Serie TV > Queer as Folk
Segui la storia  |       
Autore: piccina    13/02/2019    3 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Justin aveva sbuffato, quando serviva Brian sfoderava una memoria da pachiderma.

“L’asilo in questione era a 5 isolati da casa delle mamme, ricordi anche questo? Ovvio che non voglio privare Susan di alcuna possibilità, ma diamine è così piccina, non la vorrei neppure costringere a ritmi da lavoratrice e poi non le farebbe male un po’ di quotidianità a casa, dobbiamo abituarci noi, ma pure lei”

“Pensavi di farlo vedere anche a me questo fantastico, bucolico, asilo? O hai già fatto l’iscrizione?” aveva domandato Brian, metà stizzito, metà già convinto. Non c’era dubbio che gli dessero ancora fastidio iniziative di Justin che non fossero condivise, almeno nei propositi.

“Certo che lo devi vedere anche tu e no, non ho fatto nessuna iscrizione. Te ne sto appunto parlando, per decidere insieme.”

“Ma dai? Sul serio?”

“Hai finito?”

Aveva scosso la testa e un ciuffo brizzolato gli aveva, per un momento, coperto lo sguardo. Justin gli aveva liberato la fronte, mandando in dietro i capelli. “Devi andare dal barbiere”

“Già” aveva convenuto, accarezzando la mano del marito che si allontanava “quindi quando mi porti a vederlo?”

“Se la preside può, martedì presto prima che tu vada in ufficio?”

Aveva mimato “sì” con il capo, ma dalla bocca era uscito “Oh, sia chiaro se non mi convince non se ne fa niente” e per la terza volta, quella sera, si era sentito rispondere: “Sì, capo. Certo capo”

La sera successiva Justin aveva confermato l’appuntamento con la preside, ma aveva aggiunto che forse sarebbe stato meglio che Brian andasse da solo, che si facesse la sua opinione in totale autonomia e serenità. Non si era stupito più di tanto quando il suo telefono era suonato alle nove del mattino e sul display era comparso il viso del marito.

Dal vivavoce si sentiva il leggero fruscio delle auto in corsa. “Sei già verso Pittsburgh … buon segno? Cattivo segno?” aveva scherzato.
“Mi piace – aveva sentenziato – va bene, ma solo fino ai cinque anni, l’ultimo anno prima della scuola vorrei che lo facesse comunque alla Valdo school”

Non ci aveva fatto caso subito, ma dopo qualche giorno era chiaro che non fosse un caso. Suo padre quando parlava a Susan di Justin lo chiamava sempre papi, un po’ troppo lezioso e quindi strano. “Perché insegni a Susy a chiamarlo così?”

“Suggerimento di Dani, per non confonderla. Io sono papà perché è già abituata a sentirmi chiamare così da te e quindi a Justin è toccato papi”

“Non sembra funzioni molto, continua a chiamarvi per nome”

“Non ha importanza, arriverà anche quel momento, soprattutto se Justin iniziasse a usare papi” aveva colto l’attimo per tirare una leggera frecciatina al marito che sembrava avere pudore a identificarsi con quel nome, tanto quanto lui aveva invece accolto come una liberazione potersi chiamare papà anche con Susan. “Ci aiuteresti se usassi papi anche tu quando parli di Jus con lei” Il ragazzo aveva annuito convinto e poi aveva chiesto se anche lui lo avesse chiamato per nome per un certo periodo.

“No, Gus, per te sono sempre stato papà. Dal primo momento tutti ti parlavano di me come papà e io con loro. Le mamme sono sempre state molto attente e rispettose in questo. Per Susan è diverso, mi ha conosciuto come Brian a fino a che non siamo stati certi dell’adozione non era il caso di rischiare di confonderla e ferirla, se fosse andata male”

Nonostante l’ansia di Justin le cose stavano andando bene, Susan si era abituata alla nuova quotidianità con una naturalezza commovente, sembravano loro quelli un po’ più sbalestrati dal ruolo di genitori a tempo pieno di una bimba piccolina, non lo erano mai stati, neppure per Gus, che all’età che aveva Susan adesso viveva con le mamme e andava dal papà solo qualche giorno al mese. La nuova mancanza di libertà permanente la vivevano come un regalo della sorte. Justin aveva scelto di lavorare il più possibile da casa, fino a quando Susan non era andata a tempo pieno all’asilo e adesso si era organizzato per riuscire ad andare a prenderla alle 16.30 quanto usciva. Brian che era sempre stato piuttosto mattiniero in ufficio adesso arrivava poco dopo le nove, perché aveva deciso che toccava a lui portarla alla materna. Erano solo dieci minuti a piedi, ma erano diventati presto i preferiti della giornata, mentre stringeva la manina paffutella e ascoltava le chiacchiere della sua bambina.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Queer as Folk / Vai alla pagina dell'autore: piccina