante di attivazione del portello e si sentì sollevato nel constatare che la cabina non era chiusa dall'interno.

Lo scrosciare dell'acqua lo avvisò che Rey si stava lavando. Attese pazientemente, seduto sul letto, che uscisse dalla doccia, nella speranza di riprendere il discorso e potersi riavvicinare. Ma quando la vide uscire, avvolta da un semplice asciugamano, col viso e i capelli bagnati e l'espressione severa, capì che la questione era più seria del previsto.

La giovane jedi gli concesse una fredda occhiata fuggevole e poi si limitò ad ignorarlo.

Ben rimase a guardarla mentre si asciugava velocemente e non poté fare a meno di ammirarla. Non era mai stata così bella: le forme sinuose, che andavano arrotondandosi, e il seno lievemente più pieno, avevano il potere di risvegliargli brutalmente il desiderio, ma cercò di soffocarlo. La vide infilarsi la casacca chiara di lino, lunga fino al ginocchio, che usava spesso per dormire, in religioso silenzio, sperando invano in un suo cenno.

Ingoiò a vuoto e si obbligò a tenere a bada il crescente senso di frustrazione. Non avevano ottenuto nulla dalla visita al rifugio, ma percepiva chiaramente l'inquietudine di Rey: la questione sul suo nome e sulla sua famiglia, non era affatto risolta, anzi si era addirittura complicata.

Evitò di provocarla perché non voleva innervosirla. Un assurdo senso di prurito poi, gli si stava diffondendo in tutto il corpo, distogliendolo da tutti quei pensieri che non facevano altro che incupirlo ancora di più.

Si tolse uno stivale, lo sollevò, facendo scivolare tutta la sabbia che vi si era infilata, sul pavimento, e sospirò. Ci avrebbe pensato BB-8 a ripulire tutto, a lavare e sistemare anche i loro vestiti. Sarebbe stata una degna punizione per l'impiccio che aveva causato.

Non aveva mai provato una gran simpatia per il piccolo astro-meccanico; quando Rey aveva deciso di lasciare tutto e unirsi a lui, quel piccolo droide aveva insistito per seguirla, col benestare del suo ex padrone, Poe Dameron.

«Ci penserai tu a tenerli d'occhio, non è vero vecchio amico?» Aveva ironizzato quel pallone gonfiato di un pilota da strapazzo. Suo malgrado, era stato costretto a tenere la bocca chiusa ed accettare. Nella sua posizione non poteva permettersi di fare il difficile o, peggio, protestare. Desiderava soltanto iniziare una nuova vita accanto a Rey. Tutto il resto non aveva più importanza.

«Detesto la sabbia» si ritrovò a imprecare ad alta voce e a denti stretti, sentendosi fastidiosamente appiccicaticcio. Solo quando sentì il rumore del portello della cabina chiudersi bruscamente, si rese conto che quelle parole avevano fatto incattivire ancora di più la sua compagna che piuttosto che rivolgergli la parola o rispondergli a tono, aveva preferito tornare alla hall principale più combattiva che mai.

Gettò lo stivale a terra e si tolse anche l'altro: aveva decisamente bisogno di una doccia gelata.



* * *


Prepararono la cena senza scambiarsi nemmeno una parola e cenarono in silenzio seduti, come di consueto, attorno all'holotavolo, fra le poltroncine tondeggianti.

Rey era a disagio: sentiva gli occhi di Ben addosso, mentre lei non faceva altro che evitare il suo sguardo e riempirsi la pancia. Da quando riuscire a procurarsi scarse razioni di cibo, non era più la sua unica ragione di vita, si era ripromessa di non lasciare mai nulla nel piatto.

Nonostante Ben avesse abbondato con le porzioni, preparando le sue pietanze preferite, si obbligò a non farsi ammorbidire.

Lo detestava quando si comportava ancora inconsciamente da despota e ogni essere vivente che gli orbitava intorno doveva sottostare ai suoi comandi perentori senza fiatare. Non erano più in guerra, non erano mai stati comandante e sottoposto e, soprattutto, non erano più nemici. Anzi, presto sarebbero diventati entrambi responsabili, a pari merito, della vita di un nuovo essere umano; era giunto il momento che imparasse ad abbassare la cresta e ad essere più accondiscendente. Il fatto poi, che avesse ammesso apertamente di odiare la sabbia, lo rendeva meritevole di una morte atroce sotto immani sofferenze.


Durerà ancora per molto questo silenzio ostinato?

Le parole di Ben le risuonarono nella testa, vivide ed improvvise, e questo la fece sussultare, costringendola a sollevare lo sguardo. A volte si dimenticava che potevano comunicare anche telepaticamente, ma da quando stavano insieme, raramente ne avevano sentito la necessità.

Il tono di Ben non era aggressivo o minaccioso, era semplicemente preoccupato per la piega che stava prendendo quella faccenda tra loro. La consapevolezza che ci fosse ancora qualcosa che poteva dividerli lo spaventava. E spaventava anche lei.


Qualcuno ti ha mai detto che metti più paura mentre mangi che con una spada laser in mano?

A quelle parole Rey non poté fare a meno di scoppiare a ridere, con la bocca piena, sputando cibo dappertutto e Ben si coprì il volto con le mani, fingendosi schifato.

Quando finalmente riuscì a darsi un contegno e a ritrovare un minimo di dignità, si sforzò di essere comprensiva, o forse, il suo particolare stato, che la portava a passare dalla rabbia ad un'assurda euforia, in un nano secondo, le giunse misericordiosamente in aiuto. Si alzò, gli si avvicinò, camminando sul pavimento gelido a piedi nudi e si fermò davanti a lui.

Lo sguardo di Ben mostrava di nuovo quella lieve sfumatura malinconica che aveva perso, da quando stavano insieme, ed era qualcosa di straziante. Gli scompigliò i capelli arruffati e ancora leggermente umidi, gli prese il viso tra le mai e, infine, gli sorrise benevola.

Ben invece la strinse a sé con prepotenza, posando la guancia sul suo ventre, sentendosi finalmente sollevato. Rey avvertiva chiaramente quanto fosse dispiaciuto, ma sapeva anche che non aveva tutti i torti nel voler difendere allo stremo ciò che amava.

«Non mi importa quale sia il tuo vero nome. Per me sei Rey. Lo sei stata dal primo istante in cui le nostre menti sono entrate in contatto... e lo sarai per sempre.» Glielo disse piano, con la sua voce profonda e calda, con l'intenzione di ribadirle che si era innamorato di lei per quello che gli aveva dimostrato di essere, in barba alle sue origini insignificanti.

Rey sorrise di nuovo e si sentì lusingata, l'egoismo di Ben, a volte così ostinato ed infantile, aveva sempre il potere di intenerirla. «Ma è importante per me...» gli confessò, corrugando la fronte, nella speranza che comprendesse anche il suo punto di vista.

Si staccò da lui a malincuore, accarezzandogli la guancia sfregiata e imboccò la galleria, tornandosene in cabina. Si sentiva insolitamente stanca: braccia e gambe le pesavano più del solito, aveva solo bisogno di sdraiarsi.

Forse un sonno ristoratore e la tranquillità della notte di Jakku le avrebbero aperto la mente. O forse sarebbe rimasta con le sue risposte insolute per tutto il resto della vita; in ogni caso il mattino dopo sarebbero ripartiti.

Ben la lasciò andare senza protestare, anche se vederla così inquieta e combattuta gli provocava un dolore fisico. Aveva fatto il possibile per venirle incontro, ora non aveva la più pallida idea di come aiutarla.

Era nervoso e non aveva sonno, provava solo un gran bisogno di sfogare l'energia negativa che aveva accumulato nelle ultime ore; e sarebbe stato meglio, per il bene di tutti, se l'avesse convogliata in qualcosa di utile. Si diresse verso la postazione computerizzata e diede il via alla procedura di diagnostica: era giunto il momento di ricalibrare quei dannati scambiatori di calore.

* * *


Il sonno di Rey era agitato, continuava a rigirarsi nella cuccetta senza riuscire a trovare pace. Anche se nel Falcon il clima era termoregolato, lei aveva freddo. Si avvolse nella grande e calda coperta che i lanai*** di Ahch-To avevano tessuto apposta per lei, e che le avevano donato prima che lasciasse l'isola. Se la strinse addosso nella speranza vana di scaldarsi.

C'era qualcosa che la disturbava: un gemito, un lamento lontano, e poi voci confuse, sussurri che confabulavano, parole che lei non riusciva a comprendere.

Una figura più chiara iniziò a prendere forma nel grigiore. Lentamente si avvicinava, diventando più nitida.

Rey la riconobbe subito, era sempre quella giovane donna che aveva preso a frequentare incessantemente i suoi sogni. Si chinava su di lei, come se fosse ancora una bambina, e la guardava, con quei suoi grandi occhi chiari e tristi. Il suo viso era grazioso, i lineamenti delicati: era solo una giovane mercante di rottami, come ce n'erano a centinaia su Jakku, eppure aveva qualcosa di vagamente familiare che le suscitava tenerezza, compassione.

La giovane donna si sforzò di sorriderle, come a volerla tranquillizzare, anche se a Rey dava l'impressione di essere fortemente in pena, poi sollevò una mano in cui teneva stretto un fiore dalla forma insolita e strana, che emanava un profumo intenso e selvaggio. Lo stelo era lungo, con poche foglie verdastre, mentre delle piccole campanule, raccolte in fitti grappoli erano di un colore vivace, che variava dal rosso, al marrone, al giallo ocra. Non era bellissimo, non era aggraziato, era particolare e curioso e, soprattutto, aveva l'aria di essere molto resistente.

Conosceva quel fiore, su Jakku ne aveva visti sbocciare parecchi, durante la stagione meno arida. Ne era germogliato uno, spontaneamente, persino dentro il suo AT-AT.

La donna glielo porse asciugandosi, con la manica lurida della giacca, le lacrime che le rigavano il viso sporco di grasso e, per la prima volta, le parlò.

Keziah...

Rey sussultò nel sonno, come se fosse stata punta da qualcosa. Il nome di quel fiore la stordì, le fece l'effetto inaspettato di una chiave in grado di far scattare il lucchetto di uno scrigno prezioso, rimasto chiuso per troppo tempo.

In un istante la sua mente, per molti anni intrappolata in una sorta di auto protezione, si aprì, e finalmente, tutti i suoi ricordi riemersero dall'oscurità in cui li aveva nascosti.

Si svegliò di soprassalto e urlò.

«Mamma!»



* * *


Quando Ben rientrò nella cabina, per concedersi qualche ora di risposo, trovò il letto sfatto ma vuoto. Si guardò intorno preoccupato: Rey non c'era. Non era nemmeno nel piccolo bagno che suo padre aveva ricavato dal lussuoso ( ma inutile ) guardaroba dello zio Lando.

Espanse i suoi sensi e non la trovò nemmeno all'interno del Falcon. Quella consapevolezza gli fece gelare il sangue nelle vene: era riuscita a svignarsela senza farsi sentire.

Cercò di non cedere al panico e alla rabbia che già gli stavano crescendo dentro, in maniera esponenziale. Quella testona incosciente aveva lasciato la nave per andare chissà dove, in cerca delle sue dannate risposte, ed era uscita nel freddo della notte vestita solo con quella sua camicia leggera. Nella migliore delle ipotesi si sarebbe congelata.

Si augurò che fosse ritornata al suo AT-AT, lì almeno avrebbe avuto un riparo. Giurò a se stesso che, non appena l'avesse ritrovata, l'avrebbe tenuta incatenata alla poltrona del copilota almeno fino a quando il sistema di Jakku non si sarebbe trovato dall'altro capo della galassia.

Agguantò la pesante coperta di lana, abbandonata sul letto e si precipitò fuori dal Falcon.

Si morse il labbro inferiore a sangue, scrutando il paesaggio scuro circostante. Il cielo era ancora nero e trapuntato di stelle, ma una sottile linea lucente, all'orizzonte, indicava che l'alba ormai non era lontana.

I suoi sensi parevano impazziti, si sentiva spaesato, non aveva idea di quale direzione Rey avesse preso, la sabbia non aveva il potere di conservare le impronte. Alla rabbia per essere stato raggirato, cominciò a sommarsi la paura che potesse esserle accaduto qualcosa e, per un soffio, credette di non riuscire a resistere all'oscurità che, con prepotenza, avanzava dentro di sé, premendo per inghiottirlo. Era sempre lì, in agguato e pronta a divorarlo, faceva parte del suo essere, anche se per anni era riuscito a bilanciarla.

Si fermò e si obbligò a respirare lentamente; opporsi al lato oscuro era difficile e doloroso, ma non impossibile.

Subito sentì un piacevole senso di calore scorrergli lungo il corpo, l'energia del lato chiaro lo avvolgeva e lo penetrava, imponendogli di tranquillizzarsi e di riflettere. Aveva il potere di riprendere in mano la situazione e di non farsi sopraffare dalle sue debolezze. Aveva il legame con Rey che, come una luce inesauribile, lo avrebbe guidato verso di lei.

Chiuse gli occhi e si affidò al suo istinto, cercò il calore che Rey emanava, l'aura luminosa che si sprigionava dal suo corpo, tentò di rintracciare la scia dei suoi pensieri e delle sue emozioni e, finalmente, riuscì a percepirla.

«Rey!» la chiamò, riaprendo gli occhi. Nelle sue grandi iridi nere si rifletteva la luce delle stelle.

«Ben...» La sentì rispondere chiaramente.

Il suo cuore sussultò di gioia. Non era andata troppo lontano, la direzione che aveva preso, era diametralmente opposta a quella in cui si trovava la carcassa del camminatore, era stata fortemente attratta da qualcosa, e non gli sarebbe stato difficile raggiungerla.

Superò un'alta collina e corse giù per il pendio affondando affannosamente nella sabbia, il paesaggio che aveva intorno era incolore e monotono, c'era solo un'interminabile susseguirsi di dune, in qualsiasi direzione, eppure Rey era lì vicino, la sentiva, riusciva a percepire il suo odore delicato, insieme ad un altro profumo più intenso, del tutto sconosciuto e selvatico.

Si avventurò su di un'altra duna, ancora più alta e, quando giunse sulla sommità, credette di vivere in un sogno: ai piedi di quell'immensa collina di sabbia si stendeva una suggestiva vallata, in parte ricoperta di fiori, i cui lunghi steli ondeggiavano lenti alla brezza notturna. Inginocchiata al centro della distesa individuò Rey. Non avrebbe mai creduto che, nel bel mezzo di un deserto, potesse nascere qualcosa di così meraviglioso.

Scese lungo il crinale col cuore in gola, si avvicinò titubante, timoroso della possibile reazione di Rey. La giovane jedi gli dava la schiena e il suo viso era rivolto verso la linea ondulata dell'orizzonte che si andava lentamente schiarendo.

Le posò la calda coperta di lana sulle spalle.

Lei sussultò appena, poi se la strinse addosso emettendo un gemito di piacere, godendo del tepore che riusciva ad infonderle.

Ben le girò intorno e le si inginocchiò davanti, sperando in una spiegazione a quel gesto così incomprensibile. Inaspettatamente, la vide serena. Era sollevata e felice di rivederlo, come se lo stesse aspettando impaziente.

«Hai ricordato tutto» constatò fiducioso, ancora ansimante per la corsa. Il desiderio di rimproverarla, per quell'incoscienza, ormai si era assopito.

Rey annuì, aveva gli occhi gonfi, arrossati e ancora umidi di lacrime.

«Erano così giovani...» iniziò titubante, con la voce rotta dall'emozione e lo sguardo perso nel vuoto, «ed ingenui. Lo erano troppo per vivere in un mondo spietato, in cui puoi sopravvivere solo se sei scaltro, avido ed egoista. Eppure si amavano...» Si fermò un istante per prendere fiato e poi continuò. «È buffo come l'amore possa farti sentire invincibile, e ti renda capace di fare qualunque cosa, anche se non hai niente e non sei nessuno.» Dopo quello che era accaduto tra lei e Ben, finalmente riusciva a comprenderlo.

«Erano solo degli insignificanti mercanti di rottami, ma per me rappresentavano tutto. Vivevamo a Reestkii un piccolo insediamento non lontano dall'avamposto di Niima.

Quando andavano a procurarsi i pezzi da scambiare, erano costretti a lasciarmi da sola, nella nostra umile tenda, ma loro sapevano che non mi sarei mai allontanata, come io sapevo che loro sarebbero sempre tornati. C'era una specie di patto solenne tra noi.

A volte venivano a farci visita i seguaci della Chiesa della Forza, del villaggio di Tuanul. Spesso ci aiutavano, portandoci del cibo e dei regali. A quel tempo non sapevo perché lo facessero.

Un giorno mia madre confidò ad uno di loro, il più anziano, che temeva che io avessi qualcosa di diverso, di speciale. Mi aveva visto fare cose strane, incomprensibili e ne aveva avuto paura. Riuscivo a sentire l'angoscia e la preoccupazione che provava per me, ma non sapevo come fare per placarle.

Quell'uomo sembrò capire perfettamente e cercò di tranquillizzarla, ma le rispose che doveva portarmi al più presto via da Jakku e cercare qualcuno che potesse guidare i miei passi. Oggi so che, quel qualcuno, a cui si stava riferendo era Luke.

I miei genitori non avevano nulla, tanto meno una nave o del denaro per abbandonare il pianeta, ma da quel momento iniziarono a pensare seriamente ad un modo per lasciare Jakku.

Un giorno si presentò alla nostra tenda un forestiero che non avevo mai visto, lui e i miei genitori si misero in disparte a parlare, ma io riuscii ugualmente a sentire di nascosto. Propose loro una specie di affare, dovevano aiutarlo a rubare un mercantile per iniziare un commercio segreto di pezzi più costosi e ricercati. Per loro sarebbe stata una svolta, non avrebbero dovuto più sporcarsi le mani tra i rifiuti e soffrire la calura per delle misere porzioni di cibo, dovevano soltanto trasportare la merce e consegnarla non lontano dal pianeta. Presto avrebbero avuto abbastanza crediti per lasciare per sempre il sistema.

Avevo solo sei anni a quel tempo e fu allora che tutto iniziò a precipitare: mia madre mi spiegò che ci dovevamo separare... non sarebbe stato per sempre, dovevo solo essere paziente perché, molto presto, tutto sarebbe cambiato, sarebbero tornati a prendermi e avremmo potuto lasciare insieme Jakku. E non avremmo mai più sofferto la fame.

Nonostante mi sentissi spaesata e spaventata, sapevo che potevo fidarmi di loro e che sarebbero tornati. Loro tornavano sempre.

Mi portarono a Niima e mi cedettero ad Unkar Plutt: era una pratica molto comune a quel tempo e non avrebbe suscitato sospetti, nessuno avrebbe fatto domande, o si sarebbe indignato. La povertà spingeva a fare cose di gran lunga più orribili che vendere una bambina per procurarsi cibo o acqua. Io li capivo. Non potevano portarmi con loro, era troppo rischioso e quello era l'unico modo per proteggermi e assicurarmi del cibo.

Qualcosa però andò storto, o forse furono traditi. Riuscirono a requisire la nave e a fare il primo trasporto, ma Zuvio, il capo della Milizia di Niima, si mise sulle loro tracce e li catturò, riportandoli indietro.

Su Jakku il furto di astronavi e il trasporto illegale vengono puniti in un solo modo: con la morte. Dell'uomo che li aveva ingaggiati non se ne seppe più niente. Sparì nel nulla, così come era venuto. I miei genitori invece vennero giustiziati, insieme ad altri criminali e sepolti in una fossa comune... la scena che hai visto anche tu.»

Dopo quel lungo racconto Rey abbassò il capo esausta, ma soddisfatta. Parlarne e sfogarsi le aveva fatto bene. Era stato come disfarsi di un peso tremendo ed ora si sentiva più leggera e finalmente libera.

Ben la fissò con dispiacere, ma era anche sollevato: era sicuro che quello che aveva visto, toccandole la mano, era accaduto davvero. Non le aveva mai mentito, non aveva mai avuto l'intenzione di circuirla o ingannarla. Aveva solo cercato di guidarla verso una verità, che purtroppo, lei conosceva troppo bene, anche se si rifiutava di accettarla.

«Credo che da quel momento la Forza ti abbia protetta» le disse, prendendo le sue mani gelate che sbucavano dalla coperta e cercando di scaldarle.

Lei apprezzò il suo gesto ed annuì. «Dentro di me sapevo quello che era successo. Sapevo che non sarebbero tornati mai più, ed è stato solo grazie alla Forza se sono riuscita a non farmi sopraffare dal dolore. La realtà che mi sono costruita attorno, il lavoro con Unkar Plutt, mi hanno aiutata a sopravvivere, e mi hanno completamente isolata dal resto della galassia. Ma quando ho toccato la spada di Luke, quel qualcosa, che dentro di me c'era sempre stato, si è risvegliato....»

«Mi dispiace...» le sussurrò fissandola serio. Rey corrugò la fronte senza capire.

«Per cosa?»

«Un tempo ti dissi che i tuoi ti avevano gettato via come spazzatura. E lo feci con l'intenzione di farti del male. Invece...»

«Invece?» Rey sembrava dovesse estorcergli quelle parole con le pinze.

«In un certo senso... hanno perso le loro vite, per proteggerti. Se fossero riusciti a portarti via da Jakku e a trovare Luke... probabilmente ora saresti morta. Avrei ucciso anche te, quella notte, in cui ho dato fuoco al tempio.» Ben glielo confessò con rabbia e un profondo senso di vergogna. Sapeva perfettamente che ne sarebbe stato capace e che, a quel tempo, non avrebbe avuto nessun rimpianto.

Rey sorrise accarezzandogli la guancia sfregiata. «Chi può dirlo? Magari ti avrei seguito...»

Ben scosse il capo contrariato. «In quel caso non ci sarebbe stato equilibrio e adesso non saremmo qui, inginocchiati in una suggestiva distesa di fiori, nel bel mezzo del deserto a fissarci come due stupidi invece di...»

«Invece di?»

«Baciarci...» le confessò un po' frustrato, il contatto fisico con il suo corpo gli era tremendamente mancato da quando tutta quella faccenda aveva avuto inizio. Desiderava solo stringerla di nuovo, perdersi nel suo calore, fare d nuovo l'amore con lei.

Rey lo guardò dritto negli occhi, il volto di Ben era pericolosamente vicino al suo. Le loro labbra erano bramose di incontrarsi, ma qualcosa ancora la tratteneva. Nello sguardo intenso di Ben poteva leggere mille parole, desiderio, passione, avrebbe potuto fissare i suoi occhi per sempre.

Poi lui ruppe quell'istante lungo un'eternità, e lei chiuse le palpebre lasciando che fossero i suoi sensi a guidarla. Sentì le labbra morbide di Ben contro le sue, si lasciò cullare da q1uella sensazione di leggerezza, interrotta solo dal tocco della sua lingua e dalle sue mani calde che le sfioravano il viso.

Affondò le dita tra i suoi capelli scuri per attirarlo a sé e per non lasciarlo andare via. Fu solo un attimo, uno scontro avido e famelico tra le loro lingue, un momento, la cui intensità sperò che non finisse mai.

Si separarono a malincuore, solo per riprendere fiato, promettendosi mentalmente di riprendere da dove avevano interrotto, una volta tornati sul Falcon.

«Cosa ti ha spinto a ricordare?» Ben si dimostrò inaspettatamente curioso, non riusciva a capire perché fosse stata fortemente attratta da quella strana distesa di fiori.

Rey si sciolse dal suo abbraccio e si guardò intorno sorridente, il suo sguardo si posò fiero e sereno sui fiori che li circondavano. Poi accarezzò uno di essi, lo colse e glielo porse.

«È una Keziah****. Il fiore più forte del deserto di Jakku; ha una bellezza semplice e non è aggraziato. Il suo profumo non è affatto delicato, ma è intenso e selvatico. Però è resistente, tenace, tanto da riuscire a sbocciare e crescere al centro del nulla.»

«Un po' come te...» constatò Ben, dimostrandole di aver capito a cosa si stesse riferendo; tra loro non avrebbero mai più potuto esserci segreti o incomprensioni.

Rey annuì. «Keziah, è il mio vero nome... » Gli confidò, mentre i primi raggi del sole iniziavano a schiarire il buio del cielo e ad illuminare i loro visi rasserenati.

Ben la fissò serio negli occhi ambrati che parevano brillare nell'intensa luce dell'alba di Jakku. «Per me sarai sempre Rey...» le ribadì, perentorio e caparbio.

La giovane jedi non poté fare a meno di scuotere il capo rassegnata. «Beh... è comunque un bel nome, è particolare e anche di buon auspicio. Potremmo darlo a lei...» gli propose sorridendo sorniona.

A quella rivelazione inaspettata Ben rimase interdetto. «Lei?» ripeté sollevando un sopracciglio.

Rey annuì, aprendo i lembi della coperta e abbassando lo sguardo sul ventre leggermente rigonfio. «Nostra figlia. Mi dispiace. Sei deluso?» si finse preoccupata.

Ben alzò gli occhi al cielo e poi sorrise. «Mettiamola così: spero vivamente che, il nome, sia l'unica cosa stramba che erediterà da te» la provocò, abbracciandola più forte, poi chiuse gli occhi e tentò in tutti i modi di trattenere le lacrime. «Andiamo su Naboo» le disse, parlando piano, stringendola come se fosse il bene più prezioso che avesse mai avuto. «Aspetteremo il suo arrivo lì, sul pianeta natale di mia nonna. È un posto meraviglioso e tranquillo. Prendiamoci una pausa da tutto e, per una volta, pensiamo solo a noi» le propose, ricordando con nostalgia quelle poche volte in cui ci era stato da bambino e ne era rimasto incantato. Naboo era il luogo dei pochi ricordi sereni che aveva della sua infanzia.

Rey sorrise tra le sue braccia ed annuì. «Attento a te, comandante Ben Solo. Stai diventando un po' troppo sentimentale per i miei gusti» acconsentì. Non le importava dove sarebbe nata la loro bambina, l'avrebbe data alla luce anche tra le fiamme infernali di Mustafar, se avesse avuto accanto il suo Ben.


*

Mano nella mano tornarono al Falcon quando il sole aveva superato di poco la linea dell'orizzonte e l'aria si era già fatta rovente. Non appena il mercantile divenne visibile, dall'alto di una duna, Ben imprecò malamente. «Dannazione!»

«Che succede?» Rey si voltò verso di lui sconcertata, e adesso che diavolo gli era preso?

«Avrei dovuto immaginare che quel disgustoso mostriciattolo se la fosse legata al dito.»

La giovane jedi continuava a non seguirlo, poi guardò meglio e si accorse che effettivamente, al Falcon, mancava qualcosa.

«Quel piccolo delinquente ci ha rubato la parabola intergalattica!» Ben sbraitò inferocito confermando la sua impressione.

Rey alzò le sopracciglia stupita. «Beh... ha trovato il modo di vendicare l'onore dei Teedos e di racimolare qualcosa da scambiare. Ha tutta la mia ammirazione!» si trovò ad dover ammettere sogghignando.

Dopotutto il ritorno su Jakku si era rivelato proficuo, aveva finalmente fatto luce sulla parte più oscura del suo passato, aveva ritrovato il suo vero nome ed aveva rafforzato ancora di più il suo legame con Ben. Gli effetti collaterali non erano stati poi così disastrosi.

Lui invece pareva deluso e scoraggiato, doveva trovare il modo di risollevare il suo umore o il viaggio di ritorno sarebbe stato un vero e proprio incubo.

«Che hai intenzione di fare?» gli chiese, genuinamente curiosa.

«E hai il coraggio di chiedermelo? Sorvolerò con il Falcon l'Avamposto di Niima e raderò al suolo quel covo malefico di mercanti di rottami, una volta per tutte!» Sentenziò inferocito.

Rey si rese conto di dover correre subito ai ripari. «Ho un'idea migliore: prima di fermarci su Naboo, e di goderci la nostra meritata vacanza... potremmo fare un salto su Lotho Minor*****. È una vera e propria miniera d'oro per i mercanti di rottami. Ci sono intere distese di relitti da saccheggiare, ci si potrebbe addirittura costruire un intero mercantile con i resti delle altre astronavi abbandonate. Scommetto che, con un po' di fortuna, potremo trovare un'antenna intergalattica persino migliore di quella.»

Ben sbatté le palpebre un paio di volte fissandola tra l'incredulo e lo sbigottito, poi non poté fare a meno di scoppiare a ridere di gusto. L'entusiasmo con cui Rey aveva paragonato una lurida discarica, come Lotho Minor, ad una specie di paradiso terrestre, gli aveva fatto tornare il buon umore, e non sapeva se considerare la cosa miracolosa, o spaventosa, allo stesso tempo.

La sua adorabile compagna rimaneva sempre l'impertinente e grezza scava rifiuti che aveva conosciuto su Takodana, e niente e nessuno avrebbe potuto mutare la sua natura selvaggia e indomita. Ma era questo che più amava di lei.

Nonostante tutto tentò di dissuaderla. «Sei impazzita? Sarà pieno di Jawas, agguerriti e armati fino ai denti, laggiù» le fece notare, per tentare di scoraggiarla, anche se sapeva che sarebbe stato fiato sprecato.

«Non farla così tragica. I Jawas sono creature presuntuose ma stupide. Me li saprò lavorare e non ci daranno fastidio.» Fu l'ovvia risposta. «Penso che Naboo possa aspettare e l'Avamposto di Niima... credo che stia bene dove sta» ragionò, con gli occhi che le brillavano per l'eccitazione. Solo dopo averlo supplicato con lo sguardo da cerbiatta, per diversi istanti, però, riuscì a strappargli un «D'accordo...» biascicato a bocca storta.

A quel punto Rey gli saltò letteralmente addosso, divorandolo di baci.


*


Ben scosse la testa rassegnato mentre digitava il codice di sblocco del portello di ingresso del Falcon. Non poteva credere di essersi fatto abbindolare di nuovo. Dopo aver acconsentito allo sbarco su Jakku si era ripromesso di non farle più decidere una rotta di navigazione, nemmeno se si fosse trattato di una questione di vita o di morte.

Invece Rey era riuscita ad incastrarlo di nuovo, ma questa volta non aveva tutti i torti, su Lotho Minor avrebbero assemblato la miglior parabola per le comunicazioni intergalattiche, che quel vecchio catorcio avesse mai avuto. E, chissà, magari avrebbero anche potuto potenziare il sistema di occultamento binario, se avessero trovato un nuovo refrigeratore, che non necessitasse di essere rattoppato costantemente con del nastro isolante.

La pedana si abbassò permettendo loro di entrare e poi si chiuse lentamente alle loro spalle, sigillando l'atmosfera interna.


«Ben...?»

«Che c'è, ancora?» Sbuffò esasperato.

La giovane jedi fece finta di non averlo visto strabuzzare gli occhi al cielo, per l'ennesima volta, in quella giornata.

«Non azzardarti mai più a dire che detesti la sabbia!»



F I N E



______________


Note:

* Per questo rudimentale linguaggio chiamato Teedospeak mi sono rifatta un po' al mandaloriano ^ ^'

** I Teedos non facevano distinzioni tra individui e ogni membro della specie era semplicemente chiamato Teedo. Avevano sperimentato una forma sconosciuta di connessione telepatica tra individui e un Teedo era noto per ricordare eventi accaduti ad altri Teedo. Fonte Wookieepedia.

*** I lanai di Ahch-To, sono creature diventate canon nell'ultimo capitolo del romanzo di Jason Fry, Gli ultimi Jedi. Ovviamente io ho immaginato che dopo la fine della guerra Rey e Ben vi abbiano fatto ritorno, seppure per un breve periodo.

**** Keziah (pronunciato Kisia) è davvero un nome femminile di origine ebraica e deriva da “cassia”, nome di una famiglia di arbusti che cresce in India e in Egitto. Ovviamente il fiore a cui si riferisce Rey è quello che lei stessa ha trovato nel suo AT-AT e che vediamo, per una breve inquadratura, in TFA.

***** Lotho Minor, pianeta dell'Orlo Esterno, Settore Watza, ricoperto di rottami e rifiuti provenienti da altri mondi. Abitato da esseri simili ai Jawas. Compare nella serie The Clone Wars, Fonte Wookieepedia


Angolo dell'autrice:

Eccoci giunti al tanto sospirato finale. Riuscirà il nostro EROE Ben Solo a tenere la sua irrequieta compagna, (per di più incinta) lontano dai guai? Ne dubito fortemente. E dubito anche che vedremo il Falcon atterrare su Naboo tanto presto ^ ^'

Qualcosa mi dice che la piccola Keziah avrà un'esistenza parecchio movimentata accanto ai due scalmanati genitori. XD

Fateme sognà fino a quando non arriverà la mannaia implacabile di Abrams ad affettare tutte le mie speranze reylose.

Grazie a chi ha avuto la costanza di seguimi, intrufolandosi con me, in questo piccolo momento intimo della storia tra Ben e Rey, lontano da guerre e schieramenti.

Besitos!

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: Angel Of Fire