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Autore: MaryS5    10/02/2019    2 recensioni
“La storia che voglio raccontarvi è dedicata ad una persona speciale che vive sempre nel mio cuore. Vi racconterò i momenti passati insieme; le paure, le gioie, le confessioni sfuggite nel silenzio di un marciapiede, ogni cosa solo per presentarvi la persona più fantastica e speciale che abbia mai conosciuto. Credete che stia esagerando? Che usi parole troppo grandi? Be’ ascoltate la mia storia e giudicate voi stessi”
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carlos, James, Kendall, Logan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8.




Fu difficile doversi abituare alla vita senza la sua presenza.
Lei provò ad esserci sempre, almeno per messaggi, ma non era la stessa cosa. Appena era arrivata a Londra mi aveva subito mandato un messaggio vocale. Lo riascoltai centinaia di volte.
Il jet leg era un nostro grande nemico. C’era una gran differenza d’orario ed era molto complicato sincronizzarci anche per fare una sola telefonata. I primi giorni senza di lei furono terribili, ogni volta che uscivo da scuola e venivo alla fermata mi aspettavo di trovarla. I miei amici fecero di tutto per sollevarmi il morale; convinsero il nostro manager a regalarci un’auto e Carlos si impegnò ad accompagnarci a casa dopo scuola, così non sarei più dovuto andare alla fermata. Tuttavia anch’io mi impegnai a stare bene. Non volevo che Grace si sentisse in colpa e, ogni volta che la sentivo sfoderavo un sorrisone enorme.
Comunque riuscimmo ad abituarci alla sua assenza quel necessario che bastava per vivere tranquilli. Ogni volta che pensavo a lei la immaginavo tra i banchi di una scuola modernissima ad impegnarsi nel suo lavoro. Mi aveva promesso che avrebbe dato il massimo ed io non avevo dubbi al riguardo. Ovviamente ero certo del fatto che mi avrebbe pensato spesso, così come io facevo con lei. Infondo portava al polso il mio bracciale. Eravamo legati.

Mi concentrai completamente sulla carriera, sulla musica e la band. Non ero mai stato un asso a scuola, ma i voti non tradivano l’impegno. Quell’anno era abbastanza pesante. Troppo spesso io ed i ragazzi ci ritrovavamo esausti dopo una lunga giornata e saltavamo la cena andando direttamente a letto. Incontrai anche nuove persone; la nostra etichetta discografica aveva ingaggiato altri artisti e, la per maggior parte, sembravano simpatici.
Riuscimmo ad organizzare concerti e partecipammo a moltissime attività. Stavamo acquistando ammiratori molto in fretta e il nostro manager non poteva esserne più entusiasta.

Non potevo dire che fosse tutto perfetto. Era un periodo molto duro per me. Mi risultava difficile ritrovare l’ottimismo e ogni giornata sembrava grigia e monotona. Comunque provai a convincermi che prima di aver conosciuto quella ragazza vivevo una vita felicissima e adesso le cose non sarebbero cambiate. Ovviamente era giusto che effettivamente fossi cambiato. Ero riuscito a crescere con lei. Avevo imparato ad amare la vita anche per il dolore che ci dona. Me lo aveva insegnato Grace, sorridere sempre. C’è sempre un buon motivo per sorridere. A volte mi ritrovavo immobile, con gli occhi chiusi, ad ascoltare il suono del vento. Scoppiavo a ridere immaginando come la gente mi osservava e cosa pensasse. Fosse credevano che fossi pazzo. Ma appena mi sfiorava l’idea che anche Grace sarebbe potuta trovarsi nella mia stessa situazione il mio cuore si riempiva di gioia. Forse il vento aveva sfiorato prima lei e poi era corso ad accarezzare me. Questi pensieri mi facevano stare meglio.
Ma la vita non è soltanto una linea dritta; ti sconvolge, ti sorprende, quasi mai succede ciò che ti aspetti.


Quel giorno arrivò. Quel venerdì … Ero a casa da solo. I ragazzi erano usciti qualche oretta prima perché quel pomeriggio avevano delle commissioni da fare. Mi avevano proposto di seguirli, ma io non avevo accettato. Ero in uno stato di apatia totale in cui ogni cosa mi annoiava.
Non mi sorpresi più di tanto per il mio umore poiché capitava già da qualche giorno. Non mi andava di aspettarli ancora così provai a distrarmi. Stava per piovere e non avevo intenzione di uscire. Accesi la televisione, ma mi annoiai e irritai appena; non c’era nulla di interessante. Provai con i videogiochi, ma fu lo stesso risultato. Avevo avuto la mezza idea di mettermi a cucinare, ottimo passatempo, tuttavia mi assalì un senso di nausea che mi fece cambiare idea immediatamente. Ero stufo. Alla fine mi decisi a navigare un po’ su internet. Il mio cellulare avrebbe di sicuro soddisfatto la noia che mi attanagliava.
Non passarono nemmeno dieci minuti che anche il divano, su cui stavo disteso, cominciò a darmi fastidio. Non c’era una posizione che andasse bene. In un momento di agitazione e rabbia gettai tutti i cuscini a terra e mi stesi meglio. No, niente da fare. Decisi di alzarmi e andare a letto; lì mi sarei potuto mettere molto più comodo. Mentre mi dirigevo verso la mia stanza pensavo che avrei dovuto darmi una calmata, ero pure stufo di muovermi.
Avevo appena superato l’uscio che il campanello squillò. Sapevo che fossero i ragazzi. Forse avevano comprato troppa roba e avevano bisogno di una mano per portare tutto dentro. Lanciai il cellulare sul letto, senza badare che non fosse scivolato a terra, e corsi ad aprire.
Davanti alla porta però non c’erano i miei tre amici, ma una donna. la squadrai un attimo per focalizzare la sua immagine, ma la riconobbi subito. << Salve!! >> salutai con un sorriso.
Era la madre di Grace. Lei sorrise appena, << Ciao Logan >>. Ero così felice di rivederla, era da molto che non la incontravo. Mi ritrovai a pensare che, se non l’avessi saputo, era praticamente impossibile indovinare che quella donna fosse incinta, la pancetta non si vedeva nemmeno. Avevo mille domande da porle. Tutte quante cominciarono ad affollarsi mentre io sorridevo sornione alla donna. << Come va? >> riuscii a dire. Tra quei mille dubbi questo fu l’unico che sfiorò le mie labbra.
Lei mi rivolse uno sguardo commosso. << Logan … >> disse poi << … devo dirti una cosa >>.
Mi sorpresi di quanto somigliasse a Grace. I suoi modi i suoi lineamenti, la mia amica aveva preso praticamente tutto da lei. Io allargai il mio sorriso. Notai come contorcesse le mani a disagio e ciò mi portò al giorno in cui Grace mi confessò che desiderava fare un concorso che l’avrebbe portata a Londra. Mi sembrava che fosse passata una vita.
Inchiodai lo sguardo sui suoi occhi facendole segno con il capo di continuare, ma qualcosa mi bloccò.
Sapevo che l’avrei dovuta accompagnare dentro casa, magari fare accomodare, oppure offrirle qualcosa, tuttavia c’era qualcosa che non mi convinceva. I suoi occhi erano diversi dall’ultima volta che l’avevo vista. Forse era il trucco che era diverso, ma non ne capisco molto. L’aspetto mi sembrava identico a prima. C’era qualcosa che non mi convinceva.
Spostai lo sguardo dalla testa ai piedi. Sì, era uguale. Sembrò rimpicciolirsi sotto il mio sguardo. Tentai ancora di inchiodare gli occhi sui suoi, ma continuava a guardare il pavimento. Sembrava che il tappetino le piacesse molto.

<< C-cosa c’è? >> chiesi titubante mentre il mio sorriso si spegneva. Quelle parole sembrarono colpirla con forza, come un potente schiaffo. Mise le mani sulla bocca e serrò gli occhi. Proprio come Grace.
<< Cosa c’è?! >> chiesi ancora alzando la voce. Non era da me comportarmi in quel modo, soprattutto con una signora. Ma sentivo il cuore che cominciava a balzare feroce e le mani iniziare a tremare.
C’era qualcosa che non andava. Lei, sentendo il tono della mia voce, lasciò andare un singhiozzo.
<< Dov’è Grace?! >> chiesi, la voce alterata. Le gambe tremolanti. Lei continuò a non rispondere e iniziò a singhiozzare rannicchiandosi appena.
<< DOVE’È GRACEEEE?!! >> Stavo urlando. Lei sobbalzò.
Il panico si stava impossessando di me.
La donna non si mosse e non emise un fiato, ma cominciò a scuotere la testa, prima piano poi con sempre più vigore. Le mani sempre ancorate al viso.
Spalancai gli occhi aprendo appena la bocca.
<< DOVE’È GRACEEEE?!?!! >> urlai fortissimo. La donna ormai stava piangendo e non smetteva di scuotere il capo.
<< NOOOOO!! >> diedi un pugno tanto vigoroso quanto incontrollato alla porta. Avevo capito. Avevo capito tutto quanto. Non avevo bisogno di sentire le sue parole. Non volevo sentire le sue parole.
<< Nooooo!! >> gridai ancora lanciando un altro colpo alla porta accostata a me. La mano bruciava, ma non mi importava. Sentivo di aver bisogno di quel dolore lancinante.
<< No! >> feci qualche passo indietro e mi appoggiai rozzamente al muro. Scivolai sulla schiena fino al pavimento e, con me, iniziarono a sgorgare anche le lacrime.
<< No! >>. Gli occhi serrati, le mani strette in due pugni, la mascella compressa con troppa forza.
<< Grace!! >> urlai con la testa rivolta verso l’alto. << Grace … Grace … Grace … Grace! >> sussurravo o gridavo il suo nome nella completa disperazione. Misi i pugni sulla faccia facendo una grande pressione e scoppiai a piangere con una foga inimmaginabile. Singhiozzavo. Entrambi singhiozzavamo come due bambini.
Anche la donna si accucciò a terra, ma non si mosse di un millimetro dal suo posto.
<< Grace >> scivolai con il viso sul pavimento freddo. Congelato come il mio cuore. Lo sentivo rompersi piano piano, scricchiolare senza vergogna.
<< … Grace … >>. Avevo perso tutto. Mi girava la testa e mi doleva terribilmente. In un secondo mi tornarono in mente tutti i ricordi che avevo di lei. La mia Grace. La mia piccola Grace.
La sua immagine sorridente mi accoltellò lo stomaco. Piangevo e piangevo. Non sarei più riuscito a smettere, a fermarmi.
<< Grace >> provai ad aprire appena gli occhi. Volevo vederla. Volevo vederla ancora una volta. Solo ombre. Vedevo solo ombre davanti a me. Mi accovacciai completamente, le braccia attorno alla testa. Sembravo un bambino in quel momento, un bambino disperato che ha perso la casa. Ha perso la vita. Ha perso la felicità.

Restammo così forse per ore fino a quando delle mani robuste mi sollevarono. Non alzai la testa. Non riuscii ad aprire gli occhi gonfissimi. Continuai a piangere, ancora e ancora. Qualcuno mi condusse nella mia stanza. Non sentivo nemmeno i piedi che facevano forza sul pavimento per sostenermi.
Prima di entrare lanciai uno sguardo alla donna che era accovacciata a terra davanti all’ingresso. Un uomo stava sopra di lei e la toccava. Era George, l’aveva aspettata e adesso era tornato per appoggiarla.

Appena riuscii a percepire il mio corpo che sprofondava sul letto fui stordito da un odore, purtroppo conosciuto troppo bene. Urlai ancora. Volevo sputare fuori tutto il veleno che mi stava logorando. Sentivo di star per morire. Sentii delle coperte stringermi e qualcuno schiacciarmi al letto singhiozzando. Allora l’avevano capito anche loro. Avevano saputo tutto.
Era troppo. Era troppo per me.


Mi svegliai la mattina dopo. Avevo passato la notte a piangere, senza pensare a niente se non a lei.
Grace era morta.
Avevo gli occhi gonfissimi. Non riuscivo nemmeno ad aprirli, così fui costretto a tenerli semi chiusi.
Non mi importava più nulla. Volevo morire con lei. Volevo morire su quel letto.
Ricordai tutte le promesse che mi aveva fatto prima di partire. Ricordai il suo sorriso. I suoi occhi. La morbidezza della sua pelle. Le sue labbra. Il nostro bacio.

Senza pensarci affondai una mano nelle coperte e afferrai sia la coperta che le lenzuola. Le appallottolai come possibile e infilai tutto in gola. Volevo morire.
Provai a spingere. Più infondo. Più infondo. Ancora più infondo. Ma il mio corpo provò a proteggermi e, respingendo il tentativo, vomitai. Proprio accanto al letto. Vomitai fino a quando non sentii la gola bruciare. Ero sudato.
Solo troppo tardi mi accorsi che Kendall era accanto a me e cercava di tirare via le coperte. << Che hai fatto?! >> mi chiese spaventato mentre cercava di farmi alzare per portarmi in bagno. Sorrisi amaramente. Non aveva visto ciò che stavo per fare. Crollai su di lui e lo strinsi a me in un abbraccio. << L-lei è … lei è … >> sussurrai non riuscendo a continuare.
Mi accarezzò la schiena per confortarmi. << Lo so amico … >> singhiozzò. Stava piangendo anche lui. Entrarono Carlos e James. Per la prima volta dal giorno precedente li vidi in faccia. Erano pallidi con gli occhi gonfi ed enormi occhiaie violacee. Si avvicinarono e si unirono a noi schiacciandoci a loro con forza. Riuscivo a sentire anche il loro dolore.


Non continuo. Non me la sento di raccontare altro.
Fu il giorno più brutto della mia vita. Quel venerdì. Quel maledetto venerdì mi aveva ucciso.
Ci vollero giorni per riuscire semplicemente ad uscire dalla mia stanza. Sudavo e tremavo, in continuazione. Stavo così male che mi venne una forte febbre. Grazie a Dio riuscii a riprendermi. Carlos, James e Kendall si occuparono di me tutto il tempo. Ci volle moltissimo, ma decisi che non sarei crollato. Non avrei distrutto tutto quello che avevo costruito.
Per giorni i ricordi di Grace mi torturarono e mi perseguitarono. Fu difficile. Troppo difficile. Era impossibile credere che lei non ci fosse più.
Era morta. Era morta a Londra. Non ho mai voluto sapere com’è successo, ma lo sentii. Lo sentii raccontare dalla madre in lacrime ai ragazzi.
Era in autobus, aveva ceduto il suo posto ad una donna anziana e lei si era appoggiata ad un palo. L’auto aveva slittato. Troppa pioggia, troppo ghiaccio. Era finito fuori strada.
Non posso crederci. Una cosa ho chiesto di sapere. Solo una: Grace non aveva sofferto. Era scivolata. Era caduta come una foglia d’autunno e aveva battuto la testa. Un solo colpo. Uno solo l’aveva uccisa.

Il funerale venne organizzato in America. C’erano tante persone, tutte vestite di nero. A Grace non sarebbe piaciuto.
Io ero elegante con la giacca nera. Non riuscii a sentire una parola del discorso del prete. Ero troppo impegnato a tenere lo sguardo basso ed a cercare di non piangere.
Ogni singhiozzo della madre era come un pugno in pieno petto. L’erba era verde, fresca e bagnata.
Quando la gente cominciò ad allontanarsi non guardai in faccia nessuno. Attesi che le voci ovattate si allontanassero e mi avvicinai alla lapide. C’era una sua foto, una di quelle sorridenti. Mi inginocchiai sull’erba e cominciai ad accarezzare il marmo intorno alla foto. Mi morsi il labbro per trattenermi. Non mi importava se qualcuno mi stesse guardando. Non sentivo ne’ le voci ne’ il resto del mondo.
Avvicinai il viso alla lapide e baciai quella superfice fredda. Fredda come le sue labbra. Sorrisi al ricordo. Poggiai la fronte su quel ripiano e, accovacciato nella mia posizione, attesi.
Ero arrabbiato. Mi aveva abbandonata. Aveva realizzato i suoi sogni e aveva coronato la sua vita raggiungendo il suo obiettivo; ricongiungersi al padre. Come aveva potuto farmi questo? Mi aveva toccato il cuore e poi era andata via lasciando che si sgretolasse.

Non rimasi lì a lungo. James mi prese per un braccio e mi accompagnò via.
Non sono più tornato in quel posto. Grace non è lì. Nonostante tutto non sono arrabbiato con lei. Non provo rancore. Lei mi ha amato ed io ho amato lei. Mi ha donato la cosa più bella che avrebbe mai potuto darmi.


Non riesco più a continuare, le lacrime mi mozzano il respiro.
Un boato di applausi silenziosi si solleva dalla folla.

Finalmente loro hanno conosciuto lo splendore di una ragazza qualsiasi.
Abbiamo finito un concerto ed io, per la prima volta mi sono deciso a parlare di lei. Questo mi ha fatto stare male e bene allo stesso tempo. Mi chiedo perché l’ho fatto se, fino a qualche giorno fa, soltanto sentire quel nome mi avrebbe provocato un brivido violento. Forse è perché ha mantenuto la sua promessa.

È successo solo poche ore fa. Stavo sistemando le mie cose prima di andare in scena. Ripiegavo uno dei miei giubbotti per rimetterlo nella valigia, quando una scintilla ha attirato la mia attenzione. Era una piccola luce. Si muoveva velocemente.
Mi concentrai a guardarla mentre gironzolava per le quinte. Un batuffolo. Una figura minuta; un coniglietto bianco, grande quanto un pollice. Ha fatto un cerchio lungo intorno a me, poi si è fermato e mi ha sorriso. È sparito così com’è apparso.
E sì … un coniglio mi ha sorriso.
Poco dopo il mio cellulare ha squillato; un messaggio. Era la madre di Grace. Mi ha scritto: “ Logan è nato. Gli abbiamo dato il tuo nome, Logan”. Quel messaggio mi ha commosso tanto.

Adesso sono qui, davanti ad un pubblico. Cerco di trattenere le lacrime, ma allo stesso tempo un’enorme sorriso mi dipinge il volto. Scorro lo sguardo tra la folla e la vedo. Grace è lì. Mi sta guardando e sorride. Ha un sorriso meraviglioso. Muove le gambe gioiosa mentre mi fa un occhiolino.
Mi aveva promesso che sarebbe tornata alla nascita del bambino.
Ha mantenuto la promessa.


















 Salve a tutti!
Prima che corriate ad uccidermi voglio comunicarvi che c’è un motivo specifico per tutto, compreso il ritardo (che condivide anche la paura dei vostri giudizi a questo “lieto” finale). Con l’intenzione di riportare una breve spiegazione sul perché ho scelto di seguire questa piega, avevo appuntato ogni cosa in un foglietto che non riesco a trovare da nessuna parte!! Non mi era mai capitata una cosa del genere, per quanto tempo abbia speso a cercarlo, non è uscito un ragno dal buco. Quindi sono costretta a riassumere ogni cosa in modo abbastanza sbrigativo.
Dicevo… c’è un motivo di questa scelta così drastica. Molto tempo fa lessi, su un fandom di questo sito, una storia che mi aveva molto intrigata, anche perché proponeva dei punti bui. Ho letto ogni capitolo col fiato sospeso e il finale mi ha scioccata (non era come questo ovviamente); sostanzialmente la protagonista, ignorata da tutti per quasi l’intero arco della sua vita, riesce a trovare una vera amica, che non la giudica e che le vuole bene, ma… dopo che quest’ultima si allontana per qualche giorno è come se non ricordasse nulla del percorso fatto insieme, così per la povera ragazza il tormento ricomincia FiNE.
Sta di fatto che ad una mia richiesta di spiegazioni mi viene detto che il mondo è ingiusto, che certe cose capitano, che la vita non va sempre come vorremmo. Ecco il mio intento è questo; sostenere questa teoria da un lato, perché ne sono consapevole, ma allo stesso tempo mostrare l’altra parte della medaglia.
La vita cambia, è un concetto che mi strascino a fatica da tempo, basta un attimo per mutare qualcosa che poco prima sembrava sarebbe durato per sempre, tuttavia quello che abbiamo passato, quello che abbiamo perso, è stato il più grande dono che avremmo mai potuto ricevere. Così fa Logan, Grace lo ha cambiato e adesso è una parte di lui, per quanto potrà soffrire questo non cambierà e se un giorno, tra cent’anni lui dovesse dimenticarsi di lei, sarà comunque un pezzo del suo essere, rimarrà nei suoi modi di fare, nel suo cuore, nei sentimenti che ha provato, forse per la prima volta, tutti ovviamente diversi da ogni tipo di sentimento che prova e proverà. E questo vale per tutti.
Mi permetto un’altra piccola digressione per definirmi un po’. Già di mio non sono una persona abbastanza positiva o che guarda al futuro, a volte me ne dispiaccio, per quanta speranza nel domani possa custodire il mio sguardo è sempre rivolto allo ieri, non tanto per nostalgia, tanto per gratitudine, proprio come ho detto sopra ciò che ho avuto è stato un dono e adesso che l’ho perso non posso che esserne ancora più consapevole.
A pensarci bene è passato tantissimo tempo da quando ho finito di scrivere questa cosa, anche per questo motivo non me la sono sentita di cambiare qualche passaggio, nonostante non ne fossi soddisfatta e quindi eccolo qui! Se doveste individuare errori vi inviterei a segnalarmelo.
Dopo questa immensa nota (*per fortuna che doveva essere sbrigativa  -.-*) vi saluto augurandovi il meglio della vita, perché ognuno si merita di godere delle meraviglie del mondo, ognuno è unico in ogni suo aspetto. Ci tengo a ringraziarvi di cuore per avermi seguito passo passo in questo piccolo cammino insieme. Buona giornata. Ciao!

 Ps: ricordo ancora che una volta finito di scrivere ho sentito una canzone che mi è sembrata molto, molto simile con la vicenda. Non so se la conoscete, è di Tiziano Ferro, si chiama "Per dirti ciao", se desiderate ascoltarla vi riporto il link: 
https://www.youtube.com/watch?v=M3STj8zlQw4
  
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