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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    03/02/2019    4 recensioni
Non è il Lance che ci si aspetta.
Non è solo l'affascinante signore dei draghi, ma colui che dal fascino della vendetta si è lasciato adulare.
Non è solo il più forte dei Superquattro, ma colui che quella forza l'ha utilizzata per assecondare un'ossessione.
Perché Lance ha sofferto, ha visto la natura perire sotto l'egoismo umano ed i pokémon ch'egli ama implorare per una vita migliore a causa di questo - ed egli vuole dargliela, vuole distruggere l'uomo che non merita ciò che crede di possedere.
Un Lance approfondito e rivisitato dai manga, trovatosi ostacolato dalle persona che, secondo la sua visione, avrebbe dovuto appoggiarlo ed affiancarlo: l'unica a comprendere la natura, l'unica ad amarla quanto lui.
L'unica a farne integralmente parte, come lui.
[Storia partecipante al contest "Di fiori, amori e passioni -2° edizione-" indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di Efp]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Erika, Lance
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Nota: questa fanfic fa riferimento esclusivamente al personaggio di Lance presente nel manga nella prima e seconda saga (rosso/blu e giallo). In particolare, ho voluto fare un approfondimento della sua rabbia nei confronti del genere umano, per le sofferenze che questo ha recato ai pokémon e alla natura con cui lui (nel manga) ha un rapporto di profonda empatia. Una sorta di "amore malsano", tramutato in vera e propria ossessione, che lo porta a compiere gesti atroci - ovvero il tentativo di distruggere la civiltà umana. Come sua controparte, ho voluto inserire il personaggio di Erika: anch'ella amante della natura e dei pokémon, anch'ella profondamente legata a principi molto simili a quelli di Lance, ma che li difende e li manifesta invece in modo pacifico e con un amore ben più benevolo. Erika diventa, nel corso della storia, la personificazione degli ideali di Lance che poi tramuta in ossessione, evidenziando come "due facce della stessa medaglia" si possano rapportare e se, alla fine, possa esistere un effettivo "vincitore" tra i due.
Gli eventi, da metà storia in poi, sono in larga parte "What if?" rispetto a quelli del manga, così come il finale, ma ho voluto dare questa piega per permettere uno sguardo forse più "maturo", benché malsano, su di un personaggio di un manga (di fatto) per bambini.
I tre puntini servono a differenziare "scene" della storia avvenute in momenti temporali differenti e distanti.
nb. Le parti in corsivo sono sempre opera mia e non sono tratte da altri scritti di sorta.


 
 
Never Yours
 

Se la ricordava perfettamente, la prima volta che l'aveva vista: la personificazione di ogni suo ideale.
Lei, modesta ed immersa nella natura che lui desiderava proteggere, abbracciata dai pokémon, creature ch'egli amava. Così delicata eppure così impeccabilmente incastonata nella rappresentazione del suo mondo ideale, del mondo che lui avrebbe voluto creare: natura e pokémon, senza artifizi.
E pochi uomini eletti.
Ella era apprendista – apprendista promettente, era ovvio – nella Palestra Erba di Azzurropoli, si occupava di quanto le era più affine ed egli, facendo il suo ingresso in quel luogo per la prima volta come comune aspirante allenatore, l’aveva immediatamente notata, china su una Vileplume di già notevoli capacità, poco lontana dall’ingresso.


Capelli neri come l’ebano,
in una curvatura morbida dalle spalle,
lisci, semplici, senza futili artifizi
non coprivano il volto delicato
né ne mascheravano la bellezza
ma l’intrappolavano nell’attimo.

Gli era parsa perfetta, impeccabilmente coincidente con le idee che aveva maturato dalla giovane età e che a quel tempo, quando non era ancora superquattro, già metteva in campo pian piano, silenziosamente, meditandole dentro di sé. Le lasciava ardere nella propria mente, spronare ogni sua energia verso un unico, concreto, obiettivo: l’annientamento degli esseri umani e dei loro crimini.
Ma comunque non vi aveva interagito, con lei, pur avendola avuta a ben poca distanza: aveva impresso quell'immagine nella propria mente, aveva sfidato e sconfitto il Capopalestra di Azzurropoli di quel tempo e se n'era andato, senza nemmeno rivolgerle la parola.
Non aveva avuto bisogno di farlo, di parlarle, di presentarsi: sapere che fosse nobile, di sangue e di animo per ciò che aveva suscitato in lui, era stato sufficiente a coinvolgerla mentalmente in piani di cui lei non era ancora consapevole, di cui non avrebbe saputo nulla sino al momento opportuno.
Ma vi era, in quei piani. A sua insaputa sarebbe stata uno dei tasselli per comporre un perfetto ed impeccabile puzzle di una nuova, imponente, giusta era. Perché non avrebbe dovuto, dopotutto?



E così aveva continuato la sua scalata al potere, sconfiggendo le palestre, i superquattro – diventando lui stesso uno di essi. Il migliore.
Aveva duramente addestrato i propri draghi per quella che sarebbe stata la disfatta dell’umanità, trovando dapprima appoggio in Agatha, poi in Lorelei, ed infine piegando Bruno – l’unico disinteressato alla questione, dei quattro, ma fondamentale per la riuscita del tutto.
E lei? L'aveva tenuta d'occhio, da lontano. L'aveva osservata – dalle tenebre – divenire Capopalestra, nonché supervisore di tutte le palestre di Kanto ed insegnante presso l’Università di Azzurropoli, titoli che per quanto ininfluenti circa l’obiettivo di Lance denotavano comunque una giovane donna di un certo talento.
L'aveva – soprattutto – osservata mantenere quegli aspetti che a lui interessavano: estrema simbiosi con la natura, amore incondizionato per i pokémon, bellezza innata.

 
Pelle bianca come la neve,
candida, estremamente delicata
tanto da dare la sensazione di rovinarla solo guardandola
eppure immacolata.
Era lei. Doveva essere lei.
Al suo fianco, quando sarebbe stato il momento.


...
« No. »
Quelle due lettere lo avevano sconvolto. Letteralmente.
Aveva strabuzzato gli occhi dinnanzi a lei, a quella composta sicurezza, a tutte le idee che di lei e con lei si era fatto e che in un istante si erano semplicemente disintegrate.
Si era sentito come se una parte dei piani di una vita gli fosse stata strappata via, come se una parte del roseo futuro per cui si era preparato da sempre fosse stato appena rovinato brutalmente, e senza la minima ragione, o senso.
« Come, prego? » aveva insistito, avvolto in quel mantello scuro, un Dragonair che strisciava per tutta la Palestra erba della cittadina sotto gli sguardi perplessi dei pokémon che l’abitavano.
« Non intendo aderire ad un simile progetto. Chiunque voi siate, siete in errore, e non avrete il mio sostegno. »
Una parte di quel mondo idilliaco era crollato, e non riusciva a capirlo: perché una allenatrice tanto affine alla natura che gli umani stavano distruggendo, amante dei pokémon che di tale distruzione soffrivano, si dimostrava così determinata in quel rifiuto?
Brillante sicurezza, che in quel momento egli avrebbe voluto solo annientare.
« Attenta a ciò che dite , Lady. Vi sto offrendo la possibilità di unirvi ai pochi che rimarranno e che avranno il privilegio di vivere in un mondo dove natura e pokémon torneranno alla loro originale e legittima armonia. Una come voi dovrebbe comprendere una simile meraviglia. » Irritato, deluso, aveva acuito lo sguardo come avesse potuto in un qualche modo intimidirla, sottometterla.
« Non c'è alcuna meraviglia nella distruzione, né alcun privilegio nell'omicidio. Perché è questo che volete fare, no? »
No. Non doveva andare così.
Lei avrebbe dovuto prendere la mano di quello che era, ai suoi occhi, uno sconosciuto dai nobili e puri ideali, e seguirlo.
Seguirlo ciecamente, diventarne compagna e ambasciatrice.
Lui si sarebbe eretto sui suoi draghi ammirando la bellezza di quella natura incontaminata dove lei, lei principessa di ogni bocciolo ed ogni pianta, si sarebbe presa cura anche di quel nuovo mondo.
Ed invece gli si opponeva. Con grazia, sì, ma con determinazione.


Profonde quelle iridi scure,
indomita la gentilezza in esse custodita,
parevano capaci di andare oltre
e spingersi sin dentro l’animo altrui.
Leggerlo, intuirlo, comprenderlo.
Quale disarmante sensazione sapevano donare
in una candida speranza.

 
Dolorosa quella constatazione, generò in lui un rancore ed una delusione più radicati del previsto.
Le voltò le spalle, a lei e a quella natura che le stava dannatamente bene attorno, incamminandosi verso l'uscita.
« Non mi avete detto il vostro nome. » ella gli fece presente.
Lui si fermò, solo per l’istante necessario a sorridere appena, ambiguamente.
« Oh lo scoprirete, principessa. Pentendovi di questa vostra scelta... »
E volgendole un’ultima occhiata, come a doversi saziare un'ultima volta della sua immagine, se ne andò.
E sparì.



Mai più si presentò a lei, né rese pubblica la propria immagine assieme al proprio ruolo. Misterioso l'alone attorno a lui, mentre il team Rocket veniva sconfitto – anche da lei.
Covava. Covava i propri piani, così come il proprio rancore. L’ossessione per quell’ideale intriso di lacrime e disperazione per ricordi di un mondo passato e presente che veniva distrutto dall’egoismo umano, a discapito dei Pokémon con cui lui aveva una dannata empatia, si era fatta irruente in lui giorno dopo giorno.
E lei… dannata imprudente che continuava a rappresentare l’eccezione in quel mondo di stupidi abietti, non aveva mostrato il minimo risentimento per la scelta di quel giorno, continuando la strada di quella che credeva giustizia, ma che l’avrebbe portata alla sconfitta esattamente come stava trascinando lui in un odio nato dall’ossessione.
Ossessione, ecco cos’era diventata quella giovane donna apparentemente così graziosa e delicata come un fiore, uno dei più rari, eppure dotata della stessa forza della natura che proteggeva.


Animo indomito nel garbo del verbo.
Uno stelo che si piega senza spezzarsi,
che combatte le intemperie
e si rianima ai primi raggi di luce.
Lei, rigogliosa tenacia.
Lei, fiore di un bene che fa male.

Come aveva potuto rifiutarsi a lui?
Come aveva osato voltare le spalle al mondo di cui lei stessa faceva già parte, come se avesse voluto ignorare il male del resto degli uomini?
Come aveva potuto essere cieca, lei?!
Ammirazione mutata in disprezzo.
Ossessione in rancore.
Non era certamente amore ciò che aveva nutrito per lei dal primo istante, non quello canonico almeno – eppure non era di un bene comune, che si sarebbe parlato? Di una malsana e distorta vita insieme?
Inconcepibile quel gesto, ai suoi occhi scarlatti, così come l’idea ch’ella fosse realmente legata ad altro, ad altri.


...
« Lance, I capopalestra buoni hanno compreso la nostra tattica. »
« Mh, prima del previsto... chi è lo scocciatore? »
« La fiorellosa, quella di Azzurropoli. »
Sorrise appena: non era di certo sorpreso, dalla brillante testolina della mora.
« Ma non durerà a lungo! Le sue adorate piantine non potranno molto contro il mio ghiaccio, non temere. »
« No, la voglio viva. Ordina ai tuoi pokémon di consegnarmela. »
« Cosa?! Non dirmi che quella principessina rientra nel tuo piano! »
« Te ne stupisci davvero, Lorelei? »
« Sinceramente? Sì! È stata a capo della lotta contro il Team Rocket, e se non ricordo male ti ha dato un bel due di picche, quando le andasti a parlare... »
Una smorfia, seguita da un sorriso malevolo.
« Oh, ma questa volta non avrà scelta. »
Sarebbe stata sua. Nel suo mondo, nel suo habitat. E da nessun'altra parte.



« Misty! Mi senti?! »
« Ti sento, Erika! »
Un’esplosione, l’ennesima, poco distante dalla Palestra di Azzurropoli dove ella aveva prestato rifugio agli abitanti della cittadina.
« Stanno aumentando! Centinaia di Shallows, non ho idea di come quella strega riesca a controllarli a distanza e- Vileplum, solarraggio! » ordini dati mentre tentava di scambiare informazioni con gli altri Capopalestra, la propria letteralmente sotto assedio. V’era una strana cattiveria, in quell’aggressione fisica alla città, a /quella/ città, ch’ella non riusciva a spiegarsi, né a comprendere appieno.
Poi, d’improvviso, un Geloraggio di una potenza incredibile distrusse – letteralmente – una parte del vetro del tetto, portando i rifugiati a gridare spaventati dinnanzi alla vista di un Cloyster di dimensioni indicibili, causa di una pioggia di cristalli vetrati ovunque.
Spalancò gli occhi scuri, Erika, il respiro già affaticato fattosi ancora più intenso, il cuore che batteva di un coraggio che non l’avrebbe abbandonata nemmeno dinnanzi a quello che le sembrava un vicolo cieco. Indietreggiò, si portò davanti ai suoi cittadini, la fedele Vileplum – seppur provata – che non s’arrendeva, esattamente quanto lei, mentre gli altri pokémon erano chissà dove a combattere quell’invasione. Acuì lo sguardo, eppur alcun cenno di cattiveria o rancore v’era su quel volto tanto delicato: non avrebbe mai attribuito ai pokémon la colpa di una follia umana.
« Perché tutta questa violenza, Cloyster?! Ragiona, pensaci! È davvero tutto questo dolore che vuoi portare?! Ai tuoi compagni, soprattutto?! » tentò, ma invano.
Un secondo Geloraggio si diresse a lei, precisamente a lei, di una forza tale da spezzare la Protezione di Vileplum e scaraventarla via col suo immenso fiore sulla nuca.
« Vileplum! » gridò preoccupata, accennò a muoversi verso la propria pokémon esausta, il kimono già strappato e ferite che si mostravano a piccole chiazze rosse, ma non poté fare due passi che il prorompente pokémon ghiaccio le si parò dinnanzi.
Paura. Ebbe una sincera paura, benché questo non l’avesse portata ad indietreggiare.
Ed avrebbe tentato di parlargli, di nuovo, se il pokémon non le si fosse avventato contro, aprendo maggiormente la propria conchiglia ed inglobandola all’interno, letteralmente.
Un grido generale si levò dagli spettatori di quello che non era ben chiaro essere un rapimento, o un omicidio.
Al pokégear rimasto inerme a terra, mentre quel Cloyster si allontanava velocemente, continuò a risuonare la voce preoccupata di Misty che non avrebbe ricevuto risposta. Non da Erika.


Battiti sentiti, di quel cuore puro.
Battiti che non perdevano la forza,
né la delicatezza.
Un cuore bianco ed intonso,
irraggiungibile, inarrivabile, intoccabile.
Persino da chi avrebbe saputo farlo proprio.



L’aveva attesa.
Dopo tutti quegli anni, dopo tutto quel rancore, finalmente avrebbe avuto dinnanzi ciò che voleva – la punta di diamante a quell’ideale che avrebbe ben presto realizzato.
Fremeva, sì, alla sola sensazione di aver ottenuto ciò che voleva. Di aver vinto – non tanto contro di lei, ma contro quegli stupidi uomini che nulla potevano dinnanzi alla potenza della natura, dei pokémon che la dominavano per diritto.
Il pokémon ghiaccio si fermò dinnanzi a Lance, nel loro quartier generale, sull’Isola ridicolmente sotto attacco da parte di mocciosi impertinenti ed avventati. Un sorriso sadico, ma mai eccessivo, sulle labbra dell’uomo che ordinava di rilasciare la prigioniera.
Ella cadde. Rovinosamente, dolorante, si ritrovò ansante sul pavimento, infreddolita in maniera quasi patologica, la pelle già bianca come il latte fattasi ulteriormente pallida. Tremava, sotto quel kimono strappato e la pelle visibile in più punti rovinata e ferita, mentre faceva leva sui gomiti per poter alzare lo sguardo.
E li sgranò, quei profondi occhi scuri, nel riconoscere quella figura, quel volto, che non attendevano altro se non la soddisfazione di vederla perire sotto di sé.
« … tu? » biascicò, il respiro affannato fattosi ancora più difficoltoso dei movimenti, mentre cercava quantomeno di mettersi in ginocchio.
« Ma allora… »
« Ti avevo avvisata, Lady Erika » prese parola lui, mantenendo le braccia conserte e lo sguardo fiero, puntato dritto su di lei, sulla fonte del suo rancore. Un rancore così dannatamente diverso da quello verso il resto del mondo, macchiato dalla delusione, amaro tra le labbra di chi aveva creduto di poter avere ciò che voleva, da chi voleva. Una brama che era stata distrutta all’apice del desiderio.
« Ti avevo avvisata, di unirti a me. Che il mio ideale avrebbe ben presto avuto la meglio su tutti quegli sciocchi umani… ma tu sei stata imprevedibilmente recidiva. » Sciolse le braccia, si avvicinò.
« Ora dimmi… » Ella tentò di alzarsi, ma una presa salda al mento, al volto, la costrinse a fermarsi in quella posizione poco più che inginocchiata, gli occhi lucidi ed il viso sfregiato rivolti obbligatoriamente a lui. « Gli stupidi umani a cui sei tanto legata valgono tutta questa sofferenza? »
Erika portò una mano a stringere il polso dell’uomo, nel vano e ingenuo tentativo di fargli mollare la presa su di sé.
«Guardati. Una creatura così bella, così delicata, così perfetta nella natura… che la rifiuta. Tu più di tutti gli altri dovresti comprendere quanto l’uomo stia ferendo la natura e i pokémon che la abitano. Tu, che ne fai integralmente parte… » l’altra mano si avvicinò a propria volta a quel volto, il dorso delle dita accennò a porvi una carezza malsana che la fece rabbrividire, tanto che – invano – tentò di liberarsi.
« Non farò mai parte di qualcosa che vuole uccidere, distruggere e ferire. Puoi fare di me ciò che vuoi, ma non avrai mai-- » si zittì, quando la mano di lui passò dal mento al collo, privandola per un istante del respiro.
« Esatto, principessa, esatto. » Si sentiva soffocare, le labbra rosse rimasero dischiuse, alla disperata ricerca di aria.
« Farò di te ciò che voglio. Questa volta non ti lascerò la possibilità di scegliere. »


Quelle labbra morbide,
quelle dita delicate.
A quanti avevano prestato la propria attenzione?
Non a lui.
A quanti avevano concesso il privilegio di un contatto?
Non a lui.
A quanti avevano dedicato la parte migliore di sé?
Non a lui.



Vinse. Contro quel moccioso – o mocciosa, poco gli interessava – dai capelli biondi, i suoi inetti compari e Blaine, incapace di reggere fisicamente lo scontro. Liberatosi dei Capopalestra, aveva ordinato la distruzione di quella che era la civiltà umana a Kanto, lasciando i fedeli compagni – i pokémon, naturalmente – liberi di far proprio ciò che gli apparteneva di diritto, per natura.
Quel massacro era riflesso nelle iridi scure di Erika, le quali osservavano sconvolte uno scenario che mai aveva immaginato, nemmeno nei suoi più tremendi incubi. Arrossati gli occhi, tremanti le labbra mentre le mani erano legate dietro la schiena, i polsi immobilizzati affinché non potesse accennare ad una fuga.
Fuggire dove, poi? Era forse possibile pensare che vi fosse un luogo sicuro, ora, risparmiato da quella follia? Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, avrebbe voluto zittire quel cuore che batteva troppo forte e quella fitta angosciante che la stava logorando dall’interno, nella consapevolezza di non poter fare nulla – inerme spettatrice della fine di tutto ciò che aveva amato.
« Il dolore che provi passerà. » la voce di Lance, a brevissima distanza da lei, dietro di lei.
« Non sfiorerà nemmeno la gioia che avrai nel poter vivere in un mondo incontaminato. Vedrai la natura che tanto ami libera da qualsiasi catena o maltrattamento, esattamente come i pokémon. » Un eco lontano, per lei, quelle parole, come se il suono degli edifici che venivano distrutti in lontananza e le urla terrorizzate della gente fossero sin troppo assordanti, perché potesse udire altro.
« Smettila… » bisbigliò, mentre due lacrime lasciavano quei profondi occhi scuri per segnare il profilo delle gote.
« Parli di libertà, ma non è ciò che hai lasciato alle persone, né ai loro pokémon. » incrinata la voce, spezzato il respiro da quel dolore che no, non avrebbe avuto pace. Talmente assorta era in quell’angoscia che non s’accorse dell’avvicinarsi di Lance, né delle mani che le cinsero la vita, né del suo volto che si insinuò tra la spalla sinistra ed il suo collo.
Sussultò, Erika, non aspettandosi nulla di simile, rabbrividendo nel sentire quel volto così dannatamente vicino, intento ad invadere il suo spazio in maniera quasi subdola, ambigua, forse persino maniacale. Ma v’era un sorriso, sulle labbra di lui, un sorriso che nulla aveva di amorevole e gentile, mentre si beava di stringere – letteralmente – tra le mani il pezzo finale della sua vittoria.
« Ogni cosa avrà il tuo profumo. La natura che presto risorgerà si specchierà in te. » le sussurrò, sebbene nulla di dolce vi fosse in quel tono.
Ella aveva gli occhi spalancati ed ancora rivolti allo scenario sconcertante dinnanzi a sé, mentre lui continuava a tenerla stretta, pur rialzando lo sguardo per condividerne la visione.
Una visione di conquista, di soddisfazione, di piena realizzazione.
« La tua convinzione della mia mostruosità presto muterà. Cominciamo da qualcosa a cui tieni molto… » asserì lui, allontanando una mano dai fianchi di lei per portarla al proprio, prendendo una poké-ball celata dal mantello. Ne richiamò la creatura al proprio interno, rivelando una Vileplume estremamente provata, ma viva.
Era viva.
« Vileplume! » gridò, mentre le lacrime di dolore mutavano in gioia sul volto delicato della Capopalestra Erba, ed ella si allontanava da Lance soltanto per gettarsi in ginocchio e lasciare che la pokémon facesse altrettanto, riunendosi alla compagna di una vita.
Pianse, Erika, il proprio volto a contatto con quello della pokémon, poiché le mani erano ancora legate dietro la schiena – eppure questo non era sufficiente a fermarla, ad incrinare l’affetto che era evidente intercorresse tra loro. Un sorriso rovinato, quello della giovane, eppure così profondamente sincero tra i singhiozzi di chi aveva temuto d’aver perso davvero tutto.
« Il suo amore per te era così forte che non ho potuto non risparmiarla. » interruppe lui quel momento, spiegando perché si fosse premurato di preservare quella pokémon dalla distruzione. Non v’era da stupirsi, ch’egli fosse stato in grado di percepire un legame tanto forte, vista la sua capacità di connettersi ai pokémon in maniera del tutto naturale e profonda.
« Amore? » domandò lei, gli occhi lucidi, le lacrime a solcarle il volto. « Tu non sai cosa sia. » la sentenza, l’ennesima che lo portò inevitabilmente a ritrarre le labbra in una serietà preoccupante.
E lei la cercò, quella serietà, gli rivolse la propria, col proprio sguardo affranto, ferito, ma ancora dannatamente vivo.


La distruzione dell’animo
è cosa più feroce di quella del corpo.
Quando il bene che credi d’aver compiuto
ti si ritorce contro nelle vesti del male seminato.
E lo vedi, in quegli occhi.
Negli occhi di chi avresti voluto
ma tuo non sarà mai.

 
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Note finali

Storia partecipante ai contest sul forum di Efp:
- "Angst vs Fluff [Contest a squadre di edite e inedite" di Claire Roxy, nella squadra "Angst";
- "Di fiori, amori e passioni -2^ edizione-" di Emanuela_Emy79, con il pacchetto "Erica" (usando Genere, Prompt e Situazione);
  
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