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Autore: melianar    06/02/2019    1 recensioni
Sul letto di morte e con solo il figlio Palantir al fianco, Gimilzôr si aggrappa disperatamente alla vita.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ar-Gimilzôr, Tar-Palantir
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non fanno che parlare, tutti quanti. Cortigiani, servi, guaritori.

Come se io non ci fossi, come se non sentissi.

Voci. Maledette voci.

Si conficcano nella testa, come lame. E fanno male, così male.

Vorrei che tacessero, tacessero per sempre.

Potrei ordinarglielo, se volessi.

Perché io sono Ar-Gimilzôr.

Sono il re di Anadûnê.

E loro mi obbedirebbero.

Non parlerebbero più, mai più, se volessi.

Ma non riesco.

Perché le parole, vedi, io non le ritrovo.

Sono incastrate qui, da qualche parte, tutte insieme. Non mi obbediscono più.

Niente mi obbedisce più.

Non la mia lingua, con cui una volta pronunciavo parole che facevano tremare perfino gli immortali cugini d’Occidente.

Non le gambe, le mie gambe forti che percorrevano miglia e miglia senza stancarsi mai.

Non mi obbediscono le mani… Lo senti? Senti come trema la mia mano?

Se solo smettesse di tremare, allora sì che potrei stringere la tua. Potrei anche spezzarla, impedirle per sempre di impugnare lo scettro, se volessi.

Perché io sono Ar-Gimilzôr.

Sono il re di Anadûnê.

E tu, tu mi hai tradito.

Inziladûn.

Ecco, lo ricordo, il tuo nome.

Il tuo nome che sulle mie labbra diventa un gemito spezzato, orrendo.

Non voglio, non voglio sentirlo.

Ammira, figlio mio, la bontà delle tue amate Potenze, del tuo stramaledetto Padre di Tutto.

Lasciano un re in balia di un corpo ribelle, ingovernabile. E ridono, dall’alto dei loro troni immacolati.

Ridono.

Li sento continuamente. Di giorno, di notte. Il Padre di Tutto e i suoi schiavi d’Occidente.

Mi chiamano. Mi rubano il respiro.

Mi conficcano artigli nei polmoni e io vorrei urlare, ma non posso.

Non cederò ai loro ricatti, alle loro false lusinghe.

Nessuno dà ordini a un re.

Nessuno può costringermi a morire.

Perché io sono Ar-Gimilzôr.

Sono il re di Anadûnê.

E non farò come tua madre, lei che era ancora così giovane. Così bella. Così forte.

Ed è morta con il sorriso sciocco di chi crede a una favola.

Di chi si aspetta un dono e invece… E invece?

Cosa mi aspetta, Inziladûn? Che cosa?

Nemmeno tu lo sai, giusto?

Nemmeno tu, con il tuo sguardo compassionevole e le tue vuote parole di conforto.

Vattene. Non è te che voglio.

A che ti serve tenermi la mano? A che ti serve guardarmi morire? Provi forse piacere nel sentire la vita sfuggirmi?

Oh sì, so quanto mi disprezzi.

Hai sempre preferito il Padre di Tutto, a tuo padre. Al padre che ti ha generato, che ti ha amato.

Non come Gimilkhâd. Il mio fiero, saggio Gimilkhâd.

Perché non è qui, adesso?

Perché non è lui a tenermi la mano?

Perché non sono le sue lacrime a bagnarmi il volto?

Lo hai forse allontanato con qualche pretesto?

Certo, riconosco ancora i tuoi subdoli inganni.

Inziladûn, il buon figlio devoto, dirà il popolo. Inziladûn che è rimasto accanto al re suo padre fino alla fine.

E non è fuggito davanti ai gemiti incoerenti, alle mani tremanti, all’odore pesante di morte.

Lo senti, Inziladûn?

È tutt’attorno, tutt’attorno a noi.

A me, e anche a te.

Perché anche la tua mano lascerà la presa sullo scettro, un giorno.

E allora sarai solo, Inziladûn.

Solo, mentre tua figlia camminerà sulla polvere dei tuoi sogni infranti.

Prenditi pure lo scettro, ora, goditi l’ebbrezza fugace del potere.

Ma sarà Gimilkhâd, alla fine, a trionfare davvero.

Oh sì, con quale chiarezza lo vedo!

Perché io sono Ar-Gimilzôr.

Sono il re di Anadûnê.

 

Note

 

Ho scritto questa storia nel lontano 2016, quando grazie alle lunghe chiacchierate con Kan e Tyel il mio interesse per Númenor si andava risvegliando.

Se ora mi sono decisa a farla uscire dal cassetto è solo grazie a ValarauKan (cit. Losiliel) cosa non riesce a fare una frusta di fuoco! XD

Che dire? Morte e Númenor per me sono un connubio irresistibile e credo che il caro Gim rappresenti perfettamente il sentire numenoreano degli ultimi secoli, secondo cui la morte non è più percepita come un dono da accettare con serenità e alla vita ci si aggrappa fino alla fine con le unghie e con i denti.

Potrei sproloquiare molto a lungo a riguardo, ma la chiudo qui: grazie a tutti per aver letto, ci si rivede presto!

 

Melianar

  
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