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Autore: heartbreakerz    04/02/2019    1 recensioni
[ Iori & Tamaki, pre-slash ]
Tamaki si addormenta in salotto con i capelli bagnati e Iori è incaricato di svegliarlo.
Dal testo: “Iori si mise di fronte a lui e lo scosse piano.
«Yotsuba-san,» lo richiamò, afferrando l’asciugamano e poggiandoglielo sulla testa «quante volte ti devo ripetere di asciugarti i capelli prima di addormentarti sul divano?»
Tamaki non rispose. Si sbilanciò all’avanti, invece, e cadde con la fronte contro il petto di Iori, con gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta.
«Ioriiiin,» brontolò come suo solito, «asciugameli tu.»
Iori sospirò. «Domani non hai una registrazione?»
«Mmhmm.»
«E se ti ammali? Creerai problemi a Osaka-san, Oogami-san e poi a tutto lo staff.»
«Ma, Iorin,» disse Tamaki, aggrappandosi pigramente ai suoi fianchi, «sono quasi asciutti…»
«Quasi, appunto» ribatté Iori. E avrebbe aggiunto altro, se solo Tamaki non avesse sollevato lo sguardo, mostrandogli un’espressione assonnata e quasi—come dire—di certo non tenera ma—
Yamato si schiarì la voce.”
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Iori Izumi, Tamaki Yotsuba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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(Non) è come sembra

 

Di domenica, verso mezzogiorno, in cucina cominciava a nascere la confusione. Prima c’era il lento scaldarsi delle padelle, e ai primi sfrigolii si aggiungevano anche i primi Mitsuki! Cosa si mangia oggi?, urlati dalle stanze personali o dal salotto. Il profumo diventava presto tanto intenso da attirare i membri come mosche. C’era chi arrivava per dare una mano – Sougo, il più delle volte – e poi c’erano loro, i criminali. Arrivavano di soppiatto e sorprendevano Mitsuki e Sougo di spalle, rubando un morso qui e un assaggio là, continuando di nascosto finché non venivano beccati – o peggio, minacciati.

Nagi e Riku dovevano già essere stati beccati, perché quando Iori entrò nella stanza li trovò seduti sulle loro sedie, con la schiena dritta e i capi chini, davanti a un Sougo alterato – particolarmente alterato, commentò Iori tra sé e sé.

Se le sue analisi erano accurate – e lo erano, sempre –, la destrezza con cui Sougo maneggiava il coltello, fendendo l’aria per calcare ogni sillaba, indicava la chiara presenza dall’altro Sougo, quello che usciva fuori all’improvviso, in seguito a particolari stimoli. Il cui principale, notò Iori guardandosi intorno, al momento non era presente.

Ridendo, Mitsuki gli indicò il salotto. «Vai tu a chiamare Tamaki? Il pranzo è quasi pronto.»

A malincuore, Iori annuì e raggiunse silenziosamente il salotto.

Tamaki sedeva al centro del divano, il capo all’indietro, poggiato contro ai cuscini. Portava un asciugamano attorno al collo, e i suoi capelli, completamente spettinati, davano l’impressione d’essere ancora umidi.

Iori si mise di fronte a lui e lo fece raddrizzare.

«Yotsuba-san,» lo richiamò, afferrando l’asciugamano e poggiandoglielo sulla testa «quante volte ti devo ripetere di asciugarti i capelli prima di addormentarti sul divano?»

Tamaki non rispose. Si sbilanciò all’avanti, invece, e cadde con la fronte contro il petto di Iori, con gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta.

«Ioriiiin,» brontolò come suo solito, «asciugameli tu.»

Iori sospirò. «Domani non hai una registrazione?»

«Mmhmm.»

«E se ti ammali? Creerai problemi a Osaka-san, Oogami-san e poi a tutto lo staff.»

«Ma, Iorin,» disse Tamaki, aggrappandosi pigramente ai suoi fianchi, «sono quasi asciutti…»

«Quasi, appunto» ribatté Iori. E avrebbe aggiunto altro, se solo Tamaki non avesse sollevato lo sguardo, mostrandogli un’espressione assonnata e quasi—come dire—di certo non tenera ma—

Yamato si schiarì la gola.

Iori sobbalzò e allontanò rapidamente le mani da Tamaki.

«Non… Non è—»

«—come sembra?» lo interruppe Yamato, sollevando gli occhi al cielo. «Ma certo, Ichi. Tama,» disse poi, cambiando argomento come se non volesse saperne niente «se non ti sbrighi mi mangerò anche la tua porzione.»

A quelle parole, Tamaki saltò su con un: «Grazie, Iorin!» e, con i capelli ancora bagnati, corse rapido in cucina.

Dopo un lungo attimo di silenzio, Yamato disse: «Dunque quella…?»

Iori seguì il suo sguardo sulla propria camicia. Era bagnata all’altezza dello stomaco, unta da una macchia grande quanto un pugno chiuso.

Iori arricciò il naso. «Spero che sia acqua» disse, storcendo le labbra in un’espressione disgustata.

«O forse è saliva» disse Yamato, per niente d’aiuto. «Sai, no, come fanno i cani?»

Nel tornare in cucina, Iori ripensò alle parole di Yamato, e quando vide Tamaki seduto scomposto sulla sedia, che lo chiamava con lunghi Ioriiiiin, sbrigati!, non poté che pensare che il paragone fosse più che azzeccato.

Tamaki sembrava davvero un cane – uno di quelli grandi, con il pelo lungo e morbido, pigri per la maggior parte del tempo, ma sempre alla ricerca di qualche misera attenzione. Un po’ come quel labrador che Iori e Tamaki incontravano di ritorno da scuola quando Tamaki lo afferrava per lo zaino e gli faceva allungare la strada per passare dalla sala giochi—cosa che Iori non trovava per niente dignitosa, tra parentesi, e no, di certo non lo trovava divertente; men che meno trovava divertente guardare Tamaki rincorrere ed essere rincorso dal grosso cane, fino a rotolarsi per terra, ridendo, e rispondendo ai versi del cane con lunghi woof, woof! Ecco, cioè, Iori non lo trovava per niente divertente – però, per qualche motivo, non si lamentava mai del tempo perso e restava ad aspettare che Tamaki fosse pronto per tornare a casa.

Sospirando, gli toccò ammettere di avergliene concesse fin troppe. Ma lo faceva per lui, per Tamaki, si ripeteva convinto. Per lasciarlo sfogare e divertire prima di tornare al dormitorio e chiedergli d’impegnarsi con costanza nel lavoro e negli allenamenti. Ecco, pensava, quella era solo la preoccupazione di un produttore che teneva tra le mani un talento energetico e incontrollabile.

Non che quei pensieri importassero davvero quando Tamaki lo afferrava per il braccio e richiamava insistente la sua attenzione.

«Iorin, siediti, siediti! Ho fame!»

Iori sospirò, di nuovo. Nel sedersi vicino a Tamaki, allungò la mano e gli diede un leggero buffetto sulla testa. «Fa’ il bravo, su» lo ammonì, e mentre si voltava per ringraziare Mitsuki e Sougo per il pranzo, i suoi occhi sempre attenti non si accorsero che, al suo fianco, tremante, Tamaki gioiva per aver ricevuto quella piccola attenzione.

   
 
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