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Autore: vamp91    05/02/2019    1 recensioni
La stanza intorno a me iniziò a vorticare; tutto si fece confuso. L'unica cosa ben definita era il palco. Tutto il resto scomparve; c'eravamo solo io, lui e la musica. La sua voce roca, profonda e sensuale era qualcosa di indescrivibile. Ne avevo sentite tante, ma mai come quella. Stava risvegliando in me emozioni che avevo deciso di reprimere da tempo. Le note mi penetrarono fin nelle ossa, facendomi fremere...
(Se le mie storie vi piacciono commentate e fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti)
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tornando a casa mi sentivo più confusa che mai. Ian era rimasto ferito, glielo avevo letto dritto negli occhi; ma nonostante tutto mi aveva lasciata andare senza fare storie.
Prima o poi avrei dovuto spiegargli ogni cosa, ne ero consapevole. Ma non era ancora il momento.
Chissà se in quel momento stesse facendo delle domande a Chris... no, non era da lui. Sapevo che avrebbe chiesto direttamente a me.
Assistere alle prove o strimpellare a casa non era la stessa cosa che esibirsi davanti a una platea di gente. Avevo rinunciato a quelle sensazioni da parecchio tempo e non ero disposta a riprovarci.
Qualche ora dopo il mio telefono squillò.
“Pronto Chris” risposi.
“Ehi, stai bene?” chiese apprensivo.
“Si, tutto ok. Ian come sta?” nonostante tutto ero in pensiero per lui.
“Mi ha fatto qualche domanda; era parecchio nervoso in effetti, ma poi ha lasciato perdere. So che per te non è un argomento facile, ma prima lo affronti e meglio sarà per entrambi. Ian é una testa calda, ma ci tiene davvero a te, oggi me ne sono reso conto. Perciò non lasciarlo nel dubbio, non lo merita”.
Sapevo che aveva ragione, del resto anch’io la pensavo come lui.
“Lo chiamerò domani, per adesso voglio starmene da sola”.
“Va bene...”
Ci salutammo e poi andai a letto. Era strano, ma mi mancava qualcosa. Non riuscivo a prendere sonno, non senza Ian, le nostre risate e la sua voce che cantava per farmi addormentare.
Non so per quanto tempo mi rigirai nel letto prima di poter finalmente dormire.
Quella notte, per la prima volta dopo tanti anni, sognai il periodo della mia vita più felice che avessi mai avuto...
Aprii gli occhi fissando il soffitto, ricordavo tutto nei minimi dettagli.
Era l’estate dei miei 16 anni e mi sentivo più felice che mai. Finalmente potevo tornare a casa dopo mesi passati al campus della prestigiosa scuola privata che i miei mi avevano costretta a frequentare. L’avevo odiata fin dal primo giorno.
Avevo rivisto mia sorella dopo molto tempo; era l’unica che riusciva a capirmi e la sola che alimentava i miei sogni. Era stata lei a farmi prendere lezioni private di musica e di canto fin da piccola, nonostante i nostri genitori non acconsentissero. Ma lei li aveva convinti che avrei potuto sfoggiare le mie doti artistiche a qualche serata mondana.
Mi aveva regalato la mia prima chitarra che ancora custodivo come il più prezioso dei gioielli.
Una lacrima mi rigò il volto, ma mi affrettai ad asciugarla. Josy non avrebbe mai voluto che piangessi per lei.
All’epoca stavo attraversando una fase di ribellione; non facevo altro che girare per locali, cercando di togliermi di dosso la sensazione di essere una “figlia di papà”.
Era stato durante una di quelle serate che lo avevo visto per la prima volta. Dean.
Si era avvicinato quasi subito; era alto, robusto e con uno sguardo in grado di incenerire il mondo. Ricordai di essere stata scossa da un brivido mentre mi si piazzava davanti e mi chiedeva il mio nome. Sembrava un predatore, con quegli occhi da felino che mi scrutavano così come si fissa una preda poco prima di azzannarla. Mi aveva attratta dal primo momento, tuttavia dopo una breve conversazione lo avevo salutato senza lasciargli nemmeno il mio numero.
All’epoca tendevo ad essere molto teatrale, per cui ero convinta che se fossimo stati destinati ci saremmo comunque incontrati ancora per caso.
Non successe nulla per più di due settimane; ma non mi importava. In quel momento ero interessata soltanto alla musica. Cercavo di farmi conoscere cantando e suonando durante delle serate per principianti.
Fu in una di quelle occasioni che rividi Dean, ritrovandolo tra il pubblico durante una mia esibizione. Anche lui ne era rimasto sorpreso, ma allo stesso tempo ne era stato felice. Mi disse che anche lui era un chitarrista e che sognava di mettere su una sua band.
Da quel giorno in poi diventammo inseparabili...avvicinandoci sempre più...
Mi diedi un leggero schiaffo cercando di tornare al presente. A che cavolo stavo pensando? Stavo proprio uscendo fuori di testa.
Guardai il display del telefono... nessuna chiamata, nessun messaggio. Ian mi stava dando il mio spazio, rispettando la mia scelta.
Gli avrei telefonato tornando dal lavoro quella sera.
La giornata fu tranquilla, o forse ero io quella che non badava a cosa mi succedeva intorno. Svolgevo il mio lavoro come un automa, programmata a fare le stesse cose giorno dopo giorno.
La mia mente però era altrove. Ripensavo a quello strano sogno \ ricordo, a Ian e a come potesse sentirsi il quel momento.
Mi mancava terribilmente. Questa breve lontananza mi aveva fatto capire quanto già fossi dipendente dalla sua presenza.
Quando finalmente uscì dall’ufficio chiamai un taxi e senza nemmeno pensarci due volte diedi l’indirizzo di casa sua.
Volevo vederlo e chiarire, non ce la facevo più ad aspettare.
“Ian” chiamai suonando ripetutamente il campanello. Ma nessuno venne ad aprire.
Non avevo considerato che potesse essere fuori. Tornai a casa, non c’era altro da fare; delusa più che mai.
Provai anche a chiamarlo durante il tragitto, ma il suo cellulare era irraggiungibile. Che fosse successo qualcosa? Possibile che avesse deciso di evitarmi? Il mio cuore accelerò i battiti, rendendomi ansiosa.
Salì le scale a testa bassa; mi sentivo le gambe pesanti; fin quando non notai un paio di anfibi sul pianerottolo.
Lentamente sollevai lo sguardo, le lacrime che minacciavano di uscire.
“Ian” sussurrai avvicinandomi. “Sono appena stata a casa tua...”
“Ah... abbiamo avuto la stessa idea” disse abbozzando un sorriso. Non sapeva come comportarsi, glielo si leggeva in faccia.
“Su, entra” lo invitai aprendo la porta.
Mi seguì in cucina sedendosi al bancone.
“Mi dispiace per quello che é successo ieri” disse fissandomi. “Non dovevo impicciarmi dei tuoi affari”.
Scossi la testa “non si tratta di quello... è solo che sono ricordi molto dolorosi di cui non parlo con facilità”.
“Capisco...”
“Prima o poi te ne avrei parlato... ma non pensavo succedesse così. Sono sicura che Alan l’abbia fatto in buona fede; ha visto un punto di svolta per la vostra situazione e l’ ha colto...”
“Già... e a proposito ti porge le sue scuse”.
Sorrisi “le accetto volentieri”.
Restammo in silenzio per un po’; era la prima volta che nessuno dei due non sapesse cosa dire.
“Megan...”
Era raro sentirlo pronunciare il mio nome.
“volevo dirti che non sei obbligata a raccontarmi del tuo passato adesso; insomma anche io ho i miei segreti... quindi parlamene quando ti sentirai pronta... ok?”
Quest’uomo era il mio angelo, pronto a confortarmi quando più ne avevo bisogno.
Annuii senza distogliere lo sguardo dal suo.
“Che ne dici di andare a fare un giro?” chiese sfiorandomi la guancia.
“Si, è quello che ci vuole”.
Girovagammo in macchina senza una meta precisa per un bel po’; sapevo solo di essere con lui, e questo mi bastava.
Ero stanca di starmene per conto mio, non volevo più sentirmi sola. Ian era la persona a cui avevo deciso di aprire di nuovo il mio cuore...
“Non mi va di tornare a casa stanotte” buttai lì di colpo.
Ian mi guardò un attimo, perdendo la sua solita calma per pochi secondi.
“Portami a casa tua” esclamai fissandolo dritto negli occhi.
“Sei sicura?” chiese “sai che poi non potrò fermarmi...”
“Lo so...”
“Va bene allora”.
Avevo dato retta alla ragione per fin troppo tempo; adesso volevo lasciarmi andare.
Ian parcheggiò nel vialetto e mi fece strada; aprì la porta e accese le luci.
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese togliendosi il giubbotto di pelle e lanciandolo sullo sgabello.
“Una birra andrà bene” risposi imitandolo.
Si diresse al frigo e ne prese due, le aprì per poi porgermene una.
Bevvi una lunga sorsata, mentre i nostri sguardi si incatenavano.
Mi sentivo sicura di me come mai prima, mentre con passo lento andavo a sedermi sul divano.
Lui mi seguì senza mai togliermi gli occhi di dosso.
Bevvi ancora prima di poggiare la bottiglia e inginocchiarmi per arrivare alla sua stessa altezza. Infilai entrambe le mani tra i suoi capelli e lo baciai.
La sua bocca era calda come sempre; le nostre lingue si attorcigliarono immediatamente mentre con le mani vagava su tutto il mio corpo.
Mi sollevò posizionandomi a cavalcioni su di lui. La mia mente iniziò ad annebbiarsi, perdendo sempre più lucidità. I suoi baci infuocati e le sue mani mi provocavano un piacere indescrivibile. Sentivo il suo corpo muscoloso irrigidirsi sotto di me; teso come una corda di violino.
Senza rendermene conto mi ritrovai senza camicetta; le sue labbra sul mio collo a lasciare baci e piccoli morsi. Stringevo la sua nuca come a volerlo sentire ancora più vicino a me.
“Piccola...” ansimò sfiorandomi lo sterno “non riesco più a trattenermi”.
“Allora non farlo...” sussurrai mordendogli il lobo dell’orecchio.
Un ringhio gutturale uscì dalla sua gola e nel momento in cui i nostri sguardi si incrociarono lessi tutto il desiderio che gli ardeva dentro.
Era come un animale in gabbia che ruggiva per uscire fuori.
Tremai dal piacere pregustando quello che sarebbe seguito.
Mi sollevò senza nessuna fatica; le mani a stringermi il sedere mentre gli allacciavo le gambe ai fianchi, continuando a baciarlo.
Attraversò il corridoio senza neanche accendere le luci e diede un calcio alla porta che doveva essere quella della sua camera da letto.
Mi poggiò sul materasso, calciò via gli stivali e con entrambe le mani si tolse la t-shirt, dandomi una perfetta vista sul suo petto muscoloso.
Istintivamente mi leccai le labbra. Era mio... Solo mio.
Come una belva affamata si gettò su di me, le sue mani vagavano sulle mie gambe, sollevandomi la gonna.
Ero in completa estasi.
Cercò di sbottonarla, ma nessuno dei due aveva così tanta pazienza da fare le cose per bene. La tirò talmente forte da far saltare via il bottone prima di sfilarla via.
Io lo fissavo, incapace di formulare un qualsiasi pensiero logico. Sentivo solo il suo calore, la sua bocca, le sue mani, il suo corpo premere contro il mio.
“Sei stupenda...” sussurrò mentre passava la lingua intorno al mio ombelico.
“Ian” esclamai strattonandolo per i capelli. Non riuscivo più ad aspettare, così gli sbottonai i jeans e li tirai giù.
L’avevo già visto nudo, ma adesso appariva ancora più maestoso.
Mentre si sistemava sopra di me mi guardò negli occhi e con una mano mi accarezzò dolcemente il viso.
“Se c’è qualcosa che non va o se ti faccio male dimmelo subito, ok?”
“Si” ansimai. Incredibile come potesse essere così dolce in quella situazione.
Il mio busto e la mia testa si inarcarono istintivamente, mentre ancoravo le unghie alla sua schiena. Probabilmente gli avrei lasciato i segni, ma in quel momento non me ne importava.
Ian era rude, selvaggio; ma anche delicato e attento ad ogni movimento che faceva, come se avesse avuto paura di rompermi.
Lo strinsi in un lungo abbraccio, per fargli capire che era tutto ok, sperando di non doverlo lasciare mai. Lo amavo più dell’aria stessa...
Il mattino seguente aprii gli occhi mentre qualcosa mi solleticava.
Ero sdraiata a pancia in giù e Ian mi accarezzava la schiena dall’alto verso il basso.
Abbozzai un sorriso “Buongiorno”.
“Altroché se lo é” esclamò lui soddisfatto.
Arrossì di colpo nascondendo il viso tra i cuscini e tirando le lenzuola fin sotto il mento.
“Non coprirti...” sussurrò serio “sei bellissima”.
L’intensità con cui lo disse mi toccò l’anima. Abbozzai un sorriso, incapace di rispondere.
“Che cosa mi hai fatto piccola streghetta dai capelli rossi?” domandò attorcigliandosi una ciocca dei miei capelli tra le dita. “Non faccio altro che pensarti”.
“Succede anche a me” risposi accarezzandogli il viso.
Ian socchiuse gli occhi e fece un respiro profondo, poi li incatenò ai miei “ti amo” disse senza distogliere lo sguardo.
Rimasi di sasso dallo stupore; mai mi sarei aspettata una confessione del genere da lui.
Gli afferrai il viso tra le mani mentre calde lacrime mi rigavano le guance “ti amo, stronzo” dissi ripensando a tutto quello che avevo passato a causa del suo carattere che tanto mi aveva attratto fin dal primo incontro.
Ian rise di gusto stringendomi a sé; ero una bambolina alla mercé di un gigante.
Inspirai a fondo, imprimendo il suo odore nella mia mente. Al mondo non c’era profumo migliore del suo.
“Hai fame? Vuoi fare colazione?” chiese. In quel momento ricordai... “che ore sono? Devo andare a lavoro!” mi alzai di colpo cercando di recuperare i vestiti sparsi in giro per la stanza.
Ian rise “torna qui, ci ho pensato io...”
“Come?” chiesi bloccandomi.
“Ho chiamato Chris poco fa, ti copre lui per oggi”.
“Ma come farà a...” non mi fece finire la frase.
“Ha detto che ci pensava lui, quindi fidati, no?”
Non avevo idea di come avrebbe fatto; non volevo nemmeno causargli problemi, così gli inviai un SMS.
“Come farai a coprirmi?”
Aspettai la risposta che arrivò velocemente.
“Dirò che sei a casa con un febbrone da cavallo, ovviamente io dovrò farti da infermiere per cui oggi me ne starò comodamente a casa tua”.
Sorrisi digitando un nuovo messaggio.
“Sicuro che non ti metterai nei guai?”
“Sta tranquilla, solo non farti vedere in giro per oggi, altrimenti salta tutto”.
“Ricevuto, grazie”.
“Mi devi un favore” rispose con un emoticon che faceva l’occhiolino.
“Tutto sistemato” dissi rivolgendomi a Ian.
“Ottimo. Ora torna qui” disse allargando le braccia.
Sorrisi gettandomi su di lui, che mi abbracciò stringendomi al suo petto.
Ero in paradiso; finalmente mi sentivo completa.
  
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