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Autore: badheadache    04/02/2019    1 recensioni
"Quando lo invitò a prendere qualcosa da bere con lui, Chuuya gli stava per dare un pugno in faccia. Dazai sapeva perfettamente ogni tipo di mossa che il ragazzo avrebbe fatto, era già pronto a schivarlo: eppure lui lo sorprese con un sommesso "va bene", aggiungendo un "cerchiamo di non farci scoprire"."
One-shot dedicata ai miei due idioti preferiti, super romantica e abbastanza OOC. Spero vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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You're here, but I miss you



Dazai Osamu sapeva di avere una visione della realtà distorta; vagamente sociopatico, aspirante suicida e consumatore incallito di bende, conduceva la sua strana esistenza con sempre più fatica. 
Poco tempo dopo aver lasciato la Port Mafia, iniziò a realizzare che i suoi pensieri perversi, oscuri e molto spesso malvagi, fossero davvero di cattivo gusto: fece questa considerazione spalancando gli occhi, mentre tentava di dormire nel suo piccolo e vuoto appartamento. 
Effettivamente, si disse, iniziare ad avere un comportamento etico alla tarda età di 20 anni non era proprio una scelta di vita semplice da attuare.
Si alzò, frustrato. Ormai era la terza notte di seguito che, con calma apparente, si toglieva le bende in modo che l'azione stessa fosse quasi un rito. Le riavvolgeva con manualità e precisione; poi, si sedeva sul piccolo tappetino di fronte allo specchio del suo armadio, guardandosi senza sbattere le palpebre. Più resisteva, più si sentiva forte: peccato che, per la terza notte di fila, appena cedeva diventava la persona più fragile ed effimera dell'universo. 
Le sue braccia rivedevano il sangue. Attuava piccoli tagli precisi: il suo obiettivo non era di provare dolore, ma di risvegliarsi dal topore che provava durante tutta la giornata. Quando finalmente scrollò di dosso tutta la noia, si sentì più euforico che mai. Il vero Dazai percepì la sua anima tornare a galla, passando per la gola, libera. 

Era giusto essere così? Dazai ci pensava tutti i giorni, e tutte le notti non riusciva a bloccarsi, liberando il sé stesso che durante il giorno considerava malvagio. Era vivo, l'euforia usciva da tutti i suoi pori. 
Rimise le bende con maestria, si vestì e si fiondò fuori. Aveva bisogno di vedere la sua amata Yokohama di notte, osservare la luna dalle striature blu grande e alta nel cielo, annusare l'aria frizzantina caratteristica delle ore più oscure. Senza nemmeno pensarci, si diresse al bar dove incontrava i suoi due vecchi amici. Davanti alle macerie i tagli bruciavano, perché vecchie ferite si riaprivano. Stette fermo - non seppe dire per quanto tempo - poi delle voci lo distrassero. Non erano in strada, ma soffocate; sembravano allegre. Poi vide uno spiraglio di luce esattamente di fronte al vecchio bar. Dazai ci si avvicinò, indeciso: avevano aperto un altro bar sottoterra? Dal piccolo foro, spiò i clienti. Iniziò a tremare quando riconobbe qualche persona al tavolo, uno in particolare. 
Era Chuuya, che come sempre beveva elegante dal suo calice di vino, assieme a un'uomo che Dazai non aveva mai visto. Dazai si spostò subito. Sapeva bene che Chuuya aveva un sesto senso ridicolmente acuto per scoprire la spia di turno che, in questo caso, era proprio il suo ex compagno. Eppure Dazai voleva tanto dare un'altra occhiata. Una sola, si ripeteva, non sarebbe successo niente. Sapeva che poteva costargli la tranquillità di una notte passata da solo, ma Dazai non era mai stato forte con l'autocontrollo. Posò la testa in modo che l'occhio combaciasse con lo spiraglio, e stette a guardare. Chuuya aveva la stessa giacchetta di sempre, il cappotto nero buttato sullo sgabello di fianco aveva qualche bruciatura. La camicia era sporca, e lui spettinato. L'uomo di fianco gli diede una pacca sulla spalla mentre parlavano che Chuuya sembrò non apprezzare, ingoiando il suo rancore con l'ultimo sorso di vino. Lo zittì, prese il giubbotto e camminò verso l'uscita, che Dazai non riusciva a vedere. Osservò solo l'uomo rimanerci come uno stoccafisso, vedendo il suo compagno volatilizzarsi così velocemente.

Dazai soffocò una risata: Chuuya era sempre stato un caratterino intrattabile. Più gentile era la persona davanti a lui, più alte diventavano le possibilità del povero malcapitato di finire male la propria vita. 
"Ti diverti?"
Dazai se lo aspettava. Sapeva che in quella notte tutto andava per il verso sbagliato: ma era davvero ciò che non voleva?
"Sì, quello sembra davvero stupido". Si rialzò e sorrise beffardo al suo ex compagno, camminando verso lui.
"È davvero un idiota, quasi ai tuoi livelli". Chuuya sbuffò contrariato: "che ci fai qui, Dazai?" Guardò l'uomo di fronte a sé con indecisione. Doveva essere amichevole? Doveva farlo fuori? 
"Mi autocommiseravo. Tu sei di ritorno da una missione?"
"Sì".
"Sei troppo stanco per combattermi".
"Parla per te!" Dazai soffocò la seconda risata. Perché si sentiva così allegro e al sicuro? 
"Senti Chuuya, devo proporti una cosa..."

*

"Questo?"
"Sei pazzo? Questo non è un bar, è una sala giochi! E' pieno di persone che ci riconosceranno sicuramente lì dentro, Dazai".
"Uff, che difficile che sei!" Sbuffò l'ex compagno. 
Quando lo invitò a prendere qualcosa da bere con lui, Chuuya gli stava per dare un pugno in faccia. Dazai sapeva perfettamente ogni tipo di mossa che il ragazzo avrebbe fatto, era già pronto a schivarlo: eppure lui lo sorprese con un sommesso "va bene", aggiungendo un "cerchiamo di non farci scoprire". Ed ecco che vagavano per le strade con i cappotti scambiati - il suo gli stava piccolo, ma non aveva detto nulla per paura di poter rovinare quel delicato equilibrio formatosi per magia. Era un miracolo, Dazai stentava a credere fosse realtà. 
"Qui c'è un bar anonimo pieno di vecchietti. Che ne dici?"
Chuuya guardò Dazai con una smorfia contrariata. Nemmeno a lui andava a genio, ma per essere discreti non dovevano frequentare i soliti locali.
Dazai fece un mezzo sorriso, annuendo. "Però offri tu".
Chuuya gli tirò un calcio sullo stinco, che lui evitò abilmente. "Non se ne parla! Sei stato tu a chiedermi di uscire coi vecchietti, idiota!"
"Mi arrendo!" Dazai alzò le braccia, mentre Chuuya sbuffava, ancora. "Però tu non prendere bottiglie strane".
"Certo, certo". Dazai gli tenne la porta aperta, mentre lui entrava. La sua giacca su Chuuya stava proprio bene.

*

"Come fai a bere da questi bicchieri? Sei proprio strano!"
"Disse l'uomo pieno di bende. Si chiama classe, sgombro. Impara".
Dazai incrociò le braccia. Avevano ordinato una bottiglia di vino, la più pregiata del locale, e secondo Chuuya faceva schifo. Dazai preferiva il Whisky, ma prima decise di dare una chance al vino.
"Devi prendere il calice in modo che il palmo della mano non tocchi il vino, così. Poi lo annusi, lo assaggi, e lo bevi a piccoli sorsi, gustandolo. Ogni vino ha un sapore unico. Questo, ad esempio, sa di sterco essiccato nella tua Agenzia di Detective di Abilità Segrete Che Nessuno ha a parte la Port Mafia, ad esempio".
Dazai si mise a ridere di gusto, cercando di fare meno rumore possibile. Non voleva dare la soddisfazione a quello scemo di aver fatto la battuta più brillante prima di lui.
"Preferisco qualcosa di più forte, come il Whisky. Forte e dal gusto controllato con precise regole, non come la tua abilità di Corruzione-senza-Dazai-sono-morto".
"Questa era cattiva!"
"Scusa chérie". Aveva ragione, non gli era venuta per niente bene. Era solo un po' teso.

"Quindi lei, signorina di gran classe, si veste di rosso per risaltare il colore del vino che beve?"
"Assolutamente. Questo cappotto infatti ha un colore rivoltante".
"Il mio cappotto è bellissimo!"
"Scommetto qualsiasi cosa che l'hai trovato in un mercatino mentre volevi suicidarti. Non sei riuscito ad ammazzarti perché hai visto questo cappotto dal colore cazzo-sono-dalla-parte-dei-buoni-e-non-posso-più-vestirmi-di-nero e ti sei distratto. Ho ragione?"
Dazai si mise una mano sulla faccia per nascondere il viso, sorridendo. Sì che aveva ragione quella testa di rapa, ma non lo avrebbe mai ammesso. Inoltre, aveva parlato del suo tradimento senza rancore, innocentemente, come se fosse andato a lavarsi o a compiere qualsiasi altra banale azione. Questo sbloccò completamente il suo animo: aveva paura di una possibile reazione di Chuuya, che non era arrivata. Probabilmente, Chuuya la stava per il momento accantonando, in memoria dei vecchi tempi. 
"Facciamo un brindisi, detective mafioso?"
"Assolutamente. Alla tua faccia obesa".
E bevve il vino senza nemmeno aspettarlo. Dazai gli tirò un calcio sotto il tavolo, e lo prese in pieno. Sentì Chuuya soffiare come una gatto.
"Ti ripago fuori dal locale, idiota".
Dazai alzò il calice vuoto.
"Al Doppio Nero".
Chuuya lo guardò, improvvisamente serio.
"Vuoi farmi girare i coglioni?"
"Vorrei celebrare ciò che eravamo. Se ti ho lasciato ho avuto le mie ragioni, ma l'ho fatto non senza tristezza".
Manchi anche a me, tappetto col cappello.

"E sì, anche per darti fastidio". Gli fece un mezzo sorriso, poi ordinò un Whisky.
Chuuya si abbassò il cappello, aspettò il cameriere. Poi alzò il calice e lo fece tintinnare col suo bicchiere, senza incrociare il suo sguardo. Dazai si dispiacque di non condividere il momento coi suoi occhi color mare.
"Al Doppio Nero".

*

Chuuya vide Dazai perdere progressivamente lucidità. Ordinò uno, due, tre, quattro Whiskey, e si staccò dalla sedia solo quando Chuuya si alzò. Uscirono dal bar con Dazai barcollante, Chuuya pronto a sostenerlo nel caso fosse caduto, ma per fortuna l'ex compagno sembrava ancora avere una dignità. 
"Se vuoi dirmi dove abiti, ti riaccompagno. Non mi sembri troppo intelligente. Cioè - non lo sei mai - ma ora sicuramente ancora peggio".
Dazai si fermò sul marciapiede, una macchina solitaria gli illuminò il volto per poi passare oltre. Guardò Chuuya, poi scoppiò a ridere.
"Chuchu! Non fare tutti questi giri di parole per chiedermi dove abito!"
Chuuya arrossì. Dazai lo faceva sempre arrossire, cazzo. "Non sto facendo giri di parole! Ora non siamo amici, e pensavo non volessi dirmi dove abiti per la tua sicurezza, idiota!"
Vide Dazai smettere di ridere e affiancarlo. Gli mise una mano dietro alle spalle e gli diede una leggera testata - per fortuna, altrimenti Chuuya l'avrebbe conciato per le feste.
"A prescindere di ciò che siamo, Chuuya, io mi fido di te!"
Chuuya si godette il calore del suo braccio. Poi gli diede un leggero pugno sulla testa, sussurrando un insulto pesante quanto il pugno appena dato. 
Anche io mi fido di te.

Stavano per arrivare all'appartamento di Dazai. Chuuya era esausto, ma non si lamentava. Dazai blaterava cazzate che lo facevano ridere, ma contemporaneamente una certa malinconia cresceva nel suo petto ogni passo che facevano. Dazai aveva cercato di staccare il braccio che prima, in modo innocente, aveva appoggiato sulle spalle dell'ex compagno, ma Chuuya glielo impedì aiutandosi con la sua abilità. Non sapeva se Dazai se ne era accorto, ma ora il suo braccio stava ancorato sulle sue spalle, senza l'utilizzo dell'abilità del rosso. 
Chuuya volle spiegare quel desiderio di averlo vicino col fatto che Dazai gli era effettivamente mancato.
"Allora, che farai domani sgombro?"
"Ah, le solite cose. Prendo in giro Kunikida, istruisco Atsushi, mi autocommisero, cerco un modo di suicidarmi, non riesco, e probabilmente passo la notte in bianco". Sorrise al cielo. "Tu?"
"Dormirò".
"Ti invidio".
"Effettivamente, è un bel programma".
"Fai il sonno di bellezza per mantenere il visino morbido?" Gli pizzicò una guancia. Chuuya diede uno schiaffetto alla sua mano, rapido. Dazai non lo scansò: non aveva i riflessi per farlo, e probabilmente nemmeno voleva evitare lo schiaffetto.

Chuuya intravide una benda macchiata. Forse era per l'illuminazione fioca, ma un piccolo sintomo d'ansia crebbe nella sua pancia. Prese il braccio di Dazai sulle sue spalle e lo mise tra di loro, bloccando la camminata. Poi, gli alzò la manica; lo guardò negli occhi e lui non riuscì a ricambiare lo sguardo.
"Ancora?"
"... Ancora".
"Non cambi mai, idiota". Disse, con una nota malinconica. 
"Senti chi parla!" Dazai ritirò il braccio e riniziò a camminare. Chuuya vide il suo cappotto allontanarsi di qualche passo, prima di riprendersi e seguirlo.
"Siamo arrivati, puoi anche andare ora".
"E invece ti seguo".
"No".
"Sì".
Dazai si fermò sul portone, porgendogli la giacca. "Davvero, puoi andare".
Chuuya si sfilò la giacca calda. "Invece non vado, Dazai". Gliela porse.
Dazai la prese velocemente. "Perché sei così? È tutta sera che sei gentile con me. Perché non sei arrabbiato? Perché non mi sputi addosso il veleno che vedo nei tuoi occhi? Ti ho lasciato solo, tradito! Come fai a non volermi ammazzare?"
Aveva la voce rotta. Che ne era del Dazai forte e sicuro di sè che aveva sempre al suo fianco? 
Era un periodo pesante per Dazai, Chuuya lo aveva capito sin dall'inizio della serata, quando aveva visto il suo occhio vispo spiare il locale davanti al Lupin. In nome della vecchia amicizia, Chuuya gli aveva regalato una serata di tregua, sia con l'ex compagno che con sè stesso. 
Eppure c'era più di questo, in mezzo. 
Chuuya e Dazai, attraverso infanzia e adolescenza, avevano imparato a comprendersi completamente, entrando in sintonia senza l'utilizzo delle parole. 
Il rosso, in fondo al suo cuore, sapeva che Dazai non lo aveva mai lasciato del tutto. Sentirselo dire durante la serata, aveva confermato ciò che pensava del moro. Avrebbe creduto in Dazai in qualsiasi caso, qualunque cosa facesse. Doveva solo farglielo capire. 

Sospirò, poi mostrò un mezzo sorriso. "Perché mi fido di te, idiota".
Dazai lo guardò con gli occhi lucidi. Pian piano barcollò verso di lui, e Chuuya lo prese al volo.
"Entriamo, ti va?"
Dazai annuì mestamente sul suo gilet grigio.

*

Chuuya aprì la porta, lo mise seduto sul tappetino di fronte al letto, gli tolse giacca, gilet e camicia. Dazai lo lasciò fare, atono. Chuuya gli tolse lentamente le bende, medicando le ferite - non gravi, per fortuna - con grande delicatezza. Non volò una parola: non servivano.
Quando finì di mettere le nuove bende, la mano di Dazai strinse forte il braccio di Chuuya. 
"Sei qui e mi manchi", sussurrò. "Come è possibile?"
"Perché sai che me ne andrò".
"Non andare".
Chuuya gli diede un pizzicotto sull'orecchio. "Lo dici a me? Sei tu quello che se ne va".
"Da te non l'ho mai voluto".
Il rosso si avvicinò al suo orecchio. 
"Allora fai in modo che da domani qualcosa cambi".
"... Ci proverò".
Diede un piccolo strattone al braccio di Chuuya, poi gli mise una mano sul viso, accarezzandolo.
"A questi occhi non posso dire di no".
Chuuya arrossì, di nuovo. Dazai gli accarezzò distrattamente la guancia, ridacchiando. 
Si zittì subito, mentre scrutava i suoi occhi. Chuuya sentiva una forza diversa da quella di gravità che li stava avvicinando inesorabilmente, quasi fossero meteore destinate a collidere. Appellò tutte le sue forze per frenarsi.
"Promettimelo".
"Io..."
"Promettimelo, o me ne vado".
Dazai chiuse gli occhi e sospirò, senza togliergli la mano dal viso. Chuuya aspettò diversi minuti di tensione.
"Non saremo compagni. Dovremo nasconderci e combattere tra di noi. Ma passeremo comunque del tempo assieme. Anche se volessi, più di così non posso". 
Abbassò un po' la testa, in attesa della bufera.
Che, per la terza volta, non arrivò.
"A me va bene".
Dazai spalancò gli occhi, e Chuuya gli prese il mento. Il moro vide la sua lingua leccarsi la bocca e scoppiò di euforia. Fece aderire il corpo contro il suo, le bocche divennero un intreccio continuo. Chuuya era leggero e bello, si incastrava perfettamente a lui, in qualsiasi modo. Come aveva fatto a non notarlo consciamente prima, Dazai? Eppure l'aveva cercato la notte stessa, aveva voluto stare con lui. 
E lui, Dio, lui non se ne era andato. 
Si staccarono, ansanti. 
"Sei perfetto".
"Lo so, Dazai, lo so. E tu sei stato proprio un idiota a lasciarmi andare".
"Lo so. Ora non mi manchi più".
"Perché ci sono. C'ero anche prima, solo che tu non lo sapevi".
"Sei perfetto".
"Dillo un'altra volta e ti spacco la testa".
Dazai rise, cristallino. Poi lo abbracciò e si addormentò sotto le sue carezze. Chuuya aspettò, poi lo mise a letto con la sua abilità. Stette un po' ad osservarlo, realizzando tutto quello che era successo.
Si concesse un sorriso: stava bene. Era felice, non aveva nè malinconia nè ansia. 
Si accoccolò vicino a lui, sognando in dormiveglia. Poi, quando il sole era già alto, si alzò, scrisse il suo indirizzo su un foglietto di carta che mise in mano a Dazai, e aprì la finestra.
Stette un po' lì davanti, prendendo coraggio. Dopo pochi minuti, si girò indietro, deciso, e diede a Dazai un leggero bacio sulla fronte. Poi, si buttò dalla finestra, dirigendosi a casa.







 

Angolo dell'autrice:
Eccoci alla fine della mia prima one shot. È stata diversa, ma ce l'ho fatta. Ho voluto immaginare un modo per riappacificare i miei due idioti preferiti, senza che nessuno si facesse male. La storia è sicuramente un po' OOC, ma non ce la posso fare a scrivere di loro due che litigano, perdonatemi. 
Forse, se la storia piace, potrei pensare di scrivere un piccolo seguito. Magari un po' più movimentato e meno introspettivo. 
Alla prossima!

Howdigetsofaded
 

  
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