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Autore: balboa    11/02/2019    0 recensioni
Ciaooooooo
Si tratta di una semplice one shot che parla di un giovanissimo Axl (credo avesse 20 anni al tempo) che vagabonda da solo per le strade di Los Angeles cercando il suo migliore amico, ma orientarsi é più difficile di quanto pensasse!! è frutto della fantasia per alcuni dettagli mi sono ispirata a delle vecchie fan fiction che avevo letto sempre qui su EFP. L'ultima cosa: in questa one shot parlo di una sola delle sere che passò lì a LA, forse più avanti arriverà una seconda parte che ho già scritto
Buona lettura :D
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axl Rose, Izzy Stradlin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- cazzoooooo - tirai un calcio alla panchina che avevo davanti sfracellandomi un piede e mi abbandonai lì, stanco e affamato. Il mio stomaco brontolava da giorni, ero a un tanto così da rubare le briciole di pane ai piccioni del parco. Non avevo ancora trovato la casa di Jeff, ero sperduto in una metropoli senza più neanche 2 centesimi nel portafogli e con senso di orientamento pari a zero. Era un mese che vivevo in strada e 2 settimane che non mi facevo una doccia. In realtà mi sono lavato in uno stagnetto delle anatre ma prima ancora di farmi lo shampoo una guardia mi ha visto e sono scappato via fradicio in mutande. Stavo cercando di non disperare, anche se mi mancava davvero poco. Se non avessi trovato Jeff al più presto sarei tornato a Lafayette, e non volevo tornare, non ancora. Tornare voleva dire che avevo fallito con il mio proposito, e questo non lo sopportavo. Non volevo dare ragione a mia madre che mi urlava di essere un disgraziato per telefono. Non volevo ammettere, neanche a me stesso, che partire per Los Angeles con appena 25 dollari e due panini era stata una cazzata. Però mi mancava anche mia nonna, mi mancava mia sorella, mio fratello, mi mancava il materasso smollato dove dormivo ma che comunque aveva uno scaldasonno, mi mancava mangiare in una cucina calda. Tornare a casa era la cosa più intelligente da fare ma io ero più testardo che intelligente.
Guardai dall'altra parte della strada, fissando l'insegna luminosa di un bar. Decisi di entrare, giusto per mangiare qualche nocciolina dal bancone e poi filarmela dal bagno. Quando entrai l'intera fila di gente al bancone si voltò squadrandomi da capo a piedi. Attraversai la nuvola stagnante di fumo e mi sedetti sullo sgabello traballante, ignorando le occhiatacce. Molte persone lì a Los Angeles guardavano con altezzositá e disprezzo la gente di provincia. Il barista, barbuto e con uno sguardo odioso, si avvicinó chiedendomi cosa ordinavo. Tanto valeva cenare a quel punto
- mi porti una corona con limone - dissi battendo le dita sul bancone. Penso che fosse chiaro come il sole che non avevo neanche mezza lira. - e anche un piatto di nachos - sospirò, lucidando un boccale con una spugna nera
- senti ragazzino ce li hai i soldi per pagare? - chiese guardando i miei guanti bucati e i vestiti sporchi e probabilmente popolati da pulci. In effetti mi grattavo dappertutto
- certo ovvio - dissi fingendomi quasi infastidito per quella domanda.
Lui alzò un sopracciglio e non rispose -carlos!!! un plato de nachos para este chico!- urlò affacciato alla cucina nel retro- y una corona! Muevete!!-
Divorai l'intera ciotola di noccioline in omaggio, i nachos appena usciti dal microonde e la birra in meno di dieci minuti. Le mie papille gustative stavano danzando, il mio stomaco mi ringraziava, per poco non piangevo per l'emozione. Era più di una settimana che avevo la bocca secca e che digerivo saliva e succhi gastrici.
Appena ebbi finito sapevo che me la dovevo svignare e pure in fretta, prima che mi pestassero. Mentre il barista ispano era occupato a sciacquare i boccali io sgattaiolai nei bagni. Come aprii la porta un odore di piscio e vomito mi pervase, mi tirai la giacca su fino al naso e entrai nel bagno degli uomini che per quanto fosse lurido era più pulito di me. Salii sul cesso e aprii la minuscola finestra.-
- sayonara -
Misi l'altro piede sullo scarico e mi lanciai fuori, atterrando con la pancia su una pozzanghera, nel retro del locale. Ciò che non avevo previsto è che mi sarei ritrovato il barista davanti, che era più sveglio di me e aveva capito fin dall'inizio qual era il mio piano.
- andavi da qualche parte? - disse con sarcasmo afferrandomi per il cappuccio della felpa. -yo lo sabìa! lo sabia!- urlava e altre cose che non capivo. Mi tirò per un orecchio trascinandomi dentro, a lavare i piatti e a pulire i cessi, credo con la stessa spugna. Quando finii mi accasciai a uno dei tavoli, accendendo una sigaretta che avevo fregato a un signore ubriaco. Erano le dieci, c'era ancora un mucchio di gente.
- credi di aver finito? In cucina! Fila! Tengo cuatro ordenes para ti!- urlò il barista tirandomi una cuffietta e un grembiule.
Io li afferrai e mi alzai lentamente
- muovi il culo!!! -


Finii di sgobbare che erano le 2 e mi buttai su uno sgabello esausto.
Andres il barista stava dando lo straccio e io lo guardavo curioso.
- ho pagato tutto quindi? -
- si sei libero - disse raucamente e accennando un sorriso. Avevamo fatto amicizia mentre scrostavo pile di piatti e pentole - dove vai ora? -
- continuo a cercare l'unico amico che ho qui - dissi infilandomi il giubbotto e rimettendomi il berretto.
- ti do una mano a cercarlo aspetta - mi voltai, sicuro di aver capito male
- Davvero? - ero sorpreso, era una delle poche persone che era stata gentile con me
- certo, in fondo hai pulito il bagno degli uomini che non vedeva la candeggina da almeno un anno - risi e aspettai che finisse.


Verso le due e mezza salimmo nella sua auto, avevo lo zaino pieno di cibo che Andres mi aveva regalato. Ero apposto per almeno altri due giorni, 4 se razionavo al massimo. Gli dissi l'indirizzo e lui sgranó gli occhi
- è dall'altra parte di Los Angeles, nel quartiere più malfamato... es peligroso amigo -
Io annuii con fare molto da spaccone, come se questo non mi spaventasse, ma avevo talmente tanta paura che mi ero armato di un rasoio e di un coltellino. La cosa che mi importava davvero, peró in quel momento della mia vita, era trovare il mio amico, che non vedevo da mesi e anche farmi una doccia magari. Andres era uno dei pochi che mi aveva dato delle indicazioni utili in un mese, lo volevo sposare. Mi appoggiai sul sedile, un po' più rilassato
Ci mettemmo un po' ad arrivare, era veramente in culo al mondo questo posto, per farlo a piedi ci avrei impiegato secoli
Alla fine mi lasciò vicino a un parco dove dei barboni dormivano. Lo ringraziai di cuore e decisi di farmi un pisolino prima di riprendere la mia ricerca. Mi arrampicai sulle scale antiincendo di un palazzo e mi sistemai sul tetto in cemento, usando il mio zaino bucato e bagnato come cuscino. Delle urla mi svegliarono alle sei, alcuni uomini litigavano giù in strada, questioni di gang rivali. Sbirciai da sopra, e vidi che si stavano ammazzando di botte. Decisi di farmi i cavoli miei, di guai ne avevo già abbastanza-
Quando scesi dal tetto erano già le otto, mangiai un panino e ricominciai a cercare-
Camminai un bel po', quasi due ore prima di fermarmi davanti a un palazzo diroccato. Guardai la cartina e poi la strada e poi di nuovo la cartina
Ero arrivato, quasi baciai il marciapiede dalla felicità-
Era un palazzo enorme di 5 piani, in cemento grigio, la muffa ricopriva quasi tutta la parete, le finestre stavano per staccarsi, per terra c'erano enormi calcinacci. Guardai il campanello. "Isbell" non compariva tra i nomi. Seppi poi che aveva cambiato nome in Izzy Stradlin, che nel campanello era segnato con la cancellina. Mi accomodai sugli scalini, e cercai di dormire. Ormai mi ero quasi abituato a dormire dovunque, nessuno mi avrebbe fatto male, ero povero in canna e non avevo altro che qualche libro e dei vestiti. Misi i gomiti sulle ginocchia e ci poggiai la testa, preparandomi a un torcicollo tremendo. Mi svegliai verso le dieci e aspettai che qualche persona uscisse dal palazzo così da chiedere informazioni. Tirai fuori il libro che mi ero portato dietro e attesi paziente. Due ore dopo mi ero stancato di aspettare, non usciva nessuno. Il portone era aperto e così entrai, pronto a tirare fuori il coltellino dalla tasca per qualsiasi evenienza. Continuai a salire e improvvisamente un vecchio signore in accappatoio apparve da uno degli appartamenti al terzo piano
- tu sei uno degli amici di quel cretino del quinto piano vero? - urlò avvicinandosi, io trasalii paralizzato e spaventato
- ehm sissignore - borbottai indietreggiando
- digli che se si mette ancora a suonare alle 3 di mattina gli rompo quella cazzo di chitarra sulla schiena!! -
- certo certo glielo dirò - salii gli ultimi piani correndo, un po' perché quel tizio mi aveva terrorizzato un po' perché finalmente io e Jeff ci stavamo per ricongiungere -
Arrivato all'ultimo piano esultai piano ma non bussai. Jeff stava sicuramente dormendo, non si sentiva una mosca volare.
Mi coricai per terra, davanti alla sua porta, riconoscibile dall'odore di erba che l'appartamento emanava. Respira a pieni polmoni e mi sistemai sul pavimento sudicio, al sicuro.


Punto di vista di Jeff
Mi svegliai verso mezzogiorno, mi grattai il sedere poco finemente e accesi una sigaretta. Dovevo andare a lavoro ed ero in ritardo ma tanto ero già vestito dalla sera prima.
Mi sciacquai il viso con l'acqua gialla del rubinetto e mi lavai i denti senza dentifricio. Ero pronto. Aprii la porta e mi accorsi che stavo per pestare una persona rannicchiata lì.
- Bill!!! - gridai al settimo cielo
Lui aprì gli occhi lentamente e poi sorrise
- buongiorno testa di cazzo -
I suoi capelli erano unti, puzzava come una discarica, ma non me ne fregava proprio nulla
Gli tesi la mano, lui si alzò e mi abbracció, forte, come se avesse bisogno di un po' di calore, affondando il viso nella felpa e respirando forte
Io ricambiai, stringendolo a me
Finalmente eravamo insieme di nuovo
   
 
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