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Autore: SilVerphoenix    14/02/2019    4 recensioni
Una gita scolastica può rivelarsi davvero molto istruttiva... o distruttiva. Quel che succederà durante l'escursione organizzata al parco di Perche è del tutto imprevedibile, e potrebbe rimettere in discussione ogni cosa, ogni pensiero nella testa di Adrien. E di Marinette.
[La storia è stata scritta quando era uscita ancora solo qualche puntata della seconda stagione, ma può tranquillamente inserirsi in un punto qualsiasi della trama che ad oggi sia stata rivelata.]
Per: Marianna, perché se galeotto fu Tributario, cemento a presa rapida fu Miraculous. Tvb!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Uno

 

“Ben fatto!”
Con un rumore sordo appena udibile, le nocche si sfiorarono, e Ladybug gratificò il compagno di tante avventure con un occhiolino. 
Chat Noir, al di sotto della maschera scura che gli copriva parte del viso, arrossì lievemente, e lanciò un fugace sguardo agli orecchini della supereroina. C’erano ancora quattro pallini su di essi. Un’altra occhiata indirizzata verso la propria mano gli ricordò che non aveva utilizzato la propria mossa speciale durante lo scontro con l’ultima vittima di Papillon, il gigantesco SuckerPunch. Gigantesco ma lento. Mentre lui lo teneva impegnato senza troppa fatica, Ladybug l’aveva steso con una brillante idea, e l’utilizzo di un barattolo di vernice. Quella ragazza era sempre sorprendente, pensò Adrien. 
“Allora, alla prossima!” esclamò lei, voltandosi per andarsene.
“Aspetta!” la fermò Chat Noir. Si trovavano sui tetti di Parigi, e il cielo era tinto di un arancio rosato che suscitava dolcezza e malinconia. “Hai ancora quattro minuti, prima di ritrasformarti. Puoi rimanere un po’?”
Ladybug esitò solo un momento. “Sì… certo, posso rimanere ancora qualche istante. Che succede?”
Lui però non sapeva dirle cosa succedeva, sentiva un groviglio di emozioni che non riusciva ad esprimere. Il vero problema era che le emozioni erano di Adrien, e che era Adrien che voleva parlarne con qualcuno, ma non poteva certo rivolgersi ad uno dei suoi amici… cosa avrebbe potuto dire loro? Sono innamorato da sempre di Ladybug, ma ora c’è anche qualcosa che non so spiegare? 
Come avrebbe mai potuto dire ad anima viva del suo rapporto con Ladybug senza rivelare anche il proprio segreto?
“Non ti capita mai di avere bisogno di qualcuno, ma di non poter dire a nessuno quello che provi a causa, sai, della nostra identità segreta?”
La ragazza si sedette sul tetto, con lo sguardo perso nel tramonto. I suoi magnifici occhi blu si tinsero di mille sfumature di arancio. “Non credo. Nel senso, ho la mia kwami con cui parlare dei problemi relativi alla mia identità segreta, mentre ho le mie amiche con cui parlare di ciò che riguarda la mia vita normale.” Fece una pausa, ma poi si accorse di averlo turbato e aggiunse in fretta “Ma se hai bisogno di qualcuno, conta pure su di me. Sempre.”
Lui sospirò. Un’altra occhiata agli orecchini, erano rimasti solo due puntini neri. 
“Non ho mai parlato con i miei amici di certe cose.” Confessò, sedendo accanto a lei.
Ladybug sbuffò divertita. “Tsk… maschi. Si tratta di faccende di cuore?”
Chat Noir si rese conto in quel momento di quanto fosse assurda la situazione, e scosse il capo rassegnato. “E’ sciocco pensare di poterne parlare con te, suppongo. Non mi sei mai stata indifferente.”
La ragazza abbassò lo sguardo e attese qualche istante prima di parlare, poi, con cautela, poggiò una mano su quella di lui. “Perdonami per quanto sto per dire, ma io credo che dovresti ridimensionare l’attrazione che provi per me. Anch’io mi trovo bene con te, e sicuramente c’è una grande sintonia tra di noi, ma la verità è che non ti conosco. Non so cosa ti piace fare nel tempo libero, non so che musica ascolti, non so cosa vai a guardare al cinema. E credo che non possa piacerti davvero qualcuno se non sai chi sia realmente quel qualcuno.”
L’eroe, inizialmente emozionato per quel contatto così intimo, ritrasse la mano come se si fosse scottato, e balzò in piedi. “Hai solo un minuto prima di ritrasformarti. Ti conviene sbrigarti, ma non preoccuparti di me. Sarò già lontano quando sarà trascorso.”
In realtà, se fosse rimasto ancora per diciassette secondi, avrebbe capito che si erano accorti molto più tardi del previsto del timer ormai quasi scaduto di Ladybug. Se si fosse voltato anche solo una volta, mentre balzava da un tetto all’altro, avrebbe riconosciuto la compagna di classe, Marinette, in piedi su un tetto, con lo sguardo triste e una piccola creatura rosso fragola appoggiata alla spalla.
Ma non attese, non si voltò, e non vide la super eroina Ladybug riprendere le vesti della studentessa che tanto bene conosceva. 
Chat Noir percorse in poco tempo la strada che lo avrebbe condotto nel modo più sicuro possibile alla grande villa dove abitava. Entrò e liberò Plagg dall’anello, tornando così ad essere Adrien. 
Aveva bisogno di essere Adrien. 
Le parole di Ladybug lo avevano trafitto come coltelli roventi, non riusciva a ricacciare in fondo la rabbia per quelle sue frasi così profondamente...
Vere.
Lo realizzò con una fastidiosa consapevolezza bruciante.
Lui non la conosceva.
Lui non sapeva che musica ascoltasse.
Lui non aveva idea di che film le piacesse guardare.
Lui, in fondo, non sapeva di lei niente più di quanto non ne sapesse un altro dei fan di Ladybug.
“Adrien…?” provò Plagg, ma senza alcun risultato. Il ragazzo si chiuse in bagno e il kwami sospirò addentando una fetta del suo formaggio preferito.

 
*


“In ordine, ragazzi. Piano, piano, ad uno ad uno.”
Madame Mendeleive fece cenno ai propri studenti di accomodarsi sul pullman che li avrebbe condotti in gita, la prima gita scolastica dell’anno. Erano ormai prossime le vacanze di Natale, ed era consuetudine della scuola organizzare mezza giornata di visita d’istruzione fuori Parigi per le proprie classi più meritevoli. La sezione di Marinette si era miracolosamente classificata tra le prime tre, e aveva così guadagnato la sua gita al parco naturale di Perche. 
La ragazza aveva dato per scontato di sedere accanto alla migliore amica, ma non aveva considerato i piani di quest’ultima.
“Nino!” cominciò Alya nel vedere il compagno di classe, “Nino, vieni a sederti con me?”
Marinette sentì ogni singola goccia di sangue ghiacciarsi nelle vene, mentre il viso di lui s’illuminava di gioia e si alzava in piedi. Il posto accanto a lui era occupato infatti da..
“Adrien, non ti dispiace vero?” balbettò Nino, superando l’amico senza degnarlo di più di uno sguardo. 
Marinette lanciò un’occhiata disperata ad Alya, che già aveva preso posto nella fila dietro di loro, e a Nino, che a sua volta stava sedendo accanto a lei. 
‘Sie-di-ti’ sillabò Alya con uno sguardo imperativo che non lasciava posto a repliche.
“Po…posso?”
Adrien, lo sguardo perso fuori dal finestrino, sembrava aver notato appena quello scambio, ma spostò la borsa che occupava leggermente lo spazio tra lui e il sedile rimasto libero. 
“Certo, Marinette.”
La ragazza prese posto con difficoltà, sentendo le gambe come di cemento e le braccia diventate piombo fuso. 
Un lembo della sua giacca si spostò appena, e il visino dolce di Tikki emerse dai meandri della stoffa per sussurrarle “Rilassati, sembri una scopa! E ricordati di respirare!”
Ah, già, respirare… butta fuori, prendi aria, butta fuori, prendi aria… 
Marinette cominciava già ad assumere una posizione più comoda sul sedile, quando la voce acuta e sgraziata di Chloè la fece sobbalzare “E tu cosa diavolo ci fai qui?! Smamma, Cheng! Sto io vicino al MIO Adrien!”
Oh, no, povera illusa, non c’era davvero alcuna possibilità che lei si alzasse da quel posto! La giovane aveva appena aperto la bocca per ribattere, che la professoressa tuonò “Signorina Bourgeois, sta bloccando la fila! Trovi immediatamente un posto libero, in fondo alla vettura ce ne sono parecchi.”
Schiumando di rabbia, Chloè fu costretta ad allontanarsi, e Marinette espirò cercando di riprendere il controllo. 
“Prima o poi, le passerà.” Sussurrò Adrien.
“Come?” sobbalzò Marinette, ma quando si voltò verso il ragazzo rimase interdetta.
“Abbiamo circa un’oretta di strada, forse di più se c’è traffico. Oggi non sono molto in vena di chiacchiere, ma… ti va un po’ di musica?” 
Adrien le stava porgendo un auricolare.
Per esattezza, l’auricolare sinistro. Il destro era già infilato nel suo orecchio, appena visibile sotto un ciuffo di capelli biondi.
Marinette sapeva che qualsiasi cosa avesse detto, sarebbe stata sicuramente un balbettio informe ed imbarazzante, così si limitò ad annuire, prese l’oggetto e lo portò verso il lobo. Le bastò udire le prime note per riconoscere il motivetto di Jagged Stone, e istintivamente ne canticchiò il ritornello a labbra chiuse.
Una curva più stretta delle altre tese il filo degli auricolari e la ragazza si trovò sospinta verso il compagno di classe, ma lui non si scostò, anzi sistemò la spalla per fornirle un appoggio più comodo. Marinette si ritrovò a sorridere, con la testa poggiata su di lui e un sorriso emozionato sul viso. E sperò che di traffico ne trovassero così tanto da dover rimanere in quella posizione per molto, molto tempo.

 
*
 

Nonostante le speranze della giovane studentessa, non più di un’ora dopo la professoressa annunciò che sarebbero presto giunti a destinazione. Prima, però, era prevista una sosta ad una stazione di servizio per poter permettere loro di avvisare i genitori.
“Infatti, all’interno della zona in cui ci troveremo a breve, non c’è campo e non potrete chiamarli finché non saremo sulla via del ritorno. Le grotte che visiteremo sono molto antiche, e le pareti sono tanto spesse da non permettere al segnale di raggiungere i ripetitori.”
Marinette avvertì un fremito all’altezza del cuore, stavolta però non aveva nulla a che vedere con i suoi sentimenti. Tikki emerse dalla stoffa, tremando. 
“No, Marinette! Non possiamo andare lì!”
La ragazza la sospinse al riparo della giacca, guardandosi intorno preoccupata, ma nessuno dei compagni stava guardando dalla sua parte, e anche Adrien fortunatamente sembrava impegnato a sistemarsi i vestiti… probabilmente non aveva notato la buffa vocina della kwami. 
“Dopo!” soffiò lei, poi, con un sorriso imbarazzato, corse fuori dal pullman non appena il veicolo si arrestò. “Scusate, ne approfitto per andare un momento al bagno!”
Tikki non aspettò nemmeno che lei si fosse riparata dietro la porta di un cubicolo, prima di uscire fuori dal suo nascondiglio e cominciare a parlare velocemente, in preda al panico. “Non portarmi là sotto, Marinette. Non mi piacciono le caverne, mi fanno stare male. Perdo energia, mi sembra di poter… di poter…”
La ragazza l’accolse tra i palmi. “Vieni qui, piccolina. Non temere, ci sarò io a proteggerti. E’ una banale visita d’istruzione, seguiremo un percorso lungo il quale non ci sarà nessun pericolo e…”
“No! Marinette ti prego, andiamo via! I kwami non sono fatti per le caverne, siamo spiriti. Rischiamo di… svanire.”
Lei strabuzzò lo sguardo. “Dici sul serio?” 
Tikki annuì affranta.
“Ma io non posso semplicemente dire che non vado. Non me lo permetterebbero mai. E non posso scappare, dove potrei andare da qui? E poi noterebbero subito la mia assenza!”
Marinette sospirò affranta, appoggiando le spalle al muro. “Cosa posso fare?”
La kwami fluttuò fino alla sua spalla e si accoccolò su di lei, ancora scossa da un lieve tremito. “Il pullman entrerà nelle grotte?”
Gli occhi della giovane s’illuminarono di comprensione. “No, certamente! Rimarrà nel piazzale turistico! Potresti rimanere nella mia borsa, fingerò di dimenticarla sul sedile!”
Tikki espirò sollevata. “Non mi piace l’idea di trovarmi lontano da te, ma l’alternativa è troppo spaventosa…”
“Non preoccuparti! Non può succedermi nulla dentro la grotta. Non ci porterebbero mai in zone pericolose, sarà un noiosissimo giro in mezzo a grigie pareti di roccia.”
Mentre tornava al pullman, la ragazza non poteva sapere quanto quella previsione fosse poco azzeccata.
Prendendo posto accanto ad Adrien, notò che lui aveva riposto gli auricolari e il telefono. Cercando di non suonare delusa, domandò “Niente più musica?”
Lui accennò un sorriso, ma sembrava teso. “Ormai siamo quasi arrivati, non vale la pena.”
“E’ la tua prima gita scolastica?” chiese dopo qualche minuto lei, cercando di balbettare il meno possibile. 
Adrien spostò lo sguardo, perso oltre l’orizzonte, e annuì. “Esatto. Mio padre non mi ha mai permesso di farne una prima d’ora.”
“Eppure, non sembri particolarmente felice. C’è qualcosa che non va?” provò a indagare lei. Non le pareva di averlo mai visto così pensieroso, cupo. 
Lui si strinse nelle spalle, poi sembrò ripensarci e decise di confidarle quanto gli ronzava in testa ormai all’infinito. “Ieri ho avuto una… discussione. Con un’amica, una persona importante per me.”
Marinette sentì le viscere trasformarsi in blocchi di cemento armato. Chi era quest’amica? Questa… persona importante? Quanto era importante? Era la sua… fidanzata? L’orrore le pervase i lineamenti, e voltò immediatamente il viso perché lui non potesse accorgersene. Cercando con pochi risultati di mantenere fermo il tono di voce, disse “Spero nulla di grave.”
“Non lo so.” Lui scosse il capo lentamente. “Non la conosco ancora così bene da capirlo.”
La verità prendeva sempre più forma nella mente della ragazza: non la conosceva ancora così bene? Era sicuramente una nuova arrivata nella sua vita, questo avrebbe spiegato come mai lei, che conosceva a memoria le giornate di Adrien e praticamente chiunque ne facesse parte, non aveva idea di chi potesse essere. Probabilmente lui si era preso una cotta e stava cercando di dichiararsi, probabilmente presto si sarebbero fidanzati, avrebbero celebrato il loro matrimonio in un’isola italiana circondati da fan urlanti e avrebbero avuto tre bambini!!
La voce della professoressa che annunciava l’arrivo al parcheggio turistico interruppe il corso dei suoi pensieri, e le risparmiò l’incombenza di dover rispondere e continuare quella gravosa conversazione.
Molti studenti, una volta appreso che non avrebbero avuto connessione internet, avevano deciso di lasciare i cellulari e le borse sul veicolo. Marinette notò che anche Adrien aveva rinunciato alla propria tracolla nera, incastrandola sotto il sedile e nascondendola bene alla vista. Imitò quel gesto e, quando si fu assicurata che nessuno potesse vederla, sbirciò all’interno per controllare che Tikki stesse bene. 
“Vai Marinette, stai tranquilla. Ti aspetterò qui, ne approfitterò per schiacciare un pisolino.”
La ragazza assentì e le sorrise incoraggiante, quindi raggiunse Alya fuori dal veicolo.
“Io e Nino ci siamo tenuti la mano per tutto il viaggio!” le confidò raggiante l’amica, non appena furono abbastanza vicine da non essere udite da nessun altro. “E con Adrien com’è andata?”
Marinette sbuffò tristemente, ripensando alla conversazione avuta poco prima. “Si è fidanzato, Alya. Con una ragazza bellissima che gli piace tantissimo.”
Le sopracciglia dell’altra si alzarono talmente tanto da confondersi con l’attaccatura dei capelli. “E questo te l’avrebbe detto mentre tenevi la testa appoggiata teneramente sulla sua spalla o mentre sorrideva guardandoti?”
“Non mi guardava sorridendo e non mi ha detto espressamente che potevo appoggiarmi, l’ho fatto di testa mia. Prima che mi dicesse questa cosa.”
Alya era ancora scettica. “A me non risulta, Nino lo avrebbe saputo e me l’avrebbe detto di certo. E poi ti conosco. Adrien ha utilizzato espressamente queste parole?”
“Adesso basta voi due!” sbraitò la professoressa Mendeleive. “Avete preso la vostra torcia? Avete indossato i caschi protettivi? No vero? Bene, ci penserò io. Tu, Marinette, vieni qui davanti, dove posso vederti bene, e tu Alya starai qui. Queste visite si chiamano d’istruzione per un motivo ben preciso!”
“Distruzione?” ridacchiò Kim, facendo l’occhiolino all’amico Max.
“Distruzione, appunto.” Sbottò Chloè, nervosa e infastidita. “Distruzione della mia perfetta chioma. Guarda, Sabrina! Un riccio! Qui c’è un riccio! E anche qui!”
Marinette superò la figlia del sindaco e afferrò il caschetto che le porgeva la guida. Lo indossò e iniziò a combattere con la chiusura a scatto, che si rivelò più complicata del previsto.
E fu un attimo… le mani di lui si poggiarono sulle sue dita e le scostarono gentilmente. 
“Ti aiuto io. Bisogna fare scattare la chiusura in questo punto, dimmi se così va bene o è troppo stretto.”
Senza riuscire a guardarlo negli occhi lei mormorò un assenso. “Va bene così, grazie Adrien. E’ che sono sempre la solita…”
“…Maldestra.” ridacchiò il ragazzo. “Lo so. Vieni, andiamo, o la professoressa ti seppellirà sotto queste stesse rocce.”
La guida cominciò a parlare con voce lenta e monotona, facendo loro strada come previsto in un noioso percorso prestabilito per gli studenti. Il terreno era liscio come asfalto, segno che da lì, negli ultimi anni, erano passati migliaia o milioni di piedi di turisti e nessuna pietra era finita fuori posto. 
Marinette non riusciva a concentrarsi sulla visita. Quello che le aveva detto Adrien continuava a ronzarle in testa come un ritornello di cui non riesci a liberarti, ma anche le parole di Alya erano diventate un motivetto insistente che combatteva il primo. 
Adrien aveva un’amica, una persona importante nella sua vita… eppure, le aveva consentito di appoggiarsi a lui per tutto il tragitto, e anzi, avrebbe potuto ascoltare da solo la musica ma aveva voluto coinvolgerla. Le aveva allacciato il caschetto con gesti premurosi… “A chi voglio darla a bere,” si disse, affranta. “Adrien è una persona meravigliosa che ama prendersi cura degli altri. E’ affettuoso perfino con Chloè! Mi vede come un’amica ed è gentile con me. Tutto qui.”
Quell’affermazione le fece così male da sentire quasi il terreno vibrare sotto i suoi pied... ma no, non era stata una sensazione di Marinette dovuta al suo sconvolgimento emotivo. La ragazza si guardò intorno e notò la preoccupazione sul viso dell’insegnante e degli altri compagni di classe.
“Non fa niente, non preoccupatevi. Capita, ogni tanto. E’ solo che dove ci troviamo sembrano più forti di quando siamo nelle nostre case, ma non è nient…”
La guida si interruppe per non perdere l’equilibrio, una nuova scossa più forte della prima gli mozzò il fiato. Chloè urlò dalla paura, e la professoressa impallidì.
“Siamo sicuri che non corriamo alcun pericolo?” domandò alla guida con voce malferma.
“Assolutamente sicuri, sono cose che capitano…” 
Di nuovo la guida fu interrotta da una scossa, meno intensa della precedente, ma così lunga da sembrare interminabile. Marinette tossì, della polvere cadde dal soffitto, accompagnata da qualche pietrolina. 
“Bene, forse è il caso di tornare sui nostri passi. Non c’è alcun pericolo ma mi sembrate nervosi” disse la guida, che ormai faceva fatica per controllare il tono della voce. “Fatemi passare, vi condurrò all’esterno, non preoccupatevi, ci siamo inoltrati ben poco. Cinque minuti e saremo fuori.”
La professoressa guardò un momento verso di loro, poi sopraggiunse un’altra scossa e lei si affrettò a seguire la guida. “Coraggio ragazzi, seguiamo il signor Dubois. Saremo fuori in men che non si dica.”
Qualche gridolino accompagnò anche le successive due scosse, che si portarono dietro una pioggia di polvere e piccole pietre. 
Marinette camminava con lo sguardo fisso sui compagni davanti a se, non si sentiva particolarmente agitata, ma non vedeva l’ora di tornare da Tikki. Aveva bisogno di abbracciarla e accucciarsi con lei sotto le coperte, cercando di dimenticare quelle maledette frasi di Adrien che invece, inesorabili, tornavano a ronzarle in testa.
Una scossa più forte delle altre la fece inciampare. Fortunatamente Adrien, che era rimasto in fondo alla fila insieme a lei, le afferrò il gomito. Stava per ringraziarlo, quando un’altra scossa provocò un rombo profondo nelle viscere della montagna. Questa non accennava a finire, e mentre lei cercava in qualche modo di reggersi in piedi, il mondo andò in pezzi.
L’urlo di Nino arrivò prima di ogni altra cosa. “ADRIEN! ATTENTO!”
Il secondo grido apparteneva a Chloè. “Sopra di te!”
Come se improvvisamente si fosse materializzata tra loro Lady Wi-fi, a Marinette sembrò che qualcuno avesse premuto il tasto del rallentatore. Simultaneamente, lei e Adrien levarono lo sguardo al soffitto di pietra, costellato di enormi stalattiti, e la videro: era gigante, era un muro di solida pietra a forma di cono, e stava staccandosi per franare esattamente nel punto in cui si trovava il ragazzo.
“Noooooo!” gridò qualcuno. Una minuscola parte del cervello di Marinette registrò che quel qualcuno era lei, ma intanto, forte dei riflessi che si erano sviluppati a dismisura negli ultimi mesi, da quando era diventata Ladybug, il suo corpo aveva già reagito: la spinta era partita dalle punte dei piedi, e un fulmine di adrenalina pura l’aveva attraversata mentre si slanciava in avanti, le braccia protese verso il ragazzo di cui era profondamente innamorata. 
La sua mano destra si scontrò con la spalla di Adrien, la mano sinistra trovò il vuoto, il viso sbatté con forza contro qualcosa di solido e il buio calò sul sipario.





 
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Cantuccio di Silverphoenix: Ciao a tutti! Dopo tanto tempo mi ritrovo a pubblicare nuovamente una fanfiction, è una grande emozione. Spero prima o poi di finire quelle che ho in cantiere.. ma ho una rassicurazione: questa è già terminata, devo solo revisionarla. Saranno quattro capitoli, spero che vi piacerà! Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando! A presto :) 
 


  
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