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Autore: Miky30    08/02/2019    2 recensioni
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Un piccolo sorriso fra le lacrime, un cenno d’assenso e già il paletto di quercia bianca si conficcava nei loro cuori. I volti divennero grigi e piano piano le ceneri iniziarono a danzare sulla città che un tempo li aveva visti re. Due fratelli uniti da tutta la vita si apprestavano ad affrontare l’incognita della morte, uniti, nella speranza di darsi conforto l’un l’altro per fronteggiare ciò che il destino aveva in serbo per loro.
Luce
Dedica: Buon compleanno, Aliseia.
I mostrini ed io ❤️U.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Elijah, Klaus, Tristan
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“È stato un glorioso viaggio, Niklaus...il mio più grande onore”.

Un piccolo sorriso fra le lacrime, un cenno d’assenso e già il paletto di quercia bianca si conficcava nei loro cuori. I volti divennero grigi e piano piano le ceneri iniziarono a danzare sulla città che un tempo li aveva visti re. Due fratelli uniti da tutta la vita si apprestavano ad affrontare l’incognita della morte, uniti, nella speranza di darsi conforto l’un l’altro per fronteggiare ciò che il destino aveva in serbo per loro.

Luce.

Una luce abbagliante.

Le palpebre sbatterono per cercare di mettere a fuoco, pochi istanti e le figure iniziarono a delinearsi nell’aria bianca.

Erano sempre nella stessa posizione di pochi istanti prima, erano sempre loro, con i loro corpi forti da eterni giovanotti, le braccia strette l’uno con l’altro, occhi negli occhi. Ma qualcosa era cambiato. Lunghi capelli solleticavano le mani, gli abiti eleganti e moderni avevano lasciato il posto a tuniche di molti anni prima, l’aria era diversa, più salmastra. 

D’un tratto i sensi iniziarono a percepire anche tutto quello che c’era intorno, i suoni della foresta alle loro spalle, i rumori degli artigiani intenti alle loro opere, e non lontano il chiacchierio di giovani donne e uomini, il vibrare di un ascia lanciata in un ceppo e la risata argentina, inconfondibile che ne seguì dette ad Elijah la certezza di dove fossero: Marsiglia 1002.

Avevano ancora la mano sinistra appoggiata all’altezza del petto, dove avevano conficcato il paletto. Elijah si guardò intorno e iniziò a riconoscere, con precisione chirurgica, quei luoghi tanto lontani nel tempo, ma tanto vicini nel cuore. Marsiglia era il luogo dove entrambi avevano per la prima volta scoperto due esseri così simili a loro, due anime affini alle loro. “Siamo a casa, Niklaus. Nel posto in cui tutto è iniziato”.

“Andiamo, fratello.” si incamminarono verso le voci e ad ogni passo ritrovavano la familiarità di quei luoghi, le voci di persone un tempo conosciute, i profumi genuini di un epoca lontana.

E poi lo vide: fiero e altezzoso, la testa leggermente reclinata all’indietro, le labbra dischiuse a mostrare i denti in una risata dal suono celestiale. Le gambe gli tremarono un po’ e divennero di piombo, non poteva fare un passo avanti, nè tornare indietro. Una serie di domande gli affollavano la mente, ma l’emozione di quel momento lo paralizzava.

Si voltò per tornare indietro, ma una voce d’angelo lo bloccò:

“Non c’è bisogno di diventare volgari”

Elijah socchiuse gli occhi, come ad assaporare il più delizioso dessert, raddrizzò le spalle, alzò il mento :”Ed eccolo: Tristan” il nome gli uscì quasi in un sospiro, si voltò, ruotando il busto e riaprendo gli occhi per fissarli nel blu delle iridi dell’altro. La mano di Niklaus che gentilmente lo spingeva in avanti e le sue parole gli arrivarono all’orecchio come un eco lontano.

“Hey, mostrino, che ci fai qui?”

“Niklaus, Elijah, venite. Vi stavo aspettando, andiamo nel castello”

I fratelli seguirono il conte che rimase silenzioso per tutto il tragitto, finché non giunsero all’interno del castello, nel suo studio, lontano da occhi e orecchie indiscrete.

Dopodiché parlò:

“Sono qui perché vostra sorella Freya mi ha mandato per riportarvi indietro: pensavate davvero che vi avremmo permesso di fare una sciocchezza simile? Sul serio?” e gli occhi azzurri si piantarono in quelli neri con un cipiglio che l’altro ben conosceva, un rimprovero e una carezza allo stesso tempo. 

“Ma non sarà così facile, dovrete imparare dai vostri errori e dovremmo essere molto cauti o rimarremmo qui per sempre.”

“Perché siamo qui? - disse infine Elijah - proprio in quest’epoca?”

“Suppongo perché questo è il posto dove siete stati felici, dove siamo stati felici. Eravamo giovani, EliJah - la solita enfasi sulla J che al Sire, anche nell’aldilà, dava i brividi - e incoscienti. Le nostre scelte hanno condizionato molte vite negli anni a venire. Siamo qui per rimediare, noi tre.”

Così spiegò loro che poche ore prima Freya l’aveva contattato per salvare i suoi fratelli. 

Doveva sempre rimediare alle stupidaggini di quel testardo arrogante, che ogni santa volta si lanciava nelle fiamme dell’inferno dietro a quello scavezzacollo del fratellino. Ma in tutta onestà non avrebbe potuto dargli torto, perché lui avrebbe fatto esattamente lo stesso per la sua sorellina. 

Parlò per svariati minuti senza che i fratelli lo interrompessero, cosa assai strana per Niklaus, che di solito non riusciva a stare zitto e buono ad ascoltare. Spiegò loro che avrebbero dovuto sistemare delle situazioni e così avrebbero avuto l’opportunità unica di liberarsi del Vuoto, lasciarlo in quella dimensione e così poter ritornare a casa.

Elijah non riusciva a stare fermo, gli occhi scuri saettavano dal fratello, intento ad ascoltare, a Tristan, che parlava con la sua consueta grazia, accompagnando le parole con gesti eleganti delle mani. Camminava su e giù per la stanza, irrequieto, tutto quel piano gli sembrava assurdo e pensare che Tristan l’avesse raggiunto lì, quel piccolo arrogante testardo, disobbedendo ad un ordine diretto lo faceva andare su tutte le furie. Si era fatto giurare pochi giorni prima che qualsiasi cosa fosse accaduta lui avrebbe dovuto essere felice. Non lo ascoltava nemmeno più, le parole gli giungevano come suoni lontani e ovattati, troppo perso nei suoi pensieri.

Il Conte e Niklaus si scambiarono un occhiata, Tristan smise di parlare e si sedette, aspettando che il più grande tornasse a dargli attenzione.

“quando questa storia sarà finita, tu ed io faremo i conti, piccolo monello bugiardo. Quando imparerai a darmi retta?”

“quando tu la smetterai di comportarti come un cretino”

L’ultima affermazione gli valse un ceffone, senza tanti complimenti. 

Niklaus si mise fra loro a placare gli animi.

“Avrete tempo per i vostri giochetti erotici, ora abbiamo bisogno di un piano, cerchiamo di stare calmi e collaborare! Se c’è una possibilità di tornare a casa non voglio sprecarla con voi che giocate come bambini”

“Bada a come parli, Niklaus.” ma le guance gli si erano tinte di rosso per l’imbarazzo. La relazione burrascosa tra loro era ben nota al fratellino, ma ne aveva sempre soggezione.

Tristan spiegò quello che avrebbero dovuto fare e una volta chiariti i punti più importanti e quelli che sembravano più rischiosi si apprestarono a mettere in pratica il piano di Freya per mettere finalmente il vuoto fuori gioco e riportare tutti e tre a casa.

Per prima cosa dovevano trovare l’antico stregone di Marsiglia, e chiedere il suo aiuto per eseguire il complicato incantesimo che Freya e Vincent avevano inventato per ancorare il vuoto in un oggetto magico talmente potente da resistere alla magia nera. A quel punto Niklaus sarebbe stato libero e avrebbe potuto tornare indietro. 

L’antico stregone Armand abitava al limitare della foresta, si teneva a distanza dagli abitanti della città e non riceveva mai visite e quando vide arrivare il signore della città con due nobili al fianco capi che qualcosa di strano stava accadendo, forse la lettura degli elementi della foresta non era poi così sbagliata, dopotutto.

Armand era un uomo anziano dall’aria stravagante e dalla lunga barba bianca, i suoi occhi erano così verdi da mimetizzarsi con il verde della foresta e quando li puntava negli occhi dell’interlocutore questi si sentiva incantare da quello sguardo, come se venisse sciolto dall’interno. 

“A cosa  devo l’onore della vostra visita? Non molti uomini si addentrano fin qua per parlare con un vecchio strampalato...”

Nonostante la barba bianca e la pelle rugosa che gli conferivano un aspetto da anziano quegli occhi erano così brillanti e la voce così profonda che sembrava molto più giovane. 

Tristan parlò con gentilezza e spiegò il piano ad Armand. All’inizio sembrava riluttante, ma poi comprese il pericolo che avrebbero corso se Niklaus avesse trattenuto il vuoto ancora dentro di sè. Purtroppo nè Tristan nè Elijah avrebbero potuto contenerlo e il vuoto avrebbe trovato il modo di tornare sulla terra e di insidiare nuovamente la giovane Hope.

Armand rimase in silenzio per un periodo che sembrava infinito, alla fine, come scosso da una forza superiore si rivolse ad ognuno dei presenti assegnando loro un compito da portare a termine entro l’indomani all’alba.

I tre si congedarono dallo stregone, determinati a compiere la loro missione, se tutto avesse funzionato secondo i piani, l’indomani a colazione sarebbero stati a casa, fra le braccia della famiglia. 

“EliJah, dobbiamo dividerci per recuperare le cose che ci sono state affidate. Ci ritroviamo qui. Non fare tardi. E... aehm... Elijah? ...” il conte tentennava, incerto, ma EliJah lo anticipò, togliendolo dall’imbarazzo: “Fai attenzione piccolo monello, ci vediamo qui.” e con uno scatto fulmineo, lo afferrò alla nuca e lo baciò. Assaporando quel bacio ultraterreno come se fosse reale e gli sussurrò sulle labbra: “il resto domani dopo colazione, a casa. È una promessa.” Le iridi azzurre scintillarono a quella promessa e un sorriso irriverente comparve sulle labbra piene del conte. Senza dire null’altro si congedarono alla ricerca degli ingredienti segreti che lo stregone aveva richiesto. Niklaus doveva affrontare una ninfa dei boschi a cui avrebbe dovuto chiedere un recipiente antico e preziosissimo fatto di corteccia e di rarissimi fiori blu. Elijah doveva trovare un elfo e avrebbe dovuto farsi consegnare una cordicella magica di una strana e preziosissima lega metallica, Tristan avrebbe dovuto trovare una creatura del mare dalla quale avrebbe dovuto farsi consegnare una spada proveniente dalle profondità marine.

Mentre EliJah e Niklaus avevano a che fare con le creature del bosco, Tristan raggiunse la riva del mare, non aveva scelta: si doveva tuffare in mare e andare in cerca della sirena di cui gli aveva parlato Armand. Iniziò a spogliarsi e una strana sensazione gli saliva dal petto. Non aveva più messo piede nell’acqua del mare da quando Elijah l’aveva salvato dall’abisso dell’oceano e ancora gli incubi lo tormentavano. Questo era il momento della verità: doveva affrontare l’incubo e doveva farlo adesso o non sarebbero più tornati indietro e l’incubo sarebbe durato per l’eternità. Rapido e senza pensarci due volte prese la rincorsa e si tuffò. La sensazione di affogare gli chiuse la gola, ma il pensiero della promessa di EliJah gli dette la forza. Iniziò a nuotare e raggiunse lo scoglio che gli aveva indicato lo stregone. 

Trovò la sirena e iniziò  a spiegarle cosa voleva e perché si trovava lì. Con sua somma sorpresa la sirena fu lieta di aiutarli e gli consegnò il prezioso manufatto. 

Tristan ringraziò e rapidamente tornò indietro. Non c’era molto tempo, avrebbe dovuto sbrigarsi e pregare che gli altri avessero avuto altrettanta fortuna.

Niklaus ed Elijah nel frattempo avevano compiuto la loro missione, anche loro riuscendo a superare una doppia prova. All’orario stabilito con sommo sollievo si ritrovarono nella radura vicino alla casa di Armand. “Tristan, sei zuppo e stai tremando .. che ti è successo?”

Tristan rise, la sua risata argentina risuonò nella radura: “mi è venuta improvvisamente voglia di fare un bagno in mare. Andiamo, Armand ci sta aspettando.”

I tre raggiunsero finalmente la casa di Armand, si soffermarono sulla soglia, si guardarono l’un l’altro. Elijah fra il fratello e il compagno, un passo indietro, lasciò che fossero loro due ad entrare per primi e a consegnare gli oggetti richiesti. Era ancora assorto al pensiero di quello che gli era successo con l’elfo, dai grandi occhi azzurri, talmente liquidi da sembrare fatti di acqua di ruscello, quando lo aveva fissato e gli aveva detto quelle strane parole: “per trattenere, devi lasciare andare. Lascia andare tutti coloro che ti vogliono imbrigliare col ricatto del dovere” 

Quelle parole gli rimbombavano in testa mentre Armand si apprestava a prepararsi per l’incantesimo. Tristan chiacchierava con Niklaus, quella vista era così piacevole per Elijah che gli venne in mente l’altra occasione in cui li aveva visti così tranquilli insieme. 

“signori, siamo pronti, venite.” Armand li condusse sul retro della sua casetta, lì aveva preparato un cerchio con le rune disegnate e si apprestò a disporre gli oggetti magici e infine anche i tre ragazzi. Li fece sdraiare al centro del cerchio, uno di fianco all’altro, EliJah a sinistra, Tristan al centro e Niklaus a destra, spiegando loro che gli originali dovevano incanalare tutta l’energia possibile e fare da ancore affinché Freya e Vincent riuscissero a collegarsi con Armand e a compiere l’incantesimo. 

Elijah prese la mano di Tristan, la strinse e gli sussurrò: “ci vediamo di là”, e gli strizzò l’occhio. Niklaus dall’altra parte, era silenzioso e concentrato, quasi non si accorse che Tristan aveva stretto la sua mano. Rammentava le parole della ninfa del bosco e in quel momento capì a quali cose avrebbe dovuto porre rimedio. 

Armand stava ultimando i preparativi e prima di dare il via all’incantesimo augurò ai tre ragazzi di vivere la loro nuova vita con saggezza e serenità, di meritarsi a pieno la seconda possibilità che gli era stata data. “Non sprecate il vostro tempo in inutili litigi, guerre e faide. Vivete e godete della compagnia delle persone che tanto si sono affannate per riportarvi indietro”

Con queste parole dette iniziò all’incantesimo, una litania di parole all’apparenza senza senso, il cerchio cominciò a vorticare, la foresta perse i contorni netti e pian piano i colori iniziarono a confondersi. Sembravano essere all’interno di un vortice arcobaleno, una dimensione intermedia. Le mani ancora strette, intenti a godere di quella meraviglia, ma desiderosi di tornare a casa. Sospesi nel cerchio arcobaleno, in lontananza iniziarono a vedere l’azzurro del cielo delinearsi all’orizzonte, più il cielo diventava azzurro, più l’arcobaleno diminuiva diventando come una sensazionale aurora boreale, nell’aria si sollevarono e danzarono particelle dorate, come piccole foglie d’autunno. 

La luce verdastra dell’autore boreale vorticò confondendosi coi bagliori dorati e l’azzurro del cielo, finché tutto divenne una luce bianca abbagliante e i tre vampiri furono scaraventati sul pavimento duro, di pietra. 

I tre sbatterono le palpebre e notarono subito che tutto era cambiato: non si trovavano più nella foresta, ma in una stanza che subito riconobbero come il grande salone di casa Mikaelson a New Orleans. Non ebbero tempo di rendersi conto che delle mani afferrarono le loro e tutti si strinsero ad abbracciarli, tutti e tre furono strizzati e pigiati in un abbraccio in cui non si riconoscevano nè mani nè braccia, ma solo una commozione generale. 

Pian piano si sciolsero dagli abbracci e iniziarono a distinguere le persone, gli occhi lucidi e i grandi sorrisi che regalavano loro. Freya, Hope, Marcel, Rebekah, Keeling, Vincent e persino Aurora li guardavano con l’aria felice. 

“Ragazzi, non so voi - cercò di sdrammatizzare Marcel - ma io comincio ad aver fame. Andiamo, la colazione è pronta.”

E così dicendo, dette una pacca sulla spalla a Niklaus, e lo accompagnò in sala da pranzo. Il resto della famiglia li seguì e tutti insieme si misero a tavola a festeggiare un nuovo inizio. 

Mai in mille anni si era vista tanta armonia, tanta felicità intorno a quella tavola. 

Dopo colazione, EliJah, memore della promessa, si congedò dal resto della famiglia, dicendo che era stanco e aveva bisogno di parlare con Tristan. 

I due si alzarono da tavola e si avviarono al piano di sopra.

Elijah entrò nella sua camera, attese che Tristan varcasse le soglia, chiuse la porta con calma, intrappolando Tristan tra l’uscio e le sue braccia. Il suo sorriso obliquo a increspargli le labbra, gli occhi neri lucidi e brillanti. “Pensavi che me ne fossi dimenticato, Milord? Lo sai, io mantengo sempre le promesse.” L’altro prese il respiro per rispondere, ma non ne ebbe il tempo. Una mano forte e potente lo prese alla nuca e se lo tirò addosso. Un bacio urgente e appassionato. Un morso leggero al labbro inferiore, una risatina soffocata nei soffici riccioli, una mano a slacciare la cravatta. Un intreccio all’apparenza disordinato, ma che seguiva un antico ritmo. Respiro contro respiro, tutto s’incastrava, tutto andava finalmente nel posto che gli apparteneva, come le due parti spezzate di un intero. Tra le lenzuola color del cielo, infine, stavano gli amanti. Appagati, rilassati, finalmente sereni. Le gambe intrecciate, le fronti unite, gli occhi che non si staccavano gli uni con gli altri. Il tempo si dilatò fino a sparire. In quella dimensione non c’era bisogno di null’altro. 

Quel momento di serenità non sarebbe stato eterno, ma si sarebbe ripetuto, da quel momento in poi, ogni giorno, per l’eternità.

Toc-toc “Elijah! Tristan! Smettete di poltrire, dobbiamo parlare. Ed è l’ora di cena... “

La voce di Niklaus squillava allegra dall’altra parte della porta.

“Elijah! Mi rispondi o entro?”

Il “non ti azzardare” gli rimase a mezzo quando vide spuntare una cascata di ricci spettinati dalla porta.

“Dai, uscite di qui... o giuro che mi butto sul letto!”

“NIKLAUS! Fuori di qui. ORA!”

“dato che ci sei, chiudi la porta, scendiamo tra poco”

Niklaus richiuse la porta, divertito, la sua risata selvaggia riecheggiava per tutta la casa.

“Che gli prende?”

“È felice, Milord. Non sappiamo quanto gli durerà, ma per il momento è felice. E ora alzati, non vorrai che ritorni e si lanci qui con noi, vero?

“Barbaro e selvaggio? No grazie.”

Il cipiglio serio era in netto contrasto con la risatina che increspava le labbra piene e rosse. L’altro stette al gioco e gli occhi ridotti a fessure e l’espressione imbronciata: “Bene, Milord. Se vostra altezza si decide ad alzarsi...” e accompagnò le parole con un rapido gesto della mano, la quale planò sulla nuca. 

 
   
 
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