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Autore: laira16    03/02/2019    0 recensioni
Bella ha 18 anni, vuole godersi la vita e spassarsela con i suoi amici.
Edward la insegue e ogni volta lei scappa con mille stratagemmi.
Una storia che vuole essere allegra e frizzante.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Eccomi con un nuovo capitolo... vi auguro buona lettura! A presto!

Bella’s POV

Il lunedì successivo andai a scuola accompagnata da Alice per scoprire i risultati degli esami di fine anno e scoprii che erano andati alla grande. Avevo ottenuto ottimi voti soprattutto in Matematica e Fisica e quando incontrai proprio il docente di quella materia si mostrò entusiasta e mi disse che con quei voti e il giusto curriculum scolastico avrei avuto ottime possibilità di entrare a Yale. Quando entrammo in macchina, ero felice come una Pasqua ed ero andata troppo in là negli anni con la fantasia vedendomi scienziata o ricercatrice. Mi immaginavo già con il Nobel in mano e a capo di qualche istituto prestigioso in collaborazione con altre fondazioni internazionali. Ebbene, ogni volta che mi andava bene qualcosa avevo il brutto vizio di lavorare troppo con l’immaginazione. Infatti fu mia sorella a far scoppiare le mie illusioni come bolle di sapone con un grugnito. Seguito a ruota da un secondo. Non restai troppo sorpresa perché erano praticamente due giorni che non faceva altro e cioè da quando erano tornati gli zii con Victoria e sposo a seguito. In casa nostra non si respirava una bella aria perché Alice era sempre di cattivo umore, Rosalie stava sempre chiusa in camera e la mamma doveva gestire l’antipatia che aveva per quella ragazza e le paturnie delle sue figlie maggiori. Era stata per noi una fortuna che zio Eleazar e zia Carmen avessero deciso di passare l’estate nella vecchia casa di nonna Marie, anche perché in casa nostra non c’era spazio per tutti. D’altra parte, avevamo avuto la sfortuna di averli con noi a pranzo o a cena un giorno sì e l’altro pure. Durante queste occasioni facevamo in modo di mettere Victoria vicino a papà, l’unico che riuscisse tranquillamente a sopportarla e mantenevamo il silenzio per la maggior parte del tempo. O meglio, la mamma chiacchierava esclusivamente con zia Carmen, Alice sfogava la sua irritazione contro posate e tovaglioli e Rosalie rimaneva con lo sguardo piantato a terra. Io non avevo mai trovato così affascinanti le venature sul parquet della cucina soprattutto quando quella imbecille passava ore a ciarlare su ogni singolo dettaglio del matrimonio.

Avevo scoperto che esistono ben 17 sfumature diverse del color magenta e l’importanza di intonare i fiori ai banconi della Chiesa. Che cosa ci avesse trovato Emmett in Victoria ancora mi sfuggiva. Sebbene avessi sentito parlare Emmett soltanto per tre volte in quei due giorni. In realtà non parlava mai perché aveva la sua controparte femminile a compensare per entrambi e la maggiorparte del tempo lo trovavo a fissare mia sorella. Mi veniva voglia di spaccargli la faccia ma dovevo trattenermi perché lui non aveva assolutamente nessuna colpa in tutta la questione. Soltanto essersi innamorato di mia cugina anche, se come già detto, non ne capivo ancora il motivo.

All’ennesimo grugnito di mia sorella sbottai facendo rimbombare la voce nell’abitacolo della macchina. “Alice, se non la pianti ti porto in un allevamento di maiali!”. Sembrò recepire il messaggio perché finalmente produsse anche lei delle parole: “Come diavolo fai a non essere arrabbiata?” chiese sputando tra i denti. “Certo che lo sono ma tra sopportare quella iena e passare l’estate in punizione, preferisco la prima!” risposi guardando fuori dal finestrino. “Pensavo che avrei rivisto quella iena tra almeno dieci anni, che avrebbe invitato al suo matrimonio soltanto mamma e papà. Invece ha deciso di venire a romperci le palle proprio in casa nostra!”. In effetti, con tutti i posti in cui Victoria avrebbe potuto sposarsi aveva dovuto scegliere proprio Forks, luogo che aveva sempre definito troppo provinciale e rude per “un’altolocata” come lei. “C’è una cosa che non capisco in tutto ciò” continuò a dire Alice “Possibile che Emmett non abbia fatto il collegamento quando ha saputo che Victoria fa di cognome Swan esattamente come noi e stavano venendo qui a Forks?”. Sollevai le spalle perché me l’ero chiesta anche io e alla fine ero arrivata ad una conclusione. “Probabilmente si è presentata con il cognome di zia Carmen. Lei porta entrambi i cognomi”. Quando era nata, i miei zii avevano registrato Victoria con entrambi i cognomi e quella serpe si presentava con il cognome della madre, Estevez, per sottolineare le sue origini sudamericane. “A New York, hanno un debole per i sudamericani” diceva sempre. “Ah già!” esclamò Alice “Dimenticavo che i newyorkesi impazziscono per i sudamericani”. Mi venne da ridere perché aveva imitato alla perfezione la voce di Victoria.

“Povera Rosalie” commentò con un sospiro Alice mentre guidava verso casa “Sembra proprio che il destino ce l’abbia con lei”. Annuii con un cenno della testa. “Tutti gli anni di relazione che ha avuto con Sam non valgono neanche la metà dei due anni passati con Emmett”. Mia sorella aveva conosciuto Emmett all’università e si erano messi insieme nell’arco di poco tempo. Lui era venuto diverse volte a casa nostra e i miei lo avevano letteralmente adorato, considerandolo come il figlio maschio che non avevano mai avuto. La loro era stata una storia bella quanto quella mia e di Edward ed era durata finchè non era arrivato il momento della laurea. Quando lui si era laureato, aveva deciso di seguire un corso di specializzazione in legge all’università di Berkley e aveva proposto a Rosalie di proseguire gli studi lì. A mia sorella, la cosa era sembrata troppo azzardata e quindi erano seguiti una serie di litigi che avevano provocato la rottura del rapporto. Con il senno di poi, mi era sembrato un perfetto preludio alla mia rottura con Edward. Lei era stata male a lungo e soltanto negli ultimi tempi era riuscita a riprendersi. Ma a quanto pare il destino non voleva darle questa possibilità e aveva ben pensato di accoppiare il suo ex-ragazzo con colei che più detestava al mondo.

“E adesso che cosa vorrà?” disse ad un certo punto mia sorella. Guardai fuori per capire a chi si stesse riferendo e vidi un poliziotto accanto ad una moto farci segno con una paletta. Lì per lì, non rimasi particolarmente colpita ma dovetti ricredermi quando, nonostante indossasse occhiali e casco, riuscii a riconoscere Edward. “Cazzo!” urlai in preda al panico. “Cosa c’è?” chiese mia sorella, guardandomi perplessa. “Alice, è Edward! Scappa, scappa, scappa!” urlai ancora isterica. “Bella, non posso scappare. Rischierei di essere arrestata!” disse lei giustamente ma ero talmente in preda all’agitazione da non rendermi pienamente conto di quello che stava dicendo. “Scappa!” urlai s di nuovo e per tutta risposta lei mi tirò una sberla sulla testa, ammutolendomi all’istante per la sorpresa. Ero rimasta talmente colpita dal suo gesto che neanche mi accorsi di quando ci fermammo al posto di blocco. Nel momento in cui aprì il finestrino, Edward si abbassò, appoggiando il braccio e ci rivolse un sorriso a trentadue denti. “Ehi, Alice!” esclamò come se avesse appena visto Dio. “Edward, da quanto non ci si vede!” salutò altrettanto entusiasta mia sorella. Io rimasi perfettamente immobile con lo sguardo fisso davanti a me sebbene sentissi lo sguardo di Edward pesarmi addosso come un macigno. “Ti trovo bene! Proprio l’altro giorno, parlavo di te con Sam. Voi ragazze Swan con il tempo riuscite soltanto a migliorare!” Non capii se fossi inclusa anche io in quella battuta ma preferii non saperlo perché avevo una fretta assurda di andarmene da lì. “Grazie, Ed! Mi hai fermata soltanto per dirmi questo?” chiese Alice “In realtà per due motivi, Alice. Uno, per ricordarti che i limiti di velocità sono in vigore anche in questo paesotto e due, per farti una bella multa.” Edward disse quelle parole con un sorriso enorme e Alice impallidì come un fantasma perché ricevere una multa significava soltanto una cosa. “Vuoi che papà mi sequestri la patente?” domandò con voce sottile. Lo stronzo di Edward sollevò le spalle e si limitò a continuare a sorridere furbamente. Conosceva bene le regole di papà: bastava anche solo una multa perché ci ritirasse la patente per un mese. “Ma non stavo andando troppo veloce. Soltanto dieci chilometri/ orari in più” commentò mia sorella in preda all’ansia. “Mi dispiace, Alice, ma la regola vale per tutti” rispose ancora e a quel punto fui a girarmi perché Edward si stava dimostrando un vero bastardo. Aveva evitato di fare la multa anche a coloro che erano soliti andare con una velocità 3 volte superiore alla norma e invece a noi, voleva fare la multa. Razza di bastardo! Quando si accorse che lo stavo guardando il suo sorriso si ampliò e allora capii che lo stava facendo apposta per vendicarsi di me. Mentre Alice cercava disperata un modo per cavarsi d’impiccio, lo insultai: “Infame che non sei altro!”.

“Beh” disse, ignorando la mia offesa “Potrei anche evitare di farti la multa…” e si interruppe lasciando le parole in sospeso. Mia sorella lo guardò speranzosa, preparandosi a qualsiasi cosa pur di non prendere quella multa e una parte di me si chiese fino a che punto sarebbe arrivata. “Ti lascerei andare senza problemi se Bella venisse con me”. La campana suonò a morto come quando si dà una sentenza definitiva ad un condannato. “Come?” chiesi di getto per sincerarmi che avessi sentito bene. “Hai sentito bene, Bella” mi rispose il bastardo “Vieni con me e ti prometto che non farò la multa ad Alice”. Boccheggiai, cercando di capire se stesse dicendo sul serio ma l’aria che aveva assunto fu una conferma del fatto che non stesse affatto scherzando. “Non se ne parla!” sbottai rabbiosa incrociando le braccia come una bambina. “Bella, ti prego!” mi pregò Alice con gli occhi speranzosi. “Alice, no!” esclamai ancora sebbene sentissi dentro di me una punta di senso di colpa perché stavo provocando un guaio a mia sorella. “Vuoi che papà mi sequestri la patente per un mese?” “Problema tuo!” le risposi evitando il suo sguardo perché sapevo che sarei capitolata se l’avessi guardata in viso. “Bella stronza, Bella! Pensi soltanto ai cazzi tuoi!” esclamò stavolta Alice incrociando le braccia. Rimanemmo così per alcuni secondi mentre Edward ci guardava in attesa di una risposta. Ce l’avevo a morte con lui perché mi aveva messa in quella situazione incresciosa costringendomi a provocare un guaio a mia sorella. Mi dispiaceva troppo metterla in un disastro con papà ma non avevo alcuna voglia di passare del tempo con Edward e starlo a sentire mentre tentava in tutti i modi di convincermi a sposarlo.

Purtroppo come sorella ero troppo buona e alla fine prevalse l’altruismo, per cui mi sciolsi nella rigida postura che avevo assunto nelle spalle e con un sospiro dissi: “D’accordo, andrò con lui!”. Alice si voltò a guardarmi raggiante e mi abbracciò entusiasta. “Grazie, grazie” disse almeno una ventina di volte mentre dentro di me, mi pentivo amaramente della scelta che avevo appena fatto. Scesi dalla macchina e incrociai lo sguardo soddisfatto di Edward che si avviò alla moto camminando ad un metro da terra. Sapevo di essermi appena cacciata in un guaio ma se questo serviva ad evitare che Alice ricevesse una punizione da papà, ero disposta a correre il rischio. Salito sulla moto, Edward mi passò il casco e continuò a fissarmi con quegli occhi entusiasti e soddisfatti per essere riusciti a mettermi nel sacco. “Poca soddisfazione, Edward! Passerò a prenderla a casa tua tra 2 ore e se insisterai a tenerla con te, chiamerò subito papà! Multa o non multa!” disse mia sorella urlando peggio di una camionista. All’accenno su papà, il mio ex-ragazzo deglutì rumorosamente perché aveva un fottuto timore di lui e sapeva che avrebbe potuto fargliela pagare. Indossai il casco e mi attaccai saldamente alla moto per non essere costretta ad appiccicarmi a lui. E nel debole sole estivo di Forks, partì lasciandosi dietro una fumata che andò a finire direttamente nella macchina di Alice.

Edward’s POV

Sapevo che si era saldamente attaccata alla moto per non avvolgere le braccia intorno ai miei fianchi e quel pensiero mi fece sorridere non poco. Ma sapevo anche che, per quanto si atteggiasse a tosta, Bella aveva paura dell’alta velocità perciò accelerai a tutta birra e come previsto, lei si spaventò a tal punto da attaccarsi a me. Proseguii con quella velocità fino a casa mia e lei non mi mollò un attimo, provocandomi un piacere enorme e facendomi ricordare tutte le volte che eravamo stati in quella posizione quando stavamo insieme. In poco tempo, arrivammo a casa mia e quando spensi il motore, Bella rimase appiccicata a me con gli occhi strizzati. Non si staccò probabilmente perché non si era resa ancora conto del fatto che ci fossimo fermati e questo mi fece sorridere non poco. Persino le sue gambe erano strette ai miei fianchi e avrei tanto voluto approfittarne per toccarla un po' ma se lo avessi fatto, probabilmente mi avrebbe rotto letteralmente le palle. Così mi limitai a dire: “Bella, siamo arrivati. Puoi anche lasciarmi andare”. Quando aprì gli occhi, li strabuzzò e rendendosi conto che non eravamo più in movimento, ci impiegò meno di cinque secondi a diventare rossa come un peperone e a saltare dalla moto per rimettersi in piedi. Si guardò intorno e prese immediatamente consapevolezza del luogo in cui ci trovavamo. “Perché siamo a casa tua?” mi chiese senza distogliere lo sguardo dalla porta di quella casa dove eravamo stati insieme tante volte. “Non dovresti essere di turno?”. “Ho staccato esattamente 5 minuti fa” le risposi. “Quindi io e Alice abbiamo avuto un culo enorme a trovarti giusto 3 minuti prima che staccassi” commentò sbuffando. “Beh, se ci pensi, il culo ce l’ho avuto anche io!” le dissi fissandola con un sorriso furbo. Lei ignorò quello che dissi e incrociò le braccia al petto, come faceva ogni volta che si metteva sulla difensiva. Per qualche secondo la fissai, poi mi alzai dalla sella della moto e mi diressi verso la porta. “Dove vai?” scattò immediatamente ma la zittii facendole cenno di seguirmi dentro.

Prima di entrare, rimase fissa sulla soglia e colse con lo sguardo tutto l’ingresso, forse investita da tutti i ricordi che la legavano a quell’ambiente. Ci eravamo lasciati da qualche mese ma quel tempo mi sembrava durare da un’eternità e la sua reazione era una dimostrazione che per lei fosse lo stesso. Alla fine si decise ad entrare e mi guardò intensamente negli occhi in attesa di un mio comportamento mentre le sue guance diventavano rosse per la timidezza. La adoravo da morire quando le succedeva e mi venne una voglia matta di baciarla ma dovetti trattenermi perché tutte le volta che avevo provato a forzare la mano, lei era scappata. “Io vado a farmi una doccia. Tu fai quello che vuoi e se vuoi prenderti qualcosa nel freezer, non c’è problema!”. Mi avviai verso le scale e salii al piano di sopra mentre riflettevo sulla stranezza di averle detto quelle cose come se lei fosse una ospite in casa mia. Quando non si contavano le volte in cui era scesa al piano di sotto indossando soltanto le mutande e una mia maglietta per prendersi qualcosa nel frigo.

Sotto la doccia, i ricordi mi investirono come un fiume in piena e mi provocarono un dolore lancinante al petto perché non riuscivo a sopportare il pensiero che Bella fosse entrata in casa mia non più come mia ragazza. Avevo rovinato tutto quando le avevo chiesto di sposarmi ma nonostante tutto, non volevo rinunciare al mio proposito di farne mia moglie al più presto. La mia non era mania di possesso né voglia di bruciare le tappe sulla scia di un inappropriato entusiasmo giovanile. Mio padre Anthony era morto in un incidente d’auto quando avevo dieci anni e mia madre si era ritrovata da sola a dovermi crescere. Papà era giovane dato che aveva soltanto 33 anni e da quel momento si era creata in me la paura di morire troppo giovane per crescere i miei figli. La scelta del mio mestiere aveva , poi, sancito definitivamente le mie intenzioni e avevo fatto la proposta a Bella. Non avevo neanche chiesto il permesso a Charlie perché avevo il terrore folle che potesse rifiutarmi la sua benedizione e avevo preferito agire d’istinto.

Purtroppo le cose non erano andate esattamente come volevo e come risultato finale, avevo ottenuto la rottura del mio rapporto con Bella. Lei se la spassava alla grande con i suoi amici e un po' questo mi dava fastidio ma avendola osservata a lungo, avevo cominciato a titubare e chiedermi se effettivamente sposarsi così giovani fosse la cosa giusta. Avevo anche considerato la possibilità di proporle di tornare insieme giurandole che non le avrei fatto la proposta di matrimonio prima di qualche anno. Ma dopo aver appurato in giro della sua decisione di fare domanda in qualche università fuori dallo Stato di Washington e delle attenzioni che le rivolgeva Mike Newton, ero ritornato alla mia decisione originale ed ero tornato ad insistere sul fatto che accettasse di sposarmi.

Mentre rimuginavo nei miei pensieri, uscii dalla doccia e mi asciugai per bene. Indossai degli abiti comodi e lasciai i capelli bagnati perché si sarebbero asciugati nel giro di un quarto d’ora. Infine, mi guardai allo specchio e feci un respiro profondo per cercare di calmare l’agitazione che avevo in corpo. Lo specchio mi restituiva l’immagine di un ragazzo di soli 20 anni cresciuto troppo in fretta che si atteggiava da adulto ma aveva ancora tutta la voglia di rimanere bambino. Scesi lentamente al piano di sotto associando ogni gradino ad un pensiero che avevo in mente di riferire alla mia ragazza. Convinto di trovarla in salotto, svoltai immediatamente l’angolo e presi fiato per cominciare a parlare in direzione del divano. Peccato, però, che lo trovai perfettamente vuoto. Tutti i tentativi fatti per calmare la mia agitazione si rivelarono perfettamente inutili dato che cominciai a vagare per casa in preda all’ansia. La cercai dappertutto, dal bagno al giardino, convinta che sarebbe sbucata fuori come un coniglio dal cappello ma sapevo perfettamente che cosa fosse successo. Mi aveva fregato alla grande e se l’era data a gambe.

 

Bella’s POV

Quando i miei piedi toccarono il terreno umido al limite delle rocce, caddi per terra sbattendo le ginocchia. Ero arrivata in modo poco elegante ma sinceramente non poteva fregarmene di meno perché mi preoccupava di più il fatto di recuperare il fiato. Edward era furbo, ma era proprio un cretino se pensava di poter fregare me. Aveva il brutto vizio di impiegarci più di 20 minuti per fare una doccia e a me era bastato tutto il tempo per avere l’illuminazione e sfruttare il mio senso dell’orientamento. Casa di Edward era almeno 5 km lontano dal centro di Forks ed era lungo la strada per raggiungere LaPush. Perciò avevo corso lungo la carreggiata per 2 km e avevo tagliato per i boschi raggiungendo la riserva nel giro di 15 minuti. Non avevo mai corso così tanto in vita mia ma la voglia di scappare da casa di Edward era così tanta che l’avevo fatto. Quando ritenni di aver recuperato fiato a sufficienza mi rialzai e mi incamminai verso la casa rosa che avevo esattamente di fronte a me. Si capiva perfettamente che quella casetta era vecchia, come dimostravano le pareti di legno scrostate in più punti ma il patio perfettamente pulito con le sedie a dondolo e tutti quei vasi di fiori le davano un’insolita allegria che bastava per compensare tutto il resto. Bussai sulla porta a zanzariera e nel giro di due secondi venne ad aprirmi un bella ragazza dal colorito bronzeo e dai lunghi capelli neri. Quando aprì la porta, ci mise qualche istante per capire chi fossi e poi, esultò buttandomi le braccia al collo. “Bella!” esclamò mentre dovetti reggermi allo stipite della porta per non essere travolta dal suo peso e le circondai il corpo con le braccia a mia volta. “Da quanto tempo, Bella!” disse mentre continuava a stringermi e mi beai di quel contatto affettuoso e sincero. Emily era semplicemente adorabile ed ogni volta che la vedevo mi sentivo felice perché aveva quella straordinaria capacità di farti sentire a casa tua nelle occasioni più disparate. Mi trascinò dentro casa sua portandomi nella cucina dove regnava sovrano l’odore di qualche dolce appena infornato, come probabilmente aveva fatto anche qualche minuto prima. “Peccato che tu non sia arrivata più tardi perché ti toccherà aspettare un pochino per mangiare il dolce” disse mentre girava intorno alla stanza alla ricerca di qualche cosa da farmi sgranocchiare in attesa del dessert. “Oh, Emily, sono passata soltanto per pochi minuti. Non preoccuparti…”. Si girò di scatto a guardarmi e quello che prima era uno sguardo allegro e gioioso fu sostituito da un paio di occhi assassini. Mi fece talmente paura che deglutii rumorosamente e mi corressi all’istante: “C-cioè, volevo dire che sono arrivata soltanto da pochi minuti… Figurati se ho voglia di andarmene proprio ora!”. E scoppiai a ridere rumorosamente. Con la velocità di Dottor Jeckyll e Mr Hide, Emily mutò espressione e tornò a sorridermi mentre continuava a rovistare nei cassetti e nelle credenze. Alla fine mi mise innanzi una biscottiera piena di biscotti con un caraffa di succo d’arancia fatto in casa e si sedette di fronte a me. “Allora, Bella” cominciò “che cosa mi racconti?” . Era circa un paio di mesi che non passavo a casa di Emily e le cose accadute erano davvero tante. “Beh..” iniziai a dire “Credo che tu sappia tutto di me ed Edward…”. Annuì aggiungendo poi: “Sì, la voce è arrivata anche qui. O meglio è arrivato circa due mesi fa un Edward ubriaco che cantava canzoni di amori perduti e pretendeva che lo chiamassimo tutti Orlando Innamorato” Mi passai una mano sulla fronte ripensando a quell’episodio che aveva fatto diventare Edward una barzelletta in tutta la riserva. “Jake ha dovuto aspettare che cadesse addormentato prima di riaccompagnarlo a casa. Erano le sei del mattino”. E scoppiò a ridere piegandosi in due. “Che succede, Emily?” chiesi un po' stranita da quella reazione. “Niente, Bella” rispose continuando a ridere “il fatto è che si è presentato nel bel mezzo di un raduno del consiglio e si è spogliato nudo davanti a tutto pretendendo di essere sottoposto ad un qualche rito di passaggio per dimostrarti di essere un uomo. Quando gli Anziani gli hanno risposto di no, si è messo ad urlare dicendo che eri stata tu a pretendere quel rito di passaggio come condizione per stare insieme.” “Ma non è vero!” esclamai subito in preda all’agitazione. Lei scrollò le spalle e disse: “Lo abbiamo capito tutti. Ma il suo spettacolino è stato decisamente esilarante”. Rimasi in silenzio pensando alla scenata di Edward ma se ad Emily veniva da ridere, io avevo soltanto voglia di piangere. “Perché non mi racconti come sono andate le cose?” mi chiese la mia amica e come un fiume in piena, le raccontai nulla senza tralasciare nulla. Per un buon quarto d’ora, parlai senza sosta mentre lei mi ascoltava in silenzio e con sguardo interessato. Alla fine, fece una smorfia arricciando le labbra e disse: “Però!”. “Già… però”. “Non pensavo che le cose fossero andate così” commentò Emily “Insomma…credevo che vi foste lasciati perché magari a te piaceva qualcun altro. Hai 18 anni e lo avrei trovato perfettamente normale. Invece tutto è dipeso dalla smania di Edward di fare l’adulto che non è.”

“Probabilmente, se non mi avesse fatto la proposta adesso sarei qui insieme a lui”. Non aggiunse altro e per qualche minuto mi godetti il silenzio della stanza mentre Emily fissava distrattamente il forno. Non avevo granchè voglia di parlare di Edward soprattutto dopo quello che era appena successo e cercai un argomento che mi permettesse di distogliere l’attenzione. “Che cosa mi dici degli altri?” chiesi avviando una nuova conversazione. “Non c’è molto da dire… Sam continua a scoparsi l’intero stato di Washingotn facendo il paragone con tua sorella. Quil, Paul, Embry e Jared frequentano la scuola per modo di dire. E Jake… è sempre Jake.” Colsi un senso nascosto nelle sue parole quando nominò Jake, quasi una nota di tensione e capii perché. Lui era come un fratello per Edward e non era stato molto contento della mia rottura con lui. Mi aveva telefonato diverse volte cercando di convincermi a tornare con lui ma i miei No decisi e la mia nuova vita all’insegna del divertimento gli avevano fatto prendere le distanze da me. Scrollai le spalle. All’improvviso, Emily scattò in piedi facendomi prendere un colpo e si diresse a cacciare il dolce dal forno. “Perfetto” disse con uno sguardo di soddisfazione “Credo proprio che ti piacerà un sacco”. Poi si interruppe un secondo  e alzò gli occhi al cielo per un secondo prima di aggiungere: “Che ne dici di fermarti a cena questa sera?”. Mi vergognai un po' nel dire: “Mi piacerebbe tanto ma sono senza macchina”. “Non c’è problema” rispose lei “Ti riporto io. Ma scusa… se sei senza macchina, come hai fatto ad arrivare fin qui?”. Il suo sguardo interrogativo fu il preludio di un nuovo racconto.

  
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