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Autore: Barbycam    19/07/2009    1 recensioni
Il 31 luglio del 1994, Elizabeth stava guardando il muro della sua camera, come ormai faceva sempre. Non le interessava andare a giocare con gli altri bambini, almeno, non il giorno del suo quarto compleanno. Nell’aria dell’orfanotrofio si sentiva odore di novità: lei lo sentiva prepotente. Non aveva neanche assaggiato il dolcetto che una delle operatrici le aveva dato, cantandole la canzoncina di tanti auguri. Non le era importato, ormai sapeva la data del suo compleanno anche se aveva solo quattro anni. Ormai si sentiva grande. Scese dal suo piccolo letto e si accovacciò sul tavolino, fissando intensamente il dolcetto con i suoi grandi occhi verdi. Dopo poco, decise che non doveva mangiarlo. Lo incartò e ci fece un fiocchetto sopra, sorridendo poco dopo soddisfatta del suo lavoro.
Barbycam torna con una nuova fic... sperando che vi piaccia ^^ kisses, Barby
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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A little piece of Heaven

 

Let’s make a new start

‘Cause everybody’s gonna die sometime

But baby don’t cry

You had my heart...

 

L’Heaven era sempre stato l’orfanotrofio più rinomato di tutta Berlino. Le grandi mura arancioni si estendevano per un centinaio di metri quadrati per ognuno dei tre piani, senza contare il giardino sul retro che comprendeva anche un laghetto ed una piscina, per far giocare i bambini.
La direttrice, la signora Mayer, era la donna più severa che i bambini e ragazzi che abitavano lì avessero mai conosciuto; non che avessero conosciuto molte donne in vita loro, ma certamente la signora Mayer era molto più severa delle operatrici che li aiutavano nei compiti o li accompagnavano a fare le gite.
Tutti avevano una divisa, nell’Heaven. La direttrice portava sempre una giacca blu scuro, una camicia celeste e dei pantaloni blu, con le scarpe nere. Camminava impettita per i corridoi dell’Heaven, rimproverando chi non rispettava le regole dell’orfanotrofio, e salutando le operatrici con aria superiore ma sempre elegante. Le operatrici, invece, avevano una specie di camicione bianco, fino alle scarpe da ginnastica, sempre bianche.
Per i bambini, era diverso. Erano divise in due fasce d’età, da quando si nasceva a quando si compivano i dieci anni, e dai dieci anni fino a che non si veniva adottati.
La prima fascia aveva gonna celeste e camicetta bianca, la seconda gonna nera e camicetta azzurra. 

Il 31 luglio del 1994, Elizabeth stava guardando il muro della sua camera, come ormai faceva sempre. Non le interessava andare a giocare con gli altri bambini, almeno, non il giorno del suo quarto compleanno. Nell’aria dell’orfanotrofio si sentiva odore di novità: lei lo sentiva prepotente. Non aveva neanche assaggiato il dolcetto che una delle operatrici le aveva dato, cantandole la canzoncina di tanti auguri. Non le era importato, ormai sapeva la data del suo compleanno anche se aveva solo quattro anni. Ormai si sentiva grande.
Scese dal suo piccolo letto e si accovacciò sul tavolino, fissando intensamente il dolcetto con i suoi grandi occhi verdi. Dopo poco, decise che non doveva mangiarlo. Lo incartò e ci fece un fiocchetto sopra, sorridendo poco dopo soddisfatta del suo lavoro.

<< Lizzie, vieni... devi scendere in salone! C’è una famiglia! >> le annunciò un’operatrice, entrando nella stanza.
Elizabeth non rispose, come sempre del resto, e prese in mano il pacchetto col dolcetto, dando poi l’altra mano all’operatrice. Entrarono nel grande salone, dove tutti gli orfani stavano chi giocando, chi parlando per i fatti propri. Elizabeth si sedette su una seggiola e cominciò a dondolare le gambe tranquillamente, tenendo con entrambe le mani il pacchetto e sorridendo di tanto in tanto.
Non le importava se tutti i bambini e ragazzi venivano messi in fila e fatti vedere alla nuova famiglia che aveva deciso di adottarne uno.
 
All’improvviso sentì una presenza accanto a sé, così si voltò di scatto, sgranando gli occhi verdi.
 
<< Ciao, io sono Bill! Tu come ti chiami? >> si presentò un bambino circa della sua età, con gli occhi castano scuro e i capelli biondi, come quelli della bambina.
 
Elizabeth inclinò la testa di lato, incuriosita. Non le avevano mai rivolto la parola così allegramente... le operatrici erano sempre così serie, ed i bambini volevano qualcuno con cui giocare, non qualcuno con cui stare in silenzio.
 
Bill fece una smorfia confusa, guardandola. << Non parli? >> chiese nuovamente, incrociando le braccia al petto.
 
Elizabeth rimase in silenzio. Qualcosa le diceva che era arrivato il momento di mangiare il dolcetto. << Vuoi assaggiare? >> chiese, scartando la carta azzurra e staccando un pezzo del dolcetto.
 
Il bambino annuì e le prese il pezzo dalle mani, mettendolo subito in bocca. << È buono! >> sorrise allegramente, assaporando quel pezzetto al cioccolato.
 
<< Io mi chiamo Elizabeth. >> rispose la bambina, assaggiando anche lei un pezzo del dolcetto.
 
<< E quanti anni hai? >>
 
<< Quattro! >> rispose orgogliosa. << Oggi quattro! >> ribadì, sorridendo. << Tu? >>
 
Il bambino gonfiò il petto e fece un sorriso ancora più largo della bambina. << Io ne ho cinque! >> annunciò, annuendo.
 
<< Davvero? E quando li hai fatti? >> chiese Elizabeth stupita.
 
<< Devo farli l’1 settembre! >> ridacchiò il bambino, guardandola intensamente negli occhi.
 
<< Allora anche tu hai quattro anni! >> constatò Elizabeth, sorridendo radiosa.
 
Bill la fissò un attimo, studiando i contorni del suo viso. I capelli biondo cenere le cadevano lunghi sulle spalle, mentre gli occhi verdi erano brillanti, ma anche stanchi di brillare. << Tu ce l’hai una mamma? >> le chiese, interessato.
 
Elizabeth scosse la testa, tranquilla. << Non lo so… io vivo qui, non ce l’ho una mamma! >> spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 
Ma Bill non la capiva. << E un papà? Ce l’ha un papà? >>
 
<< No, non ho un papà! Non ho mai visto i miei mamma e papà. >> sorrise e si strinse nelle spalle, appoggiandosi allo schienale della sedia.
 
<< Io ce li ho… sono quelli lì! >> indicò la coppia che stava passando in rassegna i bambini più piccoli, evidentemente dopo aver lasciato da parte i più grandi.
 
<< E chi è lui? >> Elizabeth indicò un bambino che sembrava la fotocopia di Bill. Stava attaccato alla gonna della madre, e sembrava dare un valido aiuto nella scelta del nuovo fratellino.
 
<< Lui è Tom!! Siamo gemelli, lo sai? >> disse, sorridendo orgoglioso.
 
<< Anche io voglio un gemello!!! >> dichiarò Elizabeth, battendo i piedi a terra.
 
<< Vieni con me! >> Bill scese dalla sedia e prese la mano della bambina, portandola davanti alla coppia di adulti. << Mamma!!! Può venire lei? >>  chiese, facendo ricadere su di sé l’attenzione dei genitori.
 
La donna si inginocchiò davanti ad Elizabeth e la osservò attentamente. << Come ti chiami, piccola? >> chiese dolcemente.
 
Elizabeth rimase in silenzio, ricambiando lo sguardo interessato della donna.
 
<< Si chiama Elizabeth!! Mi ha dato un pezzo di dolce!! >> spiegò il bambino, sempre tenendo per mano Elizabeth.
 
<< Anche io voglio un pezzo di dolce!! >> si lamentò Tom, tirando la manica della madre.
 
Elizabeth lasciò la mano del bambino e aprì il pacchetto col dolcetto, prendendone un pezzetto e dandolo in mano a Tom. << Me l’hanno dato oggi, per il mio compleanno! >> spiegò ridacchiando, mentre Tom saltellava sul posto col pezzo di dolce tra le manine.
 
<< Allora parli! >> si stupì la donna, sorridendo.
 
<< Elizabeth!!! Perché non lasci che i signori finiscano il giro? >> la signora Mayer sbucò all’improvviso, prendendo per mano Elizabeth e allontanandola dal piccolo nucleo famigliare.
 
<< Oh no, Elizabeth ci stava parlando! Non si preoccupi! >> provò la donna,usando il tono più dolce che aveva.
 
La signora Mayer lanciò uno sguardo alla bambina, che cominciava ad avere gli occhi lucidi. << Elizabeth non parla… non ha mai parlato per quattro anni. >> rispose tranquillamente la direttrice, strattonando leggermente la mano della bambina.
 
Bill e Tom la guardarono incuriositi. Eppure loro l’avevano sentita parlare! << Ma lei parla! L’ho sentita io! >> disse convinto Bill, annuendo.
 
<< Anche io!!! >> gli diede manforte Tom.
 
La signora Mayer fece una smorfia. << In ogni caso, nella descrizione voi volevate un bambino, non una bambina. E lo volevate loquace, allegro e vispo. Elizabeth non è nulla di questi. >> indicò Elizabeth, che stava con la testa bassa, facendo cerchietti col piede. << Forza, vai a giocare adesso… i signori devono scegliere il bambino! >> disse, lasciando la mano di Elizabeth.
 
Questa tirò su col naso e si allontanò, strofinandosi gli occhi con i pugni chiusi. Guardò il dolcetto del suo compleanno e tornò a sedersi su una seggiola, a mangiarlo.
 
<< Possiamo darti una mano? >> si avvicinarono nuovamente Bill e Tom, sedendosi ai suoi due lati.
 
Elizabeth annuì e staccò altri due pezzetti di dolce, dandoli ad ognuno dei due gemelli. << Grazie. >> sussurrò, tirando nuovamente su col naso.
 
<< Non piangere… la mamma ha deciso che vuole te! >> 
 
<< Papà non è molto d’accordo… però la mamma alla fine vince sempre! >>
 
Elizabeth passò lo sguardo sui due gemelli e sorrise debolmente. << Grazie… >> ringraziò nuovamente, abbassando il capo.
 
Bill e Tom si lanciarono uno sguardo d’intesa e l’abbracciarono insieme, facendola rimanere di sasso. << Sarai la terza gemella, sei contenta? >> le disse Bill, facendola semplicemente annuire.
 
Dopo poco, la madre dei due bambini tornò da loro e annunciò che Elizabeth sarebbe venuta a casa con loro. Il padre non era per nulla d’accordo, tanto che non aveva parlato, ma i due gemelli erano entusiasti della notizia.
Un’operatrice andò a prendere Elizabeth, la portò in camera sua e cominciò a fare le valige, che alla fine erano solo due paia di divise, qualche pupazzo e le scarpette eleganti per le gite.
Scesero di nuovo, la bambina sempre col fedele pacchetto col dolcetto sotto braccio, e l’operatrice diede in consegna Elizabeth Moore alla nuova famiglia, con insieme anche  la cartella con i dati della bambina.
 

  
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