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Autore: Shade Owl    10/02/2019    2 recensioni
Orlaith Alexander ha scoperto di non essere solamente una violinista estremamente dotata, tanto da guadagnarsi un esclusivo contratto con la Lightning Tune Records, ma anche di avere dei poteri incredibili, legati alle sue emozioni e alla sua musica. Tutto ciò però ha attirato le mire di potenti stregoni che hanno tentato di usare il suo potere per scopi malvagi, cosa che l'ha obbligata a lottare per salvare se stessa e le persone a cui vuole bene.
Quasi un anno dopo questi avvenimenti, la vita scorre tranquilla per lei, ormai lontana dalle luci della ribalta e dalla magia, e il suo unico obbiettivo è laurearsi e diventare una persona come tutte le altre, dimenticando il proprio dono, troppo pericoloso per essere usato con leggerezza.
Tuttavia, Orlaith ignora gli eventi che, in un luogo lontano, sono già in moto e che presto la raggiungeranno, portandola a scoprire un mondo per lei tutto nuovo e pericoloso, ma anche le risposte che per molto tempo ha ignorato: da dove viene la sua magia? Cos'è lei, realmente? E perché non ha mai incontrato nessun altro con le sue capacità?
Ma soprattutto... saprà affrontare quello che le riserva il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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- No… no, non ci siamo capiti!- disse David Valdéz nel microfono dell’auricolare - Ho detto alle undici, chico, non alle dieci. Non me ne frega un cazzo, quelli sono problemi tuoi!- sbottò, picchettando lo schermo del tablet con un dito per aprire la rubrica degli eventi - Senti, fammi trovare tutto pronto, ho i Red Woods che devono suonare, e se non trovo l’impianto come ti ho chiesto ti assicuro che mi mangerò il tuo fegato con contorno di cipolline!-
Riattaccò scocciato, togliendosi l’auricolare dall’orecchio. Il tassista gli lanciò una rapida occhiata dallo specchietto retrovisore, abbozzando un sorrisetto a mezza bocca.
- Lei è quello della Lightning Tune Records, vero?- chiese - La riconosco perché era sempre insieme a quella tipa… Sparkling Star.-
- Già, sono io.- disse svogliatamente David, cancellando un appuntamento dall’agenda.
- È una in gamba, sa? Mia figlia stravede per lei.-
- Mh… ne sono felice.-
- Non è che magari c’è qualche evento in programma? Sa, così la faccio contenta…-
- Al momento no, si è ritirata.- rispose lui - Mi può lasciare qui.-
Il tassista accostò al marciapiede, con una manovra scattante che provocò le proteste di un paio di clacson. David non diede segno di fastidio: era fin troppo abituato al traffico di New York per farci caso.
Pagata la corsa entrò nel 432 Park Avenue e raggiunse il suo appartamento, dal quale poteva godere di una magnifica visuale della città e di Central Park, proprio di fronte al palazzo.
Aveva dovuto sborsare parecchio denaro per riuscire ad accaparrarsi un posto là dentro, ma ne era valsa la pena: il grattacielo constava ben novantasei piani, e comprendeva al suo interno un hotel, un campo da golf, una palestra e altri servizi, oltre a più di cento appartamenti. Ora poteva vantarsi di possedere un’ampia e luminosa abitazione bene arredata e completa di qualsiasi comfort potesse desiderare, dalla vasca idromassaggio al televisore ultrapiatto da sessanta pollici.
Vero era, anche, che ci passava poco tempo: con il suo lavoro poteva giusto dormirci, dare qualche festa e, occasionalmente, mangiare qualcosa a cena, ammesso e non concesso che i suoi impegni gli consentissero di rincasare. La donna delle pulizie, probabilmente, passava là dentro più tempo di lui.
Quello era uno dei rari casi in cui poteva permettersi di trascorrere un’oretta in casa prima di essere risucchiato di nuovo dal mondo della discografia, che ultimamente era diventato, almeno per lui, ancora più spietato e competitivo di quanto potesse esserlo inizialmente.
Cinque anni prima aveva ricevuto un ordine dal proprietario della Lightning Tune Recors, che gli imponeva di recarsi a Tresckow, un minuscolo centro abitato a circa due ore da New York, per incontrare un potenziale investitore.
L’uomo, se davvero esisteva, non si era mai presentato, ma durante il suo breve soggiorno in città aveva avuto modo di assistere all’esibizione di una ragazza del luogo, una violinista specializzata in musica elettronica e dubstep.
Fin dal primo momento aveva capito che Orlaith Alexander era destinata al successo e non aveva esitato a proporle di raggiungerlo a New York per discutere di un’eventuale collaborazione. Collaborazione che, nonostante la sua giovane età (all’epoca aveva diciannove anni e ben poca esperienza) si era rivelata estremamente fruttuosa per entrambi, negli oltre quattro anni che avevano lavorato fianco a fianco. Era diventata una stella in continua ascesa, amata da tutti e contesa dai più importanti teatri e palcoscenici del Paese.
Tutto questo era finito a causa di Stanislav Vaněk, il proprietario della Lightning Tune, e del suo avversario, un tizio di nome Allwood. Per colpa loro Orlaith se n’era andata, rifiutandosi di tornare a suonare, e già questo aveva causato un brutto colpo per la casa di produzione.
Inoltre, quell’idiota di Vaněk aveva pensato bene di farsi ammazzare, lasciando le Vaněk Industries nel caos più totale. Il consiglio di amministrazione aveva fatto l’impossibile per rimediare, e il risultato era stato che la Lightning Tune, adesso, era in un delicato momento di transizione: se tutto fosse andato bene sarebbe stata acquistata dalla Conrad Inc., un’altra multinazionale interessata a rilevare l’impresa del defunto Vaněk, ma molti (lui compreso, se non fosse stato attento) avrebbero potuto perdere il posto.
- Ah… a volte odio la mia vita…- brontolò, aprendo il frigo e prendendo una red bull.
Lo sportello metallico dell’elettrodomestico gli restituì l’immagine di un ispanico appena sotto i quaranta che, nonostante il look ammaliante e lo splendente sorriso, incorniciato da lineamenti molto curati, non riusciva a nascondere del tutto la stanchezza, gli occhi arrossati e i capelli leggermente disordinati a furia di passarci le dita in mezzo. Una volta era sempre impeccabile, sempre a posto, e adesso si stava lentamente trasformando nello spettro dell’uomo di una volta. Tutto per colpa di quei due.
Senza energy drink sarebbe probabilmente crollato a terra per la stanchezza.

Su Central Park splendeva un sole intenso e brillante, che riscaldava l’aria dell’inizio di ottobre. Quella era probabilmente una delle ultime belle giornate dell’anno, che presto avrebbe lasciato il posto al freddo grigiore dell’autunno. Il che era un bene, poiché gli operai avevano appena terminato la ristrutturazione del Tennis Center, e quel giorno era stata fissata la sua riapertura.
Jason Bates aveva quasi quarantadue anni, e lavorava come inviato del notiziario da almeno dodici. In tutto quel tempo non aveva mai avuto grosse occasioni, i suoi servizi spesso venivano tenuti come riserva o mandati in onda in differita. Non era famoso e aveva perso la speranza di fare carriera ormai da tempo, tuttavia sapeva ancora riconoscere le buone occasioni, quando gli si presentavano davanti. Purtroppo, quel servizio non lo era.
- Artie, fai una panoramica mentre aspettiamo.- disse al suo cameraman, mentre puliva gli occhiali nella camicia - Ci potrebbe servire in fase di montaggio.-
- So come fare il mio lavoro, signor J.- disse l’altro, spostando lentamente l’obbiettivo da un lato all’altro del campo da tennis, accanto al quale si era radunata una piccola folla in attesa.
- Non lo metto in dubbio, ma…- scosse la testa e non terminò la frase, rimettendosi gli occhiali: nemmeno lui sapeva dove volesse andare a parare.
- Tutto bene?- chiese Artie.
- Sì… è che non ne posso più.- brontolò - Questi servizietti da due soldi sono il nostro pane quotidiano… mi piacerebbe avere qualcosa di più, ogni tanto.-
L’operatore grugnì appena, aggrottando la fronte.
- Okay, io non sono un esperto…- ammise, abbassando un momento la cinepresa - … ma quello potrebbe fare al caso tuo.-
E indicò un punto a qualche decina di metri da loro, dove una fiamma blu si era accesa a mezz’aria.
Vedendo che s’ingrandiva di colpo, producendo uno spostamento d’aria che spazzò il terreno e gli fece svolazzare la giacca, Jason Bates comprese che quella era la sua grande occasione.

Mentre finiva la bibita, David accese il televisore e infilò nel microonde un burrito da mangiare al volo, prestando scarsa attenzione alle immagini che si muovevano sulla parete opposta. Diede uno sguardo al suo telefono personale, dal quale sperava di ricevere segnali di vita e che, invece, manteneva l’assoluto silenzio: era passato un giorno e mezzo dal suo ultimo messaggio a Orlaith, ma lei ancora non aveva risposto. Come al solito, del resto: se le chiedeva come andavano le cose, gli studi, Annie, suo padre eccetera rispondeva subito, anche con grande entusiasmo, ma se provava a chiederle di tornare i suoi messaggi rimanevano lettera morta.
- Bah… chica estupida…- borbottò bonariamente - Chiunque venderebbe l’anima per il tuo dono e tu studi architettura…-
Scosse la testa, recuperando il burrito, e mentre si girava verso lo sgabello più vicino gli cadde l’occhio sullo schermo dall’altro lato dell’appartamento, che mostrava uno scorcio di Central Park inquadrato dalla telecamera di canale sei. Gli ci volle un secondo per registrare la scritta “servizio in diretta”.
Non sembrava cronaca nera, ma era senza dubbio qualcosa di importante, perché il cameraman stava correndo con l’inviato verso qualcosa nell’erba, vicino al Central Park Reservoir, appena al di fuori dal sentiero. Incuriosito, si sedette sul divano e alzò il volume, mangiando lentamente il burrito.
- … stiamo avvicinandoci all’origine del fenomeno.- stava dicendo l’inviato, che si sforzava di correre e, al tempo stesso, guardare la telecamera - Per chi si fosse collegato ora, ricordiamo che c’è stato come una sorta di lampo che ha interrotto l’inaugurazione del Tennis Center dopo la sua ristrutturazione, appena terminata…-
David ingoiò quasi intero l’ultimo boccone, cercando di vedere dove stesse andando il giornalista: c’erano parecchie persone, e alcune riprendevano coi cellulari, altri si limitavano a correre verso il luogo in cui era avvenuto il fenomeno, ma era impossibile capire cosa fosse successo. Doveva esserselo perso per pochissimo.
- Ecco, ci siamo!- continuò l’inviato, facendosi largo con il cameraman tra la folla - Permesso… scusate, canale sei… scusate…-
Riuscirono a sgusciare tra i corpi dei newyorkesi che si erano ammassati lì attorno, e finalmente David poté vedere tutta la scena.
La telecamera stava inquadrando una zolla totalmente libera da alberi o steccati, ora ridotta a una grande macchia scura: l’erba era stata bruciata e il terreno annerito, come se una fiamma o una saetta avessero colpito all’improvviso, incenerendo tutto nel raggio di tre o quattro metri. In giro si vedevano i resti di un tavolo da picnic che ancora fumava, ormai ridotto a un ammasso di legna carbonizzata. Al centro di tutto c’era qualcosa.
Sembrava un uomo, ma indossava uno strano costume bianco, che gli dava un’aria vagamente inquietante e gli copriva totalmente la faccia. Era ben alto, forse un paio di metri, e abbastanza muscoloso. Sembrava che si stesse guardando intorno, anche se non si riuscivano a vedere i suoi occhi, e pareva quasi spaesato o confuso.
Non c’è che dire, amico… sei proprio strambo. Pensò David.
- Ecco… siamo sul luogo esatto del fenomeno, dove è apparso il lampo di luce.- spiegò l’inviato - Ora proveremo ad avvicinarci e a chiedere informazioni…-
Fece cenno al cameraman di seguirlo, mentre qualche ragazzino si scattava un selfie con il tizio in costume sullo sfondo. Probabilmente era una qualche trovata pubblicitaria, magari quelli di canale sei si erano inventati qualcosa per movimentare un po’ la giornata.
- Signore? Salve, mi sente?- disse l’inviato, quando fu a meno di un metro dal tizio in costume - Sono Jason Bates, canale sei. Ci può dire lei chi è?-
Il tipo, sentendo la voce del giornalista, si voltò completamente, e David poté vedere che il costume non era semplicemente bianco, ma dava l’impressione di poter intravedere gli organi attraverso la sua pelle, come se fosse traslucido.
- Wow… devo trovarne uno così per Halloween.- decise.
Il tizio in costume emise solo un verso vagamente gorgogliante, ignorando il microfono che il giornalista gli tendeva.
- Signore, può dirci cos’è successo? Sta bene?-
Ancora, un semplice verso in risposta, anche se stavolta David colse una nota più minacciosa.
- Signore e signori, a quanto pare il nostro amico ha subito un qualche tipo di shock, e non è in grado di rispondere…-
La frase venne interrotta bruscamente quando, con un grido furibondo e stridente, l’uomo mascherato afferrò il giornalista per la gola con una sola mano, sollevandolo senza alcuno sforzo.
Il resto fu solo caos.

Ahi ahi ahi... i guai stanno arrivando, e non del tipo che si risolve da sé...
Ringrazio di nuovo John Spangler, Old Fashioned e Roiben, che subito sono venuti a leggere anche questa storia. A presto!

 

   
 
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