Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: _Equinox    02/02/2019    1 recensioni
|| Prequel di "I Saw the Light", ma può essere letta anche senza conoscere la long || HaiMizu (Haizaki Ryouhei x Mizukamiya Seiryuu) perché oggi è il compleanno di Mizukamiya ||
C’era sempre un ragazzo, seduto proprio davanti a lui durante le lezioni: un tipo strano, che non parlava molto con gli altri e sembrava non avere amici. La prima volta che lo aveva visto, con quell’aspetto apparentemente trasandato e disinvolto, pensò che forse dovesse essere uno di quei geni che non curavano le apparenze perché troppo impegnati a studiare. Dopotutto, entrare alla facoltà di medicina della Seishou Gakuen non era affatto una passeggiata, lui lo sapeva bene perché aveva trascorso due anni a prepararsi. Eppure quel giovane dai capelli d’argento, chissà: lo incuriosiva davvero tanto e proprio non capiva perché.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Haizaki Ryouhei
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Dark Star and a Bright Moon'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Ed ecco qui il prequel di "I Saw the Light". Sono riuscita a pubblicarlo in tempo per il compleanno di Mizukamiya, sono così felice. Inizialmente, avrei voluto farci una long, ma alla fine sarebbe stata completamente basata sui capitoli dell'InaPen e non tutti sono tradotti, per cui avrei rischiato di sballare le cose. L'avvertimento What if? si riferisce alla Seishou Gakuen che, a differenza dell'anime e del manga, è un'università, e all'età dei personaggi. Detto questo niente, enjoy!



Cera sempre un ragazzo, seduto proprio davanti a lui durante le lezioni: un tipo strano, che non parlava molto con gli altri e sembrava non avere amici. La prima volta che lo aveva visto, con quell’aspetto apparentemente trasandato e disinvolto, pensò che forse dovesse essere uno di quei geni che non curavano le apparenze perché troppo impegnati a studiare. Dopotutto, entrare alla facoltà di medicina della Seishou Gakuen non era affatto una passeggiata, lui lo sapeva bene perché aveva trascorso due anni a prepararsi. Eppure quel giovane dai capelli d’argento, chissà: lo incuriosiva davvero tanto e proprio non capiva perché.  

Trovava realmente affascinante il modo in cui prendeva appunti senza perdere neanche una parola e realizzando degli schemi semplici, ma ingegnosi. Un paio di volte aveva allungato lo sguardo su quel quaderno, trovandoci riportati tutti i dettagli della lezione, persino quelli che all’apparenza sembravano futili.  

Poi un giorno, per caso, si sporse troppo in avanti perché il professore non ne voleva sapere di spiegare più lentamente, e finì con l’essere colto in pieno da un paio di occhi meravigliosi: non aveva mai captato l’eterocromia di quelle iridi grigiaste, che sfumavano in ambrato e cremisi in prossimità della pupilla. Rimase a bocca aperta nell’osservarle, mentre l’altro continuava a sembrare piuttosto stranito dal comportamento assunto da Mizukamiya. 

«Ti serve qualcosa?» domandò solo, con la stessa indifferenza con cui si ostinava a scrutargli l’anima. 

«Uhm, e-ecco... Io... Non ho ben colto le ultime frasi del professore e-» 

Si bloccò immediatamente nell’istante in cui vide l’altro tornare a scrivere, senza curarsi del discorso che gli stava facendo. Era rapido nell’impugnare la penna e tracciare i caratteri sulla carta, ma mai lo faceva in maniera disordinata. Sì, decisamente un tipo interessante ed inusuale. 

«Se ti servono gli appunti basta chiedere, non ti ammazzo mica» e, detto ciò, gli allungò il taccuino degli appunti e si alzò con noncuranza dalla sedia, insieme agli altri studenti che, con foga, stavano sistemando le proprie cose in vista del cambio d’aula per non tardare alla lezione successiva. 

«Oh, g-grazie...» balbettò solo, con un lieve rossore a colorargli le gote ed il cuore che, inspiegabilmente, aveva preso a tamburellare nel petto ad un ritmo più elevato del solito. 

Dannazione, è bello..., pensò, posando gli occhi sulle labbra carnose del giovane, tirate appena in un sorriso accennato, e mordendo le proprie. 

Il giorno successivo, si fece coraggio e, una volta entrato in aula, prese posto accanto al ragazzo dai capelli d’argento. Non gli disse nulla in particolare, semplicemente gli restituì il quadernetto e, portandosi una ciocca azzurra dietro l’orecchio, mormorò: «Comunque io sono Mizukamiya Seiryuu, piacere» 

«Haizaki Ryouhei» 

·✶· 

Quel giorno la pioggia non sembrava voler cessare di scendere violentemente dal cielo. A Seiryuu piacevano davvero tantissimo, nel momento in cui aveva un ombrello. E, in quel caso, per quanto disperatamente lo avesse cercato, non era a portata di mano, perché probabilmente si trovava sul suo letto – lo immaginò con una faccia diabolica mentre se la rideva perché il suo proprietario era stato colto in pieno dall’acquazzone. 

Pensò allora fosse il caso di rimanere ad aspettare passasse, tuttavia le previsioni sembravano segnare un miglioramento solo nel tardo pomeriggio. Rimanere due ore a maledirsi non pareva un’idea troppo allettante, né gli andava più di tanto. Si sarebbe potuto recare nella biblioteca, ma era mercoledì, quindi avrebbe chiuso pochi minuti dopo il suo arrivo. Kudou aveva annullato gli allenamenti per andare al compleanno di sua figlia, quindi un posto dove andare proprio non ce lo aveva. 

«Yoh, boucles bleus, che ci fai qui?» 

La voce di Haizaki gli giunse all’orecchie improvvisamente e quasi non lo fece sobbalzare. Tra le tante persone conoscesse, di certo non si aspettava di incontrare proprio lui. Dal giorno in cui si erano presentati, non avevano trascorso molto tempo insieme, fatta eccezione per le lezioni e qualche pausa pranzo. Aveva scoperto che l’altro ogni tanto parlava francese, forse lo studiava come lingua straniera e gli serviva per esercitarsi, però talvolta se ne usciva con parole così strane da non essere certo si trattasse di qualcosa studiata sui libri. 

«Haizaki-kun, ciao!» sorrise appena, sentendosi fiero di sé per non essere arrossito. 

«Non chiamarmi così, qui in Giappone c’è troppa formalità. Va bene solo Ryouhei» 

«M-Ma... Non siamo amici così intimi da chiamarci già per nome...» ribatté esitando, alquanto stupito dalla richiesta insolita dell’altro. Non gli era mai capitato di rivolgersi ad un semplice conoscente con il nome proprio, non gli era certo stato insegnato così, eppure all’altro sembrava andare bene. 

«Bah, voi giapponesi siete strani, lo dirò sempre» 

E, a quel punto, Mizukamiya si ritrovò a piegare la testa di lato, accigliato.  

«Anche tu sei giapponese, mi pare» 

«Solo in parte. Secondo te se fossi completamente nipponico parlerei in maniera così fluida il francese, boucles bleues?» 

Il bluette si sentì un attimo offeso, considerando che, dopotutto, il giovane accanto a lui non aveva tutti i torti.  

Quindi non lo studia come lingua

Rimasero per un po’ in silenzio davanti la porta principale dell’università, con i ragazzi che andavano e venivano e le gocce che continuavano a battere sulla strada, producendo un suono veramente piacevole per l’orecchio. C’erano alcune ragazze, davanti al cancello, che lo stavano indicando con il dito e sorridevano: tra esse riconobbe una tra le tante ad essersi dichiarata a lui non molto tempo prima, con una lettera aromatizzata alla lavanda e che lui, con immenso dispiacere della fanciulla, aveva rifiutato. 

«Quelle ti stanno guardando, ma penso tu sia abituato» commentò l’argenteo facendo spallucce ed aprendo l’ombrello. Non poteva certo biasimarle, togliere gli occhi dal ragazzo dai capelli ciano era veramente difficile, vista la sua bellezza ipnotica. Persino lui, che ormai viveva da anni in un’apatia sentimentale senza precedenti, trovava impossibile allontanare gli occhi da quel viso angelico e dolce, come d’altronde doveva essere Seiryuu. Non lo conosceva ancora bene, né sapeva se mai sarebbe stato approfondito il loro rapporto, ma da quel poco che aveva potuto constatare, quel tipo doveva essere davvero gentile e buono. Un po’ gli ricordava la piccola Akane e per un attimo si sentì turbato, quasi terrorizzato, quando nella mente gli si materializzò l'immagine del bluette su una sedia a rotelle, senza un'emozione su quel volto splendido. Scosse immediatamente il capo. 

«Oh, sì… Una di loro si è dichiarata… » 

«Sì? E tu?» 

«Ho… Rifiutato» e, per l'ennesima volta, le guance si accesero di un rosso intenso. Chissà, forse le voci sul fatto che fosse gay erano vere. 

«Be’, comunque  sarà meglio andare, o quelle ti consumeranno» concluse infine il più alto, prendendo l'ombrello dalla borsa ed aprendolo. Mizukamiya si dondolò sui talloni, esitando. Pioveva ancora tantissimo e lui era ancora senza qualcosa per ripararsi dall'acqua. Ryouhei sembrò notarlo, tant'è che si preoccupò di avvicinarsi un tantino al più basso. 

«Non hai l'ombrello, vero?» 

«G-Già» 

E il capitano si sentì ancora più stupido, perché lui era sempre preciso ed impeccabile in ciò che faceva. Ma l'altro non se ne curò, lo afferrò per un braccio e coprì anche lui. 

«C’è un bar qui di fronte, magari possiamo aspettare lì»  

E, alla fine, quella fu l’unica soluzione plausibile.  

Il locale davanti all’università era molto grande, collocato lì in maniera strategica per far sì che gli studenti potessero fermarvi ad ogni momento. Lo stile ricordava molto uno shabby chic moderno, viste le travi in legno chiaro del soffitto e le pareti a mattoncini bianchi. Si accomodarono su alcuni divanetti vicino alla finestra, in un angolino piuttosto riservato dove potevano essere raggiunti solo da pochi sguardi. Una cameriera arrivò immediatamente per prendere le ordinazioni e lanciò loro un’occhiata inizialmente stranita, finendo tuttavia con il sorridere mentre chiedeva cosa gradissero. 

«Uhm... Io prendo un latte alla cannella e dei cinnamon rolls» 

«Io una cioccolata calda, fondente» 

Per un po’ rimasero in silenzio, a guardare la strada al di fuori del vetro, entrambi dubbiosi su cosa dire. Seiryuu se ne stava fermo, se non fosse stato per le spalle che si sollevavano per via del respiro sarebbe sembrato una statua. Haizaki invece rifletteva, era la prima volta che si ritrovava a fare un’uscita di quel tipo con un ragazzo che appena conosceva. Era tutto fin troppo normale per i suoi standard, ma sapeva che spingersi troppo in là con il suo carattere acido ed impassibile – a tratti definito dalla gente cattivo – avrebbe potuto ferire parecchio il giovane davanti a lui. Decise allora di rompere il ghiaccio, o il tempo nons arebbe passato mai. 

«Quindi... Ti piace la cannella, eh?» 

L’altro sembrò destarsi da uno stato di trance e sobbalzò, mordendosi il labbro inferiore ed arrossendo come se qualcuno gli avesse fatto un complimento o robe simili. 

«Eh? Ah, s-sì, un sacco... In realtà, mi piacciono i dolci in generale» spiegò con una punta di imbarazzo nella voce «Sono proprio un ingordo» 

«Non si direbbe, visto che ti tieni in forma piuttosto bene» 

«Oh be’, giocare a calcio mi aiuta in quello...» 

«Giochi a calcio?» un bagliore luminoso comparve negli occhi di Ryouhei, che immediatamente sembrò essere molto più interessato. 

«Sì, sono il capitano della squadra della Seishou... Tu non pratichi sport?» 

L’argenteo rimase un momento in silenzio, indeciso se dirgli che anche lui giocava a pallone, per quanto si fosse sempre allenato individualmente e avesse partecipato solo a poche partite con le squadre campagnole durante l’adolescenza. 

«Anche io gioco più o meno a calcio. Me la cavo, ma non sono tipo che collabora. Affatto» ghignò provocatorio, spinto dal Demone dentro di sé che lo faceva comportare con spavalderia. 

«Ma è fantastico! Potresti unirti a noi, ci servirebbe un attaccante! Tu attacchi, vero? Ti prego dimmi di sì!» il viso del bluette sembrò cambiare all’istante all’affermazione del più alto. In realtà, parve cambiare totalmente in generale, visto che si alzò ed afferrò energicamente le mani dell’altro, sorridendo a trentadue denti ed alzando un po’ troppo la voce. 

«Yoh, stai calmo, o ci butteranno fuori» disse il ragazzo dalla pelle ambrata con un sorriso compiaciuto e divertito, abbassando poi lo sguardo sulle proprie dita, in perfetto contrasto con la carnagione diafana del difensore. Quest’ultimo sembrò accorgersene solo dopo e finì con lo staccarsi bruscamente, il volto totalmente rosso dalla vergogna ed il cuore che batteva talmente forte da sembrare in procinto di abbandonare il proprio petto. 

«Scusami tanto...» 

«No, non mi ha dato fastidio» lo rassicurò, tirando le labbra all’insù mentre la cameriera porgeva loro le ordinazioni. 

·✶· 

Le cose avevano preso una piega davvero strana da quando Ryouhei era diventato la loro punta di attacco e Kidou Yuuto si occupava della squadra in qualità di membro del Comitato di Rinforzo. L’umore generale del team si manteneva sempre alto, malgrado per Haizaki fosse difficile collaborare con tutti. Faceva le cose in solitaria, ma il capitano se lo sarebbe dovuto aspettare, considerando che lo aveva avvertito dall’inizio. Però era a lui che dovevano le numerose vittorie che avevano fatto salire la reputazione della Seishou, la gente non faceva altro che parlare del Demone del Campo che sbaragliava la difesa avversaria vincendo con risultati mostruosi.  

Il regista aveva trovato qualcosa in lui, qualcosa per cui impediva alla maggior parte dei membri di sbatterlo fuori. Quel giovane aveva davvero mille potenzialità ed un talento che, coltivato, avrebbe potuto dare infiniti frutti. In un modo o nell’altro, stavano diventando una famiglia. Passare gran parte del tempo insieme nei dormitori o quando decidevano di fare delle uscite extra li aveva fatti unire e certamente quello era un punto a favore da sfruttare nelle partite.  

Seiryuu non credeva che per lui sarebbe stato così facile e naturale ambientarsi a quella situazione. Adorava stare in compagnia della squadra, si divertiva un sacco ed amava vedere la gioia sui volti dei loro compagni. Il trascorrere così tanto tempo assieme gli aveva fatto acquistare maggiore sicurezza in se stesso e ne andava molto fiero. Con il passare dei giorni si rese conto che essere capitano non significava ricoprire un ruolo fondamentale in campo, bensì riuscire a capire quali fossero le necessità del team, le falle da risanare e la grinta da trasmettere. Chiunque poteva contare sul suo appoggio, visto che non negava mai un sorriso o una pacca di conforto sulla spalla, eppure sentiva che, sotto sotto, qualcosa non andava. Era trascorso un mese da quando l’argenteo aveva fatto il proprio ingresso come attaccante e, malgrado Mizukamiya fosse grato a quel giorno di pioggia, in cuor suo un po’ lo malediva. Non riusciva mai a trascorrere un lasso di tempo troppo lungo in presenza del Demone del Campo, perché finiva sempre con l’arrossire o il cominciare a balbettare imbarazzo. Dal primo istante in cui lo aveva visto, la sua bellezza esotica non gli era stata indifferente e, a poco a poco, il timore di starsi innamorando gli faceva passare le notti in bianco. Ryouhei, dal canto suo, non aveva mai mostrato fastidio nei propri riguardi, anzi: il bluette era probabilmente l’unica persona con la quale parlava più gentilmente e a cui mostrava più affetto, se così poteva essere definito. Il capitano ci aveva fatto caso durante la giornata trascorsa alle terme, quando lo aveva visto per la prima volta senza indumenti. Haizaki lo guardò un po’, soffermandosi sulle macchie più chiare presenti sulla propria pelle, e gli aveva sorriso, scuotendo il capo e sussurrando: «Cavoli, boucles bleues, pure con quelle rimani bello». Non lo aveva detto con cattiveria, quanto piuttosto con dolcezza, vista la sua esitazione nel volersi mostrare. In quel momento, il suo cuore aveva perso qualche battito ed il tempo si era fermato. Nessuno era stato capace di apprezzare le sue imperfezioni, prima di allora. Così, man mano che le giornate andavano avanti e loro passavano i week-end facendo sempre qualcosa di diverso – una volta erano persino andati in spiaggia –, il numero cinque realizzava quanto si sentisse bene se il giovane dai capelli d’argento era al suo fianco e, più ne prendeva consapevolezza, più le situazioni in cui erano da soli aumentavano. Non era bravo a mantenere i segreti e sapeva che prima o poi il cuore gli sarebbe andato a pezzi. Loro erano destinati ad essere solo amici ed era egoistico provare ad immaginare uno scenario diverso. Ciononostante, quasi ogni sera si addormentava contemplando il viso rilassato del numero undici e pensando a come sarebbe stato sentire quelle labbra carnose sulla propria pelle. Dormivano vicini, talvolta nel sonno si sfioravano, ma mai si allontanavano l’uno dall’altro. Nella squadra già si iniziava a vociferare di una presunta relazione e puntualmente faceva malissimo dover dire agli altri che sarebbe stato impossibile, perché c’era troppa diversità tra di loro.  

A volte, tuttavia, capitava che il secondo a chiudere gli occhi fossi il Demone. E allora anche lui si girava su un fianco, allungava la mano verso il viso del proprio capitano e lo accarezzava delicatamente, come se fosse fatto di porcellana e potesse rompersi da un momento all’altro. Non aveva mai visto ragazzo più bello prima di allora ed ogni cosa in lui sembrava perfetta. Seiryuu non gli era certo indifferente, se avesse potuto lo avrebbe preso e baciato come se non ci fosse stato un domani. Ma si tratteneva, reprimeva quell’impulsività perché non voleva ferirlo e rischiare di mandare all’aria la loro amicizia, ormai una delle poche cose avesse. Stava bene, un po’ come quando stava con Akane, c’era solo qualcosa in più, quel sentimento d’amore che non scemava e che andava in contrapposizione con la cupidigia del Demone dentro di sé. 

Lui non ha carattere, lascia che si sottometta a te, lo farà senza ribellarsi perché non ne è capace, gli diceva, e lui stava male al solo pensiero di vedere in lacrime il difensore. Un selvaggio come lui non sarebbe mai stato amato da una persona così buona. 

·✶· 

Accadde che un giorno decisero di uscire da soli. Non sapevano cosa li avesse spinti a prendere quella decisione – in realtà sì, ma era troppo difficile ammetterlo –, però era questo quello che facevano dei migliori amici, dopotutto. In cuor loro speravano fosse la giornata decisiva per mettere le carte in tavola e rivelare i propri sentimenti, mettendo anche a rischio il rapporto che avevano creato in quei mesi. 

Presero per la prima volta la moto. Haizaki aveva insistito per poterla tenere ai dormitori ed ogni tanto usciva a fare qualche giro. L’aveva comprata di recente, quando avevano ottenuto la prima paga dalla Kirastar, l’enorme azienda farmaceutica che li sponsorizzava, e ne andava fierissimo. Oltretutto, lo stile da motociclista gli si addiceva un sacco. 

«Posso stare sicuro, quindi?» aveva scherzato Mizukamiya mentre indossava il casco e si accomodava dietro al pilota. 

«Sì, ma vedi di tenerti forte, o cadi» 

Abbracciarlo era stata la sensazione più bella avesse mai provato. La schiena dell’argenteo era ampia e trasmetteva forza, oltre che sicurezza, quindi neanche per un istante ebbe il timore di finire sulla strada. Decisero che avrebbero trascorso il pomeriggio in centro, a fare un po’ di compere e mangiare street food. Eppure, malgrado la normalità dell’uscita, nell’aria c’era sempre quella tensione dovuta alla dichiarazione che avrebbero voluto fare. Stavano entrambi cercando il momento adatto, che sembrava non giungere mai. Poi, tra un sorrisino e l’altro, si ritrovarono al passeggiare sul lungomare, con le mani a pochi millimetri di distanza e che talvolta si toccavano timide. La spiaggia ricordava loro la stessa dove avevano trascorso il loro secondo week-end insieme e si erano divertiti come matti a giocare a pallone, schizzarsi e fare gare di nuoto. La sera, poi, avevano acceso un falò e si erano messi a cantare intorno al fuoco, come nei film americani. L’atmosfera creatasi aveva fatto sì che Eiji, un tantino ubriaco a causa delle troppe birre che continuava a mandare giù, si mettesse in ginocchio e prendesse la mano di Fuyuki, anche lui un po’ brillo. Iniziò a cantare una canzone d’amore come dichiarazione e per quanto fosse stonato glia altri non avevano potuto fare a meno di ridere. Orio aveva retto il gioco e alla fine si erano messi a ballare un valzer improvvisato e davvero brutto. Il giorno dopo, ripensandoci, avevano sorriso e si erano lanciati un’occhiata d’intesa.  

Forse, si era detto il capitano, non scherzavano poi così tanto

Il sole si manteneva basso all’orizzonte e stava colorando il cielo di un arancio intenso. Le nuvole nel cielo assumevano delle tinte rosate, talvolta addirittura rosse, e sfumavano perfettamente con le parti ancora azzurre. Portando lo sguardo verso l’alto, si ritrovò istintivamente a pensare agli occhi mozzafiato del giovane accanto a lui e a come non riuscisse a fissarli troppo all’ungo senza perdersi a contare ogni singola ramificazione di colore. Non credeva che la natura potesse creare uno spettacolo così meraviglioso, eppure eccolo lì, accanto a lui. Fu in quell’istante che fece un profondo respiro e si fermò sul posto. 

«Qui c’è una scala... P-Possiamo scendere in spiaggia?» chiese esitando e sperando che l’altro accettasse.  

«Certo, anche io avevo intenzione di fermarmi» 

Raggiunsero la riva in silenzio, forse finalmente avrebbero potuto parlare in pace. Erano completamente soli, non un’anima osava passare, e ne furono grati, vista la delicatezza della situazione. Entrambi non sapevano come iniziare il discorso, magari sarebbe stato meglio arrivarci piano, continuando ciò che stavano dicendo prima. 

«Quindi stavi dicendo?» 

«Niente, che ho semplicemente dato a tutti voi un nomignolo in francese. Solo che non sempre li uso, mi guardate in maniera strana quando lo faccio» spiegò Ryouhei, con disinvoltura mentre guardava l’immensa vastità dell’oceano.  

«A me piace quando parli francese» rispose senza pensarci troppo Mizukamiya, maledicendosi mentalmente per essere stato così diretto. Vide un leggero ghigno formarsi sulle labbra del più alto e, quando aprì la bocca per rimediare al danno fatto, finì con il bloccarsi quando ricevette un’occhiata ambigua dall’altro. L’attaccante lo stava osservando con attenzione ed aveva mosso un passo verso di lui. 

«Lo so, boucles bleues, arrossisci sempre quando lo faccio. Be’, in realtà tu arrossisci sempre e basta» ridacchiò mentre allungava una mano verso il suo viso. Il numero cinque non si mosse e deglutì soltanto, trattenendo il fiato. Quelle dita così delicate lo stavano facendo impazzire e non sapeva quanto avrebbe retto la tensione. Fortunatamente, il Demone del Campo riprese a parlare. 

«Comunque anche tu sei affetto da eterocromia. Stai sempre a parlare dei miei occhi, senza renderti conto che nei tuoi mi ci perdo. Sono bellissimi, Seiryuu. E, dannazione, tutto di te è bello» 

Haizaki non stava mentendo e si era detto che forse quello era il modo più delicato per dichiararsi. Stava compiendo uno sforzo enorme per trattenersi, per sopprimere quella fastidiosa voce nella sua testa. Voleva baciarlo, voleva asciugare quelle timide lacrime che gli stavano solcando il viso – quando aveva iniziato a piangere? 

«Perché piangi, capitain?» 

«Perché mi fa male sentirti parlare così e sapere che è solo qualcosa che fa parte di te per farmi stare bene. Mi uccide il pensiero che tu non... Non potrai m-mai ricambiare i miei sentimenti. E scusami se sto rovinando tutto, ma ormai non ce la facevo più. Tu sei sempre stato gentile con me ed io... Io mi sono innamorato perché ho frainteso tutto» singhiozzò allora il più basso, abbassando il capo per nascondere il viso dietro quei riccioli blu. 

E l’argenteo perse un battito, perché era stato così stupido da non accorgersi che ciò che provava era da sempre corrisposto. Davvero non i suoi atteggiamenti non erano stati abbastanza espliciti da far sorgere al bluette quell’orribile pensiero? 

Smise di pensare nel momento in cui un altro singhiozzo scosse le spalle del giovane. Gli si avvicinò, mantenendo ancora la mano sul suo viso e costringendolo a guardarlo negli occhi. Fu un attimo e le loro labbra poterono finalmente incontrarsi, dopo essersi bramate a lungo. Il tocco fu dolce e le loro fantasie divennero concrete, perché tutto era come se lo erano sognato. Il numero cinque realizzò quanto soffice fosse la pelle del più alto e quanto bello fosse sentire i loro sapori mescolarsi. Il cuore gli stava battendo a mille e per un attimo temette di avere un infarto, ma lo consolò sperando che quella avrebbe potuto essere una delle morti più dolci che i kami potessero dargli. Sembrava di vivere in un sogno, un bellissimo sogno dal quale non voleva ridestarsi, e stava accadendo con le onde testimoni di un amore acerbo che sarebbe sbocciato di lì a poco. 

Quando si allontanarono, Haizaki gli rivolse il sorriso più dolce potesse fare e poggiò la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi. 

«Scusami se ti ho fatto stare male. Scusami se non ho avuto le palle di dichiararmi prima. Scusa se ti ho rubato questo bacio» gli mormorò a fior di pelle. 

«Sappi che da questo momento, puoi rubarmi tutti i baci che vuoi» fu la risposta del capitano che, sollevandosi sulle punte, fece unire di nuovo le loro bocche. 

·✶· 

Seiryuu non capiva se avesse fatto la scelta giusta, perché proprio non riusciva a togliersi quella sensazione di disagio da dosso. Non era la prima volta si trovassero da soli ed ormai erano trascorse un paio di settimane da quando avevano deciso di mettersi insieme. Certo, i loro appuntamenti avevano principalmente luogo in posti affollati e pubblici, mai a casa di qualcuno dei due.  

L'appartamento di Haizaki si trovava nel distretto di Roppongi e dall'enorme finestra si poteva vedere la Tokyo Tower in tutta la sua gloriosa grandezza. A lui piaceva un sacco guardarla, lo affascinava e, in generale, l'ambiente domestico era piuttosto accogliente, con un arredamento moderno e curato. Ormai non vivevano già da un po’ ai dormitori, perché Kidou riteneva fossero abbastanza uniti da poter concludere quella convivenza collettiva. 

Ryouhei stava trafficando con i fornelli, il bluette non aveva avuto il permesso di avvicinarsi oltre perché l'argenteo non voleva alcun tipo di distrazione mentre cucinava le crêpes

Lo aveva stupito, e allo stesso tempo affascinato, l'origine etnica dell'attaccante, che aveva una madre metà francese e, nonostante non abitassero più insieme, parlavano spesso in quella lingua così affascinante quanto complessa alle sue orecchie. Il tono del numero undici si addolciva sempre un sacco e a lui risuonava come una dolce melodia. 

«Yoh, è pronto» 

Non appena si sentì chiamare, il difensore si voltò in direzione del fidanzato con un sorriso appena accennato e si avvicinò al tavolino in vetro, sedendosi davanti ad un piatto di frittelle fumanti.  

«Qui ci sono delle marmellate, le fa mia zia in Francia, nel caso tu voglia condirle. Oppure c’è della banale cioccolata, fa' un po' tu» continuò con nonchalance il Demone del Campo, legandosi i capelli in uno chignon disordinato. 

«Le marmellate andranno benissimo, grazie» rispose con garbo, afferrando un vasetto contenente della confettura rossastra. La spalmò su una crêpe e, dopo averla piegata in più parti, la portò alla bocca. I suoi occhi cerulei si sgranarono immediatamente: quello era il dolce più buono avesse mai mangiato. La dolcezza non era eccessiva ed il sapore leggermente vanigliato dell'impasto si sposava alla perfezione con il gusto delle fragole presente nella farcitura. 

Ad Haizaki quella reazione non sfuggì, tant’è che fece comparire sul proprio viso un sorrisetto divertito. 

«Ti piace?» domandò, malgrado la risposta gli si fosse già palesata.  

«Fì! È buoniffima!» esclamò l'altro, portando una mano davanti la bocca. Le guance erano appena colorate di rosso, probabilmente parlargli lo metteva ancora un po’ a disagio, ma era bello vedere come volesse stargli vicino, per quante cazzate facesse. Ryouhei sapeva che il proprio capitano fosse un tipo determinato, specialmente perché con lui non aveva gettato mai la spugna e lo aveva apprezzato molto. Proprio per quel motivo gli aveva dato una chance, pensava se la meritasse. E poi, lui aveva davvero bisogno di una luce nella propria vita. 

«Sei davvero straordinario, Ryouhei-kun…» disse ad un certo punto il bluette, a testa bassa – proprio non ce la faceva a tenere lo sguardo alto quando diceva cose simili – mentre addentava l'ultimo pezzo di dolce. Erano stati in silenzio per gran parte del tempo, perché sapevano che se fossero andati avanti in una conversazione, ci sarebbe sicuramente stato anche del contatto fisico. Ed essendo totalmente soli, in un appartamento, poco ci voleva ad immaginare le conseguenze. L'argenteo aveva davvero paura di esagerare, non voleva che la parte più aggressiva di sé venisse fuori con un ragazzo così dolce, gli avrebbe fatto sicuramente male. Era ancora presto per poter pensare di fare sesso, eppure quella frase aveva sbloccato qualcosa in lui, una voglia irrefrenabile di afferrare Mizukamiya e di trascinarlo in camera per riempirlo di baci. Ma non fu necessario. 

Mentre lui era assorto nei suoi pensieri, il capitano della Seishou Gakuen di era alzato ed era andato proprio di fronte a lui, poi aveva piegato la schiena davanti, quel poco che bastasse per far congiungere le proprie labbra. Non se lo aspettava, solitamente il difensore non faceva mai la prima mossa. Dal canto suo, il numero cinque aveva sentito il bisogno di dimostrare al Demone quanto ci tenesse a lui e quanto desiderasse approfondire quella relazione. Avrebbe sacrificato tutto se stesso pur di vederlo felice. Non era a conoscenza di tutte le cose avesse passato, solitamente l'attaccante evitava sempre di parlare della propria infanzia e non se la sentiva di pressarlo. Tuttavia, davvero non poteva negare a se stesso di volerlo rendere una persona migliore, desiderava più di ogni altra cosa far emergere quel lato buono che celava a tutti.  

«Era inaspettato» gli sussurrò a fior di pelle Haizaki, con un ghigno divertito. 

«Be’, tu mi hai sorpreso, mi sembrava il minimo fare lo stesso» si giustificò ridendo appena, un suono così cristallino che il ventenne dai capelli d'argento non riuscì a fare a meno di alzarsi, prenderlo dai fianchi e farlo sedere sul tavolo. 

«Detesto non poter fare certe cose all'aperto» iniziò, spostandogli delle ciocche azzurre dietro l'orecchio «Detesto non poterti toccare così liberamente senza che qualcuno ci guardi male» 

«Ma ora siamo solo noi…» 

«Sì. Posso… Dartelo un bacio come si deve?»  

«Oh, uhm… S-Sì! C-Certo!» 

E, con quanta più delicatezza avesse in corpo, l'argenteo gli accarezzò una guancia e fece di nuovo congiungere le loro bocche. Stavolta, mosse un po’ la sua su quella del compagno, lentamente e con calma, andando solo dopo a leccargli il labbro superiore. Pian piano le loro lingue si incontrarono e si intrecciano, non c'erano rumori nella stanza, se non quelli prodotti da loro. Avevano gli occhi chiusi entrambi, ma Ryouhei avrebbe scommesso senza problemi che Seiryuu avesse il viso rosso per l'imbarazzo. E infatti, quando si staccarono, poté constatare di averci visto giusto. 

«Andiamo… Sì insomma, a-andiamo in camera tua?» domandò in un sussurro il difensore, giocando nervosamente con il bordo della sua maglietta. Ancora una volta, non lo aveva guardato in faccia. 

«Sei sicuro? Sai che se andiamo non ci limit-»  

Un altro bacio lo interruppe. 

«Ti prego…» 

A quel punto, il numero undici fece spallucce e lo prese tra le proprie braccia sorridendo divertito. 

«Uhm… Che combini?» 

«Porto la mia principessa sul letto nuziale, ovvio» 

«Stupido…» borbottò solo il capitano, nascondendo il capo nell'incavo del collo del fidanzato. Abbassò le palpebre e si godette per alcuni istanti il buon profumo che emanava e la morbidezza dei capelli lunghi, che adorava toccare, finché non si sentì poggiare su una superficie particolarmente soffice. Capì fosse giunto il momento di affrontare tutte le proprie insicurezze. Un po’ era spaventato, non aveva mai fatto nulla del genere, con nessuno, ma era certo di star facendo la scelta giusta con lui. I teneri baci gli stava lasciando sul collo, le mani che con calma stavano tastando ogni centimetro del proprio corpo, l'eccitazione che pian piano cresceva, tutto gli stava facendo credere di aver intrapreso la scelta giusta. E quando poi si trovarono nudi entrambi, con i corpi esposti al chiaro di luna, qualcosa lo bloccò e lo fece rannicchiare su se stesso, contro la testiera. 

«Seiryuu?»  

Il bluette fece dei profondi respiri e provò a calmarsi, cercando comunque in tutti i modi di coprirsi. Si vergognava di sé, in quel momento, e non ne comprendeva la ragione. Forse a metterlo a disagio era la massa fisica dell'altro, non eccessiva ma comunque molto più accentuata rispetto alla sua. Gli tornarono in mente le parole dei ragazzini delle medie con cui giocava da piccolo, quelle frasi taglienti secondo le quali lui, con una simile corporatura, non avrebbe mai potuto fare il calciatore. Non era portato per l'attacco e talvolta si sentiva inutile anche in difesa. Forse davvero il calcio non gli si addiceva. E poi, ancora una volta, visse la sensazione di essere chiamato con nomignoli spiacevoli dai bulletti del liceo, a causa delle macchie più chiare presenti sul proprio petto per via della vitiligine. 

Pensare quelle cose gli fece inumidire gli occhi, per cui provò a rifugiarsi con la testa tra le ginocchia. Ci fu però una mano gentile ad accarezzargli i capelli. 

«Cazzo, lo sapevo non eri pronto… È stata colpa mia, scusa» sussurrò piano il Demone. 

Ancora non riuscì a rispondere, ma nel momento in cui il tocco dell'argenteo si fece più insistente, sollevò appena il capo per guardarlo. 

«Scusami… Ho-Ho rovinato tutto io» 

«Non dirlo neanche per scherzo, capitain» 

«Non riesco proprio a farmelo piacere questo corpo» singhiozzò allora, stringendosi in un abbraccio solitario. 

Il fidanzato lo guardò confuso, con la testa appena piegata di lato ed un'espressione crucciata dipinta sul viso. Provò allora ad abbassarsi in prossimità del bacino del numero cinque, sfiorandogli la pelle con le labbra. 

«È per via di questa?» domandò con dolcezza. 

«N-No… Cioè, n-non solo… E Kami...C-Che stai facendo?» chiese balbettando Seiryuu, con il volto totalmente in fiamme nell'avvertire la bocca di Ryouhei in un punto così intimo. Lo stava baciando proprio sulla cicatrice. 

«Voglio farti capire che non me ne frega un cazzo di questa, né di tutte le chiazze che ti fanno sembrare una cartina geografica. Sei bellissimo così come sei, Seiryuu, mettitelo in testa» 

A quelle parole, un po’ brusche, ma comunque dolci, considerando l’emittente, il cuore gli si sciolse. Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo, solitamente i commenti di apprezzamento che riceveva venivano da persone che neanche lo conoscevano bene. Con Haizaki si era esposto per la prima volta e, nonostante i difetti, lui gli stava dicendo di apprezzare tutto.  

Fu allora che, asciugate le lacrime, si mise a ridere e lo abbracciò, talmente forte da poter sentire il suo cuore battere direttamente contro il proprio petto. E poi, finalmente, successe: diventarono tutt’uno, sussurrarono i loro nomi e provarono sensazioni nuove. L'attaccante era stato gentile, si era preoccupato di prepararlo a lungo per non fargli sentire dolore, mentre il capitano aveva trovato il modo di rilassarsi perdendosi nell'eterocromia del compagno. Quando raggiunsero l'apice, contemporaneamente, fecero intrecciare le loro dita e sorrisero felici. Quella notte stellata su Tokyo fece da testimone a due ragazzi che, finalmente, erano stati in grado di vincere gli scheletri nei rispettivi armadi. 

Il bluette fu il primo ad addormentarsi accoccolato sul petto ampio dell'altro, contento come mai prima di allora.  

Il giovane dai capelli d'argento, invece, era rimasto sveglio, a fissare la volta celeste. C'era un plenilunio meraviglioso e tutto era perfetto. 

Ho finalmente trovato la mia luce, si disse mentalmente mentre accarezzava il capo dell'amante. Forse, Mizukamiya sarebbe davvero stato in grado di salvarlo dall'oscurità. 

Staremo a vedere, Haizaki Ryouhei. La voce del Demone lo colpì come una secchiata gelida. Non era il momento di farlo uscire, non poteva rovinare la magia che si era creata. Portò allora gli occhi sul ragazzo che dormiva su di lui: gli sembrava davvero un angelo e questo bastò a calmarlo.  

Se solo avesse saputo che, prima o poi, gli avrebbe spezzato  le ali… 

·✶· 

Bastò poco per rovinare tutto. In realtà, non ci volle davvero quasi nulla. Quando tutto sembrava andare per il meglio, accadde qualcosa che fece capire ad Haizaki quanto fosse pericolosa la presenza del Demone dentro di sé. Probabilmente, vivere nella luce non faceva per lui. 

Capitò che un giorno, rientrando negli spogliatoi, il suo sguardo finisse sulla figura del proprio ragazzo, intento a parlare con Shiratori in maniera piuttosto ravvicinata. Sembrava capitare spesso, nell’ultimo periodo, che quei due restassero soli, ed il modo in cui il difensore dai capelli bianchi guardava il capitano non gli piaceva. 

Lui è nostro, deve stargli alla larga. 

Sospettava già da un po’ che Tsumuki nutrisse dei sentimenti per Seiryuu, il quale pareva anche esserne compiaciuto. Quel pomeriggio decise di aspettarlo negli spogliatoi, solitamente il capitano era sempre l’ultimo a finire. La rabbia lo stava consumando dentro e stava provando in tutti i modi a reprimerla distraendosi con Instagram. Era stupido prendersela per una chiacchierata banale, non si trattava certo di un reato. Eppure il pensiero che qualcuno potesse portargli via quella che sembrava essere la luce lo divorava dall’interno, faceva marcire la purezza dei sentimenti che provava verso il bluette e pareva farlo impazzire. 

Mentre scorreva sulla home, la sua attenzione venne catturata da un video condiviso dal comitato del Football Frontier. 

«Mi hai aspettato, scusa se ci ho messo tanto. Che guardi?» cinguettò mentre gli si avvicinava sorridente. Con noncuranza abbassò il cellulare per far sì potesse vedere anche lui: si trattava dell’ultima partita della Outei Tsukinomiya, la squadra sponsorizzata dal bastardo che aveva creato il progetto Ares.  

«Sono pazzeschi... E dire che il capitano ha solo quindici anni» sussurrò il numero cinque, poggiando la testa sulla sua spalla. Gli occhi pluricromatici dell’attaccante seguirono la figura di Nosaka Yuuma sullo schermo, con indifferenza. 

«Già» rispose freddo. 

A Seiryuu non ci volle molto per accorgersi di quel cambiamento repentino. In realtà, lui aveva il sospetto che l’altro volesse parlargli di qualcosa, quasi sicuramente inerente al rapporto tra lui e Shiratori. Stavano spesso insieme, come avevano sempre fatto d’altronde, ma ultimamente c’era qualcosa di diverso negli atteggiamenti dell’albino. 

«Ryouhei, ascolta-» 

«Dimmi che tutte quelle attenzioni che ti dà sono dovute al fatto che siete solo amici e chiuderò un occhio» lo fermò il Demone, senza neanche degnarlo di uno sguardo. 

Bingo

«Ryouhei, io amo te» 

«E allora perché quando ti sta così attaccato non lo respingi? Cazzo, Seiryuu, tu sei solamente mio» lo rimproverò, con una punta di sadismo negli occhi che spaventò Mizukamiya. 

«Lui... Lui prova dei sentimenti per me, ma non ha significato, davvero. Per cui smettila di comportarti così» spiegò solo, avviandosi verso l’uscita e con l’intenzione di troncare immediatamente quella discussione infondata. Non poteva credere che stavano litigando per una simile sciocchezza. 

«E quando ti farai scopare anche da lui che mi dirai?» 

Quella frase lo trafisse con la potenza di mille lame. Voleva far finta di non aver sentito, ma la domanda sembrava essere entrata in loop nel proprio cervello. Gli si spezzò il cuore e non poteva credere che glielo avesse davvero detto. Sembrava che per lui, quella relazione fosse solo sesso, al che gli sorse il dubbio di essere stato sfruttato. 

«Tu... Tu non sei serio, vero Ryouhei?» si voltò, con gli occhi che già diventavano lucidi ed i pugni stretti. 

«Non ti voglio più vedere vicino a lui, chiaro?» 

Il difensore provò a convincersi che quella fosse solo una delle tante sfuriate che il proprio fidanzato faceva, uno degli attacchi isterici che aveva anche in campo quando perdeva il controllo. Sì, doveva essere per forza così. Non rispose, si limitò ad incamminarsi verso la porta con accanto il numero undici a testa bassa. 

Non succederà più, magari era solo nervoso, si ripeteva, ma non sapeva quanto a lungo avrebbe retto. 

Dopo neanche qualche settimana, sullo schermo del cellulare di Mizukamiya Seiryuu, non c’era più l’immagine di lui assieme ad Haizaki Ryouhei e un certo Demone gli aveva spezzato le ali, oltre che il cuore.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: _Equinox