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Autore: kurojulia_    06/02/2019    0 recensioni
Yuki ringhiò, stringendo i denti in una morsa dolorosa. Dannazione. L'unica cosa che potevano fare – l'unica che avesse un po' di senso, per lo meno – era quella di levare le tende. Eppure, la sola idea di lasciarli continuare a vivere, impuniti, la faceva impazzire come il più spregevole dei demoni. Se fosse dipeso da lei, sarebbe rimasta nella neve fin quando essa non le avesse raggiunto le ginocchia, e avrebbe continuato ad ucciderli. Fino all'ultimo.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18.




Ryuu si stava rigirando tra le mani la chiave della stanza in cui avevano chiuso Yuki Akawa. La chiave, usurata dal tempo e macchiata di ruggine, sembrava molto pesante sul palmo ed emanava un forte odore di ferro. Ryuu la fissò allungo e poi la strinse fra le dita con forza, come se stesse provando a distruggerla.
Dopo quella amichevole chiacchierata, Ryuu aveva pensato, per un motivo che non capiva lui stesso, di farla uscire da quella stanza – chiusa e tappezzata come una scatola – per cambiare un po' d'aria.

Andiamo, lui non la odiava. Sinceramente non provava nulla. Per cui, che senso aveva farle passare un'agonia?

Ma Juri non era affatto convinta.

«Ma cosa ti importa se la signorina non si trova comoda?», con tono acido, aveva enfatizzato la parola "signorina" e si era seduta sul bordo del letto. Finalmente non doveva più indossare quella divisa e poteva tornare ai suoi bei abiti, femminili e merlettati, di buona fattura come piacevano a lei. Era stufa marcia di di quel gonnellone nero e il grembiule bianco.

«Niente, non mi importa niente», ribatté Ryuu, aggrottando la fronte. «Dico solo che non ci costa niente farle prendere un po' aria. Non credo proprio che sia un problema così grande».

«Ah, no? Ryuu, sentimi un po'», Juri tirò un sospiro esasperato, tenendosi la tempia fra l'indice e il medio. Non riusciva a credere che il suo compagno non ci arrivasse da solo. «Sai cosa succede se apriamo quella porta? Lei ci ammazza. Ecco cosa succede. Ci ammazza. E poi scappa, a gambe levate».

 

Ryuu rimase in silenzio, soppesando le parole della vampira. Lei sembrava sicura al 100% delle sue parole e, beh, c'era un fondo di verità abbastanza ovvio. Ciononostante, Ryuu faticava a pensare che quella mezzosangue li avrebbe semplicemente uccisi sul posto – se lo sentiva, a pelle; avevano passato poco tempo insieme, il giusto per portare a termine il loro compito, ma gli aveva trasmesso quella sensazione.

Il vampiro chiuse le labbra e alzò le spalle.

 

 

Il loro padrone, il loro signore – il loro creatore era Alyon Akawa. Lui gli aveva affidato quella missione: introdursi nella residenza e rapire la primogenita. Alyon non si era prolungato nei dettagli perché, fino a prova contraria, Ryuu e Juri non avevano il diritto di controbattere le sue decisione e men che meno di contrastarle. Tutto ciò che dovevano fare era ascoltare e ubbidire.
Alyon voleva parlare con Yuki di chissà cosa, ma non poteva farlo se attorno a lei c'era tutta quella squadra di bodyguard – questo aveva detto ai due vampiri e questo bastava ad entrambi. Non aveva certo chiesto di uccidere qualcuno o di fare azioni altrettanto ignobili.

«Solo un innocente rapimento», mormorò Ryuu, guardando verso le ginocchia di Juri, seduta di fronte a lui.

«Che?», sbottò la vampira. Sbuffò, roteando gli occhi, e si alzò in piedi. «Ryuu, ma dimmi una cosa: non sei contento di come stanno andando le cose?».

Ryuu si riscosse dai suoi pensieri. Se era contento? Lentamente, sollevò lo sguardo per puntarglielo addosso. «Sì», rispose, senza una vera e propria espressione. «Sì, sono contento».

«Ecco, sarà meglio, perché sei stato proprio tu a decidere di diventare un vampiro e io... ».

«E tu non volevi abbandonarmi a me stesso», disse Ryuu, sorridendo.

Juri annuì. «Non volevo e non potevo. Il mio dovere è quello di starti accanto, per tutta la vita».

«Per tutta la vita, eh? Juri... stai ancora continuando con questa storia?».

 

Ma la vampira non rispose mentre un luccichio animava il colore dei suoi occhi. Fece un passetto in avanti e si infilò nello spazio del giovane uomo. Piegò la schiena e appoggiò le labbra su quelle di Ryuu. Nel silenzio della stanza, si sentì un leggero e delicato schiocco.
Juri aveva chiuso gli occhi, ma non Ryuu – no, lui aveva aperto i propri e poi, dentro di sé, aveva sospirato.
Juri si allontanò, l'ombra di un sorriso sulla bocca, le guance un po' arrossate. «Ci vediamo dopo, okay? E non fare stupidaggini, te ne prego», velocemente, aveva aperto la porta ed era uscita dalla camera.

 

Ryuu aveva seguito i suoi movimenti con lo sguardo e quando era uscita, aveva premuto due dita contro le proprie labbra, scuotendo la testa. Faceva sempre così.
Non erano una coppia in senso sentimentale, si conoscevano da tanto – tanto, tanto – tempo e lui sapeva che Juri era innamorata di lui – lei gli aveva confessato i suoi sentimenti.
Ryuu non rifiutava i suoi baci – e non c'era mai stato altro – o i suoi abbracci, perché... perché?

Non sapeva ancora cosa provava per lei, ma sapeva di volerla proteggere.

«Ma che senso ha pensarci adesso?», si chiese, mentre anche lui lasciava il letto su cui si era seduto.

 

 

Quella era diventata la loro stanza quando il signor Alyon aveva deciso di andare a sistemarsi in quella casa: la stessa in cui aveva vissuto con la sua famiglia e la signora Kazumi.

Avevano bisogno di un posto dove stare e quello era il migliore – oltre all'unico disponibile – su tutti i punti di vista; una grande villa con numerose stanze e finestre, di carattere barocco, che si divideva in sotterranei, piano terra e piano superiore. Alle spalle della casa, c'era una grande serra per farfalle, ormai in disuso da secoli.
L'interno della casa era ormai ridotto al collasso più totale. I vetri delle finestre erano ricoperti di polvere, gli angoli degli infiniti corridoi tappezzati di ragnatele e se tendevano le orecchie potevano sentire i topi attraversare le tubature e le pareti stesse.
La cucina, al loro arrivo, era piena di cibo – ammuffito – ma nei sotterranei c'erano sacche di sangue e corpi conservati in una sorta di obitorio.

Oh , i vampiri e i demoni della vecchia scuola ci tenevano alla loro alimentazione.

 

La stanza stessa di Ryuu e Juri non era messa molto bene. Aveva due letti, singoli, separati da un piccolo comodino con sopra un abat-jour di ceramica, bianco, con dei fiori disegnati sopra. Sarebbe stato carino, se solo non fosse diventato la casa di un paio di ragni.

Ryuu uscì dalla stanza. Appena fuori, si apriva un lungo corridoio di fronte e uno a destra, breve, che si concludeva con una porta – sinceramente non si ricordava ancora la planimetria.
Prese il corridoio a destra e sorpassò la porta, sbucando in un altro corridoio. Cercando di fare mente locale, continuò a percorrere la strada, passando da una porta all'altra, fin quando non raggiunse un'altra a due ante; la aprì con fare scocciato, entrando in una grande stanza. Lì dentro, sulla parete di fronte, c'era solo un'altra stanza e tre finestre sul muro a destra.

La fissò per qualche istante, tentennando. Forse era proprio una cattiva idea. Forse avrebbe dovuto girare i tacchi e basta.

Ciononostante, si appoggiò alla superficie della porta, mettendoci contro l'orecchio – ignorando la vocina che gli dava dell'idiota. Non si sentiva niente, se non un respiro regolare e leggero. Forse stava dormendo... d'altronde, si era arrabbiata parecchio durante la loro chiacchierata, e aveva usato i suoi poteri a sproposito.
Dubito che volesse mettersi a dormire, deve aver cercato di rompere qualcosa, pensò Ryuu, ora che ci penso, sono almeno sei ore che sta nel totale buio.

Persino per una creatura sovrannaturale, dopo un po' di totale oscurità, la cosa cominciava a diventare pesante. Figurarsi sei ore.

 

Lentamente, Ryuu allontanò la testa dalla porta e cercò la chiave nella tasca del pantalone, toccandola con la punta delle dita. Senza ulteriori indugi, infilò la chiave nella toppa della serratura e fece un giro verso destra. La porta emise un suono quando la serratura fu sbloccata e cigolò rumorosamente mentre si apriva.
Davanti ai suoi occhi, il vampiro vedeva solo un salotto spoglio – e un divano capovolto. Sì, doveva essersi arrabbiata molto, ma forse non aveva effettivamente provato a scappare, il ché era strano.

Ryuu fece un passo all'interno, facendosi risucchiare dall'oscurità.

Ma lì... non c'era nessuno.

Oh no. Oh, no no no... , quello sì che era un problema. Se quella ragazza era fuggita, il signor Alyon non ne sarebbe stato contento. No, accidenti, doveva trovare Juri e–

 

«Fermo lì», disse una voce femminile. Ryuu rimase immobile, gli occhi puntati davanti a sé, verso la parete di vetro plastificato. Sentì i suoi passi, ammorbiditi dalla moquette, l'aria spostarsi mentre si muoveva.
Il vampiro non osava muovere una falange, il respiro gli si era fermato in gola. All'improvviso, accanto a lui, una forte luce si espanse come un fuoco fatuo.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Yuki Akawa era uscita dall'angolo dietro la porta e dalla sua mano scariche elettriche si diradavano come serpenti. Ad un passo di distanza, la mezzosangue teneva il palmo aperto, mentre col piede destro spinse la porta per accostarla.
«Certo che sei proprio stupido», disse. «Oppure molto depresso. Dammi la chiave. Ti ho sentito mentre la usavi».

«Aspetta», disse Ryuu. Alzò le mani, tenendole in alto in modo che lei potesse vederle chiaramente. «Io volevo solo farti prendere un po' d'aria».

«Un pensiero molto carino dopo tutte queste ore. Grazie tante. Come se avessi accettato». Yuki fece un passo in avanti, tenendo più dietro il braccio ormai pregno di elettricità.

No, non poteva lasciarla scappare o chissà cosa sarebbe successo a lui e Juri.

 

Tutto ad un tratto, Ryuu ruotò di scatto, alzando la gamba per sferrare un calcio verso di lei – ma Yuki si era già abbassata, aveva afferrato la sua caviglia e stretto le dita piene di elettricità sulla sua gamba. Un urlo di dolore partì dalla bocca del vampiro mentre tutto il suo corpo veniva trafitto da migliaia di aculei.

Yuki lasciò la sua caviglia e il vampiro cadde a terra con un tonfo. «Ci hai provato, te lo concedo», soffiò l'albina; si rialzò in piedi, per avvicinarsi all'uomo e guardarlo in faccia. Aveva gli occhi semiaperti, la bocca socchiusa e un tic continuo lo faceva sussultare.

Yuki lo fissò con freddezza. Nelle iridi non c'era altro che gelo – se l'era meritato.

A quel punto, senza indugiare ancora, gli diede le spalle per avvicinarsi alla porta, ma quando mosse il primo passo sulla moquette, si sentì afferrare il tacco dello stivale. L'albina si voltò in uno scatto di rabbia, digrignando i denti e mostrando un paio di canini aguzzi. «Sei insistente».

«Aspetta», ansimò il vampiro. «Aspetta un... attimo».

«Ne vuoi ancora?».

«No, devi.. devi ascoltarmi. La tua amica. La tua amica ce l'abbiamo noi... ».

 

Al suono di quelle parole, il colore rosso comparve al posto del dorato; lei si buttò sulle ginocchia e afferrò il bavero della maglietta dell'uomo, sollevandolo da terra. Faccia a faccia, il suo viso era quanto più simile a quello di un demonio. «Dove».

«Io non... ».

«Dove. Se non vuoi che ti ammazzi seduta stante, dimmi dove».

Ma Ryuu stava sorridendo, mostrando un accenno di denti. «Ti piacciono proprio... gli umani, eh?».

Yuki abbassò le sopracciglia sugli occhi. Stringendo la sua presa, lo spinse contro il pavimento, facendogli picchiare la schiena e la testa con forza – il vampiro cacciò un colpo di tosse e la voce gli morì in gola, sofferta dal dolore improvviso. «Parla. Non mi farò nessuno scrupolo ad ucciderti, sappilo».

Il vampiro respirava in modo irregolare, la vista gli si faceva opaca. Aveva fatto una stupidaggine enorme. Non avrebbe dovuto andare lì. Ma non poteva lasciare che lei fuggisse e in qualche modo... Yuki Akawa doveva rimanere in quella villa perché così aveva voluto il signor Alyon.
Allora Ryuu aprì meglio gli occhi e prese le mani dell'albina, stringendole nel tentativo di staccarsele di dosso. Era assurdo, quella ragazza avrebbe dovuto essere sfinita, a quel punto, eppure aveva una forza inimmaginabile.

 

Ryuu sbuffò dalle narici, cercando di allontanarla – mentre sentiva le vene sul suo collo ingrossarsi. «Perché tanta fatica per un essere umano?», tartagliò.

«Come fai a dire una cosa del genere?», esclamò lei. «Eri un umano anche tu, idiota».

«Non l'ho voluto io. Non volevo nascere come un... », si abbandonò alla sua morsa, tenendo le mani intorno ai suoi polsi. Come una bambola rotta, la testa ciondolò verso il pavimento. «... come un umano, un'insulsa creatura che non riesce a fare niente se non arrecare dolore. Io non volevo nascere così. Volevo solo essere forte e libero, per poter vivere la vita come meglio credevo. Insieme a Juri».

«E cosa c'entro io? O la mia amica? Cosa c'entriamo noi?».

«Voi non c'entrate niente».

«Allora dimmi dov'è!», urlò Yuki.

 

 

Ryuu spalancò gli occhi.

Nel profondo, il vampiro sapeva che non erano tutti così male. Un po' lo sapeva, eppure... lui voleva solo difendere se stesso e la sua Juri, tutto qui.
Per un attimo pensò di mollare tutto. Di lasciarla scappare, prendere Juri e fuggire via lontano, cosicché non dovessero più sottostare agli ordini di quell'uomo; li aveva accolti, era vero, li aveva trasformati quando loro gliel'avevano chiesto, era vero anche questo. Ed era stato anche gentile con loro.

 

Ma poi, basta.

 

 

«Ti è tornata la memoria?», sbottò la mezzosangue. «Dov'è la mia amica? Tu devi dir– ».

Yuki si fermò, come se avesse visto un fantasma; la presa al bavero si allentò tanto che Ryuu riuscì ad alzare parte della schiena, guardandola con sconcerto.
La vide mentre si portava una mano alla bocca e l'altra
alla gola – si piegò su stessa e tossì sangue sulla moquette. Improvvisamente, una copiosa colata di sangue fuoriuscì dalle sue labbra, ricoprendo il mento come una cascata.

Con la mano alla gola, la mezzosangue continuò a tossire, un colpo dopo l'altro, cercando di non strozzarsi nel suo stesso sangue – che accidenti le stava succedendo?

 

Il dolore che stava sentendo, l'affanno mentre cercava di respirare e mandare giù il sangue che affollava la sua gola – si buttò a terra, premendo la fronte sulla moquette, senza smettere di tossire bile di sangue.

 

 

Ryuu allora ne approfittò, spostandosi velocemente da quel punto e cozzando il collo contro il tavolino – mentre, finalmente, si rendeva conto che la porta era aperta e Juri stava sulla soglia, immersa nella luce del corridoio. Con una mano tesa verso Yuki Akawa, e i suoi occhi rossi e famelici.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Oseroth, Takeshi e Tetsuya stavano guardando la porta come se essa fosse l'entrata all'Inferno. Anche dopo che si era aperta, tutti e tre non si erano mossi di un centimetro, rimanendo fermi ai loro posti. Oseroth aveva tolto la mano da quella della sirena ed era uscito dalla vasca della fontana, scavalcando il parapetto. Lui e Takeshi si erano quindi avvicinati a Tetsuya, che era qualche metro più in là; salirono gli scalini che precedevano l'entrata e raggiunsero la grande e imponente porta di ferro.

Adesso che era aperta, potevano vedere bene o male cosa ci fosse all'interno.

Agli occhi di Takeshi quello non era altro che l'inchiostro più nero.

 

Dall'interno di quella casa – o meglio, dalla tomba di una gloriosa casa –, giungeva un vento freddo e sibilante, come la voce di un fantasma. Tetsuya sollevò il volto, osservando le finestre dai vetri rotti e le tende strappate e logore. «Questa villa non è stata abitata da molto tempo», osservò il vampiro. Abbassò il viso, rivolgendosi ad Oseroth. «Dopo che Kazumi è andata via, non ci ha vissuto più nessuno?».

«Kazumi mi aveva raccontato che i suoi genitori erano ancora in questa casa quando lei la lasciò. Dubito tuttavia che siano rimasti poi molto allungo».

«Che ragioni avevano per andarsene?», chiese Takeshi.

Oseroth non rispose. Si limitò a guardare la facciata della villa, con uno sguardo che non lasciava presagire nulla di buono.

 

 

Dopo essersi assicurati di non essere seguiti da nessuno, i tre entrarono dentro. Mettendoci un po' di forza erano riusciti ad appannare la pesante porta di ferro, rimanendo immersi nel buio. Takeshi aveva messo mano al coltello che teneva infilato nei passanti della cintura – ancora una volta, la consapevolezza che quelle armi erano inutili si affacciò nella sua testa. Tuttavia, era sempre meglio che rimanere del tutto disarmati.
Per il momento, pensava di poterlo lasciare nella cintura.

«Noi», esordì Oseroth, a voce molto bassa. «non riusciamo a rimanere per molto tempo nello stesso posto. Ci annoiamo in fretta».

Takeshi sollevò lo sguardo, trovando la schiena del demone di fronte a sé. «Mi sembra... giusto».

 

L'interno era gigantesco, più grande di qualsiasi casa il ragazzo avesse mai visto. Faceva parecchia fatica a distinguere qualsiasi cosa in quel fitto buio, ma riuscì almeno a distinguere l'assenza di mobilio – d'altronde, era una casa disabitata.
Si apriva un ampio atrio polveroso e in fondo ad esso un secondo cancello di ferro, da cui si intravedevano dei gradini; ad entrambi i lati della cancellata c'erano delle scale rettilinee, forse un tempo in legno, a cui mancavano svariate assi. Queste portavano al piano superiore, che da quel punto Takeshi non riusciva a vedere.
Tutto intorno c'erano svariate porte e corridoi che imboccavano in tetre vie – e potenzialmente pericolose.

«Da dove iniziamo?», disse Tetsuya, mentre si guardava intorno.

«Questo posto è enorme, potremmo provare a dividerci», propose Takeshi.

«No. È meglio stare insieme. Se disgraziatamente incroci qualcuno di loro, per te è la fine». Oseroth alzò il volto, verso il rosone che spiccava in alto. «Se fossi Alyon, dove rinchiuderei mia nipote?».

«La mia pericolosa, ribelle e violenta nipote, vuoi dire?», disse il vampiro biondo.

Oseroth aprì gli occhi. «Giusto, esatto. Pericolosa, ribelle e violenta. Fossi in lui, la lascerei in un posto resistente e ben nascosto».

«E difficile da trovare, persino per i miei complici», continuò Takeshi, annuendo – un ululato di vento gli fece socchiudere gli occhi; paradossalmente, in quel modo, la sua vista si era fatta abbastanza acuta da permettergli di vedere qualcosa in fondo, oltre la cancellata. «E quello cosa– ».

«Sta arrivando qualcuno, dobbiamo nasconderci».

 

Più veloci della luce, i tre si erano allontanati dal portone per infilarsi nel corridoio alla loro sinistra. Takeshi si piegò, appoggiando un ginocchio a terra e le spalle contro la parete, mentre gli altri due tendevano le orecchie per ascoltare.

Tap, tap, tap.

Il suono di quei passi era continuo come una cantilena. Riecheggiavano lugubri. Takeshi si sporse leggermente oltre l'angolo. Non ci vedeva ancora bene, ma sembrava un uomo. Senza dire niente, guardò Oseroth e Tetsuya e gli fece un cenno d'assenso.
A quel punto, entrambi uscirono dall'angolo in uno scatto fulmineo, e il nemico sobbalzò per la sorpresa; il biondo gli corse incontro fino a balzargli addosso, buttandolo a terra di peso. Il nemico sollevò un braccio per afferrare la gola di Tetsuya, ma Oseroth gli calciò il braccio, rompendolo come un ramo secco, e si piegò sulle ginocchia. Con un colpo deciso ruppe il collo dell'uomo.

A quel punto, Takeshi uscì dal corridoio e si avvicinò al corpo morto – quando gli fu vicino, ebbe un attimo di esitazione. Quell'uomo era appena morto, il suo cadavere era caldo come se fosse vivo.

Giusto. Loro uccidevano... si uccidevano tutti, a vicenda, e non potevano mostrare debolezze se volevano sopravvivere.

 

Socchiuse le palpebre e inspirò profondamente. Si piegò sulle ginocchia e cominciò a tastare il cadavere, cercando nelle tasche del pantalone, della giacca. Niente. «Non ha niente di rilevante, addosso», disse, rimettendosi in piedi.

«Buona idea perquisire», disse Tetsuya. «Stai bene?».

Takeshi serrò le labbra. «Sì, è tutto okay».

«Non c'è tempo da perdere», tagliò corto Oseroth. Ai loro piedi, il corpo si stava dissolvendo in polvere – era un demone, appurò Takeshi, guardando i granelli del suo organismo confondersi con le ragnatele. Oseroth ruotò i piedi verso la cancellata, da cui adesso arrivava una luce bianca che, a contatto con le pareti di pietra, creava un bagliore bluastro. «Proviamo da quella parte. Se volessi rinchiudere mia figlia, un posto come la cripta di famiglia sarebbe la mia prima scelta».

«Buono a sapersi», fece Takeshi.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

A pochi centimetri dalla porta, il corpo di Yuki era steso esanime, e del sangue che aveva tossito non c'era alcuna traccia. Juri, invece, era furiosa. La luce che giungeva dalle spalle della vampira era quasi accecante per gli occhi sbarrati di Ryuu.

Lui era ancora a terra, il collo contro il bordo del tavolino. La vampira dai capelli scuri si era piegata sulle ginocchia. «Cosa ti diceva la testa?», urlava, strattonandolo dal colletto della maglietta. «Cosa?! C'è un motivo se ti ho detto di non farlo! Perché lei ti ammazza, hai capito?!».

Ryuu guardò il corpo esanime dell'albina come se volesse attraversarlo con lo sguardo – poi, lentamente, tornò dalla sua compagna. «Juri», disse, a fior di labbra. «Andiamo via da qui».

Juri aprì la mano, aprendo gli occhi. «Che? Ma che stai–... ».

«Fuggiamo. Io e te. Andiamo via da qualche parte, purché sia lontano da tutto questo». Ryuu si sollevò da quel punto, rimettendosi lentamente in piedi. Prese Juri dai gomiti, facendola alzare con gentilezza – quando furono faccia a faccia, lui la guardò negli occhi. «A me non importa di niente, se non di te. Il mondo è enorme e noi siamo ancora... dai, siamo giovani. C'è tutto un universo da vedere e noi che facciamo? Seguiamo quell'uomo dovunque lui vada, dovunque ci dica di andare. Andiamo in Persia. Scozia, India, Francia. Dove vuoi, purché siamo solo tu ed io».

 

Juri si sentì le labbra tremare. Accanto ai loro piedi, però, c'era ancora Yuki Akawa.

Oh... perché gli venivano in mente certe idee, in un momento del genere? La vampira avrebbe davvero voluto, che so, infuriarsi per il suo pessimo tempismo – ma poi, alla fine, accettare. Però, tuttavia... lei non... chiuse gli occhi, riflettendo qualche istante.
Poi, puntò lo sguardo nocciola in quello di Ryuu. Il suo compagno. «Vabbene. Facciamolo», lui aprì le labbra in un grande sorriso, ma lei lo fermò, premendogli le mani sulle spalle. «Però, dobbiamo prima portare a termine questa... qualsiasi cosa sia. Finiamo questo lavoro, e poi ce ne andiamo dove vuoi. Affare fatto?».

«Affare fatto».

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Alyon camminava facendo su e giù. Di tanto in tanto, i suoi occhi ricadevano sulla nipote, sprofondata in uno stato d'incoscienza; era stesa su un letto di pietra, le caviglie e i polsi costretti da corde ben strette, la sua uniforme scolastica ormai pregna di polvere.


Avevano dovuto spostarla nella cripta molto prima del tempo.
Sì, la possibilità che lei si ribellasse o gli tirasse qualche tiro mancino, beh... era molto alta. Per questo si era tenuto pronto. Per fortuna, Juri e Ryuu erano stati abbastanza bravi – dopo che Ryuu aveva fatto un danno – da intercettare il suo tentativo di fuga, ed era andata bene.

La cripta di quella casa era avvolta da un'aria umida e fredda, pungente sulla pelle. Dopo che si superava la cancellata, si continuava per un lungo corridoio di pietra, finché non si raggiungeva un grosso portone, pesante e antico. Da quello si entrava nel fulcro della cripta: un'ampia stanza di forma circolare, vuota, costituita da qualche rialzo di cemento. Sulla parete in fondo, c'era una grossa pozzanghera d'acqua, e le uniche fonte di luci erano delle lanterne che proiettavano luci bianche e blu. Al centro di quel posto, un massiccio rialzo di roccia, che fungeva da altare.
Ed era lì che Yuki era sdraiata.
Alyon si avvicinò a quel punto, appoggiandoci le mani per sporgersi. «Quando dormi sei più bella», disse. «Decisamente molto di più». Piano, l'uomo piegò la schiena, avvicinando il suo viso sempre di più a quello della mezzosangue. Riusciva a sentire il suono flebile del suo respiro. Regolare, sottile.

 

A quel punto, Alyon sorrise ancora una volta, allontanando il volto dalla sua cara nipote. «Vedrai, ti piacerà stare al mio fianco. Come una vampira completa».

 

 

   
 
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