Anime & Manga > Detective Conan
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Autore: Marti4869_    02/02/2019    3 recensioni
Erano passati 5 anni da quella maledetta notte al Tropical Land, e la lotta all’organizzazione degli uomini in nero era, recentemente, finalmente terminata.
Ai, finalmente, era riuscita a venire in possesso della sostanza che aveva trasformato lei e il suo amico in due bambini, e passava le sue giornate a cercare di sintetizzarne l’antidoto.
Shinichi, invece, si trovava alla ricerca delle parole giuste per rivelare a Ran la verità che era sempre riuscito a tenerle nascosta grazie a qualche sporadico incontro tra i due. Questa situazione, però, rendeva il detective continuamente pensieroso e dubbioso perché, nonostante fossero anni che lo aspettava, doveva ammettere di provare paura. Spesso si ritrovava a chiedersi come sarebbe andata. E se lei non avesse capito perché lui glielo aveva nascosto? Avrebbe dovuto lasciarla andare? O magari avrebbe dovuto provare a farsi perdonare in tutti i modi? Sapeva che lui avrebbe compreso ogni reazione da parte della fidanzata, ma lo avrebbe accettato? Proprio adesso che erano riusciti ad essere la coppia che tanto sognavano, seppur riuscendo a vedersi solo di tanto in tanto. Avrebbe mai accettato di perdere la possibilità di affondare i suoi occhi, in quelli dell’unica persona che riusciva a fargli
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
 

Intanto che Shinichi si dirigeva in agenzia da lei, Ran si svegliava nella sua stanza, questa volta senza nausea. La ragazza, portò lo sguardo alla sveglia digitale, che aveva sul comodino accanto al suo letto, accorgendosi che erano da poco passate le 9:30.

Afferrò il suo smartphone controllando i messaggi ricevuti. Tra le varie notifiche c’erano: quelle di suo padre che l’avvisava di essere uscito e che, tanto per cambiare, sarebbe rientrato solo dopo cena; quelle di Kazuha che le augurava il buongiorno con una fantastica foto di Heiji in cui il ragazzo dormiva beatamente sbavando; e, in fondo alla lista si trovava un messaggio del piccolo Conan che diceva soltanto: “Sono uscito”. La karateka sorrise al ricordo di quanto, quel ragazzino, che lei aveva sempre considerato come un fratello, si fosse preoccupato per lei quando, quella mattina, l’aveva vista stare male. Decise di alzarsi e prepararsi, cercando di acquistare un aspetto migliore.

Si avvicinò al suo armadio e ne cercò all’interno la cosa più comoda che possedeva ma che, allo stesso tempo, riuscisse ad essere anche carina. Non era ancora nel suo stato migliore, perciò non aveva voglia di vestirsi in maniera troppo impegnativa ma non aveva neanche intenzione di buttarsi troppo nel ruolo della malata, personaggio che non le apparteneva minimamente.

Completò la sua ricerca quando le capitò sotto le mani uno di quei vestiti in tessuto morbido che tanto le piacevano.

Decretò che fosse abbastanza comodo, così lo afferrò e si diresse in bagno a prepararsi. Decise di farsi una doccia per cercare di riprendersi meglio dal voltastomaco che, qualche ora prima, l’aveva stremata; aprì l’acqua calda e iniziò a spogliarsi. Era completamente nuda davanti allo specchio situato sopra il lavandino. Iniziò a guardarsi, si mise di profilo osservandosi la pancia e istintivamente iniziò ad accarezzarsela. Non voleva che i suoi sospetti fossero reali eppure, quella strana sensazione che le suggeriva che fosse proprio come immaginava, non voleva abbandonare la sua testa. Non poteva essere incinta. Non poteva, non ora. Anche se, tutto sommato, un po’ nel profondo del suo cuore, ci sperava di vedersi mamma, con Shinichi al suo fianco. La seconda parte di tutto ciò, purtroppo, sembrava sempre più irreale, dato che da anni, non riuscivano a passare insieme più di qualche ora di tanto in tanto.

D’un tratto tornò alla realtà, convincendosi che quelle erano solo congetture create dalla sua mente perché, a causa del virus, in quei giorni aveva riposato poco. Entrò in doccia, si lavò e si preparò.

Shinichi scese dal maggiolone del professore salutandolo e ringraziandolo, subito dopo, preso dall’insicurezza e dalla paura, cambiò direzione iniziando a passeggiare riflettendo tra sé e sé.

Arrivò al parchetto vicino l’agenzia, posto dove era solito giocare con i Detective Boys quando era Conan. Oltrepassò la rete che fungeva da recinzione e trovò un pallone abbandonato; quasi istintivamente gli diede un calcio iniziando a passarlo da un piede ad un altro, fino a calciarlo contro il muro davanti a se. Racchiuse in quel calcio tutta la frustrazione che lo accompagnava da tempo ormai, come a volersene liberare, trasformandola nell’energia che la palla aveva liberato colpendo la parete e rimbalzando. Al detective parse di esserci riuscito e si sentì improvvisamente più tranquillo, così, dopo aver temporeggiato continuando a giocare per i 20 minuti successivi, prese coraggio e lentamente si avviò verso la casa che in quegli anni lo aveva accolto pronto, forse, ad affrontare ciò che sapeva lo aspettasse.

 

Ran, si trovava su uno dei divani dell’agenzia a leggere una rivista di karate cercando di ammazzare il tempo, non avendo la forza di fare nient’altro.

Aveva lo sguardo fisso su un punto indefinito della pagina e la mente dispersa totalmente altrove.

Infatti qualcos’altro da fare lo aveva. In quei giorni in cui era stata male, aveva avuto il presentimento non fosse un semplice virus il suo. Dopo la notte passata con Shinichi, infatti, avrebbe dovuto avere le mestruazioni. Completamente saltate. Preoccupata e cosciente di quale potesse essere stata la causa, aveva provato a cercare informazioni su internet, andando purtroppo a riscontrare molti dei sintomi lì riportati. Sebbene le coincidenze erano molte, probabilmente guidata dalla paura, aveva cercato di ignorarle, rifugiandosi nella convinzione che fosse colpa dell’influenza che in quei giorni stava contagiando molte persone. Nonostante questo suo volersi convincere del contrario, il giorno precedente, in farmacia, aveva ugualmente acquistato un test di gravidanza, anche se, per paura del risultato aveva evitato fino ad allora di farlo.

Poggiò con sicurezza la rivista che teneva in mano sul tavolino davanti a se e, con un sospiro, decise che fosse arrivata l’ora di dare una risposta ai suoi dubbi. Dopotutto, se avesse fatto il test o meno, il risultato non sarebbe di certo cambiato; per questo, si alzò e si diresse verso la sua borsa tirandone fuori una scatolina bianca e blu che portò con sé in bagno.

Passarono circa cinque minuti prima che un cigolio prodotto dalla porta della toilette rompesse il silenzio nel vuoto della casa. Lentamente, venne a crearsi la figura di Ran che teneva stretto, nelle mani tremanti, un bastoncino bianco. Il viso della ragazza era rivolto verso quell’astina candida che aveva scritto sopra “INCINTA 2-3 SETTIMANE” e, mentre un sorriso amaro, appena accennato, era disegnato sulle sue labbra, le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi. Le gambe iniziarono a tremarle mentre dei leggeri crampi le attraversavano l’addome, non avendo più la forza di stare in piedi si appoggiò al divano, scivolandoci lentamente sopra.

Passò solo qualche minuto prima che un suono di passi la fece sussultare. Vide, attraverso il vetro nella parte superiore della porta, un’ombra passarci davanti per proseguire dritta. Poggiò distrattamente sul tavolino, il test che teneva stretto tra le dita e corse alla porta, noncurante degli occhi arrossati dal pianto, la aprì trovandosi davanti l’unica persona che non si sarebbe mai aspettata di vedere, ma che, allo stesso tempo, desiderava più di chiunque altro. Aveva di fronte il suo ragazzo che le sorrideva a braccia aperte, con un’espressione di felicità, mista a preoccupazione, sul volto.

«Sorpresa!» esclamò con tono dolce Shinichi.

Ran, non perse un secondo e gli saltò al collo stringendolo a se più forte che poteva scoppiando a piangere disperatamente .

Il detective, dopo averla stretta a se più forte che poteva, guardò negli occhi la ragazza che aveva tra le braccia, asciugandole con il pollice una lacrima che correva sulla sua guancia e iniziò a baciarla dolcemente.

Ran, ricordando cosa aveva abbandonato poco più in là, si staccò dal bacio del fidanzato e avvicinandosi al tavolino prese la rivista infilandoci in mezzo il test. Quello non era il posto adatto per parlare.

«Andiamo di sopra. Non voglio parlare qui potrebbe arrivare qualcuno da un momento all’altro.»

«Hai ragione.»

Salirono nell’appartamento e Ran si allontanò da Shinichi, chiedendogli di aspettarla qualche minuto perché aveva una cosa urgente da fare, entrando poi in camera sua.

Lì tirò fuori il test e riprese a guardarlo in silenzio seduta sul letto a gambe incrociate, non sapendo cosa fare, mentre Shinichi l’aspettava impaziente e ansioso, camminando avanti e dietro il perimetro della sala dove mangiavano solitamente.

I minuti passavamo ma, della karateka non se ne vedeva neanche l’ombra, per questo motivo, il detective, preoccupato che fosse successo qualcosa decise di entrare in quella camera, ignorando le raccomandazioni della ragazza.

 

Appena mise piede in quella stanza, raggelò e il suo cuore perse un battito.

Lei, la sua Ran, era seduta sul letto con il viso basso, lo sguardo puntato su qualcosa di bianco stretto nelle sue mani poggiate sulla sua pancia e le guance rigate, per l’ennesima volta a causa sua, dalle lacrime che scendevano copiose dai suoi occhi. La vista di quella scena lo faceva stare male e il pensiero che potesse essere colpa sua, lo faceva sentire una persona miserabile.  

Il ragazzo, fece un respiro profondo e si sedette accanto a lei portando, anche lui, lo sguardo su quel bastoncino candido che eliminava ogni suo dubbio, preannunciando chiaramente, che le loro vite sarebbero cambiate radicalmente di lì a poco. Il detective, tese la sua mano, andando a stringere quella della fidanzata come se fosse stata la sua ultima possibilità di vederla e di toccare quella pelle che negli anni tanto aveva bramato.

«Scusami» disse lei, guardandolo negli occhi, senza aggiungere altro.

«Sciocca, di cosa dovrei scusarti? Se in questa stanza c’è qualcuno che deve scusarsi quello sono io.» sospirò lui con la voce tremante, cosciente di ciò a cui andava in contro: «Prima che tu prenda una decisione che influenzerà, immancabilmente, in un modo o in un altro, la tua vita, voglio che ascolti cosa ho da dirti…»  continuò poi, il ragazzo andando ad aumentare la presa, tremante, sulla mano della fidanzata.

«Per favore, ascoltami. Lasciami dire quello che ho da dirti, prima di reagire.» Ran era sempre più preoccupata dalle parole che stava per dirle il suo ragazzo, stava facendo troppi giri di parole, e tutto ciò non preannunciava niente di buono, soprattutto se accostato alle sue mani tremanti.

Dopo queste premesse, nonostante la paura sempre più grande della sua reazione, prese un profondo respiro e senza il coraggio di guardarla negli occhi iniziò a parlarle: «Scusami per averti mentito in questi anni.» non riuscì a finire senza prendere fiato di nuovo, questa volta prima di continuare portò il suo sguardo in quello della ragazza di fronte a lui, notando, con il cuore a pezzi, i suoi occhi pieni di lacrime trattenute a malapena.

Lasciò la presa sulla mano della karateka e strinse le sue in pugni, continuando:«Scusami, per averti lasciata sola quella sera di cinque anni fa al Tropical Land, se io non lo avessi fatto non avrei dovuto mentirti per tutto questo tempo. Infatti, dopo essermi allontanato, sono stato preso alle spalle da uno dei criminali che stavo seguendo e dopo avermi stordito, mi ha costretto ad assumere un veleno che avrebbe dovuto uccidermi.»

Ran, sempre più sconvolta da tutto quello che le stava accadendo, non riusciva a spiccicare una parola, un malloppo di preoccupazioni le bloccava la gola rendendola praticamente muta.

Il ragazzo da parte sua, non stava meglio, infatti, lui che sempre si era mostrato forte davanti a tutti scoppiò a piangere dinanzi la paura, più reale ogni secondo che passava, di essere abbandonato dall’unica persona che era stata capace di fargli perdere la testa. Con le lacrime che scorrevano lentamente sugli zigomi, il detective si fece coraggio e  terminò.

«Scusami se, fingendomi Conan, per tutti questi anni ti ho fatta soffrire, preso dalla paura che quei pazzi avrebbero potuto farti del male. Volevo solo proteggerti, non volevo perderti per mano di un pazzo. Per questo e non per altro, ho aspettato fino ad adesso, che l’organizzazione non esiste più, per dirti tutto.»

Ormai, la fragilità che quel ragazzo appassionato di gialli, aveva da sempre nascosto dietro un muro di sicurezza e presunzione, era venuta fuori e le lacrime non smettevano di corrergli sul viso. Aveva esternato tutte le sue paure davanti alla sua amica d’infanzia, davanti a colei che sempre aveva protetto dalla crudeltà del mondo.

Quella stessa persona che adesso lo guardava senza più un briciolo di fiducia nei suoi confronti e che, con l’animo confuso e il cuore a pezzi, stava racimolando le ultime energie che aveva in corpo per farsi forza e rispondergli.

Per quanto le faceva male pronunciare quelle parole, non poteva accettarlo. Non poteva far passare così cinque anni di bugie. In queste condizioni non riusciva più, neanche ad essere sicura di tutte le cose che le aveva detto, dell’amore che tanto le aveva professato. E se fossero state tutte, solo, bugie per “non coinvolgerla”? Chi glielo assicurava?

 
                                                                  \\\\\\\\\SPAZIO AUTRICE\\\\\\\\\\
Ehilà! Sono tornata con un nuovo capitolo... ci ho messo un po' ma spero ne sia valsa la pena. Spero la storia vi stia piacendo e che le attese per i capitoli no vi stanchino troppo. Mi rattrista avvisarvi che, putroppo, probabilmente per il prossimo ce ne vorrà ancora di più. Spero ancora che vi stia piacendo e vi invito a farmelo sapere con una recensione. Inoltre, vi rinnovo l'invito a suggerirmi dei titoli migliori di questo, mi farebbe molto piacere.
Al prossimo capitolo
-Martina.

 
   
 
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