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Autore: AmeliaRose    11/02/2019    5 recensioni
È passato un anno esatto dalla sconfitta del branco di Alpha e dalla partenza silenziosa da parte di Derek.
Stiles non si sarebbe mai aspettata un cambiamento così radicale della sua vita, cambiamento fatto di addii amari e amicizie ricucite nel dolore. Ma una visita inaspettata da parte di una vecchia conoscenza travolgerà nuovamente la sua vita e di quella dei suoi amici.
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Tratto dal ventiquattresimo capitolo:
[...] «Possiamo vederla?», domandò John in lacrime. Finalmente, ora che aveva il quadro completo della situazione, poteva fare quella fatidica domanda. Sapeva che se lei lo avesse portato a vederla subito non avrebbe ascoltato una minima parola uscire dalla sua bocca, sarebbe stato troppo occupato a guardare sua figlia, ad abbracciarla e baciarle la fronte. [...] Esme prese la maniglia della porta e guardò John negli occhi. «È pronto?», domandò dolcemente. «Si.», rispose, non stando più nella pelle nel rivedere finalmente, dopo tanto tempo, la sua amata figlia. [...]
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Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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"Teen Wolf e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà, tutti i diritti sono dei legittimi proprietari a cui ho venduto l'anima, il mio è solo un divertimento"


20. Ventesimo Capitolo

 
Sede dell'FBI
Washington, Stati Uniti
Ore: 04.30

Il Direttore Dipett stava guardando dalla finestra la città calma e silenziosa quando sentì il suo cellulare usa e getta squillare.
Lo prese alla svelta, avviando immediatamente la chiamata, e lo appoggiò all'orecchio velocemente. 
Sentiva che tutta quella faccenda gli stava sfuggendo di mano.
«Mi avevi detto che non avreste lasciato tracce!», urlò il Direttore senza lasciare il tempo al suo interlocutore di parlare. «Ora i miei uomini hanno scoperto più di quello che dovevano! Libri contabili, numeri di telefono, indirizzi dei compratori!», continuò mentre la sua vena del collo cominciava a pulsare prepotentemente, «E hanno trovato quelle fotografie! Quelle maledette fotografie che hanno svelato chissà quanti finti omicidi che avete commesso!».
Dall'altra parte del telefono, di cui il Direttore udiva rumori di traffico scorrere vicino, sentì l'uomo sbuffare sonoramente.
«Tu sbuffi? Come osi? Non hai capito quello che potrebbe succedere?», domandò irato, «Se arrivano alla verità siamo tutti fregati! Il vostro ragazzo ha parlato, ha fatto il tuo nome! Quanto tempo passerà prima che qualcuno pronunci il mio? Verrò mandato in galera, mi metteranno in cella con un criminale che probabilmente ho mandato io in quel posto!».

«Sapevi perfettamente i rischi che correvi quando avevi accettato tutto questo.», rispose l'uomo con tono calmo. «E ti abbiamo sempre pagato molto bene per i tuoi servizi di copertura, non vedo di cosa tu ti lamenti ora.»

«Mi avevate dato delle garanzie!», continuò il Direttore come se Chris non avesse parlato.

«Che manteniamo.», disse il cacciatore, «Solo io e mia figlia sappiamo che tu sei coinvolto.»

«Ma il ragazzo ha fatto il tuo nome, chi mi dice che una volta arrestato tu pronuncerai il mio?», domandò.

«Come abbiamo concordato, non ti succederà nulla finché un Argent rimarrà a capo dell'organizzazione.», rispose tranquillamente l'uomo.
Dipett si andò a sedere sulla sua poltrona di pelle nera preferita e cercò di controllare il suo respiro.
«Tra poco saremo in tre a portare questo cognome.»

«Perdonami se non mi congratulo per la bella notizia ma sai, al momento temo per la mia incolumità e per quella della mia famiglia.», disse infastidito.
Chris sospirò spazientito.
«E cosa mi dici della Signorina Stilinski?», domandò Dipett. «Il vostro ragazzo ha ammesso che avevate architettato il suo finto omicidio per venderla. E lo stesso discorso vale per il ragazzo che stava con lei.»
Chris rimase in silenzio per qualche secondo prima di parlare.

«Hai detto ai tuoi uomini di non rivelare nulla alla stampa senza il tuo consenso e non parlare con le famiglie delle ragazze?», domandò.

«Come sempre.»

«Questa volta agiremo diversamente.», iniziò, «Di ai tuoi uomini di parlare solo con la famiglia Stilinski e con quella del ragazzo, fa parlare con loro la stampa e metti in prima pagina le foto e la loro storia.»
Dipett rimase a bocca aperta.
Non era così che facevano, anzi, il contrario.
Nessuna notizia usciva dalle loro bocche, nulla doveva trapelare per il bene dell'Organizzazione.

«Ma così scopriranno che ci sei tu dietro a tutto.», disse perplesso l'uomo più anziano.

«Non ti preoccupare per me, so cosa fare per risolvere questa cosa.», disse sempre con tono calmo.

«E come?», domandò.

«Lo vedrai al prossimo incontro.».
Perplesso, Dipett annuì. 
'Cosa aveva in mente?', si domandò l'uomo. 'Come poteva evitare di essere riconosciuto dagli altri senza il minimo problema?'.

«E per quanto riguarda le altre ragazze?», domandò.

«Ora non sono più un problema.»
Chris riattaccò lasciando il Direttore Dipett con una forte sensazione di pericolo addosso.
'Non finirà bene', pensò, 'Forse è arrivato il momento di prepararsi e correre ai ripari.'


L'allenamento era andato meglio del previsto; Derek non si era affatto sbagliato sulle capacità dei membri del branco di McGee, e aveva notato che in quanto a forza fisica erano leggermente superiori a loro ma d'altro canto peccavano molto in tecnica, cosa che i suoi beta avevano acquisito già dai suoi primi allenamenti.
I due Alpha non avevano mosso un muscolo, avevano solo guardato.
In circostanze come queste non potevano mostrare le loro abilità, non volevano mostrare all'altro i loro punti deboli per evitare che uno dei due, o insieme, tentassero di uccidersi a vicenda per ampliare il branco oppure reclamare un territorio, o difenderlo, per avere più terra a differenza di altri branchi.
Concluso il loro incontro, che fu sorprendentemente un successo, i due Alpha segnarono il loro patto: Derek e i suoi Beta avrebbero fatto parte della guerra contro gli Argent e chiunque si fosse unito a loro.
«Mi farò sentire non appena avremo più persone dalla nostra parte.», disse Jonathan, «Abbiamo chiesto un incontro anche ad altri Alpha, so che loro hanno dato dei grandi grattacapi a tanti di noi e non solo di questa nazione.».

«Si uniranno a noi?», domandò Derek notando che i Beta di McGee se ne stavano andando.

«Secondo me si, non tutti, ma la maggior parte si.», rispose con un sorriso, «Come ben sai gli Argent fanno parte di un'antichissima famiglia di cacciatori e hanno ucciso un sacco della nostra gente in tutto il mondo. Sono sicuro che in molti vorranno vendicare i loro avi.»
Derek annuì.
Era quasi incredibile che tra tutte le grandi famiglie di cacciatori quella degli Argent spiccava tra tutte.
«Ora ti saluto.», mormorò l'Alpha più anziano, «Abbiamo un sacco di strada da fare.»
Il ragazzo strinse la mano all'uomo davanti a sé e lo guardò andarsene via con il suo branco.
Si voltò verso i suoi Beta e sospirò.

«Ho bisogno di fare una corsa per scaricare tutta la tensione, ci sentiamo più tardi.», disse con un tono che non ammetteva repliche.
Si voltò verso il bosco e dopo essersi tolto la maglietta cominciò a correre.
Non aveva una meta precisa in testa, non sapeva per quanto tempo sarebbe rimasto fuori, l'unica cosa che sapeva e che aveva bisogno di stare da solo e di correre.
La corsa lo calmava, lo faceva concentrare su tutti i suoi sensi allontanando dalla mente tutti i suoi pensieri.
Pensieri che ruotavano tutti attorno a Stiles.
Aveva appena corso per qualche chilometro. quando percepì di essere seguito.
Poteva sentire chiaramente i rumori delle foglie secche che venivano calpestate e ogni volta che si voltava poteva sentire quella persona, o creatura, nascondersi dalla sua vista dietro a un albero o accucciarsi dietro a un cespuglio.
Doveva essere molto magra per riuscirci.
L'Alpha decise di stare al suo gioco e continuò la corsa come se niente fosse, non avvertiva il pericolo anche se non aveva ancora fiutato il suo odore, evidentemente chiunque fosse era riuscito a nasconderlo.
Quando ne ebbe abbastanza si fermo dandogli le spalle; Il vento gli accarezzò le spalle portando con sé l'odore dell'intruso.
Inspirò spazientito, era quella ragazza dall'odore insopportabile, la figlia di Jonathan: Rebeccah.
Con sé non portava solo il suo solito odore, ma anche quello acido del suo sudore e quello della terra servita come camuffamento. 
Sentiva che era eccitata, portava anche l'odore della malizia e della lussuria.
«Qualsiasi cosa tu pensi di voler fare, ti posso già dire che non avrai mai ciò che vuoi da me.», disse gelido.
La sentì uscire dal suo nascondiglio dietro l'albero e camminare verso di lui. 
Derek, invece, non le aveva degnato di uno sguardo rimanendo fermo nella sua pozione, sperando che tutto ciò finisse al più presto.
Sentì la mano di Rebeccah toccargli la schiena e salire fino ad accarezzare la muscolosa spalla. Si mise davanti a lui con occhi famelici.

«Ne sei sicuro?», domandò fermando la sua mano sul suo bicipite.
Derek sospirò nuovamente chiudendo gli occhi per non guardarla.
«Vedo che sei molto... Frustrato. Evidentemente hai bisogno di sfogarti.», civettò.

«Togli quella mano prima che lo faccia io per te.», righiò.
L'Alpha non era una persona molto tattile, anzi, il contrario.
Non amava venire toccato dagli altri se non per una pacca sulla spalla quando era di buonumore, quindi quasi mai, o da chi conosceva bene e l'unica donna che poteva toccarlo era morta da poco.
La Beta obbedì ma non si scansò di un centimetro.

«Volevo solo essere utile... Stiamo dalla stessa parte e mi sembra che tra di noi ci dobbiamo aiutare.», continuò lei come se nulla fosse, continuando a provarci e tentare di convincerlo a cedere.
«Ho sentito parlare molto della tua compagna, una morte davvero prematura.», disse fingendo palesemente il suo dispiacere, «Però c'è da dire che una semplice umana non poteva di certo essere all'altezza del grande Alpha quale tu sei.»
Per Derek tutto questo era davvero troppo, quella ragazza aveva oltrepassato ogni limite.
Rebeccah alzò una mano e la avvicinò al suo volto per accarezzarglielo ma l'Alpha fu più veloce di lei; La prese con forza per il collo e la trascinò fino all'albero più vicino per sbatterla contro con prepotenza.
Non la tollerava più, aveva passato ogni limite.
Lei, una sciocca ragazzina, aveva osato sedurlo nonostante i suoi evidenti rifiuti e aveva mancato di rispetto alla sua compagna.
Rebeccah sorrise non appena sentì la corteccia graffiare la sua schiena, ma quando il ragazzo davanti a lei cominciò a stringere il suo collo e sentire che l'aria nei polmoni veniva sempre meno capì che lui non aveva accettato le sue avance, ma la stava per uccidere.
La ragazza portò le sue mani sulla sua, cercò di graffiarlo in tutti i modi, tentò di mettergli le mani in faccia per fare in modo che la sua presa si facesse meno ferrea ma era tutto invano.
Sapeva anche che se suo padre non sarebbe venuto presto in suo soccorso, molto probabilmente, sarebbe morta. Una Beta come lei non aveva nessuna speranza di sopraffare un Alpha.
Ad un certo punto, come dal nulla, la ragazza sentì l'odore e la presenza di suo padre e del branco farsi sempre più vicino a loro.
Derek allentò la presa e voltò il capo verso il punto in cui stavano arrivando.
Jonathan apparve per primo, si fermò giusto qualche passo dietro a Derek.
Poi arrivarono anche gli altri, che per sicurezza non oltrepassarono il loro Alpha, e non appena videro Rebeccah in quella situazione cominciarono tutti a ringhiare.
Jonathan fece lentamente dei passi verso il ragazzo più giovane, lo guardò negli occhi cercando però di non guardare sua figlia per non distogliere il contatto visivo.

«Derek, non sai quanto mi dispiace per quello che ha osato fare e dire mia figlia.», Jonathan cercò di scusarsi e Derek sentiva dal suo tono di voce che era davvero dispiaciuto per l'accaduto, «Mi scuso per il mio fallimento, pensavo di aver spiegato molto chiaramente a mia figlia cosa non doveva fare e quali parole non usare quando parlava con un'Alpha.»
Derek allentò ancora di più la sua presa, sentiva la ragazza stretta nella sua mano riuscire a respirare meglio, ma ancora non le permetteva di muoversi.
«Mia figlia è ancora così giovane e ha ancora tanto da imparare... Ti prego, lasciala andare. Ti garantisco che non accadrà più, lei non ti darà più fastidio.»
Derek mollò la mano sul collo di lei e Rebeccah corse a proteggersi dietro al padre.

«Permetti a quello stupido di farla franca?», domandò lei mentre si massaggiava il collo, aveva notato che suo padre non era scattato verso Derek per fargliela pagare.
Derek si voltò verso di loro e strinse i pugni, i suoi occhi si stavano colorando di rosso.
Jonathan imprecò contro sua figlia e lei strabuzzò gli occhi sorpresa.

«Ti chiedo ancora scusa.», disse nuovamente con tono allarmato.

«Insegna a tua figlia qual è il suo posto.», rispose freddo, «Perché la prossima volta non sarò così magnanimo con lei.»
Jonathan ringhiò.

«Tu non toccherai più mia figlia!».

«Allora fa in modo che non commetta più lo stesso errore.»
Il cellulare di Derek, posto nella tasca dei pantaloni che aveva dimenticato di avere, squillò e in fretta, e senza distogliere lo sguardo dall'Alpha davanti sè, lo prese e avviò la chiamata.
«Che succede?», domandò spazientito.

«Devi tornare a casa, Deaton ha delle importanti novità da dirci.»
La voce di Jackson era nervosa e Derek annuì chiudendo la chiamata.

«Ora devo andare.»
Derek guardò ancora una volta la Beta con disgusto e si incamminò velocemente verso la sua abitazione.


Lo Sceriffo guardò la porta del suo ufficio con l'ansia che cresceva ogni secondo di più.
Aveva passato un abbondante ora al telefono con l'agente speciale dell'FBI Rafael McCall e le novità che gli aveva riferito lo avevano reso incredulo.
Gli aveva persino mandato via fax le prove che avevano trovato durante la loro indagine e più lui parlava e più non riusciva a credere a tutto quell'orrore.
Ma la parte più difficile per lui arrivava ora: doveva dirlo al padre di Stiles.
Lo aveva chiamato al cellulare chiedendoli di passare appena poteva alla centrale perché doveva riferirgli importanti novità sul caso di sua figlia, novità che non potevano di certo essere riferite tramite una conversazione telefonica.
Sapeva che sarebbe arrivato presto, molto presto.
Dopo settimane passate ad ascoltare la stessa risposta anche lui, se tutto ciò fosse capitato a uno dei suoi adorati figli, si sarebbe precipitato in ufficio.
Sentì bussare alla porta e si alzò per andarla ad aprire.
Sapeva che era lui, aveva detto all'agente alla reception che poteva farlo passare senza chiedere prima a lui se poteva o voleva riceverlo.
Aperta la porta si ritrovò un agitato John che lo guardava.
Fece cenno di entrare e lui obbedì, si guardò un po' attorno per vedere se qualcosa era cambiato - alla fine quello era anche il suo ufficio - e si andò a sedere al suo posto.
Lo Sceriffo si accomodò  davanti a lui e lo guardò in silenzio.
Non aveva la minima idea di dove iniziare; Aveva lavorato a tantissimi casi di omicidio, aveva comunicato a tante famiglie la morte di un loro caro ma mai gli era capitato di dire a un padre che l'omicidio della figlia in realtà non era vero, che era stato simulato con l'unico scopo di rapirla e venderla per chissà quale motivo a una persona di cui ancora non si conosceva l'identità.
Non sapeva nemmeno con quale tono dirlo, quali parole dire ma doveva riuscirci.
«Al telefono mi avevi detto che avevi novità importanti da dirmi sul caso di mia figlia.», iniziò John, aveva intuito che qualcosa non andava e non si sentiva pronto nell'ascoltare le sue parole.
Lo Sceriffo annuì e intrecciò le mani sul tavolo.

«Si, novità molto importati.», disse guardandolo negli occhi, «Io mi sento molto poco professionale al momento, ti devo chiedere scusa.»
John annuì.

«Non ti devi preoccupare di nulla, stai solo facendo il tuo lavoro e so quanto può risultare difficile a volte.», John deglutì, si chiese quanto peggio poteva essere se non era in grado di dire quello che aveva scoperto.
«Dillo e basta.»

«Più di un'ora fa ho ricevuto una chiamata dall'agente Rafael McCall.», disse cercando di tenere il più possibile un tono di voce professionale, «È stato lui a darmi queste preziose informazioni sul caso di tua figlia.»
John sembrava smarrito da quello che aveva appena detto.

«Non riesco a capire cosa centra lui con mia figlia, non è un caso federale.», mormorò.

«In realtà si è scoperto di si.», disse prendendo una cartellina dal cassetto, il suo contenuto era una foto sola, la foto di sua figlia dentro a una gabbia con una data precedente alla sua presunta morte.

«Come potrebbe esserlo?», domandò l'uomo sporgendosi verso di lui, «Ci sono stanti altri casi come il suo? Pensano che si tratti di un serial killer? Mi sembrava che avessero escluso questa pista.»
Lo Sceriffo tirò un lungo respiro prima di rispondere, era peggio del previsto.

«John...», cominciò lui guardando la cartellina che aveva tra le mani, la strinse e trovò finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi, «Hanno scoperto che in realtà tua figlia non è morta quel giorno. È stata tutta una montatura.».

«Non credo di aver capito bene.», disse balbettando mentre il suo viso si faceva più pallido.
Trascinò la cartellina davanti a lui e fece cenno di aprirla. 
John obbedì e, non appena vide il suo contenuto, prese velocemente la foto tra le sue mani e la guardò nei minimi particolari.
Le lacrime cominciarono ad uscire quasi subito, lo Sceriffo lo vedeva scuotere la testa di tanto in tanto e cominciò a sentire una strana pressione all'altezza del torace.
«Potrebbe essere un falso, un modo per depistare le indagini.»
Lo Sceriffo scosse la testa.

«Sono riusciti ad arrestare un ragazzo che lavorava per loro e lui ha confermato tutto.», spiegò, «Che avevano inscenato la sua morte ma che avevano per davvero sparato ai due ragazzi.», continuò, «E che lei era stata prenotata da una persona molto ricca.»
John alzò di scatto lo sguardo su di lui.

«Prenotata? Che cosa vuol dire prenotata? Ma sono davvero sicuri che sia lei?», chiese mentre cominciava a tremare, «Forse quel ragazzo ha mentito.»

«John, quando mi ha chiamato aveva appena ricevuto i risultati delle impronte digitali trovate sulle barre della gabbia in cui erano rinchiuse, ne hanno trovato alcune anche di Stiles.», disse alzandosi dal suo posto per sedersi sulla sedia posta vicino alla sua sua, «Non sanno chi è stato a comprare tua figlia, ci stanno lavorando duramente, però sanno chi è stato ad organizzare tutto.»

«Chi?», domandò anche se sapeva chi era.
Non c'era alcun dubbio.

«Chris Argent. Sua figlia e la tua andavano a scuola insieme e penso che sia proprio per la loro amicizia il motivo per cui sono riusciti a rapirla.»
John strinse il pungo libero in una morsa ferrea e chiuse gli occhi cercando di mantenere la calma. Però era impossibile, la testa gli girava velocemente, sentiva il cuore che minacciava di uscirgli dal petto da quanto forte batteva.
«In questo momento sono sulle sue tracce, davvero, mi hanno giurato che stanno facendo di tutto per trovarla.», spiegò, «Hanno già arrestato il medico legale che aveva confermato la sua morte tramite l'analisi dentale, ora è sotto interrogatorio», continuò cercando di mantenere un tono di voce più calmo possibile per non agitarlo ancora di più. «Forse lui potrebbe sapere qualcosa.»

«Connor? Anche lui è stato rapito o è stato ucciso?»
Lo Sceriffo rimase in silenzio, la sua risposta non gli sarebbe piaciuta per niente.

«Il ragazzo che ha ammesso tutto ha detto che Connor è vivo.», disse.

«La sua famiglia lo sa già?», chiese mentre si asciugava gli occhi dalle lacrime che non smettevano di uscire.

«Non ancora... Ma quello che dirò a loro non sarà di loro gradimento.», disse con tono grave.
John lo guardò stranito.

«Perché non dovrebbero? Connor è vivo!»

«Non gradiranno per nulla sapere che Connor è vivo perché è stato lui a portare Stiles da loro.», disse, «Connor faceva parte dell'organizzazione.»
Per John era troppo, davvero. Sua figlia, la sua unica figlia, era nelle mani di un vecchio porco, non sapevano quello che le stavano facendo ne tantomeno sapeva se era ancora viva.
John conosceva casi come questi, ne aveva letti così tanti di cronache come questa e sapeva che erano più le volte che finiva male che quelle che finivano bene.
La stanza cominciò a girare attorno a lui, il pulsare alla testa si faceva così prepotente che gli impediva quasi di pensare, il suo cuore non la smetteva di fargli male.
E per John si fece buio.



Il branco era tutto riunito in cucina, tutti seduti a tavola e in silenzio mentre guardavano il libro aperto posto in mezzo a loro.
Tutti guardavano quelle parole fatte di inchiostro che rivelavano la vera identità di Stiles.
«Ora che ci penso tutto acquisisce un senso.», disse Alan dopo aver guardato attentamente la reazione di ognuno di loro.

«Che intendi?», chiese Isaac con un filo di voce.

«Beh, spiega qual è la causa del suo sonnambulismo. Le creature come lei sono più attive di notte che di giorno, così come avviene al calar del sole la trasformazione da umana a volpe grigia.», spiegò. «Senza contare che ora si spiega il perché quando c'erano nella clinica dei beagle, una razza canina, quelli le abbaiavano contro.»
Isaac lo guardò confuso.
«I beagle vengono usati per la caccia alla volpe, quelli che erano ospiti da me erano beagle allenati fin da cuccioli per questa pratica.», spiegò lui.

«Come potevano sentire il suo odore? Hai detto che lei si sarebbe trasformata solo al suo diciottesimo compleanno, no?», domandò Derek senza distogliere gli occhi sul nome della sua compagna.

«Da quanto dice il libro, e quella parte l'avrò letta una ventina di volte, la trasformazione può avvenire prima se la persona è malata.», spiegò Alan.

«Stiles era malata?», domandò Jackson rivoltò al suo Alpha.
Derek chiuse gli occhi e sospirò.

«Stiles aveva cominciato a rigettare le sua pastiglie, forse era un sintomo della sua malattia.», rispose incerto aprendo gli occhi. «Dovevo accorgermene.», disse sbattendo un pugno sul tavolo, «Se solo avessi indagato in tempo forse...»

«Non avresti potuto fare nulla.», lo interruppe Alan. «È la loro natura, e le volpi con il tempo sembrano essersi evolute più di tutte le altre creature soprannaturali. Hanno imparato a nascondersi nel loro corpo da umano, a guarirlo da qualsiasi male per poi tornare a dormire celando il loro vero odore da tutti.»

«Ma dovevo accorgermene, ero il suo Alpha!», ribatté con insistenza Derek.

«Non c'è Alpha che tenga, come ti ho detto prima, loro si sono evolute dopo anni di persecuzioni.», spiegò cercando di mantenere la calma, gli era quasi impossibile vista la testardaggine del capo branco, «Nessun Alpha ha mai sentito l'odore di una volpe mannara dal momento che per molto tempo si è pensato che loro fossero delle creature ormai estinte.»

«Quante possibilità ci sono che Chris sapesse tutto?», domandò Derek.

«Io credo che a questo punto l'abbia uccisa per questo.», disse lui, «Le volpi mannare sono tra le più docili e gli Argent hanno sempre avuto la fama di essere stati i più grandi assassini di queste creature.»
Deaton si grattò la testa stanco.
«Quando le volpi mannare cominciarono a sparire sempre di più, molte famiglie di cacciatori smisero di ucciderle. Forse avevano capito l'errore che avevano commesso.», disse, «Ma poi, grazie agli Argent, queste creature cominciarono ad entrare nell'immaginario degli amanti delle creature del soprannaturale e molti di loro iniziarono ad appostarsi nei luoghi in cui erano abituate a vivere, le volpi venivano poi catturate e vendute. Oppure le tenevano rinchiuse in una gabbia per guardare la loro trasformazione.»
Derek ringhiò.
Il veterinario capì che era meglio parlare della loro storia più avanti, non voleva spazientire troppo l'Alpha che aveva seduto di fianco a lui.
«Ho chiamato un mio amico che è a stretto contatto con un oracolo, gli ho raccontato dell'intera faccenda e sono rimasti scioccati. Per loro le volpi mannare sono intoccabili, fanno come parte di una specie protetta e mi hanno detto che velocizzeranno le indagini per trovare il colpevole.»

«Richiamali, dì loro che ci penserò io a lui.», ringhiò con gli occhi che si facevano rossi.

«Non te lo lasceranno fare, noi abbiamo una politica...»

«Me ne sbatto della vostra politica, hanno ucciso la mia compagna! Stiles è morta per colpa vostra! Voi che avete giurato di proteggere tutti e di aiutarci, siete venuti meno al vostro fottuto giuramento!», urlò alzandosi dal suo posto.
Jackson si alzò di scatto e si avvicinò a lui, se avesse cercato di attaccare Deaton lui lo avrebbe fermato. O ci avrebbe provato.

«Sono arrabbiato quanto te, Derek. Ma non puoi incolpare tutti per l'errore che ha commesso solo uno di noi.»

«E se ce ne fosse più di uno? Cosa ne sai?», sputò con rabbia.

«Io mi fido di loro.»
Derek fece una risata raccapricciante.

«Quando tornerai in quella cazzo di biblioteca probabilmente incontrerai chi ha collaborato con Chris. Potresti parlare con chi ha venduto la mia compagna. Potresti stringere la mano e ridere assieme all'assassino di Stiles.», disse lui stringendo i pugni, «Come fai a fidarti di loro sapendo che uno o più persone l'hanno uccisa?»
Deaton rimase in silenzio.
Derek non avrebbe capito, nessuno di loro poteva farlo.
Capiva la sua rabbia, il suo odio che in quel momento stava provando per i druidi e per gli Oracoli. Era certo che se avesse avuto l'opportunità avrebbe bruciato l'intera biblioteca con loro dentro pur di vendicare la sua compagna.
Ma sapeva che era solo rabbia, che una volta lenito il suo dolore si sarebbe sentito male per aver pensato a un gesto orrendo come quello.
Il cellulare di Isaac squillò interrompendo il ghiacciante silenzio che si era appena creato.
Lo prese alla svelta e fece una faccia sorpresa quando vide chi lo aveva chiamato; Melissa non era solita telefonarlo a quell'ora dato che era di turno all'ospedale.

«Hey Melissa, tutto okay?», chiese preoccupato.

«No, non va affatto bene.», disse lei con tono preoccupato, «Ho cercato di contattare Derek ma lui non risponde!».
Isaac guardò l'Alpha e lui alzò le spalle. 
Nessuno di loro aveva udito il suo telefono suonare.

«Probabilmente ha dimenticato di togliere la modalità silenziosa.», spiegò lui. «Che cosa è successo?», chiese lui con un senso di preoccupazione che stava crescendo nel suo petto.

«Scusami Isaac, scusami davvero, ma non posso stare molto al telefono.», spiegò alla svelta lei, «Dì a Derek di venire immediatamente in ospedale. John poco fa è stato portato qui, lo Sceriffo lo aveva chiamato nel suo ufficio e temeva che avesse avuto un infarto per quello che gli aveva detto sul caso di Stiles.»
Isaac alzò gli occhi verso Derek per ascoltare la sua risposta ma lo vide precipitarsi fuori dalla cucina, recuperare la sua giacca di pelle e uscire di casa.

«Sta arrivando.», disse Isaac, «Che cosa gli ha detto lo Sceriffo?»
Melissa scoppiò a piangere e tutto il branco si avvicinò ad Isaac.
La donna riuscì a parlare solo una volta che il ragazzo non sentì più il rumore dell'auto di Derek, spiazzando tutti.

«Che la morte di Stiles è stata tutta una montatura, forse lei è ancora viva da qualche parte.»



John era disteso sul suo letto d'ospedale, l'unica cosa che faceva era guardare il soffitto bianco mentre Melissa, con gli occhi rossi dal pianto, girava freneticamente per la stanza.
Non aveva avuto un infarto e questa cosa aveva rilassato un po' la donna.
Aveva perso i sensi e allarmato lo Sceriffo, i suoi trascorsi con il cuore erano ben noti a tutti.
Derek entrò nella stanza e guardò John preoccupato.
«Cosa è successo?», domandò avvicinandosi al suo letto e prendendo una sedia per sedersi vicino a lui.

«Stiles potrebbe essere viva.», disse John senza distogliere lo sguardo dal soffitto.
Derek rimase in silenzio, incredulo.

«Cosa?», domandò lui, guardando freddo Melissa.

«Il mio ex marito stava lavorando a un caso di traffico di esseri umani e all'interno di una loro base hanno trovato delle fotografie, in una di questa c'era Stiles.», disse con voce strozzata, «La data sopra alla foto è precedente a quella della sua ipotetica morte e quando hanno arrestato uno dei ragazzi che lavorava per loro ha confessato tutto.»
Melissa riprese nuovamente a piangere.
«Il ragazzo ha detto che lei era stata prenotata da un ricco signore e poi venduta a lui.», la donna singhiozzò portandosi una mano alla bocca.

«Connor lavorava per Chris.», disse con un filo di voce l'uomo disteso a fianco a lui.
Derek si girò quasi di scatto verso John, con gli occhi che minacciavano il pianto.
Tutto quello gli sembrava irreale, così irreale che cominciava a temere che tutto quello non era altro che un fottuto incubo.
«Era stato un piano fin dall'inizio, è stato lui a portarla da loro.», continuò, «Persino il medico legale che ha confermato la sua morte lavorava per loro.»

«Derek?», lo chiamò Melissa notando che non parlava.
Cominciava a temere che era la quiete prima della tempesta, che da un momento all'altro si sarebbe alzato e avrebbe cominciato a rompere gli oggetti presenti nella stanza e distruggere l'ospedale.
La donna gli toccò dolcemente la spalla e  lui sobbalzò debolmente al suo tocco.
Lo vide stringere i pugni fino a fare diventare bianche le nocche e notò delle goccioline di sangue sporcare il pavimento.
«Derek.», lo richiamò lei, accucciandosi di fianco a lui.
I suoi occhi erano rossi, dalla sua bocca semiaperta poteva sentire che a stento stava trattenendo dei ringhi e che la sua respirazione si stava facendo man mano più veloce.

«Sanno dove si trova?», chiese lui con un ringhio.

«Ci stanno lavorando.», disse Melissa, «Ma Derek, ti prego, devi cercare di mantenere la calma. Ricordati che siamo in un ospedale e non possiamo dare nell'occhio.»
Derek la guardò e chiuse la bocca fino a farla diventare una sottile linea.

«La troverò.», ringhiò nuovamente lui. «La troverò e la riporterò a casa.»

«Potrebbe essere morta... Finisce quasi sempre in questo modo quando comprano delle persone. Le... Usano... E poi le gettano come immondizia.»
Melissa si alzò e si sedette in un posticino lasciato libero del suo letto.

«Tesoro, non dire così.», disse lei mentre gli accarezzava il viso, «Forse lei è ancora via e noi dobbiamo essere posit...»

«Vorrei tanto esserlo, ma non voglio illudermi per poi ritrovarmi di nuovo nel dolore e seppellire per la seconda volta mia figlia.», disse lui, «Non lo sopporto ora e non riuscirei a sopportarlo di nuovo, quello sarebbe il mio colpo di grazia definitivo!»
Derek, ancora con i pugni ben serrati, stava ripensando a tutte le parole dette da Melissa e John, ma più i secondi passavano e più si mescolavano con le parole pronunciate da Deaton poco prima.
"Ma poi, grazie agli Argent, queste creature cominciarono ad entrare nell'immaginario degli amanti delle creature del soprannaturale e molti di loro iniziarono ad appostarsi nei luoghi in cui erano abituate a vivere, le volpi venivano poi catturate e vendute. Oppure le tenevano rinchiuse in una gabbia per guardare la loro trasformazione."
All'improvviso la speranza si fece strada nella testa dell'Alpha, il male al cuore e alla mente che per settimane aveva provato ogni secondo della sua giornata stavano dando spazio alla possibilità che Stiles fosse davvero viva.

«Stiles potrebbe essere davvero viva, John.», disse Derek lentamente, ancora immerso nei suoi pensieri, «Oggi Deaton è venuto a casa mia con un libro dato da dei Druidi. Nel libro c'è scritto che Stiles non è umana.»
John smise di parlare e lo guardò, senza più la forza di domandare per paura di ricevere un altro incurabile dolore.

«Che cosa stai dicendo?», chiese Melissa. «Di quale libro stai parlando? E in che senso Stiles non è umana?»

«È una storia molto lunga da spiegare ma... Si, combacia tutto, deve essere per forza così!», disse più convinto mentre si alzava dal suo posto.

«Derek, ci puoi dire di cosa diamine stai parlando?», disse Melissa alzando la voce.

«Stiles è una volpe mannara, così dice il libro.», disse Derek, «Per questo ha così affinità con questo mondo, il mondo paranormale. Per questo è più sveglia di un essere umano comune.», continuò lui, «Le volpi mannare sono una sorta di specie protetta da tutti e non possono toccarle. Non possono farlo neanche gli Argent che sono la famiglia che ha quasi portato questa specie sulla via dell'estinzione.», le sue parole erano veloci come un fiume in piena, «Chris ha venduto Stiles, non l'ha uccisa come avrebbero fatto invece i suoi avi. L'ha venduta!.», ripeté.
Derek guardò le due persone davanti a sé con la speranza che si faceva sempre più strada nella sua mente e Melissa con un cenno lo invitò a proseguire.
«Le volpi mannare sono inestimabili perché appunto, come ho detto, si pensavano estinte. Molti amanti del soprannaturale in passato catturavano queste creature e le vendevano, oppure le richiudevano e le guardavano trasformarsi. Le custodivano come se fosse un gioiello inestimabile!»
Più parlava e più Derek sentiva che quello che diceva era la verità.
Per tutti le volpi mannare erano estinte ma in realtà non lo erano mai state, e dal momento che Deaton gli aveva detto che in tutto il modo ne erano rimaste solo dieci, questo lo portava a pensare che l'unico motivo per cui questa persona l'abbia voluta era perché la voleva per sé, come se fosse un oggetto da collezione.
Sentiva con tutto sé stesso che questa era la verità. 
L'unica verità.
Lo sentiva, lo sentiva nel suo cuore.
Derek guardò Melissa e poi John e lo guardò fisso negli occhi con intensità.
«Stiles tornerà tra le tue braccia, te lo posso garantire. Questa è l'unica verità!»

Angolo Autrice:
Eccoci qui di nuovo con il nuovo capitolo.
Questa volta è più corto di quelli precedenti perché ho voluto dividere in due il capitolo originale sennò sarebbe risultato troppo lungo.
Spero davvero che vi sia piaciuto.

Se vi va di lasciare anche una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate dell'andamento della storia, se vi piace o meno, mi farebbe solo che piacere.
Ringrazio tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, tutte le persone che hanno recensito la storia e tutti i lettori silenziosi.

Al prossimo capitolo.

 

P.S.: Stiles sta per tornare! ;)

 
 
 
 
 
   
 
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