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Autore: Hiroshi84    03/02/2019    3 recensioni
Da quasi un anno lavoro in qualità di Operatore Socio Sanitario in una Casa di Riposo per Anziani, e tra le tante storie accadute nella struttura o pervenute tramite gli ospiti, ho deciso di romanzare ciò che mi è stato raccontato da Serafino (nome di fantasia) una sera, precisamente sul finire del mio turno pomeridiano.
“Angela e Serafino” si avvale anche della mia fantasia, è giusto segnalarlo in quanto sono partito da una base.
Il racconto assieme a “La madre di Sara” e “Stranito” chiude in un certo senso la “Trilogia dell’Alzheimer” che francamente non era in progetto. Peraltro i tre racconti non sono collegati ne direttamente, ne indirettamente.
Buona lettura!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mesi fa, conobbi Serafino. Era uno degli ospiti della Casa di Riposo per Anziani per cui lavoro e sottolineo "era" in quanto successivamente è stato trasferito in un'altra struttura.
«Prima di andare in pensione, facevo l'architetto e nel tempo libero anche lo scultore.» mi disse una sera «Dopo che mia moglie se ne è andata, mi hanno portato qui.»
Fin da subito, l'ospite in questione mi fece simpatia e tenerezza, del resto si notava che desiderava compagnia. 
«Quasi quasi mi trattengo un po' con lui.» pensai, oltretutto stavo quasi per finire il turno, in attesa che arrivasse il cambio cioè l'unità notturna, mentre le due colleghe del servizio pomeridiano erano andate via anticipatamente a causa di impegni personali.
Restare in qualità di unico operatore, non comportava nessun problema, in quanto gli altri anziani vennero anzitempo sistemati nei loro rispettivi letti, inoltre, essendo abbastanza interessato alla storia dell'affabile signore dalla colta parlantina, lo invitai ad andare nel salone per sederci comodamente su due poltroncine in modo da poter conversare tranquillamente. 
 
Mi stupii di come l'anziano ospite con immenso amore si prodigava a parlare soprattutto della consorte, negli ultimi anni di vita purtroppo sofferente di Alzheimer, tant'è che per altre complicazioni, finì pure sulla sedia a rotella. 
«Sapevo che Angela non sarebbe vissuta a lungo e decisi di farle un regalo, un progetto che portai a termine giusto in tempo.»
Confesso che la mia curiosità crebbe, tant'è che esortai Serafino ad andare avanti non immaginando minimamente che sul finire avrei addirittura quasi lacrimato.
«Un giorno, nel mezzo del giardino della casa di campagna in cui abitavamo, cominciai a costruire una scala rivolta verso il cielo e...»
«Una scala rivolta verso il cielo? gli domandai sbalordito.
«Precisamente una scala per il Paradiso!» mi rispose prontamente.
Confesso che lì per lì, mi venne naturale pensare che Serafino fosse un po' suonato ma mi pentii quasi istantaneamente del pensiero appena formulato. 
«Vedi Giuseppe, ogni giorno, mi cimentavo a realizzare la scalinata con impegno, mattone dopo mattone e tra l'altro con difficoltà, per via dell'età. Oh, non ho mica vent'anni come te!»
«Trentaquattro!» lo corressi.
«Ah, te ne davo molti meno!» esclamò dandomi una pacca sulla spalla.
Sorrisi e ritenni saggio non interromperlo più per tutto il resto della narrazione. 
«In seguito, feci una specie di sogno» proseguì con la voce rotta dall'emozione «Mentre eravamo coricati, mia moglie, si alzò improvvisamente dal lettone e prima di uscire fuori in giardino mi diede un bacio sulla fronte. Non so come spiegarlo, ma inizialmente rimasi paralizzato. Come già detto, non poteva assolutamente camminare, fino a quando piangendo mi sono alzato per andare ad affacciarmi alla finestra.
La scala da me terminata giorni addietro, si era allungata e illuminata di una luce bellissima. Angela mi salutò agitando una mano per poi salire piano piano i gradini, ed infine sparì tra le nuvole. La mattina seguente, al risveglio mi accorsi che lei c'era ancora tuttavia non dava più segni di vita e chiamai subito mia figlia Chiara.»
Gli occhi di Serafino diventarono lucidissimi assieme ai miei. Si alzò dalla poltroncina, ed augurandomi la buona notte mi strinse calorosamente la mano per poi avviarsi nella sua stanza.
Alcuni istanti dopo, suonò il campanello. Era il cambio.

 
   
 
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