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Autore: RaidenCold    15/02/2019    2 recensioni
Questa non è una delle mie tipiche storie, e non fa parte di nessun canone in particolare...
E' un racconto un po' macabro, simbolico, e per certi versi esagerato, che mette Saori Kido di fronte ai suoi cavalieri dopo la battaglia contro Ade nei campi elisi: tra devozione, rimorso, e dubbio, quando un nemico senza volto busserà alle porte del Santuario, i protagonisti dovranno porsi quesiti che troppo a lungo hanno rimandato.
(PS: Dedico questa storia a Bloodydream, una cara amica che ancora mi sopporta)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Ophiuchus Shaina, Phoenix Ikki, Saori Kido
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pallidi raggi brillanti fendevano l’aria, stagliandosi negli spazi tra le colonne del tempio; faceva freddo quel mattino, e neppure il calore del sole riusciva a scaldare gli animi delle persone presenti alla cerimonia.

Sedute sulle panche lignee nelle due navate di quella sorta di grigia basilica, meno persone di quante ce ne sarebbero dovute essere: i cavalieri di bronzo, qualche soldato, il signor Tatsumi, Kiki, alcuni vecchi amici, e, sulla prima fila, velata di nero per celare le lacrime, la giovane Seika, sorretta dalla guerriera dal viso mascherato, Marin dell’Aquila.

 

Shaina arrivò per ultima nell’edificio, sperando fino alla fine di non dover assistere a quel momento avvilente; alla fine però dovette arrendersi anche lei all’evidenza.

 

Entrò lentamente e ad avanzò tra le navate, avvicinandosi ai quattro eroi che col capo chino vegliavano su di un corpo adagiato sopra un altare di pietra marmorea, torreggiato da numerosi candelabri d’oro.

 

E dietro a quella salma coperta da un candido panno, vestita con un lungo ed elegante abito nero a guisa di chitone si ergeva la nobile dea Atena, che scrutava con occhio lacrimoso il suo cavaliere prediletto.

 

Shaina avanzò ancora di qualche metro sul pavimento lastricato che faceva echeggiare ogni suo passo, ma quando si trovò dinnanzi al provvisorio monumento funebre non ebbe la forza di dire niente, e sebbene la sua maschera ne nascondesse l’espressione, il suo immobile silenzio ne tradiva il profondo dolore: Seiya se ne era andato per sempre.

 

Constatato che nessun altro sarebbe giunto, Shiryu guardò i tre fratellastri, e fatto loro un tacito cenno di assenso, si avvicinò alla regale figura di Saori:

“Milady” - bisbigliò con accortezza - “penso ci siano tutti.”

La giovane dea si voltò ed abbozzò un mezzo sorriso:
“Grazie per avermi informato.”

A quel punto Atena si portò dall’altra parte dell’altare, e si rivolse ai presenti:
“Oggi piangiamo un eroe, un guerriero che ha lottato fino alla fine senza mai arrendersi, a cui tutti, me stessa inclusa, dobbiamo la vita…”

Fece una pausa: era doloroso pronunciare il seguito di quella frase.

Seika inspirò profondamente, cercando di farsi forza in quei brevi istanti precedenti alle parole da lei tanto temute, e si strinse a Marin.

“… il suo nome era Seiya di Pegasus.”

Come un fiume in piena, l’emozione travolse la giovane, ed il suo pianto ricominciò più forte di prima.

Sebbene rimanesse impassibile, anche Shaina dietro la maschera lottava con tutte le sue forze per non farsi vincere dalle lacrime.

“Grazie a lui abbiamo sconfitto il re degli inferi, e liberato il mondo dalla paura della morte: per questo vi dico che ora Seiya è tra le stelle, e la sua leggenda splenderà fulgida nei nostri cuori, e in quelli di coloro che verranno dopo di noi.”

 

Parole sagge, solenni, degne di una dea che conosce meglio di un essere umano la natura dell’esistenza: eppure Shaina non riusciva a trovare conforto in esse, nonostante provenissero dalla bocca della divinità a cui, dopo momenti di profondo dubbio, aveva giurato totale devozione.

 

Saori continuò a parlare a lungo, molto a lungo, decisamente più del necessario: le gesta del cavaliere di Pegasus erano notevoli, ma le descrizioni fatte da lei apparivano spesso plumbee.

Quando citò la volta che Seiya, bardato dell’armatura del sagittario sfidò Poseidone puntandogli contro la sua freccia dorata, Shaina si rese conto di una cosa: la dea non era presente lì con loro in quel momento.

Si portò la mano dietro la schiena, dove, sotto l’armatura d’argento, portava ancora i segni della cicatrice fatta dalla freccia di Sagittarius quando il signore dei mari aveva respinto l’attacco di Seiya e lei per proteggerlo si era parato davanti a lui come uno scudo.

Portò lo sguardo al cavaliere del drago, in cui percepiva la stessa empatia fisica e spirituale, avendo anch’egli provato sulla sua pelle l’agonia della freccia dorata.

Poi guardò Atena: certo era innegabilmente affranta, ma nel suo dolore era assente qualcosa, e in qualche modo ella appariva distante.

 

Delle molte avventure da lei raccontate, in ben poche la dea pallade risultava al fianco dei suoi cavalieri.

 

 

Terminata la cerimonia, Shiryu fu il primo a porgere l’estremo saluto al compagno caduto, seguito da Hyoga, Shun, e da Ikki.

Insieme ad Atena, i quattro rimasero fino alla fine mentre tutti i presenti recavano il proprio ossequio e pian piano il tempio si svuotava.

 

Dopo che tutti se ne furono andati, i due fratelli si offrirono di accompagnare Atena nelle sue stanze, lasciando solo Shiryu a contemplare in silenzio la salma di Seiya.

 

“Shiryu.”

 

Si voltò, udendo la voce di Hyoga.

 

“Andiamo, Shunrei ti aspetta qua fuori; torneremo stasera per la processione al cimitero.”

“Sì arrivo, dammi un istante.”

“Va bene; so che non è il momento più opportuno, ma io, Shun, e Ikki abbiamo parlato, e vorremmo che tu diventassi il nuovo gran…”

“Ti prego, adesso non me la sento proprio di parlare di queste cose.”

“Ti capisco, però prima o poi dovremo affrontare il discorse e…”

Shiryu ruotò gli occhi con una nota di stizzo:

“Adesso no.”

Hyoga scuoté il capo amareggiato:

“Hai ragione perdonami.”

“No, perdonami tu fratello, non volevo essere aggressivo, è che sono tempi bui…”

“Già è così.” - rispose mettendogli una mano sulla spalla, ed accompagnandolo fuori dal tempio.

 

 

Sola, sul ciglio di un brullo altopiano roccioso poco lontano dal tempio funerario, Shaina sedeva rannicchiata scrutando le dodici case dello zodiaco.

“C’è così tanto silenzio laggiù ora.”

Marin si avvicinò e si portò accanto alla sacerdotessa guerriera:
“Solo il vento ora echeggia tra i templi dorati, null’altro è rimasto.”

“Come sta Seika?”

“Non saprei neppure come descrivere quel che prova… ha trovato e perduto suo fratello nel giro di pochi minuti, troppi sentimenti si agitano in lei, e nessuno di essi è minimamente vicino alla serenità.”

“Marin, tu ricordi quando il tuo allievo arrivò qui in Grecia?”

“Certamente.”

“Ti disse perché era venuto?”

“No, ma mi disse perché era rimasto: voleva diventare un cavaliere per poter rivedere il prima possibile sua sorella. Naturalmente non immaginava a quale glorioso destino sarebbe andato incontro…”

“Alla fine penso che avesse accettato completamente l’idea di essere un cavaliere di Atena.”

“Non ho dubbi su questo… però sento che tu hai qualcosa da dirmi.”

Shaina si alzò in piedi ed osservò Marin: dietro la sua maschera era sempre stato impossibile capire le sue intenzioni, ma alla fine la donna seguiva sempre ciò che riteneva giusto. A priori.

Non poteva dire a una persona tanto integerrima che durante la cerimonia era sorto in lei un dubbio sulla loro dea.

“Magari un giorno te lo dirò.” - disse, per poi incamminarsi a valle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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