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Autore: AthenaKira83    07/02/2019    6 recensioni
La vita di Magnus cambia improvvisamente quando un avvocato si presenta da lui rivendicando, sul figlio Max, il diritto del padre naturale.
Per amore del bambino, l'uomo è disposto a ritornare a casa ed ad incontrare il famigerato individuo che minaccia di frantumare la sua felicità.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Ti devo delle scuse."
"Davvero?"
Anche se non lo stava guardando, Magnus sentì chiaramente la nota divertita e sorpresa nella voce di Alec.
Si alzò dal suo petto e lo guardò con finto ammonimento. "Non gongolare. Ti sto chiedendo scusa solo perché sono una persona molto matura che sa ammettere i propri sbagli."
Il sorriso radioso che Alec gli restituì gli fece alzare gli occhi al cielo e scuotere leggermente la testa. "E va bene." concesse, ributtandosi su di lui con un sospiro. "Gongola quanto vuoi."
La sua testa venne scossa dalla risata che si propagò nel petto di Alec e sorrise a sua volta. Era felice di sentire quel suono, dopo tutto quello che gli aveva raccontato. Si accoccolò meglio addosso a lui, contento, quando l'altro strinse maggiormente la presa attorno alle sue spalle.
"Allora? Queste scuse?" chiese Alec, dopo un po', tracciando disegni leggeri sulla schiena dell'altro.
Magnus aggrottò la fronte e si alzò su un gomito. "Te le ho fatte poco fa."
Alec lo guardò, alzando le sopracciglia. "Quelle erano delle scuse? Sul serio?" chiese, scettico. "Erano in assoluto le peggiori che sono mai state formulate nell'intero universo." lo criticò, scuotendo la testa con fare paternalistico. "Le peggiori Magnus. Le peggiori!"
Magnus inspirò bruscamente. "Guarda che erano delle scuse sentite." replicò, sdegnato.
"Davvero? Sono sicuro che sai fare di meglio." lo punzecchiò Alec. "Avanti." lo incoraggiò poi, sorridendo e battendogli affettuosamente una mano tra le scapole.
Magnus lo fissò per un lungo secondo, poi gonfiò le guance e ritornò a posare la testa sul suo petto, espirando rumorosamente. "E va bene! Ti chiedo scusa per essermi comportato male con te. Mi dispiace."
"Non male come inizio." concesse Alec. "E poi?"
Magnus si alzò, per l'ennesima volta, per guardarlo in volto. "Che altro dovrei dirti ancora? Ti ho detto che mi dispiace!"
Alec sorrise, furbo. "E' vero." ammise. "Ma potresti anche dire che ti addolora avermi ferito con i tuoi insulti o.."
"Che esagerazione." borbottò Magnus, a bassa voce.
"Come?"
"Niente."
"Potresti scusarti per avermi urlato contro la prima volta che ci siamo incontrati oppure di come hai continuato ad essere antipatico nei miei confronti ogni qual volta ci siamo relazionati. O puoi dire che ti dispiace di esserti messo in mezzo quando dovevo punire Max." continuò Alec, elencando ogni affermazione con le dita di una mano. "O per avermi fatto fare quell'oscena figuraccia in discoteca." si animò improvvisamente. "Per l'angelo, per questo sì che dovresti proprio chiedermi scusa!" lo bacchettò, inorridendo al solo ricordo.
"Ma se ti ho aiutato!" obiettò Magnus, a bocca aperta. "Eri lì, per terra, dolorante. Cosa avrei dovuto fare?"
"Di sicuro non dovevi prendermi in braccio!" si indignò Alec, infervorato. "Ti pare normale? Non sono una fottuta principessa in pericolo! Sono capacissimo di badare a me stesso!"
"La prossima volta non solo ti lascio lì, a terra, agonizzante, ma ti scavalco pure e ti faccio il dito medio, così impari." replicò Magnus, imbronciato, scostandosi da lui e buttandosi nella sua parte di letto.
Gli angoli della bocca di Alec si piegarono all'insù ed ingoiò la risata che gli salì in gola. "Ah! Potresti scusarti per quella volta che sei entrato come un tornado in questa stanza perché Presidente ha osato dormire con me." proseguì poi, punzecchiandogli il fianco con l'indice. "O potresti chiedere scusa per avermi affibbiato nomignoli ignobili ed infantili o.."
"Chiamarti col tuo nome per intero non è un nomignolo ignobile ed infantile." sbuffò Magnus, battendo i palmi delle mani sul materasso.
"Ma Iceberg lo è." chiarì Alec.
"E' un bel nome, per Lilith!" continuò Magnus, ignorandolo. "Non riesco davvero a capire perché tu te le sia presa così tanto quel giorno. Sul serio, i tuoi scatti d'ira saranno la tua morte, un giorno o l'altro."
"Da che pulpito."
"Da che pulpito cosa?" replicò Magnus, guardandolo male. "Io non mi faccio venire il sangue al cervello per idiozie simili. Io."
"Davvero?"
"Davvero! E quanto al tuo nome.."
"Mio padre mi chiamava così." lo interruppe Alec, piano.
"Oh." esclamò Magnus, ammutolendosi di colpo. "Scusa." bisbigliò poi, pentito.
Alec gli fece un sorriso storto e scrollò le spalle. "Perdonato."
"Peccato, però." si rammaricò Magnus, tornando a posare la testa sul suo cuore, per sentirne il rimbombo. "Penso davvero che sia un bel nome e che ti si addica." disse, abbracciandolo e sentendo poi il battito sotto al suo orecchio farsi più frenetico.
"Non mi si addice per niente, invece."
"Sta zitto. So quello che dico." lo contraddisse Magnus, secco, intrecciando le gambe alle sue.
"Mi piace quando lo pronunci tu." confessò Alec, dopo un po', in un sussurro, accarezzandogli lievemente la spalla.
Magnus sorrise, orgoglioso, e gli baciò un pettorale. "Alexander."
Alec sorrise a sua volta e posò il mento tra i suoi capelli, sereno. Da quando aveva confessato a Magnus la sua ignobile colpa si sentiva un po' meglio. Il peso c'era ancora, ma si era fatto più leggero, più sopportabile. Non sapeva se fosse merito dell'uomo che giaceva tra le sue braccia, che l'aveva ascoltato senza giudicarlo e che gli aveva fatto coraggio, esponendo una verità che lui non aveva mai preso in considerazione, o se fosse perché aveva finalmente sputato fuori un rospo che lo soffocava da quasi dieci anni. Forse entrambe le cose, pensò.
Non riusciva ancora a spiegarsi, concretamente, come fosse possibile che fosse riuscito a raccontargli ciò che lo tormentava da così tanto tempo. A lui. Non ai suoi fratelli o a qualche amico intimo. No, aveva aperto il suo cuore a Magnus Bane, l'ultima persona con cui pensava di confidarsi. In maniera del tutto imprevedibile, aveva finito col fidarsi di quell'uomo strambo e vulcanico, che aveva la seccante mania di prevaricare su tutto e tutti, che non accettava mai un no come semplice risposta e di cui non sapeva praticamente nulla.
Già. Magnus era un grosso, enorme, punto interrogativo. Chi era? Dove era nato? Che scuola aveva frequentato? Che lavoro faceva? E la sua famiglia? Ne aveva una, da qualche parte? A parte Max, non si era mai lasciato scappare nulla su possibili genitori, fratelli o parenti vari.
Inspirò bruscamente, colto da un pensiero improvviso che quelle domande gli avevano fatto balzare in mente, e Magnus, sentendosi scuotere la testa, alzò lo sguardo e lo guardò con un sopracciglio alzato.
"Che c'è?" gli chiese, curioso.
"Niente." minimizzò Alec, in difficoltà.
Cazzo. Cazzo. E ancora cazzo. Aline! Si era completamente dimenticato del compito che aveva affidato ad Aline! Il suo nome lampeggiava, ora, a caratteri cubitali nella sua mente, quasi sbeffeggiandolo.
"Sai che, per essere un avvocato, sei un pessimo bugiardo?" lo informò Magnus, sfiorandogli una clavicola con l'indice. "E' così grave?" gli chiese poi, con interesse.
Alec si torturò il labbro inferiore, agitato. Come l'avrebbe presa, se glielo avesse detto? Dei del cielo, quell'uomo era così imprevedibile! Era capacissimo di schiaffargli una cinquina in faccia ed andarsene da quella stanza alla velocità della luce, indignato ed arrabbiato, per quel che ne poteva sapere.
"Forse." tentennò, continuando a mordersi le labbra.
"Spara." disse Magnus, seguendo ipnotizzato il lavoro di quei denti candidi su quelle labbra piene e rosee.
"Non sono sicuro che tu lo voglia sapere."
"Perché?"
"Perché.. no."
Magnus inspirò platealmente. "E' qualcosa di sconcio? Cielo, Alexander, da te non me lo sarei mai aspettato!"
"Non è qualcosa di sconcio!" si affrettò a rispondere Alec, arrossendo come un peperone.
"Allora di cosa si tratta?" gli chiese Magnus, sorridendo.
"Ho.. ho chiesto ad un'investigatrice privata di indagare su di te." bisbigliò Alec, tutto d'un fiato, chiudendo gli occhi con forza, in attesa della reazione dell'altro.
Magnus spalancò gli occhi, sorpreso, poi si morse con forza l'interno delle guance. Il tic alle sue labbra, però, divenne incontrollabile e scoppiò a ridere di cuore. Alec riaprì gli occhi e lo guardò, sorpreso. Quella era l'ultima reazione che si sarebbe aspettato.
"Sei serio?" chiese Magnus, tra le lacrime.
Alec annuì, impacciato. "Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso, ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia." citò.
"L'arte della guerra di Sun Tzu." sorrise Magnus, divertito. "Astuto. Volevi ricattarmi con qualche mio sporco segreto?"
"Forse." rispose Alec, intimamente sollevato che l'altro non fosse suscettibile a tal punto da trasformarlo in un pungiball.
"E che cosa ha scoperto, questa investigatrice, su di me?" chiese Magnus, curioso.
"Ancora niente." ammise Alec, sorridendo lievemente. "Sei peggio di un fantasma."
Magnus ridacchiò, compiaciuto e confortato allo stesso tempo. Era consapevole che, a New York, non ci fosse niente di importante che potesse ricondurlo a lui, a parte un conto corrente, che era stato chiuso appena aveva messo piede in Inghilterra, e una camera da letto, con pochi oggetti ed una montagna di vestiti, che il suo amico Raphael gli aveva gentilmente messo a disposizione nel suo appartamento, ma aveva vissuto per oltre un anno con il timore di ritrovarsi faccia a faccia con Morgenstern o con uno dei suoi scagnozzi. Quel pensiero, fortunatamente, aveva iniziato a sbiadire giorno dopo giorno ed aveva condotto la sua vita serenamente. L'arrivo di Jace, però, aveva riaperto quel cassetto della memoria che credeva sigillato per sempre. Sapere, quindi, che una professionista stava faticando non poco a reperire notizie su di lui lo rincuorò.
"Chi sei tu?" gli chiese Alec, riportandolo alla realtà.
Magnus lo fissò, reprimendo un sorriso e porgendogli la mano. "Magnus Bane. Piacere di conoscerti."
"Lo so come ti chiami, sciocco." sorrise Alec, roteando gli occhi e scacciando la mano. "Quello che intendevo dire è: chi sei? Dove sei nato? Hai fratelli e sorelle? Insomma, tu sai praticamente tutto di me e.."
"No so tutto di te. Esagerato!" lo interruppe Magnus.
"Beh, sai chi sono i miei fratelli, dove abito, che lavoro faccio. Sei decisamente in vantaggio rispetto al sottoscritto."
"E lo vuoi sapere sempre per ricattarmi o per altri motivi?" chiese Magnus, con genuino interesse, appoggiando la testa sulla mano e disegnando disegni astratti sul suo petto.
Alec fece spallucce. "Non devi dirmelo se non vuoi." disse, ripetendo le stesse parole che l'altro aveva pronunciato poco prima. "Ma, ad esempio, non so neanche che lavoro fai! Non so niente di te, tranne che abiti a Londra, che sei la persona più logorroica ed impossibile che conosca e che hai una passione smodata per le cose futili." lo stuzzicò, sorridendo, ben consapevole che la frecciatina non sarebbe passata inosservata.
Magnus interruppe le carezze e gli tirò uno schiaffo sul petto, come da copione. "Non dire eresie! I miei trucchi e i miei vestiti non sono cose futili!" esclamò, indignato. "Solo perchè tu hai evidenti difficoltà a vestirti e sei socialmente un disastro, quando non si tratta di lavoro, non significa che il resto del mondo debba seguire la tua disastrosa ed orribile linea di pensiero!"
"Fino a prova contraria, sei tu quello che insulta i miei vestiti e.. Oh! Ecco un'altra cosa per cui puoi chiedermi scusa." replicò Alec, con un sorriso divertito. "Ah! E smettila di spettegolare con i miei fratelli di quello che ho nell'armadio o che indosso!"
Magnus spalancò gli occhi, cogliendo l'allusione. "Te l'hanno detto?"
"Certo che l'hanno fatto! E, se proprio lo vuoi sapere, trovo terribilmente inopportuno il fatto che li tempesti di messaggi per lamentarti delle mie magliette."
"Non li tempesto di messaggi! E non mi lamento delle tue magliette!" chiarì Magnus, puntandogli l'indice contro. "Critico lo stato in cui si trova il tuo guardaroba! E' diverso. Per Lilith, è un pugno in un occhio ogni volta! Ma li vedi i buchi e i colori stinti che hanno quegli stracci o devo iniziare a credere che tu abbia seri problemi di vista?"
"A me piacciono."
"Come fanno a piacerti? Me lo spieghi?"
"Sono comodi e pratici."
"Hai gusti davvero terribili in fatto di moda, lasciatelo dire." borbottò Magnus, scuotendo piano la testa con disapprovazione.
"Sopravvivrò lo stesso." sorrise Alec, scrollando le spalle. "Allora.. chi sei tu?" chiese nuovamente.
Magnus sospirò, accantonando, solo per il momento però, la sua missione di infilare a forza un po' di buon senso estetico in quella zucca retrograda. "Beh, vediamo.." iniziò poi, battendosi l'indice sul mento. "Sono nato a Bali, in Indonesia, e sono figlio unico. Ho vissuto lì per cinque anni, poi, a causa del lavoro di mio padre, abbiamo iniziato a trasferirci."
"Che lavoro faceva?"
"Era un diplomatico. Siamo stati un po' ovunque: Asia, Europa, Africa e, infine, ci siamo trasferiti in America."
"America? Davvero?"
Magnus annuì. "Ho vissuto qui a New York per sette anni, prima che.."
"Prima che?" chiese Alec, curioso.
"Prima.. beh.. prima che mi trasferissi in Inghilterra."
"Sempre con i tuoi?"
Magnus scosse la testa. "Sono morti in un incidente stradale quando avevo diciotto anni."
"Mi dispiace." si scusò Alec, accarezzandogli una mano.
Magnus scosse le spalle, deciso a non lasciarsi andare a quel ricordo doloroso. "E' successo molto tempo fa."
"Quindi ti sei trasferito in Inghilterra dopo la morte dei tuoi genitori?"
"No, dopo. E' successo, più o meno, circa otto anni fa. Già." rispose Magnus, titubante.
Otto anni. La stessa età di Max, pensò Alec, sorpreso.
"Sei andato a Londra per motivi di studio?" gli chiese poi.
Magnus scosse la testa, lo fissò per un lungo momento, poi si buttò sull'altro cuscino, fissando il soffitto, mentre Alec lo seguiva con lo sguardo.
"Stavo scappando." sussurrò dopo un po'.
"Scappando?" chiese Alec, corrugando la fronte. "Da un'orda di ragazze assatanate? O da un gruppo di ragazzi vogliosi?"
Magnus ridacchiò. "No. E'.. è complicato." rispose poi, con un sospiro, passandosi una mano tra i capelli.
"Più complicato dell'aver ucciso un fratello?" chiese Alec, con un filo di voce, con l'intenzione di rassicurarlo che il suo segreto non poteva essere più grave del suo.
Magnus girò di scatto il volto verso di lui. "Non hai ucciso tuo fratello. E' stato un incidente. Smettila di colpevolizzarti."
Alec scrollò le spalle. Conviveva con quella convinzione da dieci anni. Di certo non l'avrebbe abbandonata in dieci minuti solo perchè l'altro, per quanto convincente fosse, asseriva il contrario.
Magnus gli sorrise dolcemente. "Cosa devo fare, con te, Fiorellino?"
"Smetterla con questo insulso soprannome sarebbe già un buon inizio." brontolò Alec. "Lo odio."
Magnus ridacchiò. "Smettila di dire bugie. Lo adori."
Alec roteò gli occhi ed attese, pazientemente, che l'altro continuasse la sua storia.
Magnus tornò a guardare il soffitto e prese un bel respiro. Alec si era fidato e confidato con lui. Doveva trovare il coraggio di fare altrettanto.
"Otto anni fa ero un ragazzino che voleva solo divertirsi, andare in giro per locali, vivere alla giornata e che voleva scoparsi qualsiasi essere vivente respirasse e che trovasse appetibile." raccontò, sorridendo al ricordo.
"Hai descritto Jace, te ne rendi conto, sì?" gli chiese Alec, che sorrise divertito quando vide la faccia orripilata di Magnus nel sentirsi associato al biondino. "Se può consolarti, lui è ancora così.. cioè, era così, fino a quando non ha incontrato l'infermiera dai capelli rossi."
"Clary. Sì, l'ho notato. Sono disgustosamente cotti l'uno dell'altra." disse Magnus, con una smorfia buffa. "E no, non mi consola affatto." replicò poi, ironico.
Alec rise e si girò con il busto di lato, per guardarlo meglio. "Poi cosa è successo?"
"Poi ho incontrato Camille." continuò Magnus. "Bellissima, bionda e con un seno così!" e sorrise quando, mimando il gesto, vide il viso di Alec adombrarsi. "Sì, lo so, non è il tuo genere, ma per uno come me era un sogno che si realizzava. Aveva circa il doppio dei miei anni ed ero diventato una specie di eroe, tra i miei amici, quando raccontai loro di essere riuscito a rimorchiare una donna più grande." si pavoneggiò, ridacchiando. "Il sesso con lei era grandioso. Abbiamo fatto cose che neanche in un film porno e.."
"Magnus, non serve che mi racconti proprio tutto tutto." lo interruppe Alec, piccato.
"Sei geloso, Fiorellino?"
"Geloso? Io? Di te? Ma per favore!" controbattè Alec, sventolando una mano.
Magnus rise, girandosi di lato anche lui per fronteggiarlo. "Ti sentiresti meglio se ti dicessi che il sesso con te è decisamente di un altro livello rispetto a quello con lei?"
"No, perché non mi interessa." replicò Alec, sostenuto. "Va avanti e, per favore, evita di scendere troppo nei dettagli, grazie."
Magnus ridacchiò e proseguì. "La nostra era una storia basata puramente sul sesso, almeno da parte mia." specificò. "Ci incontravamo negli hotel di lusso o, quando voleva essere davvero trasgressiva e giocare con il fuoco, mi invitava a casa sua."
"Che aveva di particolare casa sua da essere considerato un luogo trasgressivo?"
"Camille era sposata."
Alec svirgolò le sopracciglia. "Hai avuto una relazione con una donna sposata?" esclamò scandalizzato.
Magnus fece spallucce. "Lei era insoddisfatta del suo matrimonio, cercava qualcuno per evadere dalla sua routine ed io sono stato più che felice di accontentarla."
"E non ti disturba il fatto di esserti intromesso in un matrimonio?" domandò Alec, sempre più indignato.
"Perché dovrebbe disturbarmi?"
"Perché essere l'amante di qualcuno è degradante, oltre che estremamente scorretto!"
Magnus roteò gli occhi. "Oddio quanto sei palloso." sbuffò forte. "Essere l'amante di qualcuno non è degradante. Al contrario, è estremamente eccitante. Lei era insoddisfatta e io ho appagato le sue voglie." spiegò, con ferrea logica.
"Già, ma dopo tornava da lui." lo contraddisse Alec, asciutto. "Non restava con te. Le avrai anche fatto toccare il cielo con un dito, per un'ora o due, ma non ha lasciato il marito. E' rimasta con lui."
"Beh, ma a me andava bene così, non volevo una relazione seria." chiarì Magnus. "E poi non lo avrebbe mai lasciato. Mai."
"Perché? Ti ha rifilato la solita frottola che lo amava troppo o che lui non poteva vivere senza di lei?" chiese Alec, scettico.
"No, perché Camille è.. era.. ohhh non lo so.. comunque suo marito è Valentine Morgenstern."
Alec scattò a sedere. "Tu eri l'amante della moglie di Valentine Morgenstern?" gridò, sgomento.
Magnus gli tirò un pugno su un fianco. "Perché non lo urli un po' più forte? Non sono sicuro che ti abbia sentito tutta New York, sai?!"
"Oddio.." gemette Alec, tornando a stendersi lentamente di fianco a lui. "Tu.. lei.."
Magnus annuì.
"Per l'angelo, come fai a trovare eccitante il fatto di essere l'amante della moglie di una delle persone più pericolose della città? Sei masochista per caso?"
"Il rischio di essere scoperti è uno degli afrodisiaci più potenti, non lo sai? Te l'ho detto che il sesso era grandioso e.."
"Tu non stai bene!" sentenziò Alec, secco, scuotendo la testa.
Magnus roteò, per l'ennesima volta, gli occhi. "Sarai normale tu, che il massimo del rischio che affronti è quello di bere una tisana energizzante, anziché rilassante, prima di andare a letto!"
Alec, per tutta risposta, gli fece il dito medio.
"Volgare." ribattè Magnus, sorridendo, poi gli raccontò tutto. E più andava avanti con la storia, più gli occhioni blu di Alec si sgranavano, increduli.
"Non hai chiamato la polizia?"
"No."
"Perché no?" chiese Alec, sconcertato.
"Stiamo parlando di Valentine Morgenstern. Hai presente? Hai anche una causa aperta con lui, no?" chiese Magnus, sarcastico.
"Certo che ho presente il soggetto." rispose Alec, guardandolo malissimo. "Ma non chiamare la polizia ti ha reso complice di un possibile reato. Era tuo dovere denunciarlo!"
Magnus sbuffò. Quel benedetto ragazzo aveva tanti bei pregi, davvero, era leale, era sincero, si assumeva responsabilità che non gli competevano, ma, seriamente, era anche il più grande rompicocomeri che avesse mai incontrato eh. Non gliene faceva passare una, per Lilith!
"E sentiamo, signor So Tutto Io, cosa avrei dovuto dire alla polizia? - Buongiorno agente! La chiamo per dirle che mi sono appena introdotto illegalmente nella casa di Valentine Morgenstern per recuperare il portafoglio che ho perso mentre mi sbattevo sua moglie, sulla sua scrivania, e volevo segnalarle che c'è un'enorme, gigantesca, pozza di sangue che fa bella mostra di sé sul tappeto persiano dello studio e che prima, invece, non c'era! - ?" domandò Magnus, sarcastico.
Alec lo fulminò con lo sguardo. "Poteva essere una conversazione valida, sì."
"Ma per favore!" esclamò Magnus, sbattendo la testa sul cuscino. "Avrebbero arrestato me, non Valentine! Poi mi avrebbero spedito dietro le sbarre e Morgenstern mi avrebbe fatto uccidere da uno dei suoi! Ecco come sarebbe andata!"
"Questo non puoi saperlo."
"Davvero, Alexander? Sul serio? Saresti pronto a metterci la mano sul fuoco? Seriamente pensi che questa ipotesi sia folle ed avventata?"
Alec aprì la bocca, pronto a replicare, ma poi la richiuse bruscamente.
"Ecco, appunto." disse Magnus, serio.
"Quindi cosa hai fatto?"
"Sono scappato a gambe levate! Cosa avrei dovuto fare? Ed è stato mentre scappavo che.."
"Che?"
Magnus lo guardò, esitante. "Ero nel panico, correvo come un disperato e.. una ragazza.. lei.. lei stava prendendo un taxi e io le sono piombato addosso come un treno ad alta velocità. Quando l'uomo, che mi stava rincorrendo, urlò di nuovo, non ricordo cosa, devo esserle sembrato davvero disperato perchè mi ha afferrato per il braccio e mi ha gettato dentro al taxi. Ancora oggi sono fermamente convinto che se lei non avesse avuto la prontezza di spintonarmi nel taxi, forse a quest'ora non sarei qui, ma sotto metri di terra o a far compagnia ai pesci." deglutì Magnus, chiudendo per un attimo gli occhi, al ricordo. "Le devo la vita. Capisci?"
Alec annuì. "Deve essere una persona molto importante per te."
"Lo è.. lo era."
"Oh.. mi dispiace, Magnus." sussurrò Alec, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice.
Magnus deglutì, distogliendo lo sguardo. "Lydia." bisbigliò.
"Cosa?" chiese Alec, bloccando le sue carezze.
"La.. la ragazza. Era Lydia." confessò piano, tornando a guardarlo. "Quel giorno.."
"Il 30 giugno." commentò Alec, asciutto.
"Come lo sai?" chiese Magnus, sorpreso.
"Aline."
"Chi?"
"E' l'amica che ho incaricato di investigare su di te."
"Oh. Quindi.. quindi sai come è andata quel giorno."
Alec scosse piano la testa. "So solo che, quel giorno, siete saliti entrambi sulla Queen Mary 2."
Magnus annuì. "Era sola e si vedeva chiaramente che non stava affatto bene. Il pancione era enorme e lei era sofferente." ricordò. "Era bisognosa d'aiuto tanto quanto lo ero io e ci siamo dati una mano a vicenda. Pagò il mio biglietto, permettendomi di lasciare la città, e durante la traversata siamo diventati amici. Non ha mai voluto dirmi chi era il padre del bambino e io non l'ho mai forzata a parlarne. Non mi sembrava giusto, non dopo che lei non fece commenti su come ero conciato o su quello che mi era successo, capisci? Quando sbarcammo in Inghilterra è entrata in travaglio e, prima di entrare in sala parto, mi fece giurare che mi sarei preso cura di Max, che l'avrei protetto sempre. Morì dandolo alla luce." sussurrò triste.
Alec non disse una parola e si girò per guardare il soffitto.
"Quando Jace si è presentato alla mia porta mi è crollato il mondo addosso." continuò Magnus.
"Non ti è mai venuto in mente che Lydia aveva una famiglia? Che il bambino aveva una famiglia?" chiese Alec, duro.
"Anche se le cose fossero state diverse, non avrei mai riportato Max qui. Non sarei mai tornato se tu non avessi mandato qualcuno a cercarlo. Sono un grandissimo egoista, lo so, ma Max è tutto il mio mondo. Crescerlo mi ha insegnato molte cose, mi ha cambiato, mi ha aiutato. E' stato il regalo più bello che la vita mi abbia mai donato e sapere che avrei dovuto dividere il suo amore con qualcun altro.. beh, non è stato affatto facile." rispose Magnus, con sincerità. "Ti ho odiato dal primo secondo in cui sono venuto a conoscenza della tua esistenza. Nella mia mente, tu non eri mai stato preso in considerazione. Non esistevi."
Magnus sapeva di rischiare moltissimo, con quelle parole, perché Alec poteva benissimo alzarsi da quel letto, girargli le spalle e spazzare via quel fragile legame che avevano costruito in quella mattinata, ma non voleva più mentire. Non a lui, almeno.
Alec voltò la testa per guardarlo a sua volta. "Non devi dividere niente con nessuno, visto che mi odia." replicò sarcastico.
Magnus roteò gli occhi. "Non ti odia." lo rassicurò. "Non ti conosce. E' diverso."
Alec gracchiò una risata. "Sì, certo." rispose, tornando a fissare il soffitto.
"Se iniziaste a parlare l'uno con l'altro, magari questo clima di indifferenza, che avete instaurato tra di voi, cambierebbe." esclamò Magnus. "La tua mancanza di interesse nei suoi confronti lo scoraggia a cercare un approccio. Smettila di fare il bambino e comportati da adulto!" lo bacchettò, spintonandogli il braccio.
"Io faccio l'adulto." rispose Alec, piccato. "Gli ho anche rivolto la parola in più di un'occasione eh!"
"Ma davvero?" replicò Magnus, scettico.
"Gli ho chiesto se gli piacciono i cavalli." ribattè Alec, indignato, massaggiandosi il braccio. "Ma tuo figlio.."
"Nostro figlio." lo corresse Magnus.
Alec alzò gli occhi al cielo. "Nostro figlio non ha emesso una parola o un suono. Niente."
"Perchè lo metti in soggezione!"
"Ma fammi il piacere! Mi odia. Semplice."
Magnus si ributtò sul suo cuscino, allargando le braccia, esasperato. "Per Lilith! E poi dicono che sono io il re del dramma!"
"Lo sei." confermò Alec, annuendo energicamente.
"Beh, tu mi stai battendo alla grande!" replicò, tirandogli un calcio.
"Ma la smetti di picchiarmi?"
"Ma se ti ho appena toccato!"
Alec roteò gli occhi, poi sospirò. "Ho chiesto al signor Fell di procurare un pony per Max. Lo porterà nelle scuderie oggi stesso e potrebbe anche dargli la sua prima lezione, se lo vuole."
Magnus si alzò di scatto sui gomiti. "Davvero?" chiese, guardandolo con gli occhi carichi di gratitudine.
Alec fu colpito, ancora una volta, da quanto la felicità di quell'uomo dipendesse da quella del bambino. Se Max era contento, automaticamente lo era anche Magnus.
"Max sarà felicissimo! Ha sempre amato i cavalli, ma, vivendo a Londra, non ha mai avuto occasione di imparare a cavalcare." si entusiasmò Magnus.
"Bene, sono contento di aver finalmente fatto una cosa giusta." esclamò Alec, leggermente divertito. "E tu? Cavalchi?"
Magnus stava per scuotere la testa, ma ci ripensò e sorrise malizioso. Si alzò piano, andando poi a sedersi sul bacino di Alec. "Sì, so cavalcare. E, modestia a parte, lo so fare anche piuttosto bene." rispose, ammiccando.
Alec arrossì. "N-non intendevo questo." balbettò, impacciato.
"Questo cosa?" chiese Magnus, con finta innocenza.
Alec boccheggiò quando l'altro iniziò a strusciarsi, piano, su di lui.
"Ho una domanda ed una richiesta da farti." sussurrò poi Magnus.
Alec gli arpionò il sedere. "Q-quali?"
"Come sta il tuo piede?" chiese Magnus, continuando a scontrare il suo bacino con quello dell'altro.
Alec gemette, inarcando la testa.
"Alexander!" lo ammonì Magnus, schiaffeggiandogli piano una coscia con un sorriso divertito. "Concentrati."
"C-cosa?" domandò Alec, iniziando a sentire il respiro affannoso.
"La tua caviglia. Riesci a muoverla bene?"
"S-sssì!" esalò Alec, con un sospiro strozzato.
"Tanto da poter cavalcare?"
"C-cosa?" chiese Alec, tentando di stare davvero attento a quello che gli stava dicendo l'altro.
"Poi cavalcare?" domandò, di nuovo, Magnus.
"Ca.. per l'angelo!" gemette Alec, stringendo con più forza le natiche dell'uomo. "C-cavalcare sul.. sul serio?" biascicò senza fiato.
"Cavalcare un cavallo vero, sì." ridacchiò Magnus, piegandosi per mordicchiargli il mento.
"S-sì. Credo.. credo di sì."
"Bene." annuì soddisfatto Magnus, allungandosi per prendere il lubrificante. "Allora passiamo alla richiesta. Voglio due ore al giorno del tuo tempo."
Alec serrò gli occhi quando il bacino di Magnus strusciò con più decisione su di lui. "Non.. non è una richiesta! E'.. cazzo.. è.. è un ordine!" riuscì a dire, faticando, non poco, a restare lucido. "E per.. per fare cosa poi?"
"Per stare con Max."
Alec spalancò gli occhi. "Cosa?" chiese, dimenticando per un momento il piacere che l'altro gli stava procurando.
"Voglio due ore al giorno del tuo tempo per stare con Max." ripetè Magnus, aprendo il lubrificante ed iniziando a toccarlo nella sua zona erogena.
Alec gemette forte. "S-sei sleale." riuscì poi ad esalare.
Magnus sorrise, orgoglioso. "Grazie. Mi impegno parecchio per esserlo." replicò, baciandolo profondamente. "Ho la tua parola?" gli chiese, quando si staccò, dopo un po', dalle sue labbra.
"Va.. va bene." rispose Alec, senza fiato.
Magnus sorrise trionfante, prima di dedicarsi totalmente a lui e portarlo verso le cime del piacere.
   
 
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