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Autore: _Lightning_    09/02/2019    5 recensioni
I Vendicatori hanno sconfitto Thanos, salvato la Terra e riportato l'universo alla normalità. Ma, almeno per Peter, il lieto fine non è ancora arrivato.
Tony si ritrova a sospirare di nuovo, in un moto spossato. [...] Riporta gli occhi a Peter e la sua espressione diventa seria, quasi austera, come quando è dietro la sua maschera in missione – e in realtà lo è. Non può permettere che Peter si trovi a passare un’altra notte insonne: ha accettato il compito di guidarlo, e ciò include arginare i demoni che non è ancora in grado di respingere da solo. E, soprattutto, non può permettere che le sue ultime parole siano quello straziante “mi dispiace” perso nella cenere che continua a perseguitarlo negli incubi.
[post-Infinity War non canonico // Tony&Peter // What If? // PoV Multiplo]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'As if it never happened'
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“We’ve all been changed from what we were
Our broken hearts left smashed on the floor
I can’t believe you if I can’t hear you
I can’t believe you if I can’t hear you
 
[Smokers Outside The Hospital Doors – Editors]
 
 
 
          La luce in camera di Peter è ancora accesa.

La porta è insolitamente accostata, ma May si rincuora nel poter almeno intravedere suo nipote dallo spiraglio mentre attraversa il corridoio. Se ne sta sdraiato sul suo letto, con solo la massa di capelli arruffati a far capolino dal bozzolo di coperte. Il suo sguardo è puntato sul muro: May non ha bisogno di guardarlo in faccia per sapere che i suoi occhi sono ancora fissi e spalancati nel vuoto.
Sa bene che entrare sarebbe inutile, così supera la porta e si fa strada in salotto, dove Tony si è già servito una tazza di caffè. Sta giusto per fargli notare il poco buonsenso di assumere caffeina alle due di notte, ma ci ripensa. Dopotutto, se Peter è sveglio perché loro dovrebbero dormire?

Recupera anche lei una tazza dal lavello e lo raggiunge in silenzio, sorseggiando la bevanda tiepida. L’uomo rivolge lo sguardo a lei, poi alla porta di Peter, poi lo lascia sprofondare nel suo caffè come gli stesse nascondendo un qualche segreto di vitale importanza. Ha un’aria disorientata, come se si sentisse fuori posto, e strattona costantemente il braccio sinistro fasciato e bloccato dal tutore, al punto che non ci sarebbe da stupirsi se domani si sveglierà col torcicollo. Delle ombre violacee gli cerchiano gli occhi, e il suo volto è ancora costellato di graffi ed escoriazioni, alcuni quasi svaniti, altri che faticano invece a rimarginarsi. May ha preso nota di come zoppichi pesantemente dal lato sinistro, ma quando gli ha chiesto il perché lui ha svicolato in scioltezza la domanda, offrendo in risposta solo uno spavaldo "sono fresco come una rosa, zietta, non preoccuparti" .

Non è comunque così acciaccato come si sarebbe aspettata, considerando che è sopravvissuto alla fine del mondo. Anche suo nipote è pressoché illeso, almeno fisicamente.
Quello che preoccupa entrambi a morte è il suo stato mentale: Peter non ha ancora pronunciato una singola parola da quando è tornato tra loro, ed è chiuso da due giorni in un profondo mutismo. Non potrebbe immaginare nulla di più terrificante, a parte perderlo – e sa di cosa sta parlando.
"Shock", aveva azzardato Tony quando, anche dopo averlo riconsegnato nelle sue braccia, Peter aveva continuato a non aprir bocca. May è incline a credergli.
Quanti diciassettenni muoiono per poi tornare in vita? Le viene da rabbrividire al solo pensiero: morto. Suo nipote era morto. Quella nozione essenziale continua a bussare alla sua porta di tanto in tanto e finirà per farla uscire fuori di testa, prima o poi.

«May?» la voce preoccupata di Tony frena quel treno di pensieri e le ricorda che Peter è qui: gliel’ha riportato lui, esattamente come aveva promesso.

E adesso Peter è nella sua stanza. Vivo. Silenzioso. E insonne.
All’inizio aveva pensato che quei sintomi fossero normali: non poteva neanche immaginare cosa potesse aver visto "dall’altra parte". Notando quanto sembrasse provato e comunque molto poco incline a dormire, May aveva deciso di rispolverare un rituale del sabato sera ormai in disuso da anni, facendogli passare la notte del suo ritorno accoccolato a lei sul divano, guardando qualche cartone animato demenziale che adorava da bambino con quantità industriali di dolciumi – Peter non li aveva neanche guardati, né i cartoni, né i dolciumi, ed era semplicemente sprofondato nei cuscini senza più muoversi. May aveva provato a non dare peso a quell’assenza di reazioni e gli aveva parlato incessantemente dicendo tutto ciò che le passava per la testa, con la sola speranza che prima o poi le rispondesse o si addormentasse, ma aveva finito per subire lei stessa l’effetto soporifero delle proprie parole. E quando si era svegliata il mattino seguente con la tv che chiacchierava in sottofondo, Peter stava ancora fissando il vuoto con occhi vitrei, immobile e silenzioso quanto prima.

Solo allora aveva cominciato a farsi prendere dal panico. Era letteralmente sopravvissuto all’inferno, aveva sopportato più di ciò che chiunque, figurarsi un ragazzino, dovrebbe sopportare in una vita intera. Doveva dormire, ma si era silenziosamente rifiutato di chiudere gli occhi, anche quando l’aveva implorato con le lacrime che minacciavano di traboccare dai suoi. Sembrava intrappolato in una teca di vetro che impediva a qualunque suono di raggiungerlo o trapelare da lui.
Si è arresa oggi, il secondo giorno, all’una di notte e sull’orlo di una crisi isterica. Ha chiamato Tony pregandolo di venire lì di persona – lui è un genio, sa cos’è successo su quel pianeta dimenticato da Dio su cui hanno combattuto, può essere d’aiuto, deve esserlo.

Ci ha messo meno di venti minuti a precipitarsi dal Complesso al Queens ed è letteralmente saltato fuori dalla sua armatura attraverso la finestra, atterrando in salotto senza fiato, a piedi nudi e ancora in pigiama, coi capelli sfatti e chiaramente preoccupato a morte. May si sente vagamente in colpa per averlo buttato giù dal letto nel cuore della notte: anche lui ha urgente bisogno di dormire, soprattutto considerando che è in convalescenza e che ha già avuto più di una giornata da incubo, con il serraglio di conferenze stampa e riunioni politiche che si è trovato a fronteggiare nelle vesti di portavoce dei Vendicatori. Dubita che abbia avuto occasione di riposarsi. E può soltanto immaginare quanto desideri stare vicino a Pepper dopo averla quasi persa per sempre. Ma immagina anche che, a dispetto di tutto, ha fatto bene a dirgli di Peter. In caso contrario, Tony l’avrebbe prima biasimata per averglielo nascosto, per poi biasimare ancor di più se stesso per non essere stato lì al momento del bisogno.

Quindi adesso se ne stanno lì in cucina, entrambi in pigiama, sorseggiando caffè come se potessero davvero rischiare di addormentarsi, a spremersi le meningi in cerca di una soluzione per far sì che quel loro ragazzino riesca finalmente a chiudere occhio.

«May, tutto bene?» la voce di Tony risuona di nuovo, più bassa del solito, forse nell’inconscia, speranzosa preoccupazione di poter svegliare Peter.

May vorrebbe condividere quell’ottimismo, ma non crede di avere abbastanza energie per illudersi che stia dormendo.

«Quanto tempo è passato?» chiede invece, comunque altrettanto piano.

Conosce già la risposta, ma in effetti la domanda non mira ad ottenerle quella, ed è sicura che Tony sia più che in grado di leggere tra le righe. Lui scrolla le spalle e prende un sorso dalla sua tazza.

«Trentasei ore.» Scrolla di nuovo le spalle. «Personalmente, ho fatto di peggio. È ancora nella zona verde, fidati,» conclude a fugare il suo dubbio inespresso, e non aggiunge altro, come se ciò bastasse a spiegare tutto.

Non basta, e May continua a fissarlo interrogativa, aspettando un continuo. Tony sbuffa piano, come se si ritrovasse in una posizione imprevista e dalla quale vorrebbe districarsi al più presto col minor danno possibile.

«Okay, spesso sono–… uh, soffro d’insonnia,» inizia con leggerezza, prendendo la cosa alla larga. «E di solito inizio a dare i numeri dopo, diciamo, settantadue ore? Forse di più,» conclude, alzando un sopracciglio. «E non ho un super-siero nelle vene, né genoma di ragno o roba simile. I suoi aiutini aracnoidi dovrebbero tenere a bada lo stress e l’insonnia ed evitare ripercussioni, almeno fisicamente. Come dicevo: zona verde,» spiega, con calma apparente.

In realtà sembra che, oltre a lei, stia anche cercando di rassicurare se stesso, ma May coglie l’effettiva logicità di quelle parole. Annuisce appena, ma comprime le labbra. Tony sfugge il suo sguardo e posa la tazza sulla credenza; poi si afferra la spalla sinistra con la mano libera dal tutore e china leggermente la testa, in una posizione insolita e meditabonda che ha assunto spesso nel corso delle ultime due ore. 

«È più forte di quel che pensiamo; ho capito ciò che intendi,» dice dopo un po’ May, con un sospiro. «Ma non posso semplicemente smettere di preoccuparmi se non–…» s’interrompe, con una traccia di paura nella voce.

«Cos’è che ti preoccupa di più, esattamente?» chiede subito Tony. «Il fatto che non dorma o che non parli?»

La domanda è improvvisa, stonata, e indirizza chiaramente la discussione verso il vero problema. Ovvero, che quella non è una semplice questione d’insonnia, o di stress. Ci sono forze più grandi in gioco – dèi e Titani e magia – ma nessuno dei due sembra volerle nominare ad alta voce.

«Secondo te?»

May gli scocca un’occhiata inquisitoria, mentre un’ombra di sospetto emerge inevitabilmente sul suo volto. Tony tentenna. È raro che abbia difficoltà a trovare le parole giuste, e ciò non è affatto un buon segno.

«Cos’è che dovrebbe preoccuparmi di più, secondo te?» lo incalza ancora, cercando di non risultare sgarbata, ma assumendo comunque un tono severo.

«Entrambe le cose, in realtà, e parecchio,» risponde infine lui, con un sospiro reticente, e May sente il cuore scivolarle nello stomaco.

«Hai appena detto che l’insonnia non-…»

«L’ho detto, ma non mi riferisco a quello,» la interrompe, portando la mano alla nuca e sfregandosi distrattamente i capelli. «Quello che intendo è... insonnia? È normale, davvero. Non sono riuscito a dormire per mesi dopo l’Afghanistan e tutto il teatrino; Capitan Ghiacciolo non si è fatto un sonno completo da quando l’hanno scongelato e idem per il suo Tovarišč schizoide... a essere sinceri, tutta la nostra cricca di giustizieri mascherati non fa esattamente sogni d’oro,» parla senza sosta, chiaramente nervoso e snervandola a sua volta con quel suo dilungarsi. «Il punto è che alcune cose ti... ti segnano, e devi pagarne il prezzo.»

Alza finalmente lo sguardo dalla lucida superficie in marmo della cucina, che si è impegnato a fissare finora.

«Soprattutto di notte,» conclude, dopo una pausa pregna di significato.

«Non sei davvero arrivato al punto,» gli fa notare May, con un improvviso groppo in gola.

Tony inspira a fondo, come preparandosi a dire qualcosa di molto scomodo.

«Gli ho dato un’occhiata, e il suo caso non sembra rientrare nella categoria sopraelencata; non del tutto, almeno. C’è qualcosa di strano,» lo sguardo di Tony scatta di nuovo verso la porta di Peter. «Ho l’impressione che, qualunque cosa stia facendo, la stia facendo apposta,» spiega, gesticolando con la mano libera e corrugando le sopracciglia.

«Non stavamo parlando di insonnia e mutismo?» May scuote la testa, presa alla sprovvista.

«Sì, se non riesci a dormire o parlare,» sottolinea Tony, e non l’ha mai visto così controllato, ma la sua postura è troppo rigida per essere spontanea. «Ho... ho l’impressione che lui non voglia dormire, o parlare,» mormora con aperto sconcerto, come se non riesca a credere che qualcosa stia sfuggendo al suo acume.

Sembra quasi spaventato. Ha combattuto alieni, e mutanti, e macchine killer, ed esseri decisi a distruggere il loro mondo, eppure sembra più spaventato che mai, come se fosse sul punto di avere un crollo emotivo da un momento all’altro. Forse è a questo punto che dovrebbe crollare anche lei. Rimane in silenzio. Che diavolo sta succedendo a Peter? E perché lei e Tony non sono ancora in grado fare qualcosa? Sente le proprie dita tremare mentre si artigliano alla stoffa della maglietta, affondando nelle braccia. Non si è mai sentita così impotente.
Tony struscia appena i piedi nudi sulle piastrelle della cucina, come se stesse trattenendo l’urgenza di iniziare a camminare avanti e indietro per il piccolo appartamento.

«Lo so che quello che dico sembra assurdo, ma giuro che c’è una differenza,» dice sottovoce dopo un po’, quasi sulla difensiva.

Fa per aggiungere qualcosa, ma May solleva una mano e si interrompe all’istante.

«Ci sei passato? Intendo il non voler dormire o parlare,» gli chiede a bruciapelo, e lui distoglie subito lo sguardo.

«Una volta. Più o meno,» risponde evasivo. «Non in modo così, diciamo, intenso.» Fa una pausa, e il suo cipiglio s’indurisce, come se avesse appena realizzato qualcosa. «Anche allora c’entrava una delle Gemme dell’Infinito. Forse è una sorta di effetto collaterale...» mormora tra sé, mentre si tira pensoso il pizzetto.

«E sei riuscito a risolvere il problema?» May lo guarda con aspettativa.

Lui tira le labbra come se stesse ponderando la propria risposta e, forse, se mentire o meno.

«Gestire lo stress non è il mio forte,» è tutto ciò che dice infine, con un sorrisetto non molto convincente e quasi di scuse.

«Ovvero?»

«Ovvero, ho reagito male e ho fatto un casino,» sbotta, per poi ammutolire quando May trattiene un sussulto.

Le scocca un’occhiata dispiaciuta, e lei sa che non sta cercando di insinuare nulla riguardo a Peter. Ha imparato a conoscere Tony un po’ meglio, negli ultimi due anni, ed è cosciente che non sempre riesce ad esprimere ciò che pensa nel migliore dei modi. La maggior parte delle volte, lo esprime nel modo più sbagliato. Lo osserva passarsi una mano sul volto, come a cancellare quelle sue ultime parole.

«Come dicevo, gestire queste cose non è nel mio DNA. Quindi ho cercato... beh, in realtà altre persone che tengono a me hanno cercato un supporto, visto che io non volevo,» dice, parlando con cautela, e May intuisce dove stia andando a parare la discussione.

«Stai suggerendo di rivolgerci a uno psicologo per Peter?»

Tony arriccia appena le labbra e si limita ad annuire impercettibilmente. Sembra essere a disagio per quella confessione, molto più di quanto dovrebbe.

«È la soluzione migliore, se le cose non migliorano in fretta. E con "in fretta" intendo un paio di giorni, tre al massimo,» conclude, spostando il peso da un piede all’altro come fosse sulle spine. «Anche se proverei comunque a–... cioè, se noi- intendo tu e io, se vuoi che io, insomma...» gesticola quasi frenetico tra loro due e la stanza di Peter, sollevando le sopracciglia con fare interrogativo, come se avesse realizzato in quel momento di doverle chiedere il permesso per far loro visita o essere coinvolto in primis.

May gli rivolge un sorriso sottile.

«Sono contenta che ci sia tu ad aiutarci,» dice con semplicità.

Tony si rilassa visibilmente e ricambia a sua volta con un sorriso incerto ma grato.

«E credo anch’io che dovremmo cercare di parlare con lui, prima di farlo parlare con un professionista,» concorda poi May, pensando che è bello avere un piano e un piano di riserva. «Se è come dici tu, ed è un meccanismo di autodifesa, forse riusciremo a convincerlo che non ne ha bisogno,» aggiunge con più fermezza.

Tony abbandona il supporto della credenza e si raddrizza, più saldo sulle gambe e con uno sguardo sicuro di sé.

«Okay, allora è deciso. Prima lo facciamo parlare e poi lo facciamo dormire. O il contrario. E se non riusciamo a fare entrambi, lo portiamo da qualcuno che può farlo,» riassume, tagliando l’aria col palmo in un gesto deciso.

Sembra essersi rianimato e May suppone che anche lui sia quel tipo di persona che si sente allo sbando senza un piano, per quanto vago e lacunoso.

«Direi di sì,» concorda May.

Si toglie gli occhiali e si stropiccia gli occhi, lasciando uscire un sospiro profondo e un po’ tremante. Peter è qui, Tony è al suo fianco, e hanno un piano. La situazione è migliorata – dopo la fine del mondo può solo migliorare.

«Ah, senti... solo Pepper e Rhodey sanno dello strizzacervelli, e preferirei che rimanesse così, se non ti dispiace,» aggiunge Tony, tormentandosi intentamente l’orlo della maglietta.

«Spettegolare della tua salute mentale non è tra le mie priorità, al momento. Né lo sarà mai,» gli assicura, cristallina.

«Oh, grazie mille,» risponde lui, sollevando scherzosamente la tazza vuota in un brindisi, ma il suo sorriso è sincero. «Bene. E adesso?» chiede subito dopo, e May nota come i suoi occhi oscillino per un istante dalla porta di Peter alla finestra con fare quasi colpevole.

«Adesso lo lasciamo in pace. Forse ha solo bisogno di un po’ di tempo,» risponde May, sforzandosi di suonare convincente sia alle orecchie di Tony che alle proprie.

Poi inarca un sopracciglio, si appunta di nuovo gli occhiali sul naso e pianta i pugni sui fianchi, fissandolo con decisione.

«E adesso direi che è ora di tornare dalla tua innamorata, giovanotto,» annuncia, con tono di giocoso rimprovero.

Tony si lascia scappare un mezzo sbuffo divertito e scuote la testa, cedendo il punto.

«Ottimo consiglio. Peccato che non do mai retta a nessuno,» aggiunge, sfoggiando il suo tipico sorriso da malandrino, ma i suoi occhi rimangono opachi.

La situazione con Pepper dev’essere più difficile di quanto avesse pensato. Una ragione in più per rispedirlo a casa all’istante.

«Anche lei ha bisogno di te,» gli ricorda, gentilmente, e lui si limita ad annuire.

«Lo so. Ma è più forte di quanto sembri e sicuramente più forte di me,» afferma, con un brillio d’orgoglio negli occhi.

A quelle parole, un pensiero improvviso la fa adombrare e affila lo sguardo, scrutandolo severa.

«Le hai detto che sei qui, vero?»

Non si stupirebbe di scoprire che sia semplicemente decollato in fretta e furia con l’armatura addosso senza fornire alcuna spiegazione, lasciandola a chiedersi quale pericolo incomba su di lui e se tornerà mai indietro, stavolta. Tony emette un verso scocciato, agitando con noncuranza una mano.

«Tranquilla, zietta, lo sa e non credo stia organizzando una missione di recupero. Per ora. Devo solo tenerla aggiornata e farle sapere che stavolta non mi hanno rapito gli alieni o-…»

«Diglielo, allora. Di persona,» lo tronca lei, nel tono più intimidatorio che riesce a formulare a quell’ora indegna del mattino.

È comunque abbastanza, a giudicare dal lampo di genuino terrore che attraversa il volto di Tony.

«Sissignora,» acconsente, portandosi due dita alla fronte e mettendosi blandamente sull’attenti.

«E adesso, marsc’. Da qui in poi ci penso io,» afferma irremovibile, guidandolo fuori dalla cucina con una mano sulla sua schiena a prevenire qualsiasi tentativo di fuga.

Lui la asseconda docilmente, per poi avvicinarsi alla finestra zoppicando in modo inequivocabile e cercando allo stesso tempo di non darlo a vedere. La sua armatura scende prontamente dal tetto, atterrando con impensabile leggerezza sulla scala antincendio, e Tony esita con una mano sul davanzale lanciandole un’occhiata incerta.

«Chiamami se ti serve qualcosa e tienimi aggiornato, okay?» Subito dopo si gira del tutto verso di lei, con un’espressione a metà tra l’implorante e il corrucciato. «E cerca di dormire un po’. Dovrai essere in forma, non appena il ragnetto tornerà a zampettare qua e là,» si raccomanda, indicando la porta di Peter a mo’ di spiegazione, per poi slacciarsi il tutore dal collo per entrare nell’armatura.

«Ci provo, e provaci anche tu. Grazie,» aggiunge poi, sentitamente.

Lui si limita a farle un occhiolino in risposta.

«Allora, buonanotte,» le augura, portandosi fuori dalla finestra e dentro l’armatura. «O meglio, quel che ne rimane,» sbuffa appena, la voce già distorta dal casco, e anche col volto nascosto dalla maschera metallica May riesce a visualizzare il suo sorrisetto ironico.

Fa un ultimo cenno di saluto con la mano guantata per poi decollare con un ruggito di propulsori, tracciando una scia dorata nel cielo notturno e scomparendo ben presto alla vista. May gira le spalle alla finestra, rivolgendosi verso la porta di Peter in corridoio. Si lascia sfuggire un sospiro ripensando alle parole di Tony.

Sanno entrambi che nessuno di loro riuscirà a dormire, stanotte.
 



Note Dell’Autrice (e disclaimer):

Salve :) 
Non contenta dei miei mille progetti in corso, parto in quarta con un altro... anche se in modo un po’ particolare.

Mi spiego: ho scritto questa storia originariamente in inglese, pubblicandola su AO3. Più che una traduzione, questa su EFP è per certi versi è un riadattamento, innanzitutto perché ho modificato molte delle sezioni a volte scritte frettolosamente, o comunque in un modo che non mi soddisfaceva appieno. Ne ho poi aggiunte altre e ho diviso diversamente i capitoli (quella in inglese seguiva infatti il prompt "5+1 Things" ed era composta da sei capitoli totali, schema che qui ho deciso di abbandonare per la lunghezza eccessiva degli ultimi).
Disclaimer: ho letto il regolamento per le traduzioni, che prevederebbe la creazione di un account a parte per tradurre storie di autori stranieri, ovviamente col loro esplicito permesso, ma essendo qui autrice sia dell’originale in inglese, sia della traduzione, ho ritenuto opportuno non farlo – nelle note dei capitoli di AO3 rimanderò comunque a questa traduzione, a mo’ di permesso dato a me stessa per evitare dubbi sulla "paternità" della storia.

Riguardo alla storia in sé: ogni punto che potrebbe sembrare ambiguo o contraddittorio di questo primo capitolo verrà chiarito successivamente, incluso il discors sulle Gemme. Si parte dal presupposto che i Vendicatori abbiano sconfitto Thanos e riportato l’universo alla normalità, in un modo che verrà solo accennato successivamente, sia per non addentrarmi in teorie azzardate, sia perché non rappresenta il focus della storia.

Ringrazio tantissimo la mia cara _Atlas_, che ha fatto da beta per la traduzione italiana sorbendosi non pochi rimpalli di stesure e dubbi su sequenze che non mi filavano in italiano, oltre a subirsi le mie crisi per il titolo :’D Grazie, senza di te questa storia non avrebbe probabilmente mai visto la luce su EFP <3

E grazie anche a chiunque abbia letto fin qui <3 Gli aggiornamenti saranno regolari, ogni sabato/domenica pomeriggio. Se invece siete impazienti, potete trovare la storia originale completa qui-> 5 Times Peter and Tony can’t sleep, and 1 time they can. Tenete conto che in alcuni punti si discosta dalla traduzione, soprattutto negli ultimi due capitoli (che modificherò forse in seguito sulla versione inglese).
Spero di essere riuscita a incuriosirvi :)
A sabato prossimo,

-Light-

P.S. Giuro che le prossime note saranno più concise, ma qui c’era molto da spiegare ;)
 
Disclaimer:
Non concedo, in nessuna circostanza, né l’autorizzazione a ripubblicare le mie storie altrove, anche se creditate e anche con link all’originale su EFP, né quella a rielaborarne passaggi, concetti o trarne ispirazione in qualsivoglia modo senza mio consenso esplicito.

©_Lightning_

©Marvel
   
 
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