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Autore: Wolfgirl93    14/02/2019    1 recensioni
Scritta per San Valentino
Due anime che la vita ha messo a dura prova si incontrano durante una giornata speciale e degli occhi limpidi osservano quelle due vite incontrarsi e finalmente unirsi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Vivere nei bassifondi di Manhattan non è mai stato facile, Christian Cole lo sapeva bene: la sua casa era piena di buchi da dove entrava l’acqua e il freddo, sua madre tornava a casa con un uomo diverso e ogni volta prima di entrare nella sua stanza gli dava un buffetto e se ne usciva con una frase del tipo “Vedrai domani avrò i soldi per prendere quella torta che ti piace tanto.” e beh ogni volta quella torta non arrivava mai.
Christian ormai non ci faceva più caso, ignorava persino le maestre che lo rimproveravano perché non aveva i libri o i quaderni, si era stufato di dover dire che sua madre non aveva soldi e dopo l’ennesimo richiamo le maestre avevano chiamato a casa senza ottenere risposta.
I mesi erano passati e lui ormai a scuola nemmeno ci andava più, la mattina usciva di casa mentre sua madre dormiva e andava al parco a passare la giornata, lei non se ne sarebbe mai accorta e le maestre continuavano a chiamare senza ricevere risposta; fu durante una giornata di primavera che bussarono alla porta delle persone strane, sua madre era in camera a “lavorare” e lui era seduto in cucina con la televisione alta a disegnare. Quando aprì la porta vide entrare una donna e un uomo ben vestiti che subito gli chiesero dove fosse sua madre.
“Mamma sta lavorando in camera, ma non vuole che nessuno la disturbi.” Disse il bambino di quasi 10 anni mentre con nonchalance tornava al suo disegno. “Potete aspettare qui, Alex fa sempre presto.” Si limitò a dire prima di tornare a disegnare senza problemi.

Fu proprio quella sera che gli assistenti sociali lo portarono via da quella casa, ricorda di aver sentito le parole ‘prostituta’, ‘cocaina’ e ‘droga’, quando è arrivato nella struttura dove sarebbe stato ha provato a chiedere spiegazioni a una signora che sembrava gentile.
“Mamma ha lavorato male?” Chiese ingenuamente guardando la donna con gli occhioni blu incerti, non aveva versato nessuna lacrima quando era stato portato via, non aveva mai sentito quella casa come sua e nemmeno sua madre gli era mai sembrata tale.

“No, vedi tua madre non può più prendersi cura di te… Per ora resterai qui con noi poi domani verranno delle famiglie e magari già da domani potrai andare a vivere nella tua nuova casa.” Il sorriso della donna era finto, il bambino ormai aveva imparato a conoscerli, scrollò le spalle e si guardò attorno mettendosi a giocare con dei Lego sparsi sul pavimento.

 

Due giorni dopo fu adottato da una famiglia senza figli, la sua nuova casa era in centro città e vantava una vista mozzafiato, la sua stanza era enorme e aveva un grosso letto al centro, infine aveva un’intera stanza piena di giochi.

Christian era felice, aveva tutto quello che voleva e la famiglia cercò di non fargli mancare nulla, eppure come aveva sentito dire dai suoi nuovi genitori qualche anno dopo “Quando nasci nello schifo tornerai sempre lì.”
 

A 16 anni era stato ripudiato dalla sua nuova famiglia, gli avevano trovato dell’eroina nei pantaloni e anziché chiamare la polizia avevano deciso di abbandonarlo nuovamente in quel cazzo di orfanotrofio; la sua fortuna era che ormai aveva l’età per cavarsela, quindi rimase lì dentro per qualche mese poi dopo aver preso tutte le sue cose se ne andò.

Vivere in strada non era il massimo ma tutto era meglio che vivere in quella casa pomposa e piena di fiocchetti, si era trovato un lavoretto in un piccolo bar e anche se lavare piatti non era la sua aspirazione nella vita era pur sempre un lavoro e a lui i soldi servivano.

La maggior parte dei suoi guadagni finivano in droga e qualche volta in qualche cibo in scatola, viveva alla giornata e ormai quella vita sembrava averlo inglobato senza lasciargli via di scampo.

Fu durante una giornata d’estate che la sua vita cambiò: stava camminando con calma tra i vicoletti della città, si era appena fatto una dose e dalla tasca usciva il sacchetto con ancora un po’ di quella polverina, ci aveva messo pochi secondi a sentire dei passi che lo seguivano e quando si era girato aveva spalancato gli occhi con orrore prima di sentire un dolore lancinante al fianco, l’unica cosa che era riuscito a vedere del suo aggressore era una viso fin troppo dolce per essere un assassino e degli occhi così limpidi da sembrare trasparenti.

Si era trascinato fin sulla strada e per fortuna dopo essere stato ignorato almeno una ventina di volta una signora aveva chiamato l’ambulanza in tempo per non farlo morire dissanguato.

 

“Lei è stato fortunato signor Cole, pochi centimetri più in alto e le avrebbe perforato il fegato e beh in quel caso non so se sarebbe arrivato qui vivo.”

Christian ringraziò mentalmente il dottore, quel figlio di puttana pensava che fare battute sulla sua morte fosse divertente? Il moro sospirò a si passò una mano sul viso guardando le vari bende che gli coprivano il fianco destro, gli avevano sparato solo perché lui aveva della droga, c’era gente davvero disposta a tutto per quella cazzo di roba.

 

Quando dopo una settimana Christian uscì dall’ospedale chiamò diversi numeri e dopo vari ripensamenti si decise a entrare in una comunità per uscire dal circolo della droga; fu la cosa più difficile del mondo, le crisi di astinenza erano tremende e il suo corpo sembrava quasi autodistruggersi durante quei giorni.

Ci volle quasi un anno e un sacco di sedute dallo psicologo prima che potesse uscire e sentirsi un uomo – quasi – nuovo, era tornato al punto di partenza: non aveva soldi, ne una casa, ne un lavoro, ma almeno era vivo e senza un vizio che lo avrebbe portato alla morte.

 

 

 

Trovò lavoro dopo quasi due mesi, mesi che passò nei parchi sperando di non diventare il bersaglio di qualche malvivente; si era ritrovato a lavorare come lavapiatti e poi come cameriere in un cafè aperto da poco, non era un posto per tutti, sembrava uno di quei cafè costosi dove si bevevano caffè pregiati e tea di alta qualità, un posto sicuramente non per uno come lui.

Le giornate erano tranquille e i clienti erano sempre molto silenziosi e cortesi anche con uno come lui, riceveva sempre dei grazie quando portava l’ordine a qualcuno e molto spesso gli venivano date anche delle mance molto buone.

Riuscì a metter da parte abbastanza soldi da poter affittare un monolocale nella periferia e per la prima volta aveva un tetto sotto la testa che fosse veramente suo; il lavoro andava a gonfie vele e i clienti ormai erano diventati quasi come amici, spesso si ritrovava a parlare con Jhon del calcio o con Marghareth della nuova serie TV che passavano il mercoledì.

La sua routine era ormai diventata parte del suo quotidiano ma quel giorno di novembre la vita aveva deciso di fargli una sorpresa: al cafè entrò un nuovo ragazzo, avrà avuto sì e no qualche anno meno di lui e sembrava di buona famiglia visto il suo look impeccabile, ordinò un caffè macchiato e una brioche ai lamponi prima di prendere posto in fondo alla saletta vicino alle grandi finestre.

Christian gli portò il suo ordine e il ragazzo lo guardò di sfuggita mormorando un grazie appena accennato, la stessa cosa successe quando venne a pagare, la sua voce era così flebile che Christian quasi faticò a sentirla.

La nuova routine continuò e quel ragazzo ormai veniva tutti i giorni e tutti i giorni ordinava sempre il solito caffè macchiato e la sua immancabile brioche ai lamponi, Christian dopo quasi due settimane provò ad attaccare bottone, ormai conosceva tutti e gli faceva strano non conoscere quel ragazzo.

“Ecco a te il tuo solito ordine. Ah sono contento che oggi ci sia il sole, non fa altro che piovere e vedere sempre il cielo scuro fa venire tristezza.” Disse accennando un sorriso verso il ragazzo.

Il biondino alzò gli occhi marroni verso di lui e accennò un sorriso cortese “Già, immagino che lavorare qui e vedere questo brutto tempo non sia il massimo.” Ammise con la voce leggermente più alta del solito.

Christian si illuminò nel vedere che gli stava parlando “Non immagini quanto! Comunque io sono Christian, molto piacere!” Il moro allungò una mano verso il ragazzino e aspettò fiducioso di sapere

il suo nome.

“Sono Peter, piacere.” Peter strinse la mano di Christian e gli sorrise gentilmente.

 

 

 

 

Peter Dawson era sempre vissuto in una famiglia benestante, era cresciuto con ogni vizio possibile e aveva sempre avuto l’amore incondizionato dei suoi genitori a fare da sfondo alla sua vita, tutto fino all’età di 6 anni: il padre di Peter, Marcus non era una cattiva persona ma non era nemmeno uno stinco di santo, giocava d’azzardo e ogni tanto alzava un po’ troppo il gomito.

Fu durante una sera d’inverno che la vita del bambino cambiò drasticamente, Marcus rientrò in casa in tarda serata, il biondino era sul divano a guardare un cartone alla TV mentre sua madre era andata a letto troppo stanca per fargli compagnia; l’odore di alcol pizzicò il naso di Peter che si ritrovò a guardarsi attorno confuso, possibile che suo padre fosse la causa di quel brutto odore?

“Papà? Tutto bene?” Aveva chiesto il bimbo distogliendo gli occhi dalla TV per guardare il padre in cucina.

Dei passi pesanti e trascinati si fecero più vicini e Peter notò che suo padre non sembrava molto in forma, aveva le guance e il naso rossi e la sua camminata sembrava quasi incerta come se da un momento all’altro potesse cadere a terra. Il bambino spense la TV – ormai il cartone era finito – e si avvicinò al padre per dargli la buonanotte, gli sorrise e dopo avergli detto quelle parole andò verso la stanza, una mano forte però lo fermò stringendogli la spalla e Peter non riuscì nemmeno a voltarsi perché un forte dolore alla guancia lo colpì facendolo quasi cadere a terra.

“Io mi spacco il culo ogni giorno e tu invece cosa fai? Lasci questa casa come un porcile? Tu non sai quanto lavoro per pagare quei cazzo di giocattoli che vuoi tanto! Tu non sai quanto tua madre mi costringa a spendere solo per farti felice! Tu non sai un cazzo e invece di esserne grato fai questo? Datti una svegliata ragazzino altrimenti quello non sarà l’unico schiaffo che riceverai!” La voce profonda di Marcus arrivò spaventosa alle orecchie del biondino che con le lacrime agli occhi scappò in camera chiudendo a chiave la porta, stava tremando e non riusciva a capire perché suo padre si era comportato così. Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Ok aveva solo lasciato la coperta sul divano senza piegarla ma questo giustificava quello schiaffo?

I giorni passavano e Peter sentiva sempre una strana paura ogni volta che suo padre girava per casa, a lavoro sembrava non andarci quasi mai e quasi tutte le sere usciva e tornava a notte fonda sembrando sempre di più uno zombie.

A 9 anni Peter capì finalmente tutto, suo padre era stato licenziato e i soldi che usava per giocare erano quelli che portava a casa sua madre, la loro vita era ormai ferma in un punto senza ritorno, Marcus non voleva saperne di smettere di giocare e bere e Maria – sua moglie – era stufa di dover lavorare solo per mantenere quel suo vizio.

Durante una sera di dicembre Marcus alzò le mani su Maria, le diede uno schiaffo così forte da farla cadere a terra e farle sanguinare il naso, fu in quel momento che Peter scattò: andò in camera dei genitori e prese la pistola del padre – sapeva bene che Marcus teneva quell’arma nel comodino, lo aveva visto molte volte mentre se la passava fra le mani – puntò l’arma contro quello che un tempo era stato suo padre e con lo sguardo fermo ma pieno di lacrime ringhiò due semplici parole “Vattene via!”

Fu durante una notte di dicembre che Peter divenne grande di colpo, la sua vita era cambiata da quando suo padre se n’era andato e sua madre aveva fatto di tutto per farlo crescere senza fargli mancare nulla, eppure qualcosa gli era sempre mancato, qualcosa che i soldi non potevano comprare: l’amore di una famiglia.
 

Fu così che durante la sua adolescenza il biondino sperimentò una brutta bestia, un’ombra oscura che ti avvolge lentamente fino a farti soffocare nel suo abbraccio oscuro; fu durante l’estate dei suoi quattordici anni che Peter andò in depressione, la sua vita sembrò piombare in un turbine oscuro che inghiottiva ogni cosa lasciando solo amarezza e disperazione, ormai nemmeno l’amore di sua madre riusciva a toccarlo, niente sembrava svegliarlo dal suo torpore e dopo diversi mesi avvolgo in quella coltre oscura un pensiero balenò nella mente del giovane: farla finita.

Così si era ritrovato all’alba sul ponte più alto della città, aveva guardato l’acqua oscura sotto di lui e aveva accennato un sorriso ‘Finirà tutto con questo gesto.’ ‘Dopo questo non ci sarà più dolore’

La voce nella sua testa sibilava e lui si lasciò cullare da quelle parole quasi allettanti, stava per fare un passo avanti ma qualcuno accanto a lui parlò.

“Sai qualche anno fa anch’io ero lì proprio dove sei tu, l’acqua scura mi sembrava così bella che ero certo mi avrebbe abbracciato quando sarei caduto. Poi però un qualcosa dentro di me mi ha bloccato, ho ripensato alle persone che mi volevano bene, a mia madre, a mio padre e ai miei fratelli, volevo davvero farli stare male?” L’uomo accanto a Peter avrò avuto circa una decina di anni più di lui, aveva degli occhi limpidi e un viso dolce, il biondo rimase senza fiato, non ci aveva mai pensato. Voleva davvero far soffrire nuovamente sua madre? Voleva davvero farla star male come aveva fatto suo padre? Voleva davvero che quell’uomo tornasse magari a tormentarla quando lui non ci sarebbe stato?

La mente di Peter fu piena di domande senza risposta, ignorò quell’oscura voce che lo invitata a lasciar perdere tutto e facendo un passo indietro decise che era arrivata l’ora di combattere e farsi aiutare. Si voltò per ringraziare l’uomo ma al suo posto non trovò nessuno, forse se lo era immaginato? Forse l’uomo se n’era andato? Il ragazzo non lo avrebbe mai saputo, ma l’unica cosa che sapeva era che qualcuno o forse la sua stessa coscienza lo aveva aiutato a uscire da quell’oscurità e piano piano avrebbe ripreso in mano la sua vita.

 

Erano ormai passati tre anni e con l’aiuto di diversi amici, sua madre e uno psicologo ora Peter era un ragazzo nuovo, si era trovato un lavoro e stava finendo le superiori per poi iscriversi all’università di Psicologia, voleva poter aiutare gli altri proprio come avevano fatto con lui.

 

 

 

“Beh Peter visto che ormai sembri un cliente fisso ti va di provare il nostro nuovo menù di San Valentino? Consiste in una cioccolata calda con marshmellow al lampone e una tartelletta a forma di cuore alle fragole, se poi hai qualcuno con cui condividerla la seconda persona non paga.” Aveva spiegato Jonathan sorridendo.

Peter ci aveva pensato su qualche secondo, si era perso leggermente negli occhi blu dell’altro e con le guance rosse aveva risposto.

“Ti va di condividere il menù con me?” Non era mai stato un ragazzo così intraprendente ma il suo cuore gli stava urlando che quella era la cosa giusta da fare.
Il moro rimase sorpreso in un primo momento, si guardò attorno e notò che un nuovo cameriere era entrato in turno, non sicuro di averlo mai visto ma visto che aveva la divise del locale non ci badò più di tanto; notò i suoi occhi chiari, quegli occhi gli ricordavano qualcosa ma non riuscì nemmeno a pensarci perché quel ragazzo gli sorrise e gli mimò un ‘Fai pure, ti copro io’ prima di iniziare a servire dei clienti appena entrati.
Christian prese posto al tavolo sorridendo, doveva ammettere che quel biondino gli sembrava fin troppo interessante e fu davvero felice di poter passare quasi tutto il pomeriggio con lui; parlarono dei loro interessi e delle loro vite, fu facile per entrambi confidarsi e dopo quasi un’ora quei due sembrava come se si conoscessero da anni.
Quando Peter si alzò dal tavolo salutò il moro, gli lasciò il suo numero e un appuntamento per il giorno successivo, in così poco tempo si erano subito trovati a loro agio l’uno con l’altro e quella sensazione sarebbe diventata sempre più forte ad ogni incontro.

 

Fu così che quel giorno, in cui gli innamorati si scambiano regali, una coppia di ragazzi segnati dalla vita era riuscita a incontrarsi e forse grazie a quell’incontro le loro vite si sarebbero finalmente completate.

 

   
 
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