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Autore: Roscoe24    08/02/2019    3 recensioni
"Sai cosa ci vorrebbe, adesso? (...) Un ballo."
"Un ballo?" Echeggiò perplesso Alec.
Magnus annuì.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                               You can dance every dance with the guy who gives you the eye, let him hold you tight
                                                                                                                                                             You can smile every smile for the man who held your hand neath the pale moon light

                                                                                                                                                                                                                             (Save the last dance for  me, Michael Bublé)

                                                                                       

                                                                                       ◊


“Metro o passeggiata?”
Magnus fece intrecciare le proprie dita con quelle di Alec, al suo fianco. “Passeggiata.”
Alec annuì. Un vento leggero passò tra i suoi capelli corvini, scompigliandoli più di quanto già non lo fossero. Non era una serata fredda, la temperatura era abbastanza mite, e gli andava camminare. In più, avevano entrambi la pancia piena di cibo buonissimo, quindi una passeggiata avrebbe aiutato. New York di notte si trasformava. Era sempre caotica, come di giorno, ma sembrava quasi che con l’assenza del sole, si sprigionasse una magia particolare che riusciva a rendere la città diversa. Le mille luci colorate, che oscuravano le stelle, ma non riuscivano ad oscurare la Luna, illuminavano in un modo tutto nuovo la città che non dorme mai.
Erano appena usciti da una Steak House, scelta da Magnus in quanto vincitore della loro scommessa. Alec non era poi così tanto sicuro di non essere a sua volta un vincitore, visto com’erano andate poi le cose. Magnus avrà vinto quel combattimento che avevano programmato per allenarsi, ma avevano concluso quell’esperienza facendo l’amore nella stanza di Alec, all’Istituto, quindi andava bene così.
E poi, quella sera, Magnus stava sorridendo. Un sorriso quasi spensierato e appagato, qualcosa che Alec non vedeva da settimane, quindi si sentiva sicuramente un vincitore. Si sporse verso di lui per lasciargli un bacio sulla tempia.
“E questo per che cos’era?”
“Deve esserci per forza un motivo? Magari mi andava solo di farlo.” Rispose Alec, mentre continuavano a camminare. Le loro mani ancora intrecciate, le dita di uno che andavano a riempire i vuoti dell’altro.
Magnus sorrise compiaciuto. Pensando ai loro inizi, non avrebbe mai immaginato che Alexander si sarebbe trasformato al punto da arrivare a prenderlo per mano in una strada affollata, tanto meno a baciarlo in pubblico solo perché gli andava di farlo. Il ragazzo spaventato da ciò che gli altri potevano pensare di lui era rimasto in quell’armadio in cui si sentiva tanto protetto e aveva lasciato che al suo posto ne uscisse un uomo più sicuro di sé ed estremamente consapevole di quello che voleva. E Magnus aveva la presunzione di dire che il suo Alexander voleva lui e, sebbene con le loro difficoltà, trovava sempre un modo per farglielo capire.
Non era stato facile all’inizio, soprattutto per il carattere schivo del Cacciatore e dell’educazione austera che si portava dietro da tutta la vita, ma… Alec era cresciuto e si impegnava ogni giorno per essere migliore – per se stesso e per Magnus. La loro storia era cresciuta, così come l’avevano fatto loro. E non c’entrava nulla il fatto che Magnus avesse più di quattrocento anni. La sua storia con Alec gli aveva insegnato cose che pensava non avrebbe mai imparato: la pazienza, prima tra tutto. Era sempre stato così abituato ad ottenere facilmente scappatelle con vari amanti, che non si era mai soffermato su cosa volesse dire corteggiare veramente qualcuno – un concetto forse antico, ma che aveva sperimentato solo nel XXI secolo, con uno Shadowhunter dai capelli neri costantemente in disordine e gli occhi più belli che Raziel avesse mai creato.
Ma la loro storia gli aveva insegnato anche cosa fosse la paura di perdere qualcuno. Stando vicino ad Alexander, che aveva risvegliato in Magnus sentimenti che pensava non avrebbe riprovato mai più, la consapevolezza che la sua natura lo portasse a combattere entità sovrannaturali più pericolose di lui si era fatta prepotentemente strada nel suo cervello.
«Il segreto per non avere paura è non avere niente da perdere,» gli aveva detto una volta, ma poi aveva incontrato Alec e quel timore si era risvegliato.
Quel nuovo amore, tuttavia, autentico e sincero, aveva portato con sé anche la fiducia. Magnus si mostrava ad Alec per quello che era esattamente. Aveva avuto addirittura il coraggio di mostrargli i suoi veri occhi e Alec, il suo meraviglioso Alec, l’aveva guardato come si guardano le cose preziose, degne di tutte le attenzioni di questo mondo, e gli aveva detto che erano bellissimi, che lui era bellissimo. E in quel momento, se possibile, Magnus si era innamorato di lui ancora di più.
E anche adesso, che la sua natura immortale era svanita e che era privo dei suoi poteri magici, Magnus riusciva a concedersi momenti in cui mostrava ad Alec tutta la sua angoscia, la sua tristezza. Ricordava bene quella notte in cui, convinto che Alec al suo fianco stesse dormendo, si era lasciato andare ad un pianto che tratteneva da giorni interi. Alec, che invece era sveglio, non aveva detto nulla, limitandosi semplicemente a stringerlo tra le braccia con forza, come se avesse voluto proteggerlo persino da se stesso e dai demoni che albergavano nella sua mente – gli unici demoni, tuttavia, che forse Alexander non era in grado di sconfiggere. Aveva abbracciato la sua vulnerabilità ed era rimasto in attesa. Non avevano spiccicato parola, nel buio della loro camera da letto, ma Magnus sapeva che Alec era lì per lui e sarebbe sempre stato così.
“Allora potresti rifarlo?”
Alec sorrise e si sporse di nuovo, ma Magnus anzi che lasciarsi baciare una tempia, si voltò porgendogli le labbra. Si baciarono, un dolce e fugace contatto di labbra.
“Lo potresti fare ancora?”
Alec rise, coprendosi il viso con la mano che aveva libera, mentre le sue guance si coloravano di rosso. Era bellissimo, Magnus non si sarebbe mai stancato di notarlo. Il modo in cui sorrideva, in cui le sue iridi brillavano come due stelle luminose. Il modo in cui si copriva il viso, come se avesse voluto non attirare troppo l’attenzione su di sé, ridendo.
A Magnus, in un certo senso, quel gesto piaceva perché si sentiva l’unico spettatore di uno spettacolo raro e bellissimo, riservato solo a lui.
Isabelle una volta gli aveva detto che Alec non era esattamente un tipo molto espansivo, ma Magnus notava come cambiava quando erano solo loro due. Sorrideva di più, parlava di più. Si rilassava, abbandonando, almeno parzialmente, l’armatura da soldato e lasciando uscire la sua parte più umana. Rideva ed ogni scusa era buona per avere un contatto fisico con Magnus. L’uomo sapeva quanto Alec si aprisse, con lui; quanto si lasciasse andare.
“Posso, sì.” Alec si fermò nel bel mezzo del marciapiede, questa volta. Alcuni passanti brontolarono, mormorandogli di stare più attento, ma non prestò loro particolare attenzione. Si sistemò davanti a Magnus e sciolse l’intreccio delle loro mani. Appoggiò le proprie sulle guance del suo ragazzo e si chinò per baciarlo. Un bacio vero, non solo un contatto di labbra. Alec aspettò paziente che Magnus aprisse la bocca, prima di far intrecciare le loro lingue. Si baciarono per un po’, ignari di chi avevano intorno, del fatto che per evitarli i passanti dovevano scendere dal marciapiede, superarli, e poi risalirci. E anche se l’avessero notato, a nessuno dei due sarebbe importato granché. 
“Se volevi un bacio, potevi semplicemente baciarmi.” Disse Alec, quando si separarono.
Magnus tracciò con l’indice la runa di blocco che stava sul collo di Alec. “Ma così facendo, ti avrei dato un bacio. Io volevo riceverlo.”
Alec alzò gli occhi al cielo e lo prese nuovamente per mano. “Cammina.” Un sorriso, però, tradì il suo tono di rimprovero. Erano così diversi, lo erano sempre stati. La provenienza da due epoche così distanti tra loro, l’educazione che avevano ricevuto, i pregiudizi in cui entrambi erano cresciuti – Alec con la convinzione che l’omosessualità fosse sbagliata, Magnus con l’ideale che i Nascosti valessero meno degli Shadowhunters. Eppure si completavano. Erano stati così forti da andare contro tutto e a tutti pur di continuare a vivere il loro amore. Alec aveva lasciato stare quelle voci che ritenevano i Nascosti inferiori e aveva fronteggiato chiunque continuasse a chiamare Magnus un suo amico, mettendo subito in chiaro che fosse qualcosa di più.
«Voglio far capire che ciò che c’è tra noi è una cosa che non finirà,» gli aveva detto, quando gli aveva chiesto se potevano organizzare nel suo loft la festa per la prima runa di Max. E quello era stato più che un chiaro messaggio che non era esattamente amicizia ciò che li legava. Alec era diverso da qualsiasi Nephilim avesse mai conosciuto. Il suo cuore era diverso da quello di qualsiasi altro essere umano vivente avesse mai incontrato. E Magnus era stato tanto fortunato da riuscire ad entrarci.
Strinse la presa sulle loro mani e Alec sorrise impercettibilmente.
“Hai mai pensato che saremmo finiti così?”
Alec lo guardò. “Così come?”
Magnus alzò le loro mani intrecciate, bronzo che andava a mescolarsi con l’avorio. Le dita di Magnus, piene di anelli, smaltate e prive di imperfezioni, abbracciavano quelle di Alec, pallide, ruvide e colme di piccole cicatrici. Il Nephilim si portò la mano di Magnus alle labbra e ne baciò le nocche.
“No.” Una piccola pausa. “In realtà pensavo non sarei finito così con nessuno.” Accarezzò con il pollice il palmo di Magnus. “C’era un piano da seguire. Ho sempre saputo quali fossero le mie responsabilità, in quanto Shadowhunter e primogenito. Dovevo portare avanti il nome di famiglia, sposarmi con una donna che avrebbe avuto i miei figli, diventare Capo dell’Istituto dopo mia madre. Era una strada tracciata, sai? Tutto previsto dalle leggi e usanze del Clave. Non importava a nessuno se questo poteva non essere il mio piano, o se mi rendeva infelice. Dura lex, sed lex. E l’avevo anche accettato, in un certo senso.” Alec si zittì, sospirando. “Poi ho incontrato te e mi hai trascinato fuori da quel sentiero tracciato. Ti sei scagliato nella mia vita come un’onda su una scogliera e sei stato la sorpresa più bella che l’Angelo potesse riservarmi.” Abbozzò un sorriso a labbra chiuse, alzando solo un angolo della bocca. “Mi hai insegnato cosa significa essere felice.”
Magnus sentì il cuore accelerare. “Anche tu.” Sussurrò. “Prima di incontrarti, avevo scordato cosa significasse.”  
Alec baciò di nuovo la sua mano. “Ti amo.”
Fu Magnus a fermarsi, questa volta. Si sistemò davanti ad Alec, prendendogli il viso tra le mani e accarezzandogli le guance. “Anche io, non sai quanto.” Si alzò leggermente per dargli un bacio a stampo.
Alec, invece, lo sapeva. Magnus lo amava così tanto che era letteralmente sceso all’Inferno per lui.  
“E, se ci pensi,” continuò l’uomo, “Una parte di quel piano è rimasta invariata. Sei il Capo dell’Istituto. Il più carino che abbiano mai avuto.”
Alec rise e scosse la testa con affetto. Lasciò un bacio sulla fronte di Magnus, prima di prenderlo di nuovo per mano e continuare a camminare verso casa.


Arrivarono a Brooklyn quasi un’ora dopo. Avevano passeggiato mano nella mano, indisturbati da qualsiasi cosa rientrasse, di norma, nelle loro vite: attacchi demoniaci, demoni stessi, creature infernali e agguati inaspettati. Avevano parlato di cose normali: Magnus gli aveva confessato che aveva seguito un corso di cucina, una volta, e gli aveva persino raccontato di quella volta che Catarina aveva vomitato dopo essere salita sulla ruota panoramica. A mia discolpa, aveva detto Magnus, non sapevo che soffrisse di vertigini a tal punto da arrivare a rimettere!
Alec aveva riso, immaginandosi la scena, e per un attimo si era permesso di immaginare come sarebbe stata la loro vita se fossero stati due Mondani. Avrebbero passeggiato ogni sera senza la paura di essere attaccati, non avrebbero temuto nessuna ritorsione da qualche demone superiore, o nemico in generale, e non ci sarebbe nemmeno stato il pericolo di venire uccisi un giorno sì e l’altro pure. Se fossero stati Mondani, non avrebbero sempre vissuto con la sensazione che le loro vite fossero appese ad un filo nelle mani di Parche crudeli e capricciose. Se fossero stati Mondani, Magnus non avrebbe perso un’importante parte di sé per riuscire a vincere una guerra in cui si era ritrovato perché aveva scelto di combattere al fianco di Alec.  
Ma la loro vita era quella: Alec era uno Shadowhunter, Magnus era – o era stato – uno Stregone. Questo non si poteva cambiare. Come non si poteva fare finta che il Mondo Invisibile e i suoi pericoli non esistessero.
Esistevano. Ed erano una minaccia più che reale.
Per questo, una volta arrivati davanti alla porta del loft in cui abitavano – Alec si era trasferito ufficialmente per non lasciare mai Magnus da solo – il Cacciatore afferrò il suo ragazzo per un gomito, invitandolo a stare dietro di lui.
Lo faceva sempre, ogni volta che rientravano. Sebbene Catarina avesse fatto un lavoro ottimo, innalzando difese magiche che coprivano tutto il perimetro del loft, Alec prendeva ulteriori misure di sicurezza. Non voleva rischiare che qualcuno – o qualcosa – riuscisse a trovare un modo per entrare e cogliesse Magnus per primo. Non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male, ora che era senza magia.
Magnus lo lasciò fare, consapevole che ormai era inutile provare a dirgli di non fargli da scudo umano, così osservò Alec che apriva la porta della loro casa ed entrava per primo. Lo guardò accendere le luci ed ispezionare il perimetro della stanza. Fece comparire dal nulla una daga angelica – la stessa che teneva sotto al cuscino di notte, dal momento che tenerci l’arco sarebbe stato troppo scomodo – e, una volta appurato che il salotto era sicuro, si diresse nelle altre stanze. Magnus rimase in attesa, all’ingresso. Si tolse il cappotto, sistemandolo sull’attaccapanni, e rimase in ascolto. Ogni volta che Alexander ispezionava la loro casa, lui istintivamente si irrigidiva. Temeva di sentirlo gemere di dolore da un momento all’altro, vittima di un agguato che i suoi sensi, seppur allenati, non erano riusciti a cogliere. Ogni volta, una sensazione di impotenza e inutilità si faceva strada in lui a tal punto che sentiva il respiro venirgli meno, come il principio di un attacco di panico. Non era in grado di proteggere se stesso e nemmeno Alexander, nel caso in cui le sue abilità fossero state sopraffatte.
“È tutto a pos– Magnus, stai bene?” domandò Alec, ricomparendo dal corridoio che portava alle altre stanze del loft. Il volto di Magnus era tirato e pallido e Alec immediatamente si preoccupò.
“Sì, sto bene, non preoccuparti.”
Ma Alec non era per nulla convinto di quella risposta. Si avvicinò ulteriormente. “Magnus. Cosa c’è?”
L’uomo sospirò, guardando altrove. Magnus non guardava mai altrove, non cercava mai un modo per evitare il suo sguardo.
“Ho paura per te ogni dannata volta che rientriamo, anche da una semplice passeggiata. Ti inoltri nel loft e io devo stare qui ad aspettare, pregando un Dio in cui non ho mai creduto che non ti succeda niente, che la casa sia sicura, perché detesto l’idea di vederti di nuovo sanguinante. E detesto ancora di più la consapevolezza che non posso fare più niente per proteggerti!”
Alec lo strinse in un abbraccio. “So che è difficile per te, Magnus. Ma non è vero che non puoi più fare niente per proteggermi. Mi hai battuto solo qualche giorno fa, ricordi?” Gli afferrò il viso tra le mani e abbozzò un sorriso incoraggiante. “Ascolta, probabilmente ho sbagliato io a tagliarti fuori da tutto. Ho solo…”
“Paura.” Concluse Magnus per lui e Alec annuì. Era un’emozione nuova, per il Cacciatore. Non aveva mai temuto la morte, perché era sempre stato cresciuto con l’idea che fosse un dato di fatto, una possibilità concreta per un Nephilim che scende in battaglia. Mai aveva temuto per sé, quando si era trovato nel bel mezzo di uno scontro. Ma adesso… adesso c’era la vita di Magnus in gioco e l’idea di poterlo perdere gli faceva provare una paura paralizzante.
“Ma questo non mi da il diritto di farti sentire inadeguato. Ho solo reagito nell’unico modo che conosco.”
“Da soldato.”
Alec annuì di nuovo. “Mi dispiace.”
Magnus si rilassò, sospirando come se in quel modo fosse riuscito ad allontanare quei brutti pensieri da sé. “Non dispiacerti. So come sei fatto. Il tuo metterti in prima linea per gli altri è una delle cose che amo di te, anche se mi terrorizza a morte.” Allungò una mano per accarezzare uno dei polsi di Alec.
Il silenzio aleggiò tra di loro per qualche istante, prima che il Cacciatore prendesse di nuovo la parola, abbassando le mani dal viso di Magnus. “Facciamo così: d’ora in avanti, ispezioneremo il loft insieme. Ci copriremo le spalle e ci terremo d’occhio a vicenda.”
Magnus avvertì tutta la tensione sciogliersi. Il panico che aveva strisciato poco prima nelle sue vene, rendendo di ghiaccio il suo sangue, era svanito del tutto, grazie alla vicinanza di Alec e alle sue parole. Finché lui avesse continuato a vederlo all’altezza della situazione, anche se ormai non era più uno Stregone, anche Magnus l’avrebbe creduto. Sarebbe stata un’altra delle difficoltà che avrebbero incontrato nel loro cammino e che il loro amore sarebbe riuscito a sconfiggere, come ogni altra prima di questa.
Una corsa ad ostacoli che avrebbero sempre vinto, finché rimanevano insieme. Magnus di questo ne era certo.
“Sai cosa ci vorrebbe adesso?”
“Un drink?” chiese Alec, facendo sorridere Magnus.
“Ho l’impressione di averti traviato un po’ troppo, se si parla di alcol.”
Alec si concesse una risata, di cui Magnus si appropriò con un bacio.
“Ci vorrebbe un ballo.”
“Un ballo?” Echeggiò perplesso Alec.
Magnus annuì. “La musica mette allegria dall’alba dei tempi, amore mio. E non si può non ballare, quando c’è musica.”
“Non ho mai ballato in vita mia.” Si giustificò Alec.
“Allora lascia che ti mostri come si fa.”


Alec non aveva mai ballato in vita sua, ma a quanto pare tra i vari e nascosti talenti di Magnus c’era anche quello di essere un ballerino bravissimo. Il Cacciatore si stava giusto chiedendo se ci fosse qualcosa che il suo ragazzo non sapesse fare, prima di pestargli inavvertitamente un piede.
“Scusa!” si affrettò a dire, mentre si immobilizzava, irrigidendosi come una statua. “Non sono bravo in queste cose.”
Au contraire, mon cher, devi solo fare pratica.” Magnus gli rivolse un sorrisetto malizioso. “In più, so quanto puoi essere aggraziato. L’hai anche detto tu, mon amour, ricordi?”
Alec ricordava – come avrebbe potuto non farlo, dopotutto? Era stata la sua prima volta con Magnus, avrebbe ricordato ogni cosa di quella notte.
“Devi solo scioglierti un po’. Non è una lezione, siamo solo io e te.” Magnus abbassò la mano che fino ad ora aveva tenuto sulla schiena di Alec e sciolse l’intreccio delle loro mani. “Devi farlo per divertirti.”
“Non ho mai fatto niente per divertirmi, Magnus. Le volte che dovevo fare qualcosa era per impararlo alla perfezione, senza contare che quasi tutto era una specie di gara con Jace a chi riuscisse ad imparare prima.”
Magnus annuì perché capiva. Sapeva benissimo come venivano educati e cresciuti i Nephilim. Venivano mandati a combattere da bambini e passavano tutta la vita ad allenarsi. Jace, poi, ritenuto uno dei migliori della sua generazione, aveva uno spirito competitivo e una sicurezza in sé da risultare tracotante e a tratti fastidiosa. Alec era totalmente diverso. Era come se fosse abituato al fatto che, in ogni caso, avrebbero guardato tutti Jace, ritenendolo l’unico degno di lodi. Questo aveva portato Alexander a non ritenersi mai abbastanza, a sminuire le cose straordinarie che in realtà sapeva fare. Aveva centrato il nucleo demoniaco di Azazel tra due vertebre con una freccia, mentre librava per aria, santo cielo, eppure non aveva dato gran peso alla cosa. Come se un gesto simile non implicasse avere una perfetta mira, una capacità spiccata all’agire sotto pressione e una conoscenza profonda dell’anatomia umana. Magnus si trovava molto spesso a inveire mentalmente contro chiunque avesse portato Alec ad avere così poca stima di sé.
“Questa non è una gara a chi impara prima. Quindi rilassati e segui me.” Magnus appoggiò le sue mani sui fianchi di Alec e lo tirò a sé per averlo più vicino. Alzò lo sguardo su di lui, mentre le sue mani rimanevano salde dov’erano. Il respiro di Alec aumentò impercettibilmente. “Prima di tutto,” cominciò Magnus, “Devi muovere questi.” Le sue mani si mossero, spostandosi abilmente sotto la camicia nera che Alec indossava. Il Cacciatore avvertì il contrasto tra la pelle calda di Magnus e il metallo freddo dei suoi anelli su di sé e sentì l’aria che gli veniva succhiata via dai polmoni. La sensazione di apnea, poi, aumentò quando le mani di Magnus presero ad accarezzargli la parte bassa degli addominali.
“Quelli non sono i miei fianchi, Magnus.”
“Lo so, questo è solo perché mi andava di farlo.” Magnus avvicinò il viso a quello di Alec, gli occhi erano fissi sulla sua bocca. Il Nephilim si chinò leggermente per catturare le labbra di Magnus, il quale strinse la presa sulla sua pelle non appena le loro bocche entrarono in contatto. Alec sussultò, ma reagì prontamente, allacciandogli le braccia dietro al collo.
“È questo il tuo metodo di insegnamento?” Gli chiese, quando si separarono, rimanendo tuttavia abbracciati. “Seduci tutti i tuoi allevi?”
“Solo quelli irresistibili.”
Alec sfiorò il naso di Magnus con il proprio. “Mi stai dicendo che non sono l’unico?”
“No, ti sto dicendo che sei irresistibile.” Magnus gli baciò un angolo della bocca. “In un modo tutto tuo.” Baciò l’altro angolo. “Particolare.” Gli baciò le labbra. “E sì, unico.” La sua bocca scese sul collo del Cacciatore, dove tracciò con una serie di baci il perimetro della runa di blocco. Alec incurvò la testa per lasciargli più spazio d’azione, il suo respiro ormai era incontrollabile. Alternava momenti dove gli si mozzava in gola a momenti in cui accelerava come se avesse appena finito una maratona. Non gli importava, granché. Una delle cose che amava dello stare insieme a Magnus era che la sua sola presenza era in grado di fargli spegnere il cervello. Quando la sua bocca lo sfiorava, poi, Alec veniva catapultato in un’altra dimensione completamente diversa, dove lui si sentiva diverso. Gli prese il mento fra le dita, facendogli alzare il viso con delicatezza. Lo baciò perché ne sentì il bisogno, perché voleva sentire le morbide labbra di Magnus a contatto con le proprie, voleva sentire il suo sapore. La prima volta che si erano visti ed erano stati ad una distanza tale affinché Alec riuscisse a cogliere il profumo di Magnus, aveva pensato che fosse inebriante. Pensava che niente avrebbe battuto quella sensazione alla bocca dello stomaco ogni volta che sentiva quel profumo. Alec si sbagliava di grosso – perché più inebriante di quel profumo, era il sapore che aveva Magnus. Ne era dipendente a tal punto da sentire un bisogno viscerale di baciarlo. Era la prima cosa che faceva la mattina, era l’ultima che faceva prima di addormentarsi. La sua bocca conosceva ogni centimetro del corpo di Magnus. E ogni parte di lui aveva un profumo e un sapore che Alec amava alla follia.
“Lo sai che i bravi allievi non distraggono mai gli insegnanti?”
“I bravi insegnanti non mettono le mani sotto le camicie degli allievi.”
“Ti stai lamentando, per caso?”
“No, sto solo facendo il punto della situazione.”  
 Magnus sorrise e fece uscire le mani dalla camicia di Alec, appoggiandone poi una al centro della sua schiena, sopra alla stoffa. “Balliamo?”
Alec gli lasciò un fugace bacio sulla punta del naso, prima di annuire.


Il fatto che Alec avesse passato tutta la sua vita ad allenarsi e a rimanere concentrato su ciò che doveva fare, lo rendeva molto abile nell’apprendimento. Infatti, era bastato davvero pochissimo per fargli capire come doveva muoversi e che, soprattutto, doveva farlo con l’intento solo di divertirsi. Tolta la competizione dall’equazione, Alec si era sciolto a tal punto da risultare abbastanza fluido, per un principiante, e Magnus non poteva che esserne felice.
Stavano ballando sulle note di una canzone relativamente movimentata. Magnus stringeva Alec a sé e ogni volta che i loro visi si avvicinavano, Alec sorrideva e arrossiva, come se non si fosse ancora abituato all’idea che un guerriero come lui riuscisse a fare  una cosa così aggraziata come ballare. I Nephilim erano così abituati ad usare le loro abilità per la guerra o la distruzione, che gli veniva difficile credere di poter usare la grazia di cui erano capaci per qualcosa di delicato come un ballo. Ma Magnus lo vedeva capace e sapeva che Alec si stava divertendo – così tanto che cominciò a voler condurre. Magnus lo lasciò fare. Ballare gli era sempre piaciuto, ma farlo con Alexander assumeva un aspetto tutto nuovo. Gli piaceva averlo tra le braccia, o ritrovarsi tra le sue braccia, a seconda di come si muovevano. Gli piaceva vederlo sorridere ogni volta che Magnus si esibiva in un passo un po’ più complicato e adorava il fatto che, solo per farlo contento, Alec si fosse impegnato tanto per imparare a ballare a sua volta.
Alec gli appoggiò una mano sulla schiena, mentre l’altra andava a stringere quella di Magnus che non era appoggiata sulla sua spalla.
“Hai visto? Stai ballando.” Disse Magnus, mentre cominciarono a muoversi in sintonia. Alec sorrise: aveva capito come fare i passi giusti senza rischiare di pestargli i piedi, o inciampare. Seguendo una nota della canzone, face un passo all’indietro, scivolando sulle suole delle sue scarpe. Rimase legato a Magnus solo con la mano che teneva intrecciata alla sua, mentre l’altra gli ricadeva morbida lungo un fianco; le gambe divaricate. Magnus si esibì in una piroetta, venendo avvolto dal braccio di Alec, mano a mano che gli si avvicinava. Stava sorridendo e sentiva il cuore leggero come non gli capitava da settimane. Alec era in grado anche di fargli questo effetto ed era uno dei motivi per cui era speciale.
Quando Magnus concluse la sua piroetta, anzi che trovarsi contro al petto di Alec, questi lo afferrò per un fianco con la mano che aveva libera e gli fece fare un casquet. Magnus si trovò piegato a mezz’aria, con il viso a due centimetri da quello di Alec, che si era chinato a sua volta. Era stato un movimento abbozzato, qualcosa che era lontano anni luce dalla perfezione della tecnica professionale richiesta, eppure per Magnus era tutto perfetto: avvertiva la presa di Alec salda su di sé, che lo sosteneva con tutta l’intenzione di sorreggerlo, di non lasciarlo mai andare.
Era quella una metafora di come fosse fatto Alexander, che si era innamorato una volta sola, nella vita, e dell’uomo che adesso teneva fra le braccia; un uomo che avrebbe sempre sostenuto, che non avrebbe mai lasciato cadere al suolo. L’avrebbe sempre stretto a sé, cercando di proteggerlo nel modo migliore che conosceva. L’avrebbe tenuto lontano da chi non voleva ancora accettare il loro amore e l’avrebbe amato, sempre, con tutto se stesso.
Gli avrebbe donato il suo cuore, il suo intero mondo. Prendili entrambi, sono tuoi, sembrava dire quel gesto. E Magnus non era mai stato in grado di percepire fisicamente l’amore come in quel momento. Era più di un sentimento, era come se fosse riuscito a materializzarsi, come se riuscisse a vederlo concretamente –  come si vede il cielo o la luna.
L’amore non era più una cosa astratta, qualcosa che non si vede, ma si sente. L’amore era Alexander, con i suoi sorrisi impacciati, la sua gelosia, i suoi modi un po’ scontrosi, ma genuini. Era Alexander, con i suoi occhi così belli ed espressivi, con i suoi gesti semplici, ma spontanei ed efficaci; con la sua capacità di chiedere scusa, quando riconosceva di aver sbagliato. Era Alexander, con i suoi baci e le sue apprensioni e le sue accortezze cariche di un amore puro e incondizionato.
L’amore era semplicemente Alexander, in tutta la sua intera figura. E niente sarebbe mai stato all’altezza di ciò. Gli amori precedenti, impallidivano a confronto. E se Magnus avesse ancora avuto la sua immortalità, aveva la certezza che non ce ne sarebbero stati di futuri, perché avrebbero perso in partenza. Alec era la sua anima gemella, colui che aveva preso il suo cuore e ne aveva avuto cura – ne aveva cura ogni giorno, rispettandolo e amandolo.
Ancora mezzo sospeso per aria, con la mano di Alec appoggiata sulla schiena, Magnus appoggiò una delle proprie sulla sua guancia, accarezzandogli lo zigomo. Lo guardò con tutta l’adorazione che uno sguardo riesce a trasmettere, carico di quella certezza che sempre l’avrebbe amato, e lo baciò. Un bacio lento, ma profondo. Si prese i suoi tempi, aspettò che Alec lo accogliesse e continuò a baciarlo con devozione. Non c’era fretta, Magnus voleva prendersi tutto il suo tempo per assaporarlo e per fargli capire quanto fosse importante per lui. Alec portò entrambi di nuovo in posizione eretta, mentre la mano sulla schiena di Magnus premeva sempre di più, fino a che ogni parte dei loro corpi entrò in contatto. Alec aveva questo modo di abbracciarlo che lo faceva tremare dentro, e Magnus amava quella sensazione. Trasmetteva stabilità, ma allo stesso tempo gli ricordava l’intensità distruttrice e incontrollabile dei terremoti.
Alexander era l’alba vista dall’interno di un’onda. C’era l’adrenalina del trovarsi sulla cresta di qualcosa di irruento come il mare, mischiato a quella sensazione di pace e tranquillità che solo il sorgere del sole riesce a trasmettere.
“Ti amo.” Sussurrò Magnus, quando si separarono per mancanza di ossigeno. Le labbra di entrambi erano gonfie, lucide ed arrossate.
“Anche io.” Sorrise Alec, la fronte appoggiata a quella dell’uomo davanti a sé. “Così tanto, Magnus.” 
“Hai ballato, per me. È un enorme dimostrazione del tuo amore.” Scherzò, facendo ridere Alec.
“Almeno sono stato bravo?”
Magnus annuì. “Bravissimo.”
“Sarà merito del mio insegnante.”
“È sicuramente merito del tuo insegnante!”
Alec gli baciò la fronte. “Anche se tende ad allungare un po’ troppo le mani. È così poco professionale!”
Magnus, in tutta risposta, spostò le proprie mani sul sedere di Alec, stringendolo da sopra i pantaloni. Il Nephilim sussultò, ma rise. “Vedi? Poco professionale!”
Magnus gli lasciò un bacio sulle labbra, appropriandosi del suo sorriso. “Taci, Alexander.”
“E pure prepotente!” Lo punzecchiò l’altro.
“Ho almeno dei pregi?”
Alec cambiò espressione. Le sue iridi cervone si addolcirono immediatamente, mentre una mano andava ad accarezzare la guancia di Magnus. Si sporse leggermente in avanti, appoggiando le labbra sulle sue, in un piccolo e dolce bacio. “Sei pieno di pregi, amore.” Sussurrò l’ultima parola come se avesse voluto chiedere il permesso di pronunciarla, come se fosse stato un suono fino ad ora sconosciuto, ma avesse agognato a pronunciarlo da tempo immemore. Il cuore di Magnus rischiò di esplodergli nel petto, perché tutto si sarebbe aspettato, meno che sentire Alec appellarlo in quel modo. Gli sorrise, sentendo ogni osso del suo corpo sciogliersi, complice anche lo sguardo adorante di Alec. “Dici sempre le cose giuste al momento giusto, tu.”
“Lo faccio?”
Magnus annuì. “E continui a stupirmi, Alexander.”
“In positivo, spero.” Sorrise Alec, ricordando la prima volta che si erano scambiati frasi simili, dopo il loro primo bacio.
Per tutta risposta, Magnus lo baciò.
L’amor che move il sole e l’altre stelle, scriveva Dante. E Magnus sapeva che il loro, di amore, avrebbe mosso qualsiasi cosa.







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Eccomi di nuovo! Questa OS nasce su richiesta di LadyKiller125 che mi ha chiesto se potevo scrivere qualcosa sulla scena del ballo. Ora, visto che, come la scena dell’allenamento, dura circa due secondi, ho pensato di impostarla come una specie di seguito della OS “My angel, my love” anche se penso si possano leggere tranquillamente singolarmente, senza necessariamente aver letto la prima.
Veronica, spero che questa piccola OS ti sia piaciuta e che fosse almeno un po’ come te l’eri immaginata!
Se avete aperto questa storia e siete arrivati fino in fondo, vi ringrazio immensamente! Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi saluto, un abbraccio! Alla prossima! <3






 
   
 
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