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Autore: hirondelle_    12/02/2019    2 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
Suzuno aveva le chiavi.
Ci aveva messo un po’ a trovarle, rovistando tra la serie di mazzi e cianfrusaglie che teneva all’entrata; aveva la fama di essere un perfezionista, ma Hiroto sapeva che nel privato non era troppo diverso da qualsiasi essere umano. E in questo momento glielo stava dimostrando con chiarezza.
Era impallidito e nonostante la sua espressione fosse rimasta invariata la voce tradiva lo sgomento. Quando infilò la chiave nella serratura dell’appartamento di Ryuuji, la sua mano tremava.
Li accolsero il buio e il silenzio. Hiroto non sapeva esattamente cosa si aspettasse, ma forse sperava di trovare un qualcosa di coerente con il disordine nella sua testa. Invece l’appartamento sembrava in ordine. Suzuno chiamò Ryuuji un paio di volte, prima di entrare nell’appartamento e guardarsi attorno con aria circospetta. La televisione era accesa, ma non era sintonizzata su nessun canale. Sul tavolo c’era un sacchetto di patatine e un paio di bicchieri della sera prima. Decise di ignorarli ed avvicinarsi a una delle due parte poste a destra dell’entrata, da dove Hiroto non aveva mosso piede.
Suzuno aprì la porta della camera di Ryuuji e vi entrò senza esitare, quasi seguisse un copione prestabilito. Fu allora che Hiroto decise di seguirlo, realizzando solo in quel momento di aver dimenticato come si respirava. Con un sospiro, attraversò l’atrio con il cuore in gola e raggiunse suo fratellonella stanza.
Ryuuji era steso sul letto, immobile e in una posizione quasi innaturale, come se si fosse addormentato di colpo e fosse caduto. Indossava ancora i vestiti della sera precedente, avvolti ancora nel cappotto bianco, e il trucco aveva annerito il tracciato delle lacrime che si erano infrante sul collo, dandogli un aspetto grottesco dove aveva cercato di asciugarle.
Il suo petto si abbassava e si rialzava impercettibilmente.
Suzuno si era diretto verso il comodino di fianco al letto e ora teneva una scatola di farmaci tra le mani.
“Sta bene?” chiese Hiroto con un filo di voce, pietrificato.
Fuusuke ci mise un po’ a rispondere, concentrato com’era nell’analizzare il blister di un numero non ben identificato di pastiglie. Si girò verso di lui e sembrava stanco, ma sollevato. “Sta solo dormendo. Vai a vedere se Masaki è nella sua stanza.”
Quella frase lo colpì come un fulmine a ciel sereno: Masaki. Nella foga della preoccupazione, il pensiero non lo aveva nemmeno sfiorato: se ne vergognò, ma rimase in silenzio, affacciandosi di nuovo fuori dalla porta. Fuusuke non gli aveva dato nessuna indicazione, ma intuì che la stanza di Masaki fosse quella accanto a quella di Ryuuji.
Non provò nemmeno a bussare: in qualche modo, sapeva già cosa aspettarsi.
La stanza era vuota e la luce era rimasta accesa. Sul letto in ordine erano sparsi vestiti alla rinfusa, quaderni, libri, la cartella scolastica. Di Masaki nessuna traccia.
Quando tornò nella stanza di Ryuuji Suzunosi era già occupato di lui: lo aveva spogliato della giacca e dei vestiti più ingombranti e lo aveva messo a letto, coprendolo con il piumone. Il viso di Ryuuji continuava a mantenere un’espressione imperturbata.
Hiroto gli si avvicinò: la calma del fratello lo stava aiutando a non cedere al panico, ma non riusciva a lenire il senso di angoscia. “Sta bene?” chiese di nuovo, guardandolo con apprensione.
Suzuno sospirò e si sedette sul letto, invitandolo a fare lo stesso. “Sì,” mormorò. “Ha preso dei tranquillanti ma non avrà ingerito più di tre pillole, non credo sia necessario portarlo in ospedale.” La sua voce era roca e tradiva la stanchezza. “Per sicurezza passeremo qui la notte.”
Hiroto si sedette al suo fianco, più vicino a Ryuuji. “Lo ha già fatto in passato?”
Suzuno si passò le mani sul viso. “Sì, è capitato. Prima di farlo però mi avvertiva, o si accertava che fossi nei paraggi. Aveva sempre paura…” fece un gesto con la mano che Hiroto interpretò con chiarezza. Non finì la frase.
Hiroto appoggiò una mano sulla spalla di Ryuuji. Sembrava che avesse preso molto freddo, e che avesse preso pioggia. “Dove pensi che sia Masaki?”
“Non è una nostra priorità in questo momento,” mormorò secco il fratello. “Il ragazzo è immaturo, ma non stupido. Se è scappato, vuol dire che aveva un posto dove andare.”
Hiroto annuì: la pensava allo stesso modo. Quel suo studente ribelle e scontroso era pur sempre uno dei più brillanti tra i suoi studenti: lo conosceva meglio di quanto conoscesse effettivamente Ryuuji e sapeva che se la sarebbe cavata. Non poteva dire lo stesso della persona stesa al suo fianco: quanto conosceva esattamente di lui e della sua condizione? Avrebbe potuto recitare a memoria tutto il suo trascorso con Masaki dei mesi scorsi, ma non avrebbe saputo dire molto di cosa c’era stato prima.
Si voltò verso Suzuno: era lui, in fondo, la chiave di tutto, il ponte tra lui e il passato di Ryuuji, che lo volesse o meno. Quando i loro sguardi si incrociarono, tra di loro si instaurò un tacito consenso.
“All’inizio non ero sicuro di poterti lasciare andare,” gli sussurrò Suzuno. “non con la persona a cui tengo più al mondo, non con Ryuuji. Tuttavia mi dissi… che se ero riuscito a lasciare andare lui, forse con te sarebbe stato lo stesso.”
Hiroto restò ad ascoltarlo in silenzio, la mano appoggiata ancora al corpo rigido di Ryuuji.
Suzuno si incupì e abbassò lo sguardo. “La verità è che è stato più un fratello per me di quanto non lo sia stato tu,” mormorò, ma si affrettò a continuare: “ma so che parte della colpa è mia. So che non sei stato bene dopo la morte di nostro padre e non ti sono stato vicino quanto avrei voluto. Ho passato molto tempo evitando di parlarti. Avevo paura di venire risucchiato nel tuo dolore, come era successo con Ryuuji.”
Hiroto gli appoggiò una mano sulla spalla. “Non ho mai pensato che mi avessi abbandonato.” Tentò di dire. Si ricordava appena di quel periodo, anche se la ferita era molto recente: aveva superato con fatica il lutto, ma non aveva mai pensato che qualcuno gli dovesse qualcosa, nemmeno Nagumo. “So che per te non è facile gestire le emozioni. Non abbiamo passato tanto tempo insieme quanto avremmo voluto, ma credo… credo di capire.”
Ryuuji si mosse leggermente nel sonno e Hiroto gli gettò uno sguardo preoccupato, ma non sembrava essersi ancora svegliato. Quando si volse di nuovo verso Suzuno, gli sorrise. Gli sembrò un po’ scosso, leggermente stupito, e in qualche maniera commosso- anche se non era semplice da capire soltanto guardandolo in viso. “Sei una persona molto importante per Ryuuji, vero?”
A quel punto avvenne qualcosa di inaspettato: Suzuno gli buttò le braccia al collo e si strinse a lui, in un gesto umano e spontaneo che Hiroto non gli aveva mai visto fare. Sorpreso, gli passò le mani sulla schiena, e lo sentì tremare leggermente. “Va tutto bene. Il passato è passato-“ provò a dire. “Non abbiamo più bisogno di soffrire, giusto?”
Lo sentì annuire sulla sua spalla, ma ci mise un po’ prima di rispondere, scostandosi e passandosi un braccio sugli occhi lucidi. Sospirò profondamente e Hiroto capì che doveva dargli il tempo di riprendersi e tornare in sé. Tornò a osservare Ryuuji, immerso in un sonno profondissimo e immobile: era stata una serata intensa, ma l’avrebbero superata insieme. Una parola che per molto tempo aveva perso significato per lui, e che di recente aveva acquisito una veste nuova. Con le dita sfiorò una ciocca di capelli dell’uomo steso al suo fianco, in un gesto famigliare.
Suzuno sembrò riprendersi velocemente. “Ryuuji ti ha chiamato perché sapeva che saresti corso da lui. Si è fidato di te, e anche io penso che questa sia la scelta migliore.”
Quando Hiroto fissò lo sguardo in quello intenso del fratello, ebbe un brivido: gli occhi azzurri, in contrasto con l’azzurro etereo delle sue iridi, lo rendevano ancora più fiero.
“Quando si sveglierà, dovremo essere qui per lui.”
 
Ryuuji si svegliò che non era ancora giorno. La stanza era immersa nella penombra, una flebile luce si irradiava dalle finestre lasciate scoperte dalle tende, e i respiri di Hiroto e Suzuno erano l’unico suono distinguibile oltre a quello della pioggia battente. Infuriava un temporale.
All’inizio non capì nemmeno dove fosse. Si voltò a sinistra e vide le spalle curve di Suzuno coprirgli la visuale della porta; dall’altra parte, il volto addormentato di Hiroto gli sembrò più pallido che mai.
In quei brevi momenti di lucidità non pensò a niente. Si rannicchiò accanto ad Hiroto e lasciò che il sonno lo avvolgesse di nuovo, cullato dai singhiozzi.
Voleva solo dormire.
 
   
 
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