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Autore: WhiteLight Girl    09/02/2019    1 recensioni
Dopo gli eventi di Nella tela del ragno, Adrien non si dà pace e parte per la Cina. Il suo viaggio, però, prende una piega inaspettata quando un varco si apre sotto i suoi piedi e lui finisce in una dimensione sconosciuta. Rimasto solo con Plagg, osa sperare che questo l'abbia portato più vicino a Marinette di quanto lo sia stato nei mesi precendenti, per una volta la fortuna sembra girare a suo favore, ma è davvero così o c'è di nuovo qualcosa o qualcuno che manovra i fili di ciò che gli sta accadendo attorno?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vuoto attorno

«Sei stata poco attenta, mia cara.» le sussurrò la donna. «E tu il tuo Chat Noir siete così giovani, così impreparati a ciò che il mondo ha in serbo per voi.»
Ladybug strinse i denti, l’odore che la pelle dell’altra emanava le ricordava la carne marcia; si ritrovò a domandarsi se le capitasse mai di divorare qualcuna delle persone prese in ostaggio durante i suoi viaggi negli altri mondi, se avesse già pensato ad uno dei suoi amici come cena.
«Siamo supereroi da quando avevamo quattordici anni, siamo più preparati di quanto credi.»
La donna scosse il capo. «Non lo metto in dubbio, mia cara, ma non era a questo che mi riferivo.»
Allora la guardò, a Marinette parve di scorgere comprensione, nei suoi occhi.


Marinette strinse al petto il fagotto e continuò ad avanzare, avrebbe voluto trasformarsi, ma tutto le doleva e non sarebbe stata in grado di usare lo yo-yo.
«Non fermarti!» le disse Tikki, che la precedeva. «Continua a correre.»
Marinette obbedì, si sforzò di mettere un piede dopo l’altro nonostante le caviglie gonfie ed i muscoli insensibili e formicolanti. Si aggrappò alle enormi radici che si trovava davanti, girò attorno ai fossi ed ai punti in cui il terreno era friabile solo perché Tikki continuava ad incoraggiarla ed avvertirla di ogni ostacolo.
«Forza, Marinette!»
Tikki la afferrò per la manica, ne tirò il polsino per tenerla in piedi, ma Marinette non sentiva più le dita dei piedi né quelle delle mani, tremava, stringeva la bambina al petto per cercare di infonderle quello che restava del proprio calore mentre il gelo della notte provava in ogni modo a portarglielo via.
Iniziava a faticare a tenere gli occhi aperti, restò china in avanti per fare scudo alla neonata con il proprio corpo, ma presto realizzò che anche se avesse voluto sollevarsi non ne sarebbe stata in grado ed incespicò in avanti, inciampando in una radice e spostandosi su un lato per impedire alla bambina che stringeva di arrivare per primo per terra.
«Marinette!» esclamò Tikki.
Marinette si rannicchiò nel fango, la mano immersa in una pozzanghera fino al polso, il tremito che il freddo le provocò le fece perdere le ultime forze che aveva e finì con la guancia premuta sul terreno. Tenne la bambina stretta contro il petto, sospesa a pochi centimetri da terra, il palmo aperto sulla sua nuca per sorreggerla come meglio poteva.
Inspirò, poi si sollevò tremante e si mise a sedere, strisciò contro il tronco di un albero e sollevò gli occhi al cielo, mentre sentiva che le ultime forze iniziavano ad abbandonarla.
Ogni cellula del suo corpo pareva essere sul punto di esplodere, era come se la stessa aria che aveva attorno fosse pesante, la spingesse verso terra, la avvolgesse e stritolasse in una morsa per non lasciarla andare.
«Non posso farcela, Tikki, non da sola. Ho bisogno di Adrien.» gemette. Le lacrime scivolarono giù per le sue guance. Anche la bambina piangeva, con gli occhi chiusi e le ciglia grondanti di lacrime che scivolavano veloci verso le dita di Marinette. «Sapevo di essere incinta da appena venti secondi ed ho già fatto la scelta peggiore della mia vita.»
Tikki si avvicinò, gli occhi erano lucidi nella penombra mentre le sfiorava la guancia. «No, Marinette. Hai avuto paura che ti facessero del male e che così potesse accadere qualcosa al bambino, qualunque madre avrebbe fatto la scelta che hai fatto tu.»
Marinette scosse il capo. «Avrei dovuto combattere, fidarmi del fatto che Adrien e gli altri avrebbero potuto proteggerci.»
Tikki inclinò il capo, nessuna traccia di rimprovero sul suo musetto preoccupato.
«Ma non ne eri certa, non te la sei sentita di rischiare, lo capisco, va bene.» disse.
Marinette gemette.
«No! Non va bene per niente!» le parole le morirono in gola, mentre la smorfia della bambina che stringeva tra le braccia disegnava due profonde fossette sulle sue guance piene. «Lei... Lei non ha neanche un nome ed ha già perso così tanto...»
Tikki le sfiorò la fronte. «Lo so, Marinette. Però tu puoi cambiare le cose, darle tutto quello che puoi.»
Scuotendo il capo, Marinette avvertì le forze mancarle, le parve che il mondo ondeggiasse tutto attorno a loro. «No, no! Io non posso farlo. Non da sola, non così. Ho bisogno di Adrien, lui neppure lo sa, non sono riuscita a dirglielo!»
«Marinette!» esclamò Tikki. La voce ferma e lo sguardo severo puntato verso di lei. «Stai avendo un attacco di panico, devi controllarti. Non sopravvivremo se non riprendi il controllo e non ti alzi.»
Ma Marinette scosse il capo ancora una volta, aveva solo voglia di stendersi sull’erba lasciarsi andare, avrebbe voluto addormentarsi e riaprire gli occhi per scoprire che era stato solo un orrendo e lungo incubo troppo vivido e magari scoprire che Adrien era al suo fianco.
«Marinette, guardala.» disse Tikki. La zampa, ancora ferma contro la sua pelle, fu l’unica cosa che Marinette riuscì a percepire per alcuni istanti e, quando finalmente riuscì a riaprire gli occhi ed a tornare a guardare Tikki, lei le fece un cenno verso la bambina in lacrime. I suoi strilli erano come un faro nella notte e nel silenzio si udivano di certo già da diverse centinaia di metri di distanza.
«Lei ha bisogno di te, ora sei l’unica persona che ha.» le ricordò Tikki.
Marinette si fermò ad osservare la bambina, la boccuccia sdentata spalancata, le guance bagnate, gli occhi chiusi e le braccine sollevate oltre il colletto della giacca in cui l’aveva avvolta. Aveva ancora la pelle umida e sporca di sangue, poiché non c’era stato il tempo di ripulirla dopo che era venuta al mondo.
«Non so neanche da dove cominciare...» disse Marinette.
Tikki strinse la zampetta attorno al suo dito, il gesto più vicino che potesse fare allo stringerle la mano per infonderle coraggio. «Non ha un nome, Marinette, scegligliene uno. Comincia da questo.» Con il cuore che batteva a mille, Marinette deglutì.
«Io?» domandò.
Le mani le tremarono, la presa sulla bambina quasi si allentò, ma non avrebbe mai lasciato che le cadesse.
Tikki annuì. «Sei l’unica che può farlo, adesso. Questa bambina merita un nome, non credi?»
Marinette inspirò. «Certo.»
«Allora forza, scegline uno.» ripeté Tikki.
Marinette si morse il labbro e annuì.
«Lei... Ho sempre pensato che se avessi avuto una bambina l’avrei chiamata Emma...» disse. Fece ondeggiare la bambina tra le braccia, sperando che così si sarebbe calmata.
Tikki sorrise. «Lo so. Ora andiamo, abbiamo perso terreno. Devi farlo per Emma e non solo per lei.» Marinette premette la mano sulla terra umida e fece leva sul braccio per alzarsi, ma tra il fagotto stretto tra le braccia ed il ventre che doleva rischiò di cadere indietro. Scattò in avanti per rimettersi in equilibrio, fu allora che il dolore allo stomaco la colse, dandole quasi l’impressione di essersi spezzata in due.
«Tikki...» sussurrò, la voce rotta per via del fiato mancante. «Qualcosa non va.»
Entrambe guardarono in basso, dove i vecchi pantaloni logori che ora le andavano troppo stretti iniziavano ad imbrattarsi rapidamente di sangue.

«Puoi combattere fino alla morte, se vuoi, ma con te morirebbe anche il bambino. Credimi, è meglio che tu ci segua senza fare storie. È per il suo bene.»
   
 
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