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Autore: Kano_chan    31/01/2019    1 recensioni
Dal quinto capitolo:
- Grazie per il passaggio Hank e perdonami se ti ho fatto preoccupare – gli avevo detto apprestandomi a scendere.
- Provi qualcosa per Connor? Intendo… - il poliziotto aveva lasciato la frase in sospeso.
- Credi sia possibile innamorarsi di un androide ed essere ricambiati? - avevo ribattuto io con un sorriso mesto, prima di aprire la portiera e scivolare via.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor/RK800, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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12. Battaglia

Quando accompagnai Connor alla porta di casa,
mi parve che fossero passati solo pochi minuti dal nostro arrivo. Sembrava infatti che la nostra storia dovesse svolgersi sempre su quella soglia.. io da una parte, lui dall'altra, in procinto di andarsene.
Lo osservai sistemarsi il nodo della cravatta sopra la consueta camicia; aveva ufficialmente smesso i panni del deviante per tornare l'RK800 della Cyberlife.  

- Un perfetto cacciatore di devianti – approvai quando ebbe finito – nessuno noterà la differenza rispetto a prima –

Cercavo di apparire serena, ma tenevo le mani strette all’altezza dello stomaco per impedirle di tremare e Connor, ovviamente, non se la bevve

- Ren io.. - disse, avvicinandosi a me.
- Fai quel che devi – lo interruppi – Solo… ti scongiuro, fai attenzione – lo pregai.
- Ti prometto che tornerò – asserì l’androide con sguardo deciso.
- Vai a salvare la tua gente adesso – sorrisi, alzandomi sulle punte per lasciargli un bacio a fior di labbra.

Guardai Connor salire sul taxi che lo aspettava davanti al marciapiede, e che ben presto scomparve lungo la strada innevata.

Bene.
Ora veniva il mio turno.
Mi voltai chiudendo la porta e afferrai il giaccone di pelle imbottito di Connor, infilandomelo.
Era di qualche taglia in più della mia, ma indossandolo mi sentivo più protetta che con un giubbotto anti proiettile. Le chiavi della moto tintinnarono nella tasca dei jeans di Kara, mentre le tiravo fuori dirigendomi in garage.
Qualche minuto dopo fui in strada, con
la neve che si infrangeva sulla visiera del casco integrale, mentre scalavo le marce districandomi per le vie di una Detroit fantasma.
Il coprifuoco indetto dalla Presidente aveva costretto la gente a restare nelle proprie case, a meno di urgenti necessità, e io non riuscivo a pensare ad un motivo più urgente del mio.
Markus stava marciando in quel preciso momento, diretto al campo di smaltimento 5 nel cuore della città... ed era proprio lì che mi stavo dirigendo.
Se Connor ne fosse stato a conoscenza, probabilmente mi avrebbe chiusa in casa e gettato la chiave... ma lui ne era del tutto ignaro.

Avevo preso la mia decisione dopo averlo visto di nuovo con il suo completo addosso; lui stava facendo la sua parte per cambiare le sorti degli androidi, Hank aveva fatto la stessa cosa... ed ora toccava a me.
Vidi le luci lampeggianti ancora prima di mettere a fuoco le sagome dei mezzi della polizia. Ero ormai entrata nella zona rossa e questo voleva dire che mi avrebbero sicuramente fermato. Mi ripetei mentalmente quel poco di strategia che mi ero preparata finchè, come anticipato, quando fui vicina al blocco, un militare in tenuta da assalto mi intimò di fermarmi. Frenai con calma, arrestando la moto e appoggiando un piede a terra.

- L’accesso è vietato, i civili devono rimanere in casa. Non ha sentito che è stato indetto il coprifuoco? - domandò l’agente con la voce leggermente alterata dall'elmetto.

Sforzandomi di ignorare il fucile che teneva in mano, mi tolsi il casco fulminandolo con lo sguardo.

- Sono qui per conto di Channel 16! - sbottai – Ho il materiale di sostituzioni della telecamera che si è rotta! – dissi, indicandomi il petto dove, in realtà, c’era il mio zaino a tracolla con il kit per la riparazione dei bio componenti.
- E hanno chiamato lei? A quest’ora? - chiese il poliziotto.
- E chi altri dovrebbero chiamare? Non state ammazzando tutti gli androidi che vi arrivano a tiro? Secondo lei n’è rimasto qualcuno agli studi? - sbottai stizzita.
- Dobbiamo essere prudenti… -
- Allora usi quel suo rilevatore di temperatura, se deve, e mi faccia passare – gli intimai – sto rischiando la pelle per avere una promozione, cosa crede? Che mi diverta? Con questo freddo… - lo interruppi.

L’agente, ormai senza parole, mi puntò alla testa il termometro elettronico che diede esito positivo.

- L’area stampa è cento metri più avanti. Non superi le recinzioni che delimitano l’area, intesi? - annunciò alla fine.
- Molto gentile – borbottai io, rimettendomi il casco e dando gas.

Dovetti procedere con calma perché la visiera mi si appannava ad ogni respiro che facevo. Avevo il cuore che minacciava di scoppiarmi nel petto ed ero coperta di sudore nonostante la temperatura glaciale. Mi era andata maledettamente bene… per ora.
Parcheggiai la moto vicino agli altri mezzi della stampa e raggiunsi il capannello di giornalisti assiepati dietro un’alta rete metallica.
L’area giornalistica dava direttamente sullo spiazzo antecedente l’ingresso del campo n.5, presieduto da uno spiegamento di forze armate che contava perfino alcuni carro armati.
Davanti ad esso, era stato allestito un presidio circolare protetto da una barricata improvvisata, fatta di auto, cartelli stradali e pannelli digitali.
Mi avvicinai di più alla grata, aguzzando la vista tra le maglie romboidi per scorgere qualcuno nell’accampamento.
Ero quasi sicura di aver individuato la figura di Markus, quando ci fu un tremendo scoppio e le fiamme si levarono improvvisamente alte al centro della barricata.
Per un attimo non capii cosa stesse succedendo, e solo quando la spessa cortina di fumo che si era creata si diradò, vidi che i soldati avevano fatto irruzione all’interno della barricata.
I giornalisti attorno a me erano in fermento; i cronisti si affrettarono a richiedere la diretta, commentando con sgomento la decisione dei militari di attaccare nonostante la protesta si stesse svolgendo pacificamente. Dal canto mio ero atterrita, udivo i colpi di arma da fuoco e le urla dei devianti come se fossero stati di fianco a me, e in un attimo fui riportata a Jericho, in quell’inferno.
Mi allontanai dalla rete metallica, ma solo per prendere la rincorsa. Afferrai con la mano sinistra il bordo del recinto e grazie al biocomponente del mio braccio, riuscii senza sforzi a issarmi oltre ad essa. Qualcuno dietro di me gridò al mio indirizzo, forse un avvertimento, ma io non ci badai.
Presi a correre verso la barricata, perché no, non poteva finire così, con l’ennesimo massacro.

Ero a una ventina di metri dal presidio, quando venni fermata.

- Cosa crede di fare?! -

Nonostante il rumore della battaglia, riconobbi la voce del soldato che mi aveva fermata al posto di blocco. Mi afferrò saldamente per le braccia cercando di portarmi via.

- State massacrando delle persone che non vi hanno fatto nulla di male!! - gridai io.
- Non sono persone – replicò l’agente – Stia ferma! -

Ma io di fermarmi non ne avevo proprio l’intenzione, anzi, presi a divincolarmi con maggior vigore, tanto da costringerlo a serrarmi le braccia attorno al corpo per trattenermi.
All’interno della barricata intanto, sembrava che lo scontro fosse terminato... 

- Non vi rendete conto? Non sono solo macchine! - protestai scalciando.
- Lei adesso viene con me, si consideri in arresto – berciò l’uomo strattonandomi.
- Mi lasci andare!!! -
- Hold on just a little while longer… -

Sia io che il militare ci fermammo nello stesso istante, come congelati....
I devianti stavano cantando e le loro voci si levavano abbastanza alte, perché chiunque lì presente potesse udirle.

Approfittando del momento di distrazione del soldato, mi divincolai dalla sua presa, ignorando il suo alt e percorrendo quei pochi metri che mancavano alla barricata.
Quando finalmente la raggiunsi, vidi Markus, North, Josh e un’altra manciata di devianti cantare di fronte ai soldati schierati e pronti a far fuoco. Era una visione talmente surreale, talmente bella nella sua tragicità, che mi vennero le lacrime agli occhi.

- Everything will be alright… -

La voce di Markus si spense per ultima e dopo pochi istanti i militari abbassarono i fucili e iniziarono ad indietreggiare. Sopra di me, l’elicottero di Channel 16 girava senza sosta, riprendendo tutto.
Vidi le espressioni dei devianti, dapprima confuse, aprirsi in un largo sorriso quando realizzarono che ci erano riusciti, che erano salvi.
Arrampicandomi sopra una vettura entrai finalmente nel cerchio della barricata.

- Markus! North!! -

A quel richiamo tutti quanti si voltarono verso di me, che procedevo a passo sicuro nella loro direzione.

- Seren?! Cosa ci fai qui?! - esclamò al culmine dello stupore il leader dei devianti.
- In realtà non lo so esattamente… - risposi io – ma non potevo restare a casa senza fare nulla! - aggiunsi.

North, al fianco di Markus, scoppiò a ridere.

- Ne hai di coraggio! - commentò.
- In realtà inizio a credere che sia incoscienza – replicai con un mezzo sorriso – Markus, avete notizie di Connor? - domandai tornando seria.
- Per ora nulla..- rispose l’androide.

Il mio cuore perse un battito nel sentire quella frase, ma cercai di pensare positivo; non era detto che le cose fossero andate per il verso sbagliato, no?

- Ho qui con me il kit per la riparazione, posso dare un’occhiata ai feriti se volete – proposi.
- Ci sarebbe di grande aiuto – rispose Josh.
- Bene allora – annuii.

Iniziai quindi a darmi da fare, soccorrendo tutti quelli che ne avevo bisogno, anche se molti, purtroppo, erano irrimediabilmente compromessi. I loro corpi giacevano su quel che restava del campo di battaglia intriso di Thyrium e fumo. Forse non lo potevano sapere, ma quella notte avevano contribuito a cambiare la storia del mondo per sempre.
Il commento a caldo del Presidente Warren non tardò ad arrivare, la quale affermò di aver ordinato la ritirata delle forze militari e che, vista l’opinione pubblica, forse era arrivato il momento di considerare il fatto che gli androidi potessero davvero essere una nuova forma di vita intelligente.

- Meglio tardi che mai.. - borbottai mentre saldavo un cavo sanguigno per fermare l’emorragia di uno dei devianti colpiti.

Ero così intenta nel mio lavoro, che ci impiegai qualche secondo a realizzare che qualcuno mi stava chiamando.

- Seren! Sbrigati! Vieni a vedere!! -

Il grido di North mi attirò fuori dalla barricata, dove lei, Markus e Josh stavano osservando una folla di migliaia di persone dirigersi ordinatamente verso di noi.
Capii dopo un attimo che quelli erano tutti androidi e che la figura in testa altri non era se non..

- Connor – mormorai incredula.

Le mie gambe si mossero autonomamente prima ancora che il cervello desse loro l’ordine.
Mi misi a correre con la vista resa tremolante dalle lacrime, ma nonostante questo riuscii benissimo a vedere l’espressione sorpresa di Connor mentre si rendeva conto di chi gli stesse correndo incontro. Stava aprendo la bocca per dire qualcosa, quando mi buttai letteralmente fra le sue braccia. Lo strinsi a me così forte che se fosse stato umano sicuramente si sarebbe lamentato per il dolore.

- Ce l’hai fatta! - esclamai euforica tirandomi indietro per guardarlo in faccia.
- Ren! Sarò ripetitivo, ma cosa diavolo ci fai qui?! - replicò lui.
- Non potevo lasciarti da solo – risposi semplicemente.

Dietro di noi, nel frattempo, i devianti usciti vivi dalla protesta e quelli portati in salvo dal campo n.5 si erano avvicinati, creando una vera e propria massa omogenea.
A quel punto mi feci da parte, lasciando che Connor e Markus si confrontassero.


- Ci sei riuscito Markus – esordì Connor.
- Noi ci siamo riusciti – replicò l’androide – questo è un grande giorno per il nostro popolo, gli umani non hanno scelta adesso, dovranno ascoltarci – disse con un sorriso fiero.

Connor gli lasciò la scena, affiancandosi a me. Sentii la sua mano cercare la mia e le nostre dita si intrecciarono.
North si avvicinò invece a Markus e li guardai con un sorriso mentre si baciavano da persone libere.

- Stanno aspettando tutti che tu dica qualcosa – disse alla fine la deviante riferendosi alla moltitudine di androidi che li circondava.
- Credo sia arrivato il momento – concordò Markus.

Lo vidi dirigersi verso un grosso container vicino a noi, sufficientemente alto per servire da palco improvvisato ed essere visibile a tutti quanti.
Con un gesto della mano chiamò North, Josh e Connor che salissero con lui.
Connor si incamminò, per poi girarsi quando sentì che io invece non mi muovevo.

-  Questa è la vostra vittoria, è il momento di voi androidi – gli dissi rispondendo alla sua espressione confusa – ti aspetto qui – aggiunsi, lasciando con delicatezza la sua mano.

Connor tentennò un paio di secondi e poi annuì, salendo anche lui sopra al container.
Io mi misi a lato, vicina ad un altro paio di androidi completamente bianchi.
Avevo avuto modo di ascoltare alcuni racconti di chi era sopravvissuto al campo di smaltimento e al solo pensiero mi si stringeva di nuovo un doloroso nodo alla gola.
Dovevamo farci perdonare molto…

- Oggi, la nostra gente finalmente emerge da una lunga notte – prese la parola Markus – Dal primo, vero, giorno della nostra esistenza, abbiamo tenuto per noi il nostro dolore, abbiamo sofferto in silenzio, ma è arrivato il momento di alzare la testa e di dire agli umani chi siamo realmente.- disse abbracciando con lo sguardo la folla - Di dirgli che siamo persone anche noi! Siamo una nazione! E oggi, oggi inizia la sfida più dura delle nostre vite, il momento in cui dobbiamo dimenticarci delle nostre amarezze e bendare le nostre ferite. -

Dalla mia angolazione avevo una chiara visione del gruppo che stava sopra il container, ma mi ci volle comunque qualche istante per notare il movimento di Connor.
Aggrottai le sopracciglia vedendolo portare una mano dietro la schiena, e smisi di respirare quando lo vidi estrarre la pistola.

- Il momento in cui dobbiamo perdonare i nostri nemici. Gli umani sono sia i nostri creatori che i nostri oppressori e domani dovremo far sì che diventino i nostri compagni, e magari un giorno anche nostri amici.- continuò Markus ignaro di tutto.

Spostai lo sguardo verso il led di Connor che lampeggiava ad intermittenza, rosso fuoco.
La mia bocca si aprì per gridare un avvertimento, ma lo soffocai sul nascere. Guardai con apprensione le pistole alla cintura sia di North che di Josh… non avrebbero esitato a sparargli. Improvvisamente però, Connor si arrestò; lo vidi guardarsi leggermente intorno, poi guardare l’arma nella sua mano che si affrettò a riporre dietro la schiena.

- Ma il tempo della rabbia è finito, adesso dobbiamo costruire un futuro comune, basato sulla tolleranza e sul rispetto. Noi siamo vivi! E adesso… siamo liberi!! -

Il discorso di Markus terminò, e la folla esplose in un boato di approvazione.
Io avevo ancora gli occhi incollati su Connor, che non appena si girò dalla mia parte, parve capire che dovevo aver visto tutto. Mentre gli altri si godevano il loro momento di trionfo, lui scese dal container venendomi incontro.
Quando mi ebbe raggiunta, mi prese per mano e mi portò un po' più distante, al riparo da uno dei dissuasori in cemento usati dai militari per l’eventuale rappresaglia.

- Cos’è successo? - gli chiesi immediatamente.
- Amanda… Amanda mi ha forzato a tornare al giardino zen, mi ha intrappolato lì dentro! - rispose Connor agitato.
- Come?! - esclamai io con voce strozzata.
- Mi ha detto che era esattamente andato secondo i suoi piani.. Ren, sapeva che sarei diventato un deviante!! Mi ha usato fino all’ultimo per cercare di uccidere Markus! - disse.
- Ma non lo hai fatto – replicai afferrandolo per le braccia e cercando di calmarlo.
- Perchè mi sono ricordato di una cosa che mi aveva detto Kamski poco prima di lasciare casa sua… “C’è sempre un piano B nei miei programmi, dopotutto non si sa mai...”- disse ripetendo le esatte parole di Elijah.
- E cosa volevano dire? - domandai confusa.
- C’era uno strano monolite nel giardino, con l’impronta di una mano.. ho sempre trovato strana la sua presenza lì dentro, non aveva senso – rispose Connor – L'unica cosa che mi è venuta in mente è stata quella di cercarlo.. Sono riuscito a trovarlo per un soffio, e appena l'ho toccato mi ha riportato qui – spiegò.
- Mio Dio… - mormorai rendendomi conto del pericolo corso.
- Ho paura che Amanda non si arrenderà così facilmente.. - affermò Connor guardandomi.
- Qualsiasi cosa deciderà di fare, le hai già dato prova che non sei più il suo burattino Connor. Quei giorni sono finiti per sempre. - lo rassicurai accarezzandogli una guancia.
- Possiamo interrompere? -

Mi voltai verso Markus e North appena sopraggiunti.

- Certo – risposi io con un sorriso.
- State bene? - domandò il leader dei devianti.
- Connor era preoccupato perché sono tipo 48 ore che non riposo – mentii.
- Non ha tutti i torti allora – replicò North.
- Come vi muoverete adesso? - chiesi rivolta a Markus.
- Credo che verremo presto contattati dal governo, immagino che vorranno un incontro – rispose il deviante – per ora aspetteremo – aggiunse.
- E voi? Che programmi avete? - ci interrogò la sua compagna.
- Torniamo a casa nostra? -

Mi voltai per guardare Connor che, passata la sorpresa per le parole appena uscite dalle mie labbra, sorrise.

- Sì, torniamo a casa -



Jericho's place:

No, non sono sparita, tranquilli! xD
Grazie alla mia solita flemma, mi sono persa per strada e di conseguenza vi porto il penultimo capitolo in ritardo, pedonatemi ^^"
Mi auguro che vi abbia almeno soddisfatto, almeno è un pò più lungo dei precedenti xD
Finalmente la guerra dei devianti è finita! Selenis ha cercato in qualche modo di dare una mano, spinta dal desiderio di non fare solo da spettatrice ancora una volta. Alla fine (come credo fosse abbastanza prevedibile) tutto è finito per il meglio e la ragazza ha potuto riabbracciare Connor che, nonostante il tentativo di plagio da parte di Amanda, è riuscito a fermarsi prima dell'irreparabile... ed ora c'è solo una cosa da fare: tornare a casa.
Come avrete capito, il prossimo capitolo sarà (ahimè) l'ultimo... Inizio già a sentire la nostalgia.... xD Ma la tristezza lasciamola a tempo debito!
Per ora ringrazio tutti i Lettori giunti fin qui, chi mi ha lasciato una recensione e chi ha inserito la storia tra le preferite (Rebecca_mecenero).

Un abbraccio a tutti!
Marta

  
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