Capitolo III
Nei giorni
successivi alla fugace chiacchiera con il suo coinquilino, Cecilia non
faceva che
rimuginare sulle parole di Fabio. Aveva ragione, doveva darsi una
svegliata;
fare qualcosa per uscire da quello stato d’inerzia in cui era
caduta da anni, a
seguito della rottura con il suo ex storico.
Sette anni
insieme, quasi nove se consideriamo la loro iniziale amicizia che forse
sarebbe
dovuta rimanere tale. Sette anni per poi finire nel nulla, buttati come
stracci vecchi che non servono più al loro scopo.
Era così
che si
era sentita quando il suo ex Giorgio le confessò di vedere
una persona e di
voler porre una fine a quella relazione che ormai somigliava
più ad un rapporto
forzato.
Cecilia da
profonda orgogliosa quale lei è sempre stata, diede una
risposta di circostanza
e,
dopo averlo
trattato con sufficienza, lo dichiarò libero di trombarsi
chiunque desiderasse
lontano da lei.
Ma ci era
rimasta malissimo, più di quanto lei riuscisse ad ammettere
e da allora, a
parte qualche sporadica e ben limitata frequentazione, non si era mai
lasciata
andare.
Nessuno
l’aveva
colpita, incluso lo stesso Fabio per cui aveva ancora una cotta; come
diceva
sempre lei, il suo cuore era assopito, e il suo cervello aveva finito
per
appiattire del tutto i suoi impulsi emotivi.
Aveva bisogno
di un cambiamento, di qualcosa forte, nuovo e stimolante, che la
facesse uscire
dal suo guscio. Ma cosa? Non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare.
Tuttavia,
spesso le nostre domande trovano risposte da sole, senza il nostro
intervento,
ed è proprio che questo accadde quella mattina di inizio
Marzo.
Come tutte le
mattine, appena arrivata in ufficio e sistemata la questione
caffè, Cecilia
accese il PC e sistemò i suoi appunti velocemente
nell’attesa che il portatile si
avviasse.
Era intenta ad
inserire la password quando notò lo schermo del suo
smartphone illuminarsi. Era
un messaggio di Luca.
Quella mattina
non l’aveva ancora visto e per un secondo, pensò
che potesse essere malato.
“Cè,
vieni
nella saletta di fronte alle stampanti. Sono con Paola” la
informava nel suo
breve messagio.
Paola era il
loro capo, a cui Luca riportava direttamente; Cecilia la reputava un
genio
indiscusso del suo ambiente, una tosta che era riuscita a costruirsi un
nome e
una carriera brillante, senza rinunciare alla sua vita privata. Cosa
che in
Italia non è affatto dato per scontata, soprattutto per una
donna.
Mentre si
avviava verso la sala riunione, inizio ad avvertire una certa ansia.
Perché mai
Paola e Luca erano insieme e perché volevano vederla?
Prima di aprire
la porta facendo ingresso nella stanza, fece un respiro profondo per
calmarsi e
contò fino a tre prima di girare la maniglia della porta.
“Buongiorno!”
disse rivolgendo un sorriso ad entrambi che erano intenti a rivedere
dei
grafici al PC. “Ciao Cecilia” la salutò
la donna richiudendo il portatile per
rivolgerle assoluta attenzione. Anche Luca accennò un saluto
e si ricompose
sulla sedia, raddrizzando la schiena.
La giovane
capì
immediatamente che non poteva trattarsi di una questione di lavoro di
ordinaria
amministrazione, non erano mai stati così formali.
“Abbiamo
una
proposta per te” le confessò Paola, chiarendo
d’una volta per tutte il motivo
di quella riunione privata.
“Come ben
sai,
in Italia siamo una realtà molto piccola, non è
facile crescere qui,
soprattutto nel nostro team” proseguì concedendosi
una pausa per valutare la
reazione della ragazza, che però quel discorso lo aveva
già sentito.
“Noi con te
ci
troviamo molto bene, sei diventata indipendente, hai acquisito un certo
livello
di expertise nel lavoro. Sei indubbiamente cresciuta e maturata
professionalmente” si complimentò la donna mentre
teneva d’occhio la giovane
per verificare la sua reazione, che ascoltava attentamente ricambiando
lo
sguardo.
Alle parole di
Paola l’io interiore di Cecilia andò completamente
su di giri; finalmente
veniva riconosciuto il suo duro lavoro, il suo continuo 'sbattimento'
– come
spesso diceva lei – che più di una volta le aveva
provocato anche notti
insonni.
Bisognava
riconoscerlo:
Cecilia non era esattamente una con poca ansia.
Tuttavia, il
modo in cui si concluse quel breve ma lusinghiero discorso la
lasciò perplessa.
"Cosa ne
pensi quindi?" la incalzò la donna.
La giovane
deglutì debolmente e si passò una mano sulle
punte dei capelli, come era solita
fare quando non aveva una risposta, quando era colta alla sprovvista.
Il suo
sguardo infatti non riuscì più a sostenere quello
di Paola che tamburellò
le dita sul tavolo in modo leggermente impaziente.
"Ceci, non
devi rispondere adesso" la rassicurò Luca rivolgendole un
sorriso
amichevole, che Cecilia non esitò a ricambiare.
Le voleva bene,
la capiva ed era ovviamente logico per lui che la ragazza avesse
reagito così,
nonostante ciò anche lui non poté esimersi dal
non riconoscere che fosse un'occasione
grandissima e lo sottolineò.
"Cè,
andare a Londra rappresenterebbe per te uno step importantissimo nella
tua
carriera" le disse con il suo solito tono calmo.
Lo stesso con
cui, ormai due anni fa, le aveva comunicato di essere stata assunta,
con cui le
aveva insegnato tutti i suoi trucchetti del mestiere, e ripetuto gli
stessi mille
volte.
"Finché
non li saprai alla perfezione anche tu" le diceva sempre scrollando le
spalle di fronte allo sguardo un po' colpevole di lei per avergli
chiesto la
stessa cosa ancora una volta.
"Lo
so" riconobbe la giovane, però ancora non poteva dirsi
pienamente sicura,
per cui chiese se potesse avere qualche giorno per
rifletterci.
I due annuirono
e le dissero che poteva prendersi tutto il tempo che desiderava,
ovviamente nei
limiti.
Il loro
headquarter stava ormai organizzando i colloqui che sarebbero iniziati
a breve,
quindi non poteva aspettare troppo. Dopodiché lasciarono la
ragazza nella sala
riunioni da sola per ritornare alle loro scrivanie.
"Londra"
rifletté a voce alta, un po' insicura. "C****, Londra!"
ripeté di
nuovo.
Questa volta
quella sfumatura d'insicurezza che aveva accompagnato la prima
affermazione era
sparita per lasciare spazio alla consapevolezza che forse
quell'opportunità era
davvero l'occasione, il cambiamento che tanto aspettava, e che forse
non
avrebbe dovuto lasciarsi sfuggire.
***
Come avrete
capito, la nostra Cecilia affrontò il processo di selezione
che si sarebbe
concluso, se dall’esito positivo, con lo spostamento negli
uffici del team
global della sua azienda Softender, basati nella capitale inglese.
Ci vollero ben
tre colloqui prima di giungere alla conclusione del recruitment
process: il
primo con l'HR Business partner si tenne al telefono,
dopodiché ne sostenne un
secondo - questa volta in Skype call - con il Senior Media &
Advertising
Manager e l’Head of Comms & Media, il famigerato
Jonathan Cartwright, per
poi concludere il tutto con un volo a/r in giornata per Londra.
Questa volta il
colloquio fu tenuto dallo stesso Global Marketing Director che, alla
conclusione della chiacchiera, le fece i suoi personali complimenti,
augurandosi di rivederla presto.
A quelle
parole, Cecilia emise un gridolino di gioia; si sentiva già
dentro e faceva
bene a pensarlo, dato che la conferma ufficiale della sua assunzione
giunse
solo pochi giorni più tardi.
Furono due mesi
incredibilmente veloci quelli che seguirono quella telefonata di
conferma.
Due mesi
durante i quali Cecilia non fece altro che festeggiare, offrendo da
bere a
chiunque incontrasse.
Fabio
e Giusy furono i primi a saperlo (preceduti dal suo capo Luca,
che era
insieme a lei quando ricevette la proposta), dopodiché fu il
turno di dirlo ai
suoi genitori, che in un primo momento non sembrarono impazzire dalla
gioia.
In fin dei
conti, la loro bambina sarebbe partita per l'Inghilterra e per loro,
abituati a
vederla almeno una volta alla settimana, essendo residenti a Latina,
città
originaria di Cecilia e a poco più di un’ora da
Roma, fu un colpo duro da
reggere.
Per fortuna ci
pensò suo fratello Gianluca a farli ragionare,
rassicurandoli che il
trasferimento di Cecilia non avrebbe cambiato nulla. "Ormai prendere un
aereo è persino più comodo che guidare" disse ai
suoi per convincerli.
Se da un lato,
la nostra giovane protagonista non faceva che festeggiare,
dall'altro,
invece, ebbe diversi momenti di sconforto, in cui si pentiva della sua
scelta.
Momenti di
terrore e ansia si alternavano a momenti di gioia ed euforia fino al
giorno
stesso della partenza, assumendo particolarità
intensità e frequenza man mano
che si avvicinava il giorno 'x'.
Uno dei giorni
più difficili fu l'ultimo che trascorse negli uffici di
Roma.
Luca non fece
che sospirare tutto il giorno, imprecando contro se stesso per averle
proposto
di candidarsi ad ogni cosa che Cecilia toglieva dalla scrivania per
riporla
nella scatola, che si era portata il giorno prima per svuotare
cassetti,
armadietti e scrivania.
Era
un'incredibile quantità di roba quella che si rese conto di
aver accumulato in
quei due anni.
Quello
scatolone si rivelò essere abbastanza pesante, esattamente
come il bagaglio
emotivo che si sarebbe portata dietro.
"Quest'ufficio
non sarà più lo stesso senza di te" ammise Luca
mentre le concedeva un
abbraccio, l'unico di quei due anni di rapporto lavorativo insieme.
"Mi mancherai"
riconobbe lei quando si staccò per salutare gli altri
compagni di ufficio.
"Promettimi
che ci proverai con Fiorella" disse infine, poco prima di entrare in
ascensore.
Luca
sospirò e
roteò gli occhi, non ne poteva più di
sentirglielo dire. E fu proprio per
quello che aspettò che le porte dell'ascensore cominciassero
a chiudersi, prima
di concederle una piccola soddisfazione.
"Ok, lo
farò" dichiarò sotto lo sguardo incredulo di
Cecilia che spalancò la bocca
per la sorpresa, urlando poi un "lo sapevo" dall'interno ascensore,
ormai diretto al piano terra.
***
London,
25/07/2018
"Ladies
& Gentlemen, welcome
to London.
We'll be landing
in less than 15
minutes. We ask you to please remain seated and to fasten your seat
belt.
The weather
outside is sunny and
warm, around 26 degrees.
We hope you had
a pleasant flight and
to have you aboard soon.
On behalf of
British Airlines, we'd
like to thank you for choosing BA and wish you a pleasant stay"
La voce
metallica del comandante di
bordo risuonò in tutto l'aereo informando tutti i suoi
passeggeri che
l'atterraggio sarebbe avvenuto di lì a breve e di cominciare
a prepararsi.
Londra era
vicina, ormai troppo
vicina.
Il cuore di
Cecilia prese a
martellare nel suo petto a ritmo inferocito, aggiungendosi ad una
leggera
sensazione di ansia che s'intensificava ad ogni metro di discesa del
velivolo.
Sua madre Anna,
accortasi del suo
stato d'animo, strinse la sua mano per rincuorarla.
"Andrà
tutto bene" sussurrò
dolcemente. Un debole sorriso nacque sulle labbra della giovane che
inspirò
profondamente per darsi coraggio.
Ad accompagnare
Cecilia e sua madre
fu Giusy, la sua migliore amica che non si sarebbe persa per una
nessuna
occasione al mondo il trasferimento di Cecilia nella grande metropoli
londinese.
Quando
l’aereo fece incontro con la
pista atterraggio di Heathrow facendo saltare leggermente tutti i
passeggeri sui
sedili a causa dell'impatto, Cecilia si morse l'interno delle guance
per non
lasciarsi sfuggire un gridolino.
C****, erano
arrivati. Central London
era a meno di cinquanta minuti di distanza, lei era a meno di cinquanta
minuti
da Central London.
Si sentiva sul
punto di svenire, era
talmente immobilizzata dall'ansia che arrivò persino a
pensare che fosse meglio
ritornare a Roma.
"Ceci, dai!
Muoviti" la incitò
Giusy mentre stava tirando fuori i loro bagagli a mano dalla
cappelliera sopra
le loro teste.
Anche sua madre
si alzò e dopo aver
controllato di non aver dimenticato nulla sul sedile,
sollevò la figlia da un
braccio.
"Andiamo! Hai
voluto la bicicletta
e ora pedali" le ricordò con tono sarcastico.
La giovane
capendo di non avere molta
scelta si alzò e s'incamminò lungo lo stretto
corridoio dell'aereo che
l'avrebbe condotta all'ingresso del gate A7.
La sequenza di
eventi che la portò
dall'uscita del Terminal 5 al non pulitissimo sedile di stoffa dalla
Piccadilly
line, le era completamente sconosciuta.
Non ricordava di
essere passata per i
lunghi corridoi bianchi di Heathrow, di averlo letto i diversi
cartelloni
pubblicitari su cui campeggiavano i vari messaggi "Welcome to London"
e "London is open", il claim di campagna della Municipalità
di
Greater London con cui si era cercato di trasmettere il segnale
positivo che la
città era ancora aperta a tutti, inglesi e non, europei e
non, nonostante il giorno
del giudizio, in cui la famosa Brexit
sarebbe entrata ufficialmente in vigore, fosse ormai sempre
più vicino.
Non ricordava
nemmeno di aver fatto
il fast check del suo passaporto ai gate di sicurezza e di essere
salita sulla
Tube, l'iconica metropolitana londinese.
Insomma, non
ricordava nulla.
Lo sfondo nero
dei lunghi sotterranei
della metropolitana le scorreva davanti agli occhi, senza che lei se ne
accorgesse minimamente, intervallandosi con le varie stazioni che
l'avrebbe
portata a Piccadilly Circus, loro destinazione finale.
Aveva deciso di
non badare a spese
per quel trasferimento e scelse un hotel in pieno centro per girare la
città e
godersi appieno quei primi giorni londinesi, nonostante fosse
consapevole che
avrebbe dovuto cercare una sistemazione definitiva altrove.
Poteva
permettersi un hotel centrale
per qualche giorno ma purtroppo non di pagare cifre stratosferiche per
uno
spazio per sé. Non per ora, almeno.
"Ceci, siamo
quasi
arrivate!" trillò entusiasta Giusy che non aveva fatto che
parlare durante
tutto il tragitto, elencando i posti che avrebbe voluto visitare. Era
la sua
prima volta nella capitale inglese.
In quel preciso
istante, fu
annunciato l'imminente arrivo alla stazione di Piccadilly, facendo
scattare in
piedi sua madre e Giusy.
Le due donne si
affrettarono a
raccogliere i loro bagagli (per fortuna non ne avevano molti, avendo
Cecilia
scelto di farsi spedire la sua roba, una volta sistemata) e dovettero
alzare di
peso anche la stessa Cecilia - ancora una volta - caduta in uno stato
di totale
catalessi.
Tutte e tre si
avviarono verso
l'uscita seguendo, a tratti il flusso di persone, che s'inoltravano
sinuosi fra
i lunghi corridoi e varie scale della stazione, e i diversi cartelli
"Way
out" che segnalavano il giusto percorso da seguire.
Tutto andava
incredibilmente veloce;
le persone si muovevano con una velocità disarmante, che
scioccò sua madre,
abituata ai ritmi ben più calmi di Latina.
Ma a Londra non
c'è tempo per le
esitazioni, bisogna correre sempre: correre lungo le lunghissime scale
mobili
della metro, correre per saltare sulla metro, spingendo possibilmente
per
salirvi.
Tutti talenti
che anche la nostra
Cecilia avrebbe sviluppato di lì a breve. Erano banali
tattiche di
sopravvivenza, d'altronde.
E fu proprio
allora che la potenza energetica
di Londra si scagliò con prepotenza contro di lei,
provocandole la prima vera
reazione della giornata.
Un gruppetto di
ventenni si riversò
nelle scale mobili della Tube, in direzione opposta alla loro, cantando
e
ballando Jump di Madonna, con tanto di speaker Bluetooth per attirare,
se
possibile, ancora di più l'attenzione.
"Get
ready to
jump.
Don't
ever look back,
oh baby!
Yes,
I'm ready to jump.
Just
take my hands.
Get
ready to, are you
ready?"
Nel pronunciare
quest'ultima parte di
ritornello, uno dei ragazzi puntò dritto negli occhi della
giovane, quasi
avesse intuito che avesse bisogno di incoraggiamento. E fu proprio
allora che
Cecilia si sentì rinata, ricaricata da quell'energia
positiva che avvertiva
scorrerle nelle vene; sì, era pronta. Era decisamente pronta
a saltare.
Angolo dell'autrice
Ciao a tutte!
Come qualcuno di voi aveva previsto, Cecilia è arrivata a Londra! Finalmente ha avuto quel cambiamento, lo scossone di cui aveva bisogno per risvegliarsi e riprendere il controllo :D ma chissà che cosa l'aspetta a London, UK.
Purtroppo non trovo la foto delle scale mobili della Piccadilly, ma appena riesco ve la porto ;) così potete guardare voi stesse l'infinità delle scale mobili della metro (almeno chi non è famigliare con la città).
Vi lascio anche il link per sentire Jump di Madonna (io l'adoro|): https://www.youtube.com/watch?v=Rx0mYN32Kps
Bene, ora vi lascio! A sabato prossimo :*