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Autore: lady lina 77    02/02/2019    5 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella notte, Ross non era riuscito a chiudere occhio. Mai nella vita, avrebbe pensato che un appuntamento con Prudie potesse portarlo a tanta agitazione ed era ironico pensare che quella donna schietta, una serva figlia del popolo e poco propensa a lavorare, fosse l’unico suo appiglio per sfiorare e accarezzare ciò che era rimasto della sua famiglia.

Al mattino si era svegliato prima dell’alba, con grande sorpresa dei Gimlet che, probabilmente, lo avevano sentito girarsi e rigirarsi nel letto tutta notte, aveva fatto una colazione veloce mugugnando che aveva impegni urgenti per quella mattina, dato disposizioni sulla giornata di Valentine, salutato il bimbo ancora mezzo addormentato ed era uscito subito, arrivando ai giardini di Kensington ben prima dell’ora concordata per l’incontro.

I giardini erano deserti a quell’ora e il cinguettio degli uccelli che volavano fra i rami degli alberi donavano un piacevole senso di pace ai suoi sensi annebbiati dall’ansia. Gli scoiattoli correvano sui tronchi, giocavano ad inseguirsi e sgranocchiavano ghiande e Ross si fermò a guardare le piante rigogliose, i vialetti, le panchine e tutti gli angoli e gli anfratti che i suoi figli dovevano conoscere come le loro tasche. Si chiese su quale albero si fosse arrampicato Jeremy il giorno prima, perché non gli piacesse la graziosa Catherine, perché Clowance ce l’avesse tanto con lui, quali fossero i loro giochi preferiti, i loro gusti a tavola, le loro abitudini, tutto… Non sapeva nulla di loro, assolutamente niente e su questo Demelza aveva ragione, un padre queste cose le sa…

Arrivarono le nove e le aspettò seduto su una panchina posta nel punto dove aveva fermato Prudie il giorno prima, da cui si vedeva il retro dell’enorme palazzo dei Boscawen. Lei, la sua Demelza era lì, dietro quelle possenti mura, magari fra le braccia del suo nuovo marito che forse la stava baciando, con cui forse… Tremò dalla rabbia e dalla gelosia, capendo che non poteva pensarci, non doveva o sarebbe impazzito! Sembrava tanto felice Demelza prima di incontrare lui mentre dopo, solo freddo e amarezza erano giunti da lei…

Non lo voleva a Londra, era palese che lei non lo volesse nella sua vita e aveva ragione a desiderarlo ma non poteva esaudirla, non in questo, non dopo sei anni e mezzo passati a prendere a testate il muro per la preoccupazione di cosa ne fosse stato di lei e dei loro bambini.

Cosa doveva fare? Lottare per lei? O semplicemente accertarsi che stesse davvero bene con chi la amava e amava i bambini, lasciando che poi vivessero la loro vita senza di lui? Non lo sapeva, non sapeva più nulla se non che aveva fatto mille errori e ora ne pagava amaramente le conseguenze. E l’avrebbe fatto per tutta la vita.

Cosa aveva buttato via per uno stupido sogno? Quante promesse aveva infranto nel più crudele dei modi? Quante volte aveva avuto l’occasione di fermarsi e porre rimedio ai suoi errori e poi non lo aveva fatto?

Se n’erano andati, lo avevano lasciato alla sua vita fatta di sogni infantili e vuoti e ora c’era un uomo che i suoi bambini chiamavano papà e che in quel momento amava in ogni modo possibile la donna che per lui era tutto.

Un vociare infantile lo destò dai suoi pensieri e dal fondo del vialetto vide comparire Prudie coi due gemellini. Il maschietto correva davanti, con dei pantaloncini blu e una camicina di lino bianca, inseguendo uno scoiattolo che cercava di scappare dalle sue grinfie e la bambina, pettinata con due lunghe treccine e con indosso un vestitino rosso, saltellava tutta contenta accanto a Prudie che, dalla faccia, sembrava desiderare solo di trovarsi ancora a letto.

Appena la donna lo vide, gli fece un cenno impercettibile di saluto col viso, chiedendogli silenziosamente di non parlare finché ci fossero stati i bambini.

Ross annuì e abbassò il viso, fingendo di leggere un giornale che aveva portato con se per passare inosservato. Finse di ignorarli anche se, con la coda dell’occhio, osservò i gemellini. Erano impietosamente belli, due piccoli capolavori di cui sicuramente i Boscawen andavano fieri anche per l’eccezionalità di un parto gemellare, cosa piuttosto rara che destava scalpore e curiosità e che doveva averli resi ancora più celebri. Dovevano essere l’orgoglio del loro padre, pensò amaramente… E anche di Demelza…

Prudie rallentò il passo e la piccola Daisy si guardò attorno per vedere cosa fare quando, a sorpresa, si voltò verso di lui, indicandolo con l’indice della mano destra. “Tu c’eri anche ieri, signore!”.

Ross sussultò, Prudie spalancò gli occhi e per un attimo calò un silenzio glaciale. Era vero, a quei due mocciosi non sfuggiva nulla, dannazione!!!

Prudie la prese frettolosamente per la mano, cercando di distrarla. “Non essere maleducata e non importunare il signore! Abita qui, probabilmente! E gli piace passeggiare al parco! Su, andate a giocare!” – ordinò loro, sbrigativamente.

Daisy si mise le mani sui fianchi, per nulla d’accordo. “No, voglio stare qui!”.

Ross deglutì, si metteva male e in cuor suo sperò che Prudie potesse liberarsi di loro in fretta.

La donna indicò ai bimbi un cespuglio con dei fiori. “Volete fare un regalo a Prudie che vi vuole tanto bene?”.

NO!” – risposero i gemelli, in coro.

Non volete far contenta la vostra Prudie raccogliendo per lei dei fiori?”.

NO!”.

La donna li fulminò con lo sguardo e Daisy sostenne le sue occhiatacce. “Sono la i fiori, prendili da sola!”.

Ross alzò un sopracciglio, cominciando a inquadrare ancora meglio il caratterino dei due mostriciattoli. Ciò che dicevano le leggende su quanto fossero terribili i gemelli, era vero… Guardò Prudie, sperando avesse una soluzione.

E lei sospirò, sedendosi sulla panca pesantemente, anche se dallo sguardo avrebbe voluto mangiarseli, quei due. “Andate, giocate, fate quel che volete! Ma sparite!”.

Demian, il maschietto che a Ross sembrava un bambolotto, prese la parola, dimostrandosi non meno sveglio della sorella. “Cosa devi fare di nascosto, che non ci vuoi?”. No, decisamente non era un bambolotto nemmeno lui...

Prudie ringhiò. “Siete troppo rumorosi, andate a giocare lontano e fatemi dormicchiare un po’ ancora! E fate leggere il giornale a questo povero signore! Siete autorizzati a fare tutto quello che volete, basta che ve ne andiate!”.

Demian sorrise. “Posso salire sugli alberi?”.

Sì, scalali TUTTI!”.

Ohhh, bello!”.

Daisy alzò le spalle. “Tutto, tutto? Possiamo davvero fare tutto quel che vogliamo?”.

Sì” – rispose Prudie, d’istinto. Ma poi si bloccò, saggiamente, rettificando… “Tutto quello che NON mi farebbe arrabbiare. Ti scaldo di nuovo il sedere prima di mezzogiorno se fai disastri, ricordatelo!”.

Daisy annuì, imitata da Demian, poi però tornò a guardare Ross. “Signore?”.

Lui deglutì, era la prima volta che si rivolgevano a lui. “Sì?”.

Prudie è nostra, non tua!” – lo ammonì, dimostrando che non si era per niente bevuta la balla del giornale.

Me lo ricorderò…” – fu costretto a rispondere.

A quelle parole, i gemelli si guardarono in modo furbo, risero e poi finalmente corsero via.

Ross si accasciò sulla panchina. “Mai visti dei gemelli, prima d’ora!”.

E Prudie lo guardò di sbieco, borbottando. “Certa gente ha delle fortune che non si merita!”.

Ross azzardò un timido sorriso, abbassando lo sguardo. Era così strano trovarsi a parlare con Prudie dopo tanto tempo... Sapeva di casa, di cose antiche, di ricordi di famiglia che aveva perso e cancellato da anni di dolore e solitudine. "Ti ringrazio per essere venuta, non ero così sicuro di trovarti quì stamattina".

La donna sospirò, guardandolo con aria severa. "Non ci ho dormito per questa cosa, tutta notte! Ero indecisa se venire in pace o con un martello da darvi in testa, ma poi col martello non sarei passata inosservata e ho lasciato perdere! Non sono così certa di far bene a stare quì e mi sembra di tradire la fiducia della signora".

"Non voglio che tu lo faccia e nessuno saprà mai che ci siamo visti" – la tranquillizzò.

Prudie indicò i bambini che, correndo, si stavano allontanando. "Lo sapranno loro! E loro sono pericolosi".

"Sono solo due bambinetti... Tremendi, ma pur sempre bambini".

Prudie alzò un sopracciglio. "Non sottovalutateli, notano tutto e non si lasciano fregare tanto facilmente".

Ross sospirò. "Beh, allora forse dovremmo fare in fretta".

Prudie annuì. "Cosa volete sapere? La signora mi ha detto di avervi visto alla gara di trotto e al centro di aiuto ai poveri e ne era davvero sconvolta. Lo sono stata anche io, non credevo che vi avremmo rivisto e ci ho pensato per giorni. Ieri mi avete spaventato ma lo sapevo che mi sareste comparso davanti come uno spettro, prima o poi, io vi conosco e siete peggio di un cane che fiuta una preda, quando ne trovate una!".

Ross sorrise amaramente, era decisamente schietta come la ricordava. "Cosa voglio sapere? Tutto! Tutto quello che puoi dirmi, perché Demelza non mi ha detto nulla... L'ho vista anche l'altra sera, ai giardini di Vauxhall, da sola. Non te l'ha detto?".

Prudie spalancò gli occhi, non se lo aspettava. "No, questo no".

Ross parve sorpreso ma poi capì che forse Demelza, che in quell'incontro aveva scoperto cose che lo riguardavano e che le erano sconosciute, avesse avuto bisogno di tempo per analizzare quanto aveva appreso, con calma, prima di parlarne. Era cambiata, era meno irruenta e forse aveva imparato a ponderare azioni e parole, negli anni... "Beh non importa" – concluse. "Dimmi solo qualcosa di lei, dei bambini, di suo marito... Io frequento Lord Falmouth ma ovviamente non mi azzardo a chiedere a lui e Demelza non vuole parlarmi, ma io DEVO sapere! Lo capisci? Non posso far finta di nulla, dopo aver rivisto mia moglie e i miei bambini".

Prudie si accigliò. "La signora non è più vostra moglie e i bambini portano un cognome che non è Poldark! Avete deciso che non volevate più avere a che fare con loro e hanno iniziato una vita quì".

Ross parve ferito da quelle parole di certo vere in chi lo aveva conosciuto sette anni prima ma che non corrispondevano a verità nel suo cuore. Mai! "Non ho mai desiderato questo e tu lo sai, Prudie... Mi conosci...".

"Credevo di conoscervi! Ma poi avete abbandonato la signora e il bambino e siete diventato come tanti altri uomini, egoista e crudele con chi più vi amava...".

Ross abbassò lo sguardo, ripensando a quei mesi terribili dove non solo aveva perso la sua famiglia ma soprattutto se stesso e il rispetto per l'uomo che voleva essere e non era stato. "Ho commesso molti errori, sono stato egoista, idiota e non ho saputo apprezzare ciò che avevo. Credevo di avere diritto a qualcosa che non era più mio, solo perché lo avevo desiderato tanti anni prima ed era tornato libero. Qualcosa che ai miei occhi appariva come puro, candido, liscio e senza problemi, qualcosa che mi attirava perché mi allontanava dai disastri della Wheal Grace, dai problemi di denaro, dal dolore per Julia... Quando Francis morì, improvvisamente ero di nuovo io il mondo di Elizabeth, quello che poteva salvarla e diventare di nuovo un principe ai suoi occhi... Non mi rendevo conto di quanto lei fosse cambiata e soprattutto io. Non ero più un ragazzino ribelle e sognatore, ero un marito e un padre ma non lo vedevo, non ci riuscivo più... Avevo smarrito me stesso ma mai, MAI ho agito con la consapevolezza di far del male a Demelza. Pensavo che avrebbe capito, accettato, che avrebbe aspettato che tutto finisse perché SAREBBE finito, in cuor mio sapevo che prima o poi avrei capito e sarei tornato ad essere l'uomo che ero diventato e non il ragazzino che ero stato. Io non volevo finisse così, non mi rendevo conto di quanto gravi fossero le mie azioni e i miei comportamenti! Non pensavo di cadere tanto in basso quella notte, non volevo fare del male a Demelza e non desideravo certo che ne uscissero conseguenze tanto gravi. Ero fuori di me! Sono stato idiota e meschino, hai ragione! Ma mi conosco e se non avessi toccato con mano il fondo, se non avessi visto coi miei occhi che ciò che credevo perfetto era solo un'effimera illusione, non avrei mai smesso di inseguire quel sogno che mi aveva ricatturato dopo le morti di Julia e Francis... Il problema era che, quando ho capito, il destino mi ha chiesto il conto dei miei errori. Ma ho sbagliato, tentando di fare la cosa più giusta, ho finito per fare la scelta più infelice... Ho scelto di prendermi le responsabilità dei miei errori verso la donna a cui, col mio gesto, avrei rovinato la vita, ho scelto con la mente ma non con il cuore, ho scelto credendo di fare ciò che doveva essere fatto. Credevo di salvare lei e di potermi prendere cura di Demelza ma non ce l'ho fatta, era palese che non potevo riuscirci... Ho sbagliato, avrei dovuto difendere e proteggere la mia famiglia e avrei dovuto farlo da ben prima di quella notte terribile in cui ho distrutto tutto, avrei dovuto farlo fin da quando ho deciso di sposarmi... Demelza e i bambini dovevano essere al primo posto e nessun altro. L'ho capito quando era troppo tardi e avevo perso tutto".

Prudie, silenziosa, era rimasta ad ascoltarlo senza fiatare. "Beh, non tutto... Ora avrete una bella famiglia con quella gattamorta là, di Trenwith".

Ross sospirò. Già, se Demelza non gli aveva parlato del loro incontro a Vauxhall, Prudie non poteva sapere cos'era successo in Cornovaglia. "Elizabeth è morta di parto, ho solo un figlio che ora ha sei anni ed è quì con me a Londra. Demelza lo sa, gliel'ho detto io quando l'ho vista l'altra sera".

"Oh...". Prudie abbassò lo sguardo. "La gattamorta è morta...? Non lo avrei mai creduto possibile, la credevo immortale visto il potere che aveva su di voi. Siete vedovo...".

Il potere che aveva su di lui... Ross deglutì, rendendosi conto di quanto palese fosse agli occhi degli altri la sua adorazione per Elizabeth e quanto, negli anni, questo avesse fatto soffrire Demelza senza che lui ci facesse caso. Ripensò alla sua freddezza e all'amarezza degli incontri londinesi con lei e si rese conto che quel comportamento tanto inusuale e distaccato ne erano la naturale conseguenza, la reazione di una donna che cercava di difendersi da nuovo dolore. "Vedovo, sì... Anche se, a dire il vero, Elizabeth l'ho lasciata quel giorno, quando ve ne siete andate. Non vivevo con lei quando è morta, non mi sento un vedovo e non mi sono mai sentito suo marito, quel matrimonio è stato una pura e semplice formalità. Ricordo solo di avervi cercato nella neve, a lungo. E di essere tornato a Nampara distrutto, quella sera stessa. E da allora vivo lì, con mio figlio. Sono tornato a Trenwith solo quando mi hanno chiamato per dirmi che Elizabeth stava partorendo e le cose andavano male...".

Prudie parve sorpresa da quelle parole e da quella realtà che mai avrebbe potuto immaginare. "Come mai l'avete lasciata? La adoravate...".

"Elizabeth?".

"Sì".

Lui sospirò, pensando a quanto in fretta il sogno idilliaco si fosse trasformato in un incubo. "Era la donna ideale dei miei sogni di ragazzo, vedevo in lei ciò che non c'era e volevo vedere. Non eravamo fatti per stare insieme, la nostra unione è stata forzata dagli eventi ed è stato un inferno. Fisicamente ero a Trenwith ma con la mente e il cuore ero a Nampara, avrei voluto solo essere con voi... Non venni a vedere Clowance perché sapevo che non sarei riuscito più ad andar via e ormai non potevo più permettermelo. E' stato l'errore più grande che io abbia mai fatto, avevo promesso di esserci sempre per i bambini... Li amo Prudie, almeno tu riesci a credermi?".

Prudie gli diede un buffetto sul braccio. "Sarò stolta e pazza ma sì, vi credo... Ma è tardi adesso e l'amore a volte si dimostra con la rinuncia... Fate del male alla signora, ora... E' serena, aveva riacquistato tranquillità e ha una famiglia che l'adora, ha tutto ciò di cui ha bisogno e anche i bambini... Non potete distruggere tutto! Se sono quì oggi, è per dirvi questo. Siete testardo ma avete anche cuore, usatelo!".

Ross guardò il cielo, limpido e azzurro. Infondeva pace, quella pace che cercava disperatamente anche lui e che non poteva permettersi... "Lasciarli andare... Non riesco, non ci riuscirò mai se... se prima non so... che dove sono stanno bene... Meglio di come starebbero se ci fossi stato io con loro".

Prudie lo guardò storto. "Senza offesa, ma non che ci voglia molto!".

Ross rispose all'occhiataccia. Era schietta e diretta ma nelle sue parole c'era la saggezza di una madre che lo conosceva fin da quando era piccolo. "Dimmi cosa è successo in questi anni, cosa ha portato Demelza a Londra, parlami di... di...".

"Del tenente Armitage?" - lo aiutò Prudie.

"Sì, di lui...".

Prudie sospirò, si appoggiò alla panca, guardò intorno per controllare dove fossero i gemelli e poi, accertatasi che non erano vicini, iniziò a parlare. "Quando nacque Lady Clowance, Dwight Enys aveva già deciso di venire a Londra con la moglie, Miss Penvenen. Chiesero alla signora di raggiungerla, volevano aiutarla a rifarsi una nuova vita ma Demelza sperava che voi sareste arrivato per i bambini e inizialmente rifiutò. Quando ha capito che non sareste arrivato, ha preso la decisione e siamo partiti. Lo ha dovuto fare, per se stessa e soprattutto per il piccolo Jeremy che vi aspettava tanto e che era sempre più triste per la vostra assenza... Demelza non voleva che vivesse accanto a una finestra la sua infanzia, ad aspettare un padre che non sarebbe mai tornato. Non voleva nulla del genere per i suoi figli. E ha scelto...".

Il sangue parve gelarsi nelle vene di Ross nel pensare a quanto male avesse fatto a chi amava. Ripensò al Jeremy di due anni, al suo piccolo bambino di cui non gli era rimasto che un cavallino di legno, lo immaginò ad aspettarlo, chiedendosi perché suo padre fosse sparito, sentì a pelle la sua delusione e il suo dolore e comprese che Demelza non poteva fare altro se non andarsene. E poi pensò al Jeremy di adesso, spigliato, sveglio, furbo, perfettamente educato come un piccolo Lord, un Jeremy che purtroppo non si ricordava di lui... E a Clowance, la sua bellissima piccola principessa che era diventata una principessa per davvero, ma che era stata cresciuta da altri e che, lontana da lui, era diventata bellissima ed irraggiungibile, nella sua ostinata perfezione. Pensò a se stesso e a quanto aveva sofferto allora, rendendosi conto che, troppo accentrato su quello che stava provando lui, forse non si era mai soffermato a pensare a cosa provassero quelli che aveva lasciato indietro. E poi a Dwight, quell'amico quasi fraterno che aveva deluso e di cui non sentiva parlare da anni. E così, era stato lui ad aiutare Demelza... Ora i pezzi di quel puzzle stavano andando ognuno al loro posto e si maledì per non aver pensato prima a quell'ipotesi. "Dwight vive quì?".

Prudie annuì. "Sì, con la signora Caroline. Demelza ha vissuto a casa loro per un anno, ci hanno trattati come se fossimo di famiglia ed è in quella casa che la signora ha conosciuto, a una festa di Natale, il tenente Armitage, che Caroline aveva invitato".

Ross deglutì, ora arrivata la parte difficile del racconto. "Dwight... E Caroline... Come stanno?" - chiese, cercando di prendere tempo per sentir parlare di Hugh.

"Beh, hanno avuto momenti difficili a causa di Sarah" – rispose Prudie.

"Sarah?".

"La loro prima bambina" – rispose la domestica. "E' nata pochi mesi dopo i gemelli ed è vissuta pochissimo a causa di una malattia al cuore. E' stata durissima per loro ma adesso... adesso è nata Sophie, sana come un pesciolino e bella come la madre e la vita è tornata a sorridere".

Ross impallidì. Sarah, Sophie... E Dwight, che gli era rimasto accanto quando era morta Julia, che aveva vissuto il suo stesso devastante dolore... Quanto aveva perso, quanto aveva gettato via, quante occasioni per essere un buon amico aveva mancato, a causa dei suoi errori, in quegli anni? Gli si strinse il cuore a pensare a Dwight, alla sua sensibilità, alla sua bontà, a quanto doveva aver sofferto nel non aver potuto salvare sua figlia... Quanto era successo in quegli anni, quante cose non aveva saputo? Dwight aveva perso sua figlia e lui non aveva potuto stargli accanto come aveva fatto lui per Julia.

Si sentì in colpa e si mise le mani nei capelli, disperato, appallottolando il giornale fra le mani. "Oh Prudie... Dwight ha aiutato me e poi Demelza e i miei figli. E io non ho mai potuto far nulla per lui".

"Ora gli Enys stanno bene e Demelza li frequenta spesso" – lo rassicurò Prudie. "Dwight segue i bambini come medico, ha aiutato Demelza nella gravidanza dei gemelli e si frequentano, in amicizia. Dopo tanto dolore, le cose si sono assestate. Fino al vostro arrivo".

Ross si accorse che i bambini, in lontananza, stavano arrampicandosi sugli alberi e tormentando dei poveri scoiattoli che cercavano di sfuggire alle loro grinfie e capì che doveva fare in fretta. Prudie era responsabile per loro e non poteva rubare altro tempo al suo lavoro. "Armitage... Parlami di lui? E' in casa in questo momento? In viaggio? Non l'ho mai visto e non l'ho nemmeno mai sentito nominare da nessuna parte". Era la cosa più dolorosa per lui, ma andava affrontata.

Prudie a quella domanda però fece una faccia sorpresa a accigliata, quasi non si aspettasse quelle parole. "In casa? Il tenente Armitage? Hugh?".

"Sì, il marito di Demelza!" - sbottò Ross.

Prudie scosse la testa. "Non sapete proprio tutto, allora...".

"Che vuoi dire?".

La donna sospirò. "Il tenente Armitage, Hugh... è venuto a mancare sei mesi dopo la nascita dei gemellini. Per questo non lo avete mai visto".

Ross sussultò sulla panca, a quella informazione che MAI si sarebbe aspettato. E per un attimo, prima ancora che il suo cervello potesse formulare qualche pensiero coerente, provò un insano senso di felicità e rivalsa. Fu solo un attimo di cui poi si vergognò subito, ma a caldo non poteva nascondere a se stesso che quella era la più bella notizia che avesse mai ricevuto da quando era arrivato a Londra. Anche se, il fatto che Demelza non glielo avesse voluto confidare, lo feriva. "Morto?".

"Morto..." - ripeté Prudie. "Quando ha conosciuto la signora, non stava già bene e la sua malattia, anche se in quel momento era come addormentata, era considerata grave e destinata a portarlo prima o poi alla tomba. Aveva la stessa età della signora, era alto, affascinante, elegante ed educato, un vero signore che mai ho visto compiere gesti maleducati e mai ha alzato la voce con qualcuno. La sua condizione di salute precaria gli permetteva di vivere come voleva e Lord Falmouth aveva rinunciato a farne il suo erede anche perché Hugh, a politica ed economia, preferiva la lettura e la poesia. La sua malattia lo rendeva inadatto al matrimonio, era stato sentenziato che non poteva avere figli e quando ha incontrato Demelza, nonostante lei non fosse certo la donna che i Boscawen avrebbero voluto vedere vicino al loro erede, loro gli hanno permesso di vivere quel rapporto senza interferenze. Falmouth avrebbe fatto di tutto per accontentarlo in quello che gli rimaneva da vivere e anche se all'inizio non era certo felice della scelta sentimentale del nipote, lo aveva lasciato libero da vincoli dinastici e famigliari. Hugh aveva un animo delicato, era un poeta e ha scritto tantissimi poemi per la signora e per i bambini... Era un sognatore, un... elfo... Come dice Demelza quando parla di lui. Forse era viziato, forse era una persona poco cosciente dei problemi del mondo che lo circondava, forse non aveva mai messo il naso fuori dal suo mondo dorato ma era buono, aveva un animo cavalleresco e gentile e quando ha conosciuto Demelza, se n'è innamorato follemente. Non era come voi, non aveva chissà quali ideali e forse nemmeno la volontà di perseguirne uno, ma ha lottato per rendere felice il suo piccolo mondo e le persone che aveva accanto. Sapeva di non essere destinato a diventare un eroe, voleva solo essere accettato e amato da chi amava a sua volta e voleva che la sua famiglia fosse felice e serena. Lei, quando si sono conosciuti, non voleva altri uomini, non voleva che crescere i suoi bambini... Ma lui ha saputo essere talmente romantico e insistente da farla cedere, pian piano...Nessuna donna avrebbe potuto resistere alla tentazione e alla dolcezza di un uomo che la trattava come se fosse la cosa più preziosa al mondo. E' diventato prima suo amico e confidente e poi... e poi è nato l'amore. Le dava mille attenzioni, i suoi occhi brillavano quando la vedeva, avrebbe fatto tutto per vederla contenta. E Demelza, che prima di lui sentivo spesso piangere la notte, pian piano è tornata a sorridere e a vivere. E con lei i bambini...".

Ross tremava, mentre Prudie parlava... Dalla rabbia di immaginare quell'uomo accanto a Demelza e dal dolore di non essere stato lui quello capace di farla ridere e sentire amata ma al contrario, di averne causato quelle lacrime che lei versava di nascosto la notte. Sembrava l'uomo perfetto, quello raccontato da Prudie, quell'uomo perfetto che lui non era mai stato e mai sarebbe diventato, probabilmente... "E poi... Poi come hanno fatto a sposarsi? Come ha potuto, Lord Falmouth, dare il suo consenso alle nozze?".

Prudie sorrise, come a volergli dare coraggio. "Hugh e Demelza mai avrebbero pensato di arrivare al matrimonio. Erano felici, vivevano la loro storia senza pensare al domani e i bambini adoravano il tenente Armitage. Uscivano spesso insieme, hanno fatto delle vacanze, Hugh con Jeremy ha costruito nel giardino qua dietro una casetta sull'albero e gli ha insegnato a leggere e scrivere, trattava la piccola Clowance come una principessa e Demelza come una fata... Così la chiamava... Lui impose a suo zio di non indagare mai sul passato di Demelza, di conoscerla senza pregiudizi e Falmouth, per rispetto di Hugh e pensando non ci sarebbero state conseguenze, non lo fece. Ma poi...".

"Ma poi?" - le chiese, capendo infine perché Falmouth non lo aveva collegato con lei, quando si erano conosciuti.

Prudie guardò verso i gemellini che stavano terrorizzando gli scoiattoli del parco. "Poi lei è rimasta incinta delle bestioline... Nessuno avrebbe creduto possibile qualcosa del genere! E improvvisamente è diventata molto speciale e importante per la dinastia dei Boscawen che con la morte di Hugh si sarebbe estinta. Rappresentava un nuovo futuro e a Lord Falmouth non importava più chi lei fosse e il suo passato, a lui importava solo il futuro che avrebbe dato alla famiglia. Pretese le nozze e Hugh ne era felicissimo. Demelza invece era spaventata e non molto convinta, mai avrebbe voluto tanto, mai avrebbe creduto di trovarsi in quella situazione, ma lo fece. Io la spinsi a farlo, quando in lacrime voleva scappare...".

Ross sentì una profonda irritazione verso Prudie. "Perché? Perché l'hai spinta a farlo?".

Lo sguardo di Prudie si indurì. "Per il suo bene, perché lei e Hugh erano felici insieme e avrebbe iniziato una nuova vita con lui! Per il bene dei bambini che con Hugh avrebbero di nuovo avuto un padre e un nome. Per le bestioline che ormai c'erano e che avevano diritto a una famiglia! Non poteva fare altro, Demelza. Io le ho solo dato la spinta ma anche lei, in cuor suo, sapeva di non avere scelta. E per fortuna lo fece perché, anche se breve, il loro è stato un matrimonio sereno e felice".

Ross abbassò lo sguardo, Prudie aveva ragione certo, ma si sentiva lo stesso furioso. "Se solo fosse stata attenta a non rimanere incinta...".

E a quella esclamazione, Prudie lo fulminò con lo sguardo. "Mi spiace signore ma da VOI questo non lo accetto! Avete fatto lo stesso errore ma a differenza della signora che era libera di rifarsi una vita, voi eravate marito e padre! Silenzio, quindi! La signora e i vostri bambini hanno avuto un futuro assicurato e Hugh li ha amati. Adorava lei e adorava i bambini, aveva un rapporto bellissimo con Jeremy e per quel bambino lui è stato un papà meraviglioso che ancora rimpiange!".

"Sono io suo padre!" - la bloccò Ross.

"No, non lo siete, avete perso questo privilegio! Un padre è chi ci ama e ama stare con noi...".

Ross scosse la testa, disperato. "Prudie, questo Hugh era sicuramente una brava persona ma era ricco, non aveva problemi e aveva tutto il tempo del mondo per scrivere poesie o giocare coi bambini, non aveva la responsabilità di dar da mangiare a delle persone senza lavoro che dipendevano da lui e nemmeno debiti da saldare. E' molto facile essere un perfetto principe azzurro quando tutto va bene, ma la vita è altro... E credevo che Demelza lo sapesse e non ambisse a una vita dove era semplicemente adulata come una bambolina".

Prudie annuì. "Lo so, questo lo so io e lo sa anche la signora che non ha mai ambito a nulla del genere. Lei voleva solo amore, ne aveva bisogno e ha ceduto al suo richiamo. Demelza è stata una bambina senza madre che ha dovuto far da madre fin da piccola ai fratelli, che è cresciuta a suon di botte e frustate, che ha lavorato duramente fin da giovanissima e che ha amato un uomo che poi l'ha lasciata sola e in un mare di disperazione. Non ha mai avuto vita facile, non è mai esistita per lei una vita senza problemi da risolvere e per la prima volta... qualcuno si prendeva cura di lei con amore. Hugh è stato la sua favola, la sua rinascita, un amore tenero e delicato, è stato la spensieratezza di una donna che con lui ha potuto essere per un pò la ragazzina che non è mai stata e le ha dato una leggerezza di vivere senza problemi che non ha assaporato nemmeno da bambina. Ridevano insieme, li sentivo spesso sghignazzare come dei ragazzini... I problemi, quando erano insieme, sparivano... Sono stati il balsamo del cuore l'uno per l'altro... In quel momento della sua vita, Demelza aveva bisogno di uno come Hugh. E Hugh di lei, che gli è rimasta accanto fino alla fine".

E Ross, a quelle parole, trovò il coraggio di porre la domanda che più temeva. "Lei lo amava?".

Prudie sorrise dolcemente. "Queste sono cose personali che riguardano la signora, dovreste chiederlo a lei. Ma sì, credo lo amasse davvero molto. In modo diverso dall'amore che provava per voi, era un amore più delicato e gentile, ma è stato amore, l'amore perfetto per quel momento particolare della sua vita... Non lo ha sposato per interesse e non era semplice affetto... E' stato la sua rinascita, una nuova vita, il riprendersi in mano la sua esistenza e uno stimolo di crescita che l'ha resa una donna forte e sicura di se. Una Boscawen... Falmouth la adora, la considera una stratega migliore di quanto Hugh avrebbe mai potuto diventare e ascolta con interesse i suoi consigli. Parlano spesso di politica, battibeccano e di fatto, in casa, comanda lei... E' l'anima di questa dinastia, ormai, come a suo tempo divenne l'anima di Nampara".

"E i bambini?" - chiese Ross.

"I bambini sono il cuore di questa casa, sono il futuro di questa casata e il tenente Armitage ha parificato, prima di morire, i diritti dei gemelli con quelli di Clowance e Jeremy. Voleva soprattutto che fossero uguali e che crescessero come fratelli uniti. Jeremy è un piccolo ometto che tanto deve a Hugh, nella sua formazione. Adora leggere ed è un bambino buono e sensibile anche se decisamente furbo. Spesso confabula col suo amichetto del cuore Gustav, ridacchiano e organizzano marachelle ma è intelligente, un bravo studioso e si sente responsabile di Demelza e dei fratelli più piccoli. Clowance invece...".

Al nome della figlia, Ross sentì una fitta al cuore. "Com'era? Quando è nata, intendo? Ogni giorno me lo sono chiesto, in questi anni... Chi era, come si chiamava, quanto era bello o bella...".

"Bellissima, una bambola. Ed era talmente buona e tranquilla da non sembrare vera" – disse Prudie. "Non dava pensieri, era la signora che mi preoccupava, aveva tanto bisogno di voi e anche se si sforzava di essere forte, era a pezzi. Temevo davvero tanto per la sua salute e anche il dottore. Le avete spezzato il cuore non andando da lei quando Clowance è nata e anche se Demelza è tanto forte, ho temuto che si spezzasse".

Ross sentì un'altra fitta al cuore al pensiero di quanto male aveva fatto all'amore della sua vita. "E' stato il più grosso errore che potessi commettere... Lo rimpiango ogni giorno!".

Prudie cercò di tranquillizzarlo. "Clowance è viziata, pettegola, capricciosa e sempre perfetta. E' ambiziosa, è bella e sa di esserlo ed è anche prepotente, se lo ritiene necessario! Conosce le buone maniere, è snob, regale e per questo è amatissima dai Boscawen e...".

"E?".

"Ed è però la più Poldark di tutti! Orgogliosa e testarda, come voi...".

A quelle parole, il cuore di Ross si gonfiò di orgoglio. Carisma, così aveva detto Basset... Lo stesso carisma che aveva lui, in quella bambina mai conosciuta e cresciuta lontano... "Eppure, non sanno nulla di me".

"No, la signora ha sempre voluto che fossero sereni e non pensava che sareste tornato. I bambini, soprattutto Jeremy, hanno sofferto tanto per la perdita di Hugh e assieme a Demelza hanno dovuto rialzarsi a fatica, dopo quel lutto. Per Jeremy è stata la nuova perdita di un papà, un papà che stavolta aveva avuto l'occasione di conoscere e che lo aveva amato tanto... Era troppo per parlare anche di voi e Demelza ha solo cercato di donare loro di nuovo serenità, in questi anni. Non so quanto Jeremy sappia o ricordi di voi, non so cosa Demelza possa avergli raccontato ma per fortuna pare non ricordare... Almeno questo dolore gli è stato risparmiato, dopo la morte di Hugh".

Ross si sentì nuovamente in colpa per aver esultato, poco prima, della notizia della scomparsa di Hugh. Era stato egoista, di nuovo, aveva pensato solo a se stesso senza soffermarsi invece sul dolore di coloro che erano stati accanto a Hugh, che lo avevano amato e che da lui erano stati amati a sua volta. Guardò Prudie pieno di gratitudine, le strinse la mano, come a volerla ringraziare per averlo visto e per quelle parole che gli avevano aperto un pò gli occhi, donandogli informazioni ma anche una nuova speranza che forse non tutto era perso se trovava la strada giusta, la strada guidata stavolta dal cuore, per giungere a lei. "E i gemelli? Com'è che Demelza ha avuto addirittura DUE BAMBINI da uno che non poteva, in teoria, averne?".

Prudie sospirò, cercando i bambini con lo sguardo. "Appunto, è la teoria che ci ha fregato! Giuda, io lo dicevo che erano demoniaci, fin dalla prima volta che hanno respirato! Non so com'è stato possibile, Dwight dice che è stato un caso eccezionale, che Hugh aveva una possibilità su... su non so quante per essere padre... Lui e Demelza devono averla sfruttata appieno e sono arrivati quei due che...". Si bloccò, alzandosi di scatto dalla panca. "Che ora strozzo! BESTIOLINE, VENITE QUI!!!".

Ross sussultò, vedendola diventare rossa per la rabbia. Poi si voltò a guardare che diavolo fosse successo, notando i bambini correre verso Prudie, sporchi e spettinati. Il bambino teneva fra le mani, per il collo, un disperato scoiattolino che cercava di scappare, aveva le ginocchia graffiate e la camicia bianca ormai marrone mentre la sorella era sporca d'erba sulle gambe e le sue treccine erano ormai un ricordo.

Prudie si avventò su Demian, liberando il povero scoiattolo. "Smettila di torturare quella povera bestia!".

"Ma volevo giocare con lui ma lui non voleva!" - sbottò il piccolo.

"Certo, lo capisco!" - rispose Prudie, a tono, prendendolo per il polso. "Guarda come sei conciato, che hai combinato?".

"Mi sono arrampicato sugli alberi, hai detto che potevo! TA-NNE-NBAUM!".

"Non ti inventare le parole, bestiolina! Parla bene" – lo ammonì Prudie.

"Ma parlo bene, vuol dire che...".

Daisy bloccò il fratellino, imponendogli il silenzio. "Shhhh, è un segreto".

E mentre Demian si metteva la manina davanti alla bocca, come rendendosi conto di aver detto qualcosa che non doveva, Ross si fermò a pensare a dove avesse sentito quella strana parola pronunciata dal bimbo.

Prudie, che di questi problemi non si preoccupava, si voltò verso Daisy, anche lei sporca in maniera imbarazzante. "E tu?".

"Mi sono rotolata nell'erba, così puzzo di prato vero, non del prato finto del sapone della nonna!".

"Ora andiamo a casa e vi faccio un bagno, a tutti e due!" - urlò Prudie mentre Ross, indeciso se esserne divertito o meno, osservava la scenetta. A quanto sembrava, Prudie aveva guadagnato un posto in una grande casa di lusso ma allo stesso tempo aveva trovato chi riusciva a farla lavorare...

Daisy si imbronciò. "Il bagno? Ancora? Col sapone? Con Demian?".

"Sì, il bagno, col sapone, con Demian, ANCORA!" - rispose Prudie.

La bimba scosse il capo. "Nonna non vuole, dice che non devo fare il bagno con Demian che se lo vedo nudo, mi spavento e cresco malata".

Prudie la guardò storto, poi osservò Demian, poi di nuovo lei. "Quello che tua nonna – anima innocente – crede che ti spaventi, non è un problema, ti ci vorrebbe una lente di ingrandimento per vederlo...".

"Hei!" - si lamentò Demian offeso, picchiando il piedino a terra.

Prudie smise di trattare, li prese sbrigativamente per mano e poi gli diede un cenno impercettibile di saluto.

E Ross capì che doveva davvero andare e le sorrise, grato per l'aiuto che gli aveva dato.

Prudie si voltò, spingendo avanti i due gemelli. "A casa, subito!". Poi, prima di seguirli, si voltò verso di lui. "Lei, la signora, non è arrabbiata, non vi odia, statene certo. Non è mai stata capace di odiare... Sta solo cercando di proteggere se stessa e i bambini...".

Ross annuì. "Lo so. Prudie, mi puoi aiutare?".

Daisy tornò indietro, vedendo che Prudie si era fermata di nuovo. La prese per la gonna, la strattonò e poi lanciò a lui un'occhiataccia che poneva fine a ogni discorso con la sua vecchia serva. "Ciao signore che devi leggere il giornale ma non è vero, visto che lo hai rotto tutto!".

Ross si guardò impacciato, notando la rivista appallottolata fra le sue mani, Prudie alzò gli occhi al cielo e poi, dopo aver dato l'ennesima sculacciata sul sedere a Daisy, sparì borbottando per il viale.

E quando furono scomparsi alla sua vista, Ross rimase a lungo ad osservare quel parchetto, a pensare a quanto aveva scoperto e a provare, forse per la prima volta, ad immedesimarsi nel dolore di Demelza, in quello che era stata la sua vita e nelle decisioni che aveva dovuto prendere. Pensò a Hugh, quel fantasma di cui non avrebbe mai visto il volto e che lo avrebbe sempre tormentato, alla serenità che sembrava permeare quella famiglia dove Demelza e i suoi bambini vivevano, all'allegria che comunque regalavano quei due pestiferi gemelli, pensò a tante cose e per la prima volta, non era lui al centro di tutto...


...


Era passata da poco l'ora del pranzo e Demelza era nel salone con Prudie, a piegare dei vestitini che il giorno dopo avrebbe dovuto portare a delle famiglie bisognose. Quella mattina era uscita con sua suocera per una passeggiata e questo aveva rasserenato il suo animo tanto che, quasi senza rendersene conto, si mise a canticchiare.

Jeremy giocava in giardino con Gustav, Clowance era in camera sua a giocare con le bambole assieme a Catherine e i gemelli erano lì, nuovamente puliti dopo il bagno, a giocare e disegnare su dei fogli sotto il tavolo da biliardo dello zio.

Mamma, sai che Prudie c'ha il fidanzato?”.

Demelza si voltò di scatto verso Daisy, a quelle parole. Demian ridacchiò e Prudie divenne rossa come un peperone. “Cosa?” - chiese con aria maliziosa, guardando la sua serva.

Ma... ma non è vero!” - balbettò Prudie.

Incurante del suo imbarazzo e apparentemente concentrata sul suo disegno, Daisy insistette. “Sì che è vero! Lo hai visto ieri e oggi al parco”.

Piccola bestiolina bugiarda!” - sbottò Prudie, guardandola minacciosa.

Demelza scoppiò a ridere e decise che poteva prenderla in giro. “Prudie, è bellissimo! Se ti sposi, ti presto i bambini per il corteo nuziale. Ormai sono esperti”.

Prudie picchiò i pugni sulle ginocchia, guardando Daisy con sguardo omicida. Ma inaspettatamente Demian le venne in soccorso. “Prudie non c'ha il fidanzato!”.

Prudie annuì, indicando con orgoglio il bambino. “Visto?”.

Il piccolo rise. “Sì, è troppo grassa e troppo vecchia per averlo”.

Daisy alzò le spalle, pensierosa. “Vero! Allora ho sbagliato!”.

Prudie ringhiò ma Demelza, di buon umore quel giorno, non lasciò cadere la cosa. “Sarebbe bellissimo, ti appoggio!”.

Pensa ai tuoi di spasimanti, ragazza! Mi pare che tu ne abbia molti e che ti diano problemi” - le rispose, pensando all'incontro con Ross di quella mattina e a come fare per riavvicinare quei due.

Non ne ho”.

Sicura? E Adderly? E quel dolce maestro di tiro con l'arco che ti fa gli sguardi dolci?”. Beh, nominare Ross sarebbe stato troppo ma forse Demelza avrebbe pensato anche a lui, in quella lista...

Demelza rise, divertita, fingendo di non capire appieno le sue allusioni. Ma quando fece per rispondere, Jeremy e Gustav la bloccarono, entrando nel salotto.

Mamma, posso uscire con Gustav in carrozza? Ci porta Bastian”.

Demelza si accigliò. “Con Bastian sì! Ma dove dovete andare? Non dirmi che vuoi di nuovo andare ai giardini di Vauxhall”.

Jeremy scosse la testa. “No, al negozio di spartiti di musica! Devo prendere delle cose per il mio maestro di tedesco”.

Gustav fece un passo avanti, mettendosi in mezzo. “Però signora Armitage, Vauxhall non è brutta! Mio fratello Leopold, che è grande e ha quindici anni, dice che è un posto bellissimo e che di sera, quando ci va con i suoi amici, incontra donne che sono molto istruttive. Non so cosa vuol dire, ma essere istruttivo è una bella cosa, no?”.

Demelza avvampò e Prudie rise sotto i baffi.

Che vuol dire, mamma?” - chiese Jeremy.

Demelza prese a sudare freddo, sventolandosi col ventaglio. “Ecco, è un genere di cose istruttive... per grandi... Ne parleremo fra qualche anno, non pensarci e vai pure al negozio di spartiti”.

Jeremy saltellò, contento, facendo cadere quel discorso imbarazzante. “Sììì! Quando facciamo l'albero di Natale, mamma?”.

Demelza spalancò gli occhi dalla sorpresa. “Tesoro, è estate, aspetta almeno che sia autunno”.

Ma mi piacerebbe, adesso...”.

Questo autunno...” - ribadì Demelza.

Jeremy sospirò ma poi, contento di poter uscire, sparì dalla porta con Gustav e Demelza si accasciò sul divano. “Donne istruttive a Vauxhall... Giuda Prudie, cresce così in fretta e fra poco sarò in un mare di guai a rispondere alle sue domande. Non me la caverò in eterno tanto facilmente. Ci vorrebbe un uomo per queste cose”.

Prudie le strizzò l'occhio. “Trovatene uno, ragazza!”.

Demelza sbuffò. “Finiscila! Chiederò a Lord Falmouth, se sarà necessario!”.

La domestica scoppiò a ridere. “Falmouth? A quello zitello? Non ha mai visto donne in vita sua, quello lì!”.

Demian fece capolino da sotto il tavolo, incuriosito da quel discorso. “Istruttivo vuol dire maestro? Come quello che viene a far la scuola a Jeremy e Clowance?”.

Sì, in un certo senso” - rispose Demelza, in difficoltà.

Il gemellino sospirò, tornando sotto il tavolo a giocare. “Allora non mi piacciono i giardini di Vauxhall”.

Prudie scoppiò a ridere, a quel punto, seriamente divertita dal vedere Demelza tanto imbarazzata. “Oh Demian, fra dieci anni ti piaceranno eccome! E passerai dal petto di tua madre a quello delle donne istruttive di quel posto, senza che tu te ne accorga!”.

Demelza la fulminò. “Prudie! E' il mio bambino quello!” - esclamò, lanciandole scherzosamente un vestitino in testa. Si alzò, sospirando, lanciandole occhiatacce. “Vado a prendere altra stoffa in camera e tu SMETTILA di dire cose del genere al mio piccolo principe!”.

Prudie alzò lo sguardo al cielo, davvero divertita dalla piega che aveva preso quella conversazione. Ma poi la guardò uscire e tornò seria, pensando al dolore scorto in Ross quella mattina per lei. Un dolore vero, sincero, di un uomo disperato che la amava e che senza di lei non riusciva a vivere. Ripensò alle lacrime di Demelza di sette anni prima, a quanto erano stati felici insieme e a quel discorso fra loro prima del matrimonio con Hugh, quando lei aveva paragonato il suo futuro sposo al tepore di un camino e Ross al fuoco totalizzante che ti avvolge e che forse ti brucia, ma che ti entra dentro fino al profondo. E decise...

Se poteva fare qualcosa per loro, che avevano ancora bisogno l'uno dell'altra, lo avrebbe fatto. Demelza era ferita, impaurita e chiusa nel mondo che si era costruita coi bambini, ma tutti loro avevano bisogno di ritrovarsi con Ross, in qualche modo... Lui era cresciuto ed era cambiato e forse qualcosa di bello poteva ancora uscirne.

Poi pensò ad altri piccoli abitanti di quella casa...

Si alzò, si avvicinò al tavolo da biliardo e ci picchiò sopra un pugno. “Bestioline, venite fuori!”.

Da sotto il tavolo, Demian e Daisy risposero. “NONO!”.

Venite fuori che zia Prudie vi spiega un bellissimo concetto: farsi gli affari propri stando zitti!”.

Lo ascoltiamo da qui!” - rispose la vocina di Daisy. “Se esco mi dai ancora le botte!”.

Prudie si appoggiò al tavolo, decisa a farla pagare a quei due per averla accoppiata a Ross davanti alla loro madre, facendole perdere vent'anni di vita al pensiero che Demelza scoprisse il loro incontro. “Starò qui, non ho fretta e ho tutto il tempo del mondo per aspettare che decidiate di uscire”.

Noi di più!” - rispose Demian.

Più cosa?”.

Più tempo! Tu sei vecchia, non dovremo stare qui sotto tanto”.

Prudie divenne rossa in viso. Li avrebbe scorticati vivi, quei due piccoli impudenti...

Anzi, no, c'era un modo migliore per fare le cose! Avrebbe aiutato Ross ma Ross meritava una punizione per ciò che aveva fatto... E quale miglior punizione se non quella di farlo entrare nella vita di Demelza, a contatto diretto coi due piccoli mostri?

Sì, aveva deciso! Lo avrebbe aiutato!



  
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