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Autore: Vanya Imyarek    05/02/2019    2 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                             CAPITOLO 28

DOVE DIVERSI PIANI VENGONO MANDATI ALL’ARIA, O MAGARI  NO

 

 

 

 

Choqo questa volta ebbe la brillante idea di farsi annunciare prima di recarsi al Tempio della Vita: fu ricompensata da un Itzèn che ci mise solo dieci minuti per districarsi tra le varie richieste e raggiungerla.

 “Salve, Choqo. Sei stata bene in questi ultimi giorni?”

 La ragazza grugnì in risposta. Gli ultimi giorni erano stati tormentati da quel nuovo, dannatissimo dubbio: era davvero così in balìa degli eventi come credeva? Avrebbe potuto davvero ribellarsi alla sua famiglia, ribellarsi sul serio, in qualcosa di importante e determinante per la sua vita? Che prezzo ne avrebbe pagato? Sarebbe riuscita, nel caso, a sopportarlo a testa alta?

 Per certi versi, era tentata di dirlo a Itzèn: in quanto Sacerdote, non avrebbe certo rifiutato di ascoltare le sue turbe spirituali. Il problema era che, in quanto Sacerdote, probabilmente sarebbe partito da lì per cercare di indirizzarla dove più conveniva a lui, magari con qualche tipo di ricatto morale o roba del genere.

 Choqo avrebbe voluto qualcuno disposto semplicemente a starla a sentire, senza giudizi o sentenze che le venissero fatti pendere sul capo, e non era sicura che il suo interlocutore fosse la persona adatta. Il problema era che non riusciva a pensare a nessun altro. Familiari no di sicuro, non vedevano l’ora che un’altra femmina si levasse dalle finanze di famiglia, amici … non ne aveva di veri amici, solo qualche sua nobile coetanea, ragazzette superficiali con cui fingeva di andare d’accordo per quieto vivere. Era da sola, porca di quella miseria. E doveva trovare il modo di distogliere l’attenzione di Itzèn, prima che notasse che c’era qualcosa che non andava.

 “Allora? Malitzin capì qualcosa di tutto questo bordello con Waray, oltre a fare da testimone alla prova di Corinna?”

 “Naturalmente ebbe un ruolo. Innanzitutto, come pensi che sia scappata Nuala?

                                                                     

                                                                      Dal racconto di Itzèn

Quello che dava sul giardino era l’ingresso principale dell’harem, quello che si dava per scontato venisse usato da chi volesse entrare e uscire. C’erano però altri modi di muoversi dall’interno all’esterno: le stanze delle schiave dell’harem.

 Vivevano separate dal resto della servitù, e spesso per la loro posizione fungevano da custodi non ufficiali; però dovevano avere vie alternative per spostarsi a svolgere i loro compiti, giusto per non passare in giro mentre il sovrano era, per dirla in maniera pudibonda, ‘impegnato’. E se una donna dell’harem riusciva a cogliere il momento giusto sia mentre usciva che mentre rientrava, per un certo lasso di tempo era libera di uscirsene a fare quel che le pareva.

 Certo, qualcun’altra se ne sarebbe pure accorta, ma l’antagonismo generalizzato che Llyra e la sua corte avevano nei loro confronti, il vivere comune e le difficoltà simili avevano creato una sorta di cameratismo tra quelle donne: nessuna avrebbe detto niente di qualcun'altra che riusciva ad avere il coraggio di uscire.

 Siccome Malitzin e il vecchio guardiano si davano dei turni, uno sorvegliava mentre l’altro riposava, ci mise un po’ per rendersi conto delle fughe di Nuala: quando poi iniziò a notare la sua assenza prolungata per alcune ore, decise di lasciar correre. L’intera corte sembrava detestare quelle povere donne: che male c’era se qualcuna di loro riusciva a uscire a prendere un po’ d’aria pulita? Avevano il diritto di condurre la loro vita come loro garbava. Quanto alla discrezione, dovevano esserlo per forza, dal momento che quelle uscite sembravano un’abitudine e nessuna era mai stata scoperta.

 Questo, finché Nuala una sera sparì del tutto. Tutti gli abitanti dell’harem (a parte le serve perennemente distratte dal lavoro o il vecchio che ormai aveva perso il conto di quante donne ci fossero lì dentro) avevano ormai imparato che una donna sarebbe uscita di soppiatto in piena notte ma entro il mattino dopo sarebbe ricomparsa. E poi un giorno Malitzin vide arrivare la serva Yateveo di quel famigerato orafo.

 La scortò, come suo solito, ma la pianta aveva in questa occasione un carico particolare, un dono specifico per Nuala che la donna voleva prima controllare molto in privato. Era per una sorpresa all’Imperatore, dicevano. Naturalmente con queste premesse le donne vollero tutte affollarsi per vedere di che si trattasse, e Malitzin dovette fare da buttafuori non ufficiale alla stanza adibita come camerino, finché la Yateveo non ne uscì, gratificandolo delle fatiche compiute contro una mandria di donne curiose tramite una strizzata d’occhio.

 Nuala si negò agli sguardi delle sue compagne, tra la grande delusione di tutte, perché era andata a infilarsi chissà dove. Mentre le donne cercavano, Malitzin tornò al suo dovere di guardia alla porta; in tempo per vedersi sfilare davanti al naso una Nuala con un bel diadema ingioiellato in testa, con frange che ne nascondeva parzialmente il volto. Era l’ora in cui le donne della corte della sovrana, terminate le loro chiacchiere e i loro passatempi, tornavano alle rispettive dimore, e Nuala riuscì a confondersi tra di loro, trattenuta solo per pochi attimi da una ragazza che voleva complimentarla sull’originale acconciatura. Era insolito che quella donna uscisse di nascosto a quell’ora, invece che molto più tardi, ma forse era parte di quella ‘sorpresa’, oppure era stata costretta da necessità esterne.

 Fu l’ultima volta che Malitzin vide Nuala.

 Il mattino dopo, contrariamente al solito, la donna non era affatto ricomparsa: le prime ad accorgersene furono le serve che avrebbero dovuto svegliarla, poi le sue compagne di stanza, poi le altre donne che si accorsero che non solo non era tornata a dormire, ma non era proprio in nessuna delle stanze dell’harem. Sulle prime, non ci furono reazioni davvero agitate: ci fu l’imbarazzo generale. Che aveva fatto, era scappata? Davvero scappata? Era qualcosa di mai successo, non ci riuscivano quasi a credere …!

 E, un momento, se non era mai successo era perché un atto simile era considerabile come tradimento. Punibile con la morte. Punizione che sarebbe potuta essere inflitta anche a chiunque fosse giudicato corresponsabile, ad esempio guardiani incompetenti o amiche complici. E qui, oltre all’imbarazzo per aver permesso che qualcosa di tanto anomalo avvenisse, nell’harem iniziò a serpeggiare il panico.

 Ora, a Malitzin sarebbe piaciuto esaminare con calma e razionalità la situazione, cercare di capire cosa fosse davvero successo, e come fosse meglio muoversi, solo che il vecchio custode dell’harem aveva altre idee. Mai il bastone della vendetta si abbatté con tanta rapidità sugli stinchi del nostro eroe, costringendolo a un balletto ben più movimentato di quello di Corinna alcuni giorni prima. Ciò che fu poi detto verbalmente dal vecchio non può essere riferito del tutto per motivi di decenza, comunque Malitzin si beccò tutta la colpa della fuga. Il vecchio era sicuro di aver dormito per tutto il tempo in cui questa era avvenuta. Era effettivamente così, ma il nostro eroe ritenne che confermare sarebbe stato controproducente ai fini della sua sopravvivenza.

 Sì, di certo non la cosa più onesta da fare, ma sii onesta tu stessa: se tu avessi avuto una missione che eri fermamente decisa a compiere, e ti si fosse parata davanti la possibilità di una condanna a morte (noto impiccio per qualsiasi tipo di piano) tu avresti ammesso ugualmente la tua colpevolezza? Grazie.

 Malitzin dunque negò senza alcun ritegno di aver visto alcunché, il vecchio se ne infischiò altamente e continuò a cercare di bastonarlo, le donne li ignorarono entrambi discutendo animatamente se fosse il caso di andare a denunciare la scomparsa proprio in quel momento, e a chi. Dannazione, non poteva essere che Nuala fosse stata trattenuta da qualcosa, e ancora sulla via del ritorno? Del resto, lì si andava a dormire tardi e ci si alzava tardi, la ‘fuggiasca’ poteva aver contato su quello, magari avevano ancora un margine di tempo e se avessero aspettato un poco non sarebbe stato punito nessuno.

 Oppure Nuala aveva proprio squagliato, e in tal caso un ulteriore ritardo nel denunciare avrebbe portato loro ulteriori sospetti.

 E più o meno su questo punto un manipolo di guardie armate fece irruzione nell’harem, tutti smisero di fare quel che stavano facendo e si voltarono a guardarli, e in quelle stanze regnò il silenzio più assoluto. Che vuoi che ti dica, erano un buon fattore di motivazione alla calma.

 “Dov’è Nuala?” esordì il loro capo. Sguardi confusi e preoccupati da parte di tutti.

 Che stava succedendo? A rigor di logica, l’unico modo in cui le guardie avrebbero potuto sapere che Nuala era scappata senza che qualcuno nell’harem l’avesse denunciata era un crimine in cui la donna stessa fosse stata colta in flagrante, il che avrebbe reso a dir poco ridondante andare nell’harem per chiedere dove fosse. Quindi, cosa ci faceva lì?

 “Sappiamo che è scappata” proseguì il capo delle guardie, vedendo che nessuno rispondeva. “E’ inutile che cerchiate di nasconderlo. E sappiamo anche che ha fatto fughe continue in quelli che possono essere stati mesi o anche anni. Non crederò neppure per un istante che nessuno in questa stanza l’abbia mai vista andare via, e non credo che non ci sia proprio nessuno che non sappia dove andava. Chiunque sia quel qualcuno, si faccia avanti, ora, e confessi volontariamente. E’ la sua unica possibilità per avere uno sconto di pena e salvarsi la vita”

 Nessuna delle donne parlò.

 Ora, Malitzin l’aveva vista benissimo uscire, ma a che sarebbe servito parlare? Quella donna sarebbe stata ricatturata, e conseguentemente condannata per qualunque cosa avesse fatto … ma appunto, cos’aveva fatto? Era solo scappata da quella gabbia dorata.

 A che gli risultava, quella donna non aveva fatto del male a nessuno, anzi, si era solo allontanata da del male fatto a lei. Denunciarla … avrebbe potuto aiutarlo, ma se non avesse mai detto nulla, chi avrebbe potuto sapere che aveva assistito alla fuga della donna?

 Forse una delle donne della corte che uscivano con lei avrebbe potuto riconoscerla retroattivamente, ma ammettere ciò avrebbe significato mettersi nei guai per non aver fermato la fuggiasca: probabilmente, se anche qualcuna era riuscita a riconoscerla a viso coperto e nella semioscurità probabilmente non si sarebbe fatta avanti. Dunque, Malitzin se ne stette zitto.

 L’uomo strinse le labbra, con l’aria lievemente sconfortata. “E va bene. E’ stata una vostra scelta, non mia. Voi donne diete legate al sovrano, non potrei toccarvi se non con a sua autorizzazione formale. Ma tutti gli schiavi qui dentro: seguiteci senza fare storie, o le nostre armi non saranno qui solo per decorazione”

 

Checché se ne possa pensare di Malitzin, bisogna riconoscergli che non fiatò neanche sotto le frustate delle guardie. Sul perché, in realtà, ho sentito due versioni dai Sacerdoti anziani: c’è chi sostiene che l’abbia fatto senza pensare ad altro che a preservare la vita di Nuala, e chi sostiene che si fosse reso conto che per quanto dolorose, le torture non l’avrebbero ucciso se avesse continuato a dichiararsi ignorante – la condanna a morte invece sì.

 Gli altri schiavi, che in tutta onestà non sapevano niente della fuga di Nuala, o continuarono a urlare la loro innocenza sincera, oppure reagirono come il vecchio custode, che nella speranza di ingraziarsi i suoi torturatori iniziò a bersagliare le povere guardie di una sfilza di informazioni su Nuala. La sua famiglia d’origine, la sua età, i suoi interessi, il suo numero di aborti, alcuni episodi in cui era stata coinvolta all’interno del harem e prima ancora nella sua vita precedente, e il numero approssimativo di volte in cui aveva ‘goduto dei favori dell’Imperatore’. Sì, significa esattamente quello che stai pensando. No, non ho idea di come facesse quel vecchio a saperlo. Non l’ho mai chiesto, ho idea che nessuno dei Sacerdoti cui è stata raccontata la storia fin da Malitzin l’abbia mai chiesto, ho idea che Malitzin stesso non l’abbia chiesto al vecchio. Che dire, l’ignoranza sa essere una gran bella cosa.

 Quei poveretti a cui invece fu riferita, naturalmente, ebbero scarsissimo uso per simili informazioni, e andò a finire che lo lasciarono andare per primo, giusto per liberarsene. Ho sempre pensato che, se questo esito era stato premeditato, il vecchietto diventerebbe il personaggio più intelligente di questa vicenda, più degli Imperatori della Vita, Malitzin, Llyra e l’Incendiario messi assieme, perché è riuscito a celare il suo genio e vivere una vita lunga e relativamente tranquilla in sordina.

Ma tornando a noi: alla fine le guardie si rassegnarono alla conclusione che no, nessuna delle persone che stavano frustando sapeva nulla. Non poterono fare altro che lasciarli andare, incredibilmente pesti e doloranti, con uno dei loro servi ad accompagnarli fuori dalla loro sede fino alla bottega del farmacista. E malgrado tutti i lividi e le ferite, nel preciso istante in cui uscirono riuscirono a scatenare il caos.

 Gente che si chiedeva dove fosse finita Nuala, se stesse bene, altre che si chiedevano perché fosse scappata, se si fosse solo stancata di vivere lì o ci fosse qualcosa di più grosso in ballo, se la sua sicura tresca fosse stata scoperta, e che ripercussioni avrebbe avuto sulle altre concubine. Qualcuna suggerì che potesse essere rimasta incinta e scappata per avere il figlio in pace, lontana dalle minacce di Llyra: da ragazzina aveva sentito una storia simile da un’amica di sua madre. Un vociare e una vitalità che impressionò profondamente Yzda, dato che proveniva da un mucchio di persone che stavano pressochè strisciando nella sua bottega per chiedere unguenti da mettere sulle ferite.

 Malitzin fu l’unico ad avere abbastanza informazioni da pensare alla schiava dell’orafo: era stata l’ultima persona ad aver visto Nuala, la concubina poi era scappata da sola ma con un diadema ingioiellato che prima non le aveva mai visto, e soprattutto la schiava era una stramaledetta Yateveo. Chi accidenti si sarebbe preso uno di quegli esseri come servitore personale?

 Avrebbe dovuto capirlo subito che qualcosa non andava con la bottega di quell’orafo. Non aveva mai visto l’uomo in questione, prendeva e consegnava ordinazioni solo tramite la sua schiava, ma o qui gli artigiani imperiali provenivano da famiglie estremamente altolocate, o era assurdo che un lavoratore manuale potesse tenere una creatura tanto pericolosa al suo servizio. E se la pianta lavorava per lui con tutti gli altri all’insaputa della sua natura, come sembrava fosse il caso, allora la faccenda si faceva ancora più preoccupante. Che stava facendo questo tizio? Perché aveva aiutato Nuala a scappare? Che fine aveva fatto la donna? Era diventata cibo per il suo albero carnivoro?

 Malitzin aveva avuto le migliori intenzioni quando aveva ignorato le fughe di quella donna, ma adesso iniziava a chiedersi seriamente se Nuala non si fosse cacciata in qualche impiccio di non precisata natura, e che lui avrebbe potuto prevenire vietandole l’uscita.

 Quell’harem restava pieno di donne che sarebbero state contentissime di sgattaiolare via di tanto in tanto, e in quel momento erano sotto la sua responsabilità: decise dunque di investigare la faccenda, e di raccogliere eventuali prove concrete da portare alle guardie. Perché non ci è andato direttamente, chiedi? Ti pareva che avrebbero dato retta a uno straniero che a malapena parlava e capiva la loro lingua piuttosto che a un Soqar in una posizione rispettata? Servivano prove tangibili e inequivocabili anche solo per essere preso in considerazione.

 Iniziò cercando di capire perché mai le guardie stessero cercando Nuala in primo luogo: quello non fu difficile, entro poche ore le altre schiave dell’harem riuscirono a procurarsi l’informazione dalle loro colleghe della corte.

 Le recenti dispute tra il culto di Achesay e quello di Pachtu avevano raggiunto il culmine con una vera e propria manifestazione in cui i primi avevano cercato di impedire a quella schiava che aveva fatto la prova, Corinna, l’ingresso al Tempio per la sua iniziazione. Era scoppiata una vera e propria rissa che aveva coinvolto sia Sacerdoti che popolani, aveva richiesto l’intervento delle guardie, e Waray era stato coinvolto in un’inchiesta sulla sua condotta. L’autorità imperiale aveva ritenuto appropriato sottoporlo al Giudizio di Luce (Malitzin dovette farsi ripetere questa parola un paio di volte prima di afferrarne il senso) per valutare se fosse davvero adatto alla massima carica religiosa, la prova era avvenuta quel mattino all’alba, e il risultato era stato … per dirla in parole semplici, la povera Consacrata ne aveva viste di tutti i colori.

 Il famoso amante di Nuala di cui tutte loro avevano fatto mezzi accenni quando erano sicure che nessun altro fosse a portata d’orecchi? Lui. Un Sacerdote, e il Sommo Sacerdote, non un pivello qualunque. La cosa andava avanti da anni, e lei aveva tanta influenza su di lui, che le famose dispute che avevano segnato la carica dell’uomo erano state da lei istigate. Altro che volontà della dea!

 A questo punto divenne davvero difficile capire qualcosa, perché le donne iniziarono a parlare tutte insieme – chi accusava l’ambizione di qualche parente di Nuala che doveva averla costretta a una cosa simile, qualcuna se la prendeva con Waray per la sua debolezza, qualcuna criticava aspramente le scelte di Nuala (che aveva contro le schiave? E Corinna, che le aveva aiutate e intrattenute più volte, e si era impegnata tanto per quella sua prova!) – e nel risultato finale i pochi progressi che Malitzin aveva fatto nella comprensione del soqar furono completamente inutili.

 Dovette aspettare che si calmassero le acque per chiedere che altro fosse successo alla schiava: Waray era stato arrestato e condannato a morte per aver infranto il suo voto di castità sacerdotale ed essere venuto meno ai suoi doveri di servitore della dea preferendole una creatura terrena, e Nuala avrebbe dovuto fare la stessa fine per aver tradito il suo signore, solo che ovviamente se l’era squagliata la sera prima.

 L’esecuzione sarebbe stata pubblica e sotto gli occhi di tutta Alcanta, sia per il traditore che per la traditrice, se fossero riusciti a trovarla in quel lasso di tempo. I Templi si stavano rappacificando alla luce delle recenti rivelazioni, la famiglia di Nuala avrebbe dovuto porgere scuse ufficiali e probabilmente affrontare un gran brutto periodo. Non brutto come quello che stava passando il Tempio di Achesay, però.

 “Che periodo brutto? Che altro successo?” chiese Malitzin.

 “Questo Sommo Sacerdote è in carica da poco più di un mese” gli spiegò la schiava. “L’altro, un gran brav’uomo, è stato condannato all’esilio perché il suo Tempio ha quasi avvelenato accidentalmente Sua Altezza Llyra. Magari fossero stati più clementi, ci saremmo evitati tanti guai con lui …”

 Già, tanti guai. Un Tempio colpito da due scandali in rapida successione, uno dei quali aveva coinvolto e danneggiato anche altri culti …

“Leylla, scusami, perché questo uomo scelto Sommo Sacerdote?”

 “Perché è il rampollo di qualche nobile … un cugino di secondo grado della coppia imperiale, mi pare di ricordare. Figlio minore, l’hanno cacciato al Tempio per impedire che sovraffollasse il palazzo del padre – quei posti saranno anche grandi, ma a quanto pare non reggono a troppe generazioni di gente che scopa - e per dare lustro alla famiglia con una posizione prestigiosa nel clero. Sembrava ci fossero riusciti, invece è successo questo”

 “Posizione prestigiosa? Qui i Sacerdoti molto rispettati?”

 “E che altro dovrebbero essere? Sono i tramiti della volontà e del favore divino presso noi poveri disgraziati! Se voi a Yrchlle non li rispettavate, non mi sorprendo che vi abbiamo conquistati!”

 Già, a Yrchlle i Sacerdoti non erano affatto rispettati. Era un lavoro per criminali che venivano condannati a compiacere e tenere a bada gli dei, o poveri sciagurati loro figli. Il tramite degli uomini con gli dei? Semmai, offerte date a malincuore perché le divinità non distruggessero il regno. Come era possibile che due sistemi così diversi di concepire e rapportarsi agli dei generassero gli stessi risultati?

 Forse bisognava ritornare alla radice del culto a Yrchlle: la regina Lycue.

 Nata in condizioni umili, aveva realizzato fin da giovanissima il reale pericolo che gli dei, capricciosi ed esigenti, rappresentavano per la razza umana; quanto indegni fossero di venerazione e rispetto, e soprattutto, quanto poco meritassero sottomissione e dipendenza. Crescendo, la giovane era riuscita a procurarsi un’eccellente educazione, malgrado gli scarsi mezzi di partenza; da adolescente, aveva iniziato a intessere alleanze politiche ed economiche, attirandosi i favori di uomini illustri e potenti con la sua bellezza e il suo fascino, fino a diventare la gran favorita del re; e quando la sua sposa legittima fu cacciata a seguito di uno scandalo, riuscì a prendere il suo posto, sebbene non fosse nobile.

 Dal trono, aveva iniziato il suo programma di riforme, illuminando alle sue conclusioni il resto della popolazione, riducendo sempre di più l’influenza della casta sacerdotale, e incentivando opere ingegneristiche per sopperire alla magia con la pura abilità e intelligenza umana. Era stata osteggiata, naturalmente … ma quello si era rivelato un periodo di grave crisi religiosa.

 Lycue era riuscita a svelare la corruzione del sistema sacerdotale, portando alla luce i crimini commessi dai religiosi e punendo adeguatamente i colpevoli (il che di solito significava esilio o condanna a morte), e ciò aveva a sua volta prodotto lotte intestine tra il clero, con l’opposizione che si tramutava via via nel disperato tentativo di nascondere le proprie malefatte e ingraziarsi la micidiale sovrana denunciando le colpe degli altri. In pochi erano riusciti non solo a dimostrarsi al di sopra di ogni sospetto e condanna, ma anche a proseguire la loro campagna contro Lycue, e questi pochi erano stati ironicamente vittime della troppa fiducia nel potere divino che la donna protestava: erano periti quando le loro case, troppo instabili, erano state vittime di incendi, e tutta la loro magia non era riuscita a salvarli.

 Sì, incendi. E in quanto membro della famiglia reale, Malitzin sapeva benissimo dell’esistenza dell’Incendiario.

 I testi sacri yrchllesi ritenevano che l’anima del dio del fuoco Ometechtuli fosse stata imprigionata in una statua, che era poi stata distrutta liberando il mondo dalla minaccia dei tormenti che aveva recato all’umanità, ma la realtà era ben diversa: essendo impossibile annientare una divinità, la dea della terra Choate aveva creato una statua identica in tutto e per tutto a un essere umano, in grado di muoversi e parlare al pari di un uomo, e lì il dio del fuoco fu imprigionato. La statua era intrisa di una potente magia che non solo limitava i poteri del dio, ma faceva sì che essa si riparasse immediatamente quando veniva danneggiata o distrutta, di modo che egli non potesse scapparne e ritornare alla sua antica forza.

 Sì, una versione appena un poco diversa da quella diffusa a Tahuantinsuyu. Come, ‘qual’era quella giusta’? Eh no, non voglio rovinarti la sorpresa. Solo, pensa un poco a quale calza meglio alla natura dell’Incendiario per come è stato descritto finora.

 Tornando a quel che Malitzin stava cercando di capire dalla faccenda, questa statua non aveva particolarmente gradito la sua nuova condizione, e la sua perenne ricerca di un metodo per tornare alla sua antica gloria lo aveva reso più un nemico degli dei che lo avevano ridotto così, che degli umani che un tempo aveva tanto perseguitato. Nel passare delle epoche, aveva anzi finito per divenire un valido alleato contro la tirannia degli dei.

 Nessuno doveva fraintendere, restava una creatura pericolosa e ambigua, pronta ad innalzare e abbattere chiunque a seconda di quel che gli garbava al momento; aveva aiutato Lycue, questo la regina non ebbe remore ad ammettere ai suoi eredi, ma era possibilissimo che un giorno tornasse per abbattere il loro dominio. La sovrana aveva conosciuto quell’essere fin da quando era bambina, da quando era stato il suo maestro, ma non era mai riuscita a capire davvero, fino in fondo, quali fossero i suoi piani per lei e per il resto del suo regno. L’Incendiario avrebbe saputo aiutare contro gli dei, ma questo non significava che ci si potesse fidare di lui.

 E ora, tutte queste vicende che stavano travolgendo Tahuantinsuyu … non somigliavano fin troppo a quelle che avevano segnato l’inizio del regno di Lycue? Possibile che l’Incendiario fosse proprio lì? E se questo era il caso, era possibile farlo lavorare a proprio vantaggio?

 Fuori scala, dici? Pensare di manipolare l’Incendiario … sì, per quello che Simay e Corinna hanno visto di lui, è davvero più facile il contrario.

 Ma Malitzin era un discendente di Lycue, una che, a quanto pareva, ci era riuscita. La prospettiva non sembrava così fuori dal mondo. Il problema principale era che Malitzin non sapeva da dove mettersi a cercare, e di conseguenza, come sapere se ci avesse visto giusto o meno. Poteva solo supporre che l’identità in incognito dell’Incendiario fosse qualcuno di collegato alla corte: possibilmente un nobile, qualcuno che avrebbe saputo sia chi fosse Nuala e come potesse essere fatta uscire dal palazzo, sia come esercitare un qualche tipo di potere sugli artigiani, di modo che l’orafo fosse disposto ad aiutarlo. Sempre ammesso che non fosse lui: una schiava Yateveo non era esattamente roba da persona qualsiasi.


Nei giorni a venire, Malitzin diede fondo a tutte le sue conoscenze di soqar per ascoltare i discorsi delle concubine e delle loro schiave, per sapere se ci fosse qualcun'altra coinvolta e che potesse lasciarsi sfuggire anche solo un mezzo indizio; sorvegliò gli andirivieni di donne e uomini della corte per il cortile, cercando di origliare chi parlava con chi. Soprattutto, tenne d’occhio la schiava dell’orafo; e nel giorno dell’esecuzione di Waray, riuscì a notare lei e il suo padrone che si allontanavano in compagnia di Corinna e di quello che sembrava essere un novizio dei Sacerdoti della Terra.

 Una persona direttamente coinvolta nei disordini, e un appartenente all’ordine che più aveva dato problemi. Possibile che fossero sue spie, interni ai Templi incaricati di sorvegliare la situazione e di spingere gli eventi verso certi esiti?

 Avrebbe potuto chiederlo a Corinna, ma purtroppo era ben al di fuori della sua portata. Se anche avesse sacrificato le ore di sonno che gli sarebbero spettate mentre il vecchio faceva la guardia, i custodi dell’ingresso non avrebbero lasciato uscire uno schiavo senza permesso.

 Certo, in quel gruppo vi era qualcuno che lui avrebbe potuto raggiungere senza bisogno di uscire da palazzo: l’orafo stesso. Se anche qualcuno l’avesse visto entrare nella sua bottega, avrebbe dato per scontato che stesse andando a riferire un’ordinazione per conto di una delle concubine. Altri problemi con questo piano?

 Be’, avrebbe potuto prendere un granchio clamoroso. Magari c’era una vicenda complessa, dietro la schiava Yateveo, che non coinvolgeva minimamente qualcuno come l’Incendiario (anche perché gli Yateveo erano celebri per la loro devozione alla Terra. Che poteva essere successo, perché una di loro passasse dalla parte del più acerrimo nemico di tutti gli dei?), magari l’orafo era coinvolto in qualche losco affare di una banalità disarmante, magari era davvero un seguace dell’Incendiario ma non sarebbe riuscito a capire né lo yrchllese né il suo soqar stentato, e l’avrebbe scambiato per un oppositore anziché aspirante alleato e facendogli fare una ben misera fine.

 In tutto questo, il nostro eroe aveva capito soltanto di essere in una situazione molto delicata, e che il minimo errore avrebbe rischiato di farlo ammazzare. Ma dall’altro piatto della bilancia, c’era la possibilità di avere un valido aiuto nel rovesciare il sistema corrente e instaurare al suo posto uno che incoraggiasse la gente a vivere appieno la propria vita, senza restrizioni od obblighi verso qualsivoglia autorità ultraterrena a limitarle. Come procedere?

 La risposta, sfortunatamente, fu che Malitzin non procedette di per sé: fu la Yateveo a contattarlo per prima.

 “Eh, tu!” lo apostrofò, in un momento in cui se ne stava per andare a dormire e facendogli magicamente passare la stanchezza in un colpo. Parlava yrchllese, ebbe modo di notare subito. “Come vi sta andando il dì?”

“Bene, grazie” rispose immediatamente – col fischio che si lasciava sfuggire un’opportunità di cavarle fuori informazioni. “Ho avuto una discreta fortuna, e lo scandalo della povera Nuala non ha avuto ripercussioni né su di me né sul mio collega e le altre donne”

 “Eh, certamente. Del resto, tu non avete dato ad alcuno motivo di dubitare della vostra integrità, vero?”

 Malitzin non aveva la minima idea di che cosa rispondere a questa palese provocazione –e alla strana alternanza di pronomi; la schiava sbuffò, e gli fece cenno di seguirla nella stanzetta destinata ai guardiani dell’harem. Malitzin si accomodò in casa propria, e lì tutti furono liberi di parlare.

 “Dunque, tu ci hai aiutati. Perché?”

 “Scappare o meno è stata una scelta di quella donna” replicò Malitzin. “Credevo fosse qualcosa di temporaneo, come al solito. L’avessi saputo, probabilmente l’avrei trattenuta, per evitare problemi alle altre donne e alle schiave”

 “Quindi, tu siete per la libertà a tutti, finché a qualcuno non viene fisicamente a nuocere. Non v’importa di acquisire credito presso l’Imperatore, o di svolgere bene un lavoro”

 “Perché dovrei? Sono uno schiavo. Questo lavoro è ciò che la vita mi ha dato e quindi lo accetto di tutto cuore, ma non l’ho scelto personalmente. Non aderisco all’idea di qualcuno che vorrebbe essere il perfetto carceriere per queste donne. E dunque, svolgerò questo lavoro applicandovi i miei principi”

 “Quello che la vita vi ha dato? Che sarebbe, fatalismo?”

 “Nient’affatto. Questa non è la posizione che ho scelto, ho idee ben precise su quel che voglio fare, e mi impegnerò ad attuarle. Ma questo è quel che mi sta capitando ora. Fa parte della mia vita, che è mia e solo mia, e non si ripeterà mai più, in alcun essere vivente. E’ la cosa più preziosa che io possa avere, e pur non rinunciando alla mia volontà, accetterò con gioia tutto quello che ne farà parte”

 “E quali sarebbero questi vostri ideali?”

 “Queste domande mi sembrano un poco sbilanciate. Mi stai bersagliando di domande sui miei motivi e ideali, ma non mi stai rivelando nulla dei tuoi, o di quelli di chi ti manda. Questa è una conversazione tra pari, o tra un superiore e un inferiore?”

 La Yateveo sorrise: approvava la risposta? Malitzin aveva passato un qualche tipo di test?

 “La vostra pausa dura ancora a lungo?”

 “Abbiamo ancora circa quattro ore”

 “Perfetto. Seguimi, allora, se vuoi le tue risposte”

 Lo accompagnò fuori dalla loro stanzetta, e lo condusse dritto alla bottega del suo padrone.

 “Cambio di programma, mio signore” annunciò, sempre in yrchllese. “Sono richieste informazioni in cambio di informazioni. E io sono troppo pigra per gestire a lungo questo tipo di conversazione, quindi ve lo pigliate voi”

 “Non vorrei mai importi compiti così gravosi. Ce la faresti quantomeno a prepararci della chomwa?” replicò l’orafo, in un tono afflitto allegramente contraddetto dal sorriso divertito.

 “Spero tu possiate perdonarmi il caos, ma non mi stavo davvero aspettando che Linca avrebbe portato una visita. Prego, accomodatevi dove preferite … e non ci siano una dozzina di cose … poveri noi” soggiunse, contemplando la quantità di attrezzi da lavoro e gioielli più o meno ultimati disseminati ovunque.

 Malitzin si sedette in un angolo libero del pavimento, soppesando l’orafo. Sembrava un poco più giovane di lui, con lineamenti abbastanza insoliti per quelle terre. Non certo yrchllese, ma non aveva l’aria di un soqar: forse era discendente di schiavi stranieri? Aveva gli occhi molto tirati per essere un locale, e le labbra sottili e curiosamente livide …ah, ecco qualcosa di più interessante dell’aspetto fisico.

 L’orafo aveva un sorriso cortese, certo … ma gli occhi non ne facevano parte.

 Malitzin doveva prepararsi a finire in una gran brutta situazione? Non sapeva davvero chi fosse quest’uomo, la vaga possibilità che l’aveva spinto a chiedere chiarimenti alla Yateveo avrebbe potuto benissimo essere un abbaglio, e se anche non lo fosse stato, la situazione sarebbe stata molto, molto delicata.

 “Io sono Sayre Tupachi, lieto di fare la vostra conoscenza. Tu, se la memoria non mi inganna, siete il nobile Malitzin … figlio o figlia del re?”

 “Sono solo la persona che sorveglia l’harem. E se chiedete se io sia uomo o donna, la scelta è vostra”

 “Mi lasciate scegliere la vostra identità? Perché mai?”

 “’Lasci scegliere’? Anche se io non vi avessi detto nulla, anche se fossi stato chiaramente un uomo o una donna, voi avreste ugualmente deciso la mia identità. Voi avrete una visione di me che sarà unica e non condivisa completamente da nessun altro: per chiunque mi guardi, sarò una persona diversa. E così voi per me sarete una persona, per altri una anche completamente diversa. E’ inevitabile per ogni essere umano cambiare completamente a seconda dell’interlocutore, ma non ho mai incontrato nessun altro che voglia riconoscerlo. La mia condizione mi permette di dichiarare le mie idee in proposito, o tramite domande esplicite come la vostra, o semplicemente facendo riflettere chi ho davanti”

 “Ci siete mai riuscito?”

“Secondo voi?”

 Sayre sbuffò una risata. “Ma immagino tu vogliate conoscere qualcosa di più pressante. Linca vi ha dimandato perché tu ci abbiate soccorsi con la fuga di Nuala?”

 La schiava, impegnata a far bollire una bevanda rossastra, replicò in fretta qualcosa in soqar. L’orafo annuì.

 “Una concezione della libertà come non ne troverete a Tahuantinsuyu, e una concezione della vita come ammetto di averne sentite poche. Dunque, anche quando vi impone sofferenze e schiavitù, la vita dev’essere accettata con gioia?”

 “Non vedo come altrimenti, senza farvi una grave offesa”

 “Un’offesa. Un’offesa a chi, Malitzin? Ai genitori? Alla società che ti ha fatto nascere e crescere? Agli dei, che ti hanno concesso di venire al mondo? O alla vita stessa?”

 “Alla vita stessa, naturalmente. Cos’altro di più importante potrebbe avere un essere umano?”

 “Ognuno ha la sua risposta?”

 “Già, ognuno ha la sua risposta. E la tua qual è? Richiedo uno scambio di informazioni, ti chiederei di ricordartelo”

 “La volontà. Un essere umano non è niente, niente, se non decide per sé qualcosa da volere e non lotta per ottenerlo. La volontà lo spinge a progredire, e spesso, con le sue azioni, a far progredire tutti quelli che lo circondano. La volontà di cambiare sé stessi, di cambiare il mondo, è la vera anima dell’uomo. Senza volontà, la vita non potrebbe essere accettata e amata come tu proponi; senza volontà, la vita di un uomo non diverrebbe diversa dalla sua morte. Chi rifiuta la volontà, è nemico della vita, ma siccome almeno biologicamente continua a funzionare, rischia di trascinare anche altrui su questa strada”

 “E’ pronta la chomwa!”

 L’orafo guardò la sua schiava di sottecchi. “L’hai fatto apposta” si lamentò. “Hai aspettato che io finissi questa parte del mio confronto per uscirtene con la frase più prosaica che si potesse dire!”

 “Mi sembra solo educato aspettare che la gente finisca di parlare prima di intervenire” replicò candidamente la Yateveo, porgendo ciotole di liquido rosso cupo al suo padrone, che poi ne mise una in mano a Malitzin.

 “Dunque, avete fatto fuggire Nuala per questo vostro credo nella volontà?” Malitzin cercò di riportare il discorso in carreggiata.

 “No. Se ora posso essere io a porgervi una domanda, e se tu vorrete provvedermi una risposta, questa è: Malitzin, tu che cosa volete?”

 “Io voglio diffondere l’amore per la vita. Voglio che tutti riconoscano che dono meraviglioso è l’essere vivi, che abbiano rispetto e fin venerazione per la propria esistenza. E che tramite questo amore e rispetto, raggiungano la propria felicità”

 “Un obiettivo peculiare. Non il far raggiungere la felicità all’umanità intera, quello è in realtà abbastanza comune, ma i metodi tramite cui vuoi che si raggiunga. Venerare la vita … Malitzin, tu vi considerate una persona devota agli dei?”

 “Lo sono, secondo te?”

 L’orafo sorrise. “No, secondo me no. Siete di Yrchlle, i vostri dei non sono buoni e giusti, e anche se lo fossero, la vostra devozione per la vita supererebbe quella per loro. Sbaglio?”

 “No, affatto”

 Ora, durante questa conversazione, i sospetti di Malitzin su chi si trovasse davanti erano sempre più diminuiti. Quella frase finale era semplicemente l’ultimo tassello.

 La gente di Tahuantinsuyu aveva normalmente un rispetto fortissimo per gli dei, come il nostro eroe non era abituato a vedere; adesso le possibilità erano due. O quest’orafo gli aveva teso una trappola per tutto il tempo e ora l’avrebbe denunciato per blasfemia, se una cosa simile fosse stata possibile, o si sarebbe trovato davanti all’Incendiario. Nel qual caso … forse era appena arrivato un po’ più vicino al coronamento del suo obiettivo.

 “E ne hai ben ragione. Gli dei, che pretendono sacrifici e che con il loro comandamento del dovere impongono sensi di colpa e mortificazioni di sé ai loro seguaci, sono un ostacolo tanto alla vita quanto alla volontà. Se tu dovessi opporti a loro … giungeresti infinitamente più vicino al tuo scopo che non venerandoli”

 Malitzin fissò il suo interlocutore, il suo sorriso deciso e sicuro, e più sincero di quanto non fosse stato all’inizio della loro conversazione. Per un istante ponderò come porre la questione, e il risultato fu: “Sei l’Incendiario, non è vero?”

 Sayre, in quel momento, aveva avuto la disgraziata idea di bere una sorsata della sua chomwa: quasi si soffocò per l’accesso di risate.

 “Chiedo scusa” riuscì a spiegare tra i colpi di tosse. “Ma mai, in tutta la mia vita, qualcuno me l’ha chiesto in tono così conversazionale. E comunque sì” la mano dell’uomo andò in fiamme, che si levarono un poco per poi estinguersi senza lasciare un singolo danno. “lo sono. Vedo che la mia cara Lycue ha istruito bene i suoi discendenti”

 Malitzin non poteva dire di non esserselo aspettato, tutt’altro. Ma trovarsi di fronte al fatto concreto era tutta un’altra cosa. La creatura che gli stava davanti un tempo aveva portato la sua antenata al potere, in nome del mostrare all’umanità la verità sulla natura crudele degli dei; e in un tempo infinitamente più remoto, era stato Ometechtuli, il persecutore della razza umana, una divinità troppo folle e pericolosa persino per i suoi pari. Che cosa poteva aspettarsi di preciso da lui?

 “E’ stata un’azione saggia, considerate tutte le circostanze. E bene, ora che so con chi sto parlando … cosa diresti sia meglio per me, per poter esercitare la mia volontà?”

 Farlo parlare, cercare di capire dove volesse andare a parare, in che situazione si stesse andando a cacciare Malitzin e quale fosse la posta in gioco. La situazione era spinosa, ma nulla di male poteva venire dal conoscerla bene.

 “Tu avete molte doti che mi interessano, Malitzin” esordì l’altro. “Avete la vostra personale concezione del mondo e di cosa sia giusto e sbagliato, e siete deciso ad affermarla a dispetto di chiunque voglia impedirvelo, umano o divino che sia. Non avete idea di che qualità rara e preziosa sia. In secondo luogo, avete un modo di pensare profondamente alieno per Tahuantinsuyu, e che verte attorno allo spingere questa gente a pensare e porre in discussione le loro convinzioni. Sarebbe riduttivo dire che ce ne sia un bisogno disperato. E, ultimo ma non ultimo, siete stata cresciuta per essere il consigliere di vostro fratello che sarebbe dovuto ascendere al trono. Sono sicuro che tu abbiate ricevuto un’educazione pari alla sua, e che siate esperta … se non nella politica di Tahuantinsuyu … nel considerare le situazioni con lungimiranza per i loro effetti e nel trattare e persuadere uomini della corte e del popolo allo stesso modo. E sì, anche questa è una caratteristica che tornerà molto utile per quello che ho in mente per te, se accetterai la mia assistenza”

No, i pronomi altalenanti non sono un errore mio. Erano effettivamente il modo in cui Sayre aveva deciso di rivolgersi a Malitzin. Piuttosto originale, devo dire, a me di sicuro nessuno si è mai rivolto così. Ma torniamo a noi.

 “A giudicare da quanto bene sarebbe accettato un governante straniero, incapace di riprodursi e che non si capisce se sia uomo o donna, suppongo che cerchiate i miei talenti da consigliere per una terza persona?”

 “Siete perspicace. Non amo particolarmente questa monarchia, vedete: secoli e secoli di sovrani più interessati a mantenere sé e i propri eredi prescelti sul trono che a migliorare e innovare concretamente questo Impero. Ho già visto nazioni simili commettere lo stesso errore: per come stanno andando le cose, Tahuantinsuyu si espanderà, continuerà a espandersi, finché qualche sovrano non cercherà di evitare lotte tra i suoi figli spartendo il territorio tra loro, i figli combatteranno lo stesso per le terre altrui, e qualche popolazione confinante non riuscirà ad approfittare di lotte e frammentazioni di potere per vincere militarmente e accattivarsi i favori di qualche divinità con il suo ardire. Tahuantinsuyu crollerà, e questo grande Impero con le sue possibilità di controllo territoriale e capacità di mantenere al proprio interno molteplici culture diverse si dissolverà in pagine di trattati storici che studenti svogliati dimenticheranno appena le avranno voltate”

 “E pensate che mettere qualcuno di vostra scelta sul trono, come avete fatto con Lycue, risolverà il problema?”

 “Precisamente, e conosco la persona adatta a questo ruolo. E’ solo questione di … aiutarla a uscire dai suoi schemi mentali troppo ristretti. Una volta che così avrà fatto, avremo un sovrano alle prese con cambiamenti epocali in questo Impero, ma ben poca preparazione al governo. Ed è qui che entrerà in scena il suo fedele consigliere, che avrà peraltro la posizione perfetta per impartire alla popolazione la sua … filosofia di vita? Religione? Quel che riterrete più appropriato”

 “E queste sono le vostre condizioni?”

 “Se vorrete accettarle, sì”

 “Ma voi dovrete accettare le mie, se è per questo”

 L’Incendiario osservò Malitzin con una certa curiosità e interesse, come se non fosse abituato a sentirsi imporre condizioni.

 “Non ci saranno morti. Come vi ho già spiegato, per me la vita è il massimo valore: non calpesterò quella di alcuno, quale che sia il prezzo”

 “Un fervente oppositrice dell’omicidio … certo, è solo naturale. E cosa ne pensereste del concetto di legittima difesa?”

 Malitzin sospirò. Aveva sperato di poter porre un freno all’essere che aveva davanti, perlomeno evitare incendi ‘misteriosi’, ma quest’ultima osservazione … non avrebbe potuto negare che quello fosse l’unico caso in cui uccidere fosse ammissibile, anche se non certo una buona cosa. Ma come avrebbe distorto l’Incendiario quella sua richiesta? Quali sarebbero stati i suoi parametri per definire ‘legittima difesa’? Avrebbe potuto rifiutare, a quel punto?

 No, sapeva troppo: l’Incendiario l’avrebbe ucciso, se si fosse tirato indietro a questo punto. E se Malitzin fosse morto, non solo quell’essere avrebbe potuto fare indisturbato quel che voleva, ma la sua visione della vita non si sarebbe mai diffusa presso nessuno. La gente non avrebbe mai compreso appieno il proprio valore di esseri unici la cui vita non andava assolutamente sprecata. Si poteva considerare un sacrificio giusto …?

 No, per niente. Ma era quello che era necessario fare.

 Un ragionamento ipocrita? La nostra religione, che predica l’assoluta importanza della vita sopra ogni altra cosa, si basa su qualche omicidio strategico? Sì, immagino che Simay e Corinna abbiano menzionato qualcosa riguardo a rivelazioni che potrebbero scuotere la nostra Devozione fin nelle fondamenta, ma no, non si riferivano a questo. Tu potresti andare a raccontarlo a chi vuoi, ma se moltissimi condannerebbero certamente Malitzin e la sua ipocrisia, altrettanti lo difenderebbero e ne loderebbero il pragmatismo. Non è di quello, che gli Imperatori della Vita stavano parlando.

 Comunque, Malitzin arrivò a quello che riteneva una sorta di compromesso: probabilmente non avrebbe posto freno a tutti i delitti dell’Incendiario, ma avrebbe limitato quelli a esclusivo scopo politico. Sayre era, per la cronaca, convinto che il nostro eroe avesse fatto un’ottima scelta.

 “Credetemi, neppure a me piace uccidere gratuitamente. E nel caso che ci si prospetta ora, non solo non sarete coinvolto nell’assassinio di nessuno: mi aiuterete a salvare due vite”

 “Salvare?”

 “Quella persona che intendo far salire al trono … il figlio illegittimo dell’Imperatore in carica, avuto da una delle sue prime concubine. E’ il più anziano dei suoi figli, e dunque quello a cui molti si rivolgerebbero per una successione rapida e indolore, nel caso suo padre dovesse morire improvvisamente. La nostra Imperatrice Llyra ha altri programmi: non solo gradirebbe, naturalmente, che il trono andasse a uno dei suoi figli, ma vorrebbe anche che l’Imperatore termini il corso della sua esistenza giusto in tempo per concedere a lei un po’ di regno autonomo, prima che uno dei suoi figli sia nell’età giusta per succedere al padre. E data la recente nascita di una principessina che possa essere sposa a qualsiasi principe ereditario, temo che questo avvenimento non sia poi troppo lontano”

 “L’Imperatrice vuole uccidere suo marito? Ma non è anche suo fratello, a quanto ho capito?”

 “Sono secoli che l’ascesa al trono è un bagno di sangue tra gli eredi dell’Imperatore, la dinastia imperiale non sa cosa sia l’amore fraterno da quando questo sistema è stato stabilito. Ora vedi, se il ragazzo fosse riconosciuto per tempo, e questa congiura esposta, l’intera faccenda della successione sarebbe gestita senza spillare una sola goccia di sangue”

 Malitzin annuì. Il suo piano, stabilito in quei brevi momenti, era seguire le direttive dell’Incendiario solo qualora lui stesso le avesse approvate, e sabotare le operazioni con più discrezione possibile in caso contrario; salvare la vita di due persone era decisamente il primo caso.

 “Che ruolo avrò io in tutto questo?”

 “Vedete, il piano della nostra diletta sovrana ruota attorno al far svolgere il lavoro sporco a un’assassina che da qualche mese affligge Alcanta. Delitti ideologici, li si potrebbe definire: aggredisce solo uomini che abusano le loro donne, senza trarne alcun profitto materiale. Un’altra delle mie assistenti, Cocha, mi ha fatto sapere che …”

 “Era Taquis” intervenne la schiava. “Abbiamo affidato l’incarico a Cocha, ma ci ha risposto tramite Taquis”

 “E’ vero, ora che me lo ricordi. Spero solo che abbia delegato perché la sua attività sta finalmente prendendo piede e non per qualche motivo più grave. Quel che stavo dicendo, è che uno dei miei assistenti in città mi ha fatto sapere che è stata sparsa una voce in giro, che l’Imperatore abbia ricatturato Nuala e ora la tenga prigioniera per sottoporla a torture e sevizie da cui la legge la proteggerebbe. Noi possiamo garantirvi che così non è, certo, ma è quantomeno curioso che questa voce si sia sparsa proprio mentre la Dama Azzurra, così si chiama la nostra donna, è in piena attività”

 “E sia voi che l’Imperatrice credete che un’omicida si spinga al punto da assassinare il suo sovrano per un’ideologia sconnessa dal potere?”

 “Potremmo argomentare che i delitti della Dama Azzurra abbiano molto a che fare con il potere, a loro modo”

“Capisco, ma ora temo che il nostro tempo stia giungendo al termine. Vorreste dunque spiegarmi che ruolo dovrei avere nella faccenda, o se il continuo errore nel pronome di seconda persona singolare era un test per la mia attenzione da parte vostra e della vostra schiava”

L’Incendiario lo fissò. “Errore? Il ‘tu’ non è l’espressione usata nel linguaggio formale?”

“Una volta lo era, adesso è diventato colloquiale … andava comunque coniugato nelle forme verbali che avete usato, ma ora è stato sostituito dal voi e ha acquisito le proprie coniugazioni”

Il suo interlocutore si schiaffò una mano sul volto. “Odio le lingue di voi umani! Cambiano anche più in fretta delle vostre morali!”

Be’, aveva la sua logica, dato quanto doveva aver vissuto quell’essere, ma problemi linguistici e l’imbarazzo conseguente non erano esattamente attributi che avesse mai pensato per l’Incendiario.

“Ma sorvolando sui miei strafalcioni” proseguì l’altro, sempre con un’aria alquanto sconfortata. “Passiamo a quello che voi dovrete fare. Vi ricordate di Corinna?”

 “La ragazza che ho aiutato nella sua prova per accedere al sacerdozio? Certamente”

 “Bene. Avvicinatela, senza naturalmente spiegarle chi vi manda. Raccontatele questa voce, e poi osservatene le strane coincidenze, nel caso ce ne fosse bisogno”

 “E’ anche lei una vostra assistente? Ci aiuterà a fermare l’assassina?”

 “Direi proprio che non è una mia assistente. E non ci aiuterà a fermare l’assassina, perché non saremo noi a farlo. L’eroe di turno sarà quel ragazzo, naturalmente: qual miglior sistema per presentarsi al proprio padre che salvargli la vita?”

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

sì, la mia abitudine di sospendere le pubblicazioni per concentrarmi sugli esami ha colpito ancora. Ma state felici, perché questa volta gli esami che mi aspettano sono due o tre (dipende se l’ultimo l’ho passato o meno), e anche con la preparazione della tesi dovrei avere comunque abbastanza tempo per continuare ad aggiornare. Anzi, per recuperare gli aggiornamenti di gennaio, mi impegnerò a dare a febbraio la bellezza di quattro capitoli.

Comunque, spero che vi sia piaciuto il grande ritorno all’insegna di discussioni filosofiche tra Malitzin e Sayre. Diciamo che gli interessi di questi due coincidono … per il momento, e che Mal è quantomeno sollevato/a di aver trovato qualcuno che parla la sua lingua (più o meno) e non lo/a considera un invasato/a.

Concludo con un più serio: felice anno nuovo, soprattutto ai sventurati che in questo dovranno vedersela con maturità o laurea!


  
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